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L’autoproduzione non basta mai

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bolletta
Impianto fotovoltaico domestico
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TORNA A: Fotovoltaico più accumulo? Conviene, ma non sempre

A proposito delle considerazioni dell’amico Carlo sulla convenienza di un investimento consistente in un sistema fotovoltaico più accumulo per alimentare i consumi di casa e la ricarica di un’auto elettrica, riprendiamo alcuni brani di due articoli dell’ingegner Gianni Catalfamo, pubblicati sul sito aziendale della sua OneWedge. OneWedge è la start up con la quale Catalfamo propone un nuovo modello di mobilità elettrica dedicato alle flotte aziendali [vedi: Un’elettrica chiavi in mano per le flotte aziendali].  Nel primo affronta un problema che Carlo ha sottovalutato: l’autoproduzione, anche con un impianto fotovoltaico-accumulo  sovradimensionato che generi nell’arco di un anno una quantità di energia totale uguale o superiore a quella consumata, non potrà mai coprire l’intero fabbisogno domestico. Questo perché i picchi di produzione e di consumo sono sfasati, non solo durante il giorno, ma anche nei vari periodi dell’anno. La produzione è insufficiente per molti mesi invernali, eccedente per molti mesi estivi. Lo scambio con la rete, quindi, è inevitabile.

La mappa dell’irraggiamento solare in Italia

Scrive Catalfamo: «Un accumulo è un dispositivo (a batteria o altra tecnologia) che serve ad immagazzinare l’energia prodotta in surplus per poterla utilizzare al momento in cui serve. Un utilizzo tipico è quello nell’impianto fotovoltaico, che genera energia in momenti dell’anno diversi da quelli in cui serve. L’immagine rappresenta le curve di generazione e consumo della mia abitazione, dotata di un impianto fotovoltaico da 15 kWp:

consumo vs generazione nei diversi mesi dell’anno

Le aree rosa (consumato superiore al generato) hanno un’area grosso modo uguale a quella azzurra (generato superiore al consumato) e un eventuale dispositivo di accumulo potrebbe aiutare a compensare le une con l’altra ottenendo una piena autosufficienza elettrica. Ovviamente le curve sono ben più complesse di così perché in ogni singolo giorno si riproduce una situazione simile: si consuma al mattino e di sera, mentre si genera nella parte centrale della giornata.

Il dimensionamento dell’accumulo ideale per la mia abitazione calcolato analiticamente risulta di 13-15 kWh (confermando la regola “di esperienza” dei progettisti che di solito consigliano tanti kWh quanti sono i kWp del fotovoltaico +/- 10%). Un accumulo di queste dimensioni di buona qualità (Tesla o Sonnen, per esempio) costa oggi intorno ai 10.000 euro installato; da questa cifra si tolgono gli eventuali incentivi regionali (in Lombardia 3,000 euro) ed il 50% del rimanente si porta in detrazione IRPEF su 10 anni, per un costo reale netto di circa 3.500 euro.

Dato che l’energia in eccesso la rivendo al GSE, in realtà recupero solo il differenziale tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita, ovvero circa 6 centesimi di euro al kWh; ammettendo di essere molto bravi a configurare l’impianto, posso sperare di raddoppiare il mio autoconsumo da 4.500 a 9.000 kWh con un risparmio reale di circa 240 euro, il che significa che rientrerei del mio investimento in oltre 14 anni. Decisamente troppo».

Una scorta di energia su quattro ruote

L’articolo di Catalfamo prosegue poi con una suggestiva ipotesi:

«Ma se i 15 kWh fossero in realtà “incorporati” nella batteria della mia auto elettrica? Il beneficio rimane il medesimo (240 euro / anno) ma non avrei alcun investimento addizionale…. o forse sì?

In primo luogo i 15 kWh devono (mediamente) non essere utilizzati per autotrazione: quando arrivo a casa la sera, devono essere disponibili per alimentare la casa dove sto accendendo le luci e dove il mio fotovoltaico non sta producendo più. Dunque c’è forse un costo aggiuntivo perché se per le mie percorrenze mi sarebbe bastata una Zoe da 40 kWh devo invece comprare una Ampera da 60 o una Tesla da 85.

In secondo luogo, c’è un po’ di circuiteria che devo aggiungere al mio impianto domestico per permettergli di “pescare” energia dalla batteria dell’auto, non dissimile dalla circuiteria che serve per usare un accumulo.

Ma c’è un altro problema: come abbiamo detto il fotovoltaico genera più che altro di giorno, il che significa che l’auto dovrebbe essere collegata all’impianto per accumulare l’energia in surplus. Presumibilmente, però, di giorno l’auto la sto utilizzando o forse è parcheggiata fuori del mio posto di lavoro, dunque devo immaginare uno scenario dove l’auto sosta a casa per parte della giornata: una auto che, ad esempio, rientra a casa per un paio d’ore all’ora di pranzo potrebbe caricare i 15 kWh di “accumulo”, ovviamente se la wallbox a cui si collega riesce ad erogare almeno 7 kW.

In conclusione, seppure affascinante da un punto di vista concettuale, le limitazioni sono parecchie ed il beneficio complessivo abbastanza basso».

CONTINUA CON: EV contro ICE, chi vince la sfida dei costi

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1 COMMENTO

  1. un buon articolo , premetto che come tantissimi italiani ho solo l’allaccio alla rete pubblica , ma vorrei ipotizzare che se il fotovoltaico non basta, si potrebbe cercare di distribuire in maniera più omogenea l’autoproduzione di energia durante i vari periodi della giornata e dell’anno, attingendo da più fonti rinnovabili e dalla cogenerazione, come utilizzare il microeolico , questo naturalmente se l’abitazione è posta in una zona favorevole, ( ad esempio in zone collinari o di montagna, dove il vento non manca, come in Sardegna ) e si può pensare anche di installare ad esempio una caldaia a pellet che è in grado anche di produrre corrente , che, tra le altre cose, può sopperire anche un eventuale alla mancanza di acqua calda quando il pannello solare non riesce a scaldare abbastanza ( questo tipo di caldaie però sono ancora prodotti di nicchia alquanto costosi, e alcune di esse sono praticamente rimaste a livello solo di progetto , vedi progetto Stirling), ci sarebbe poi anche la possibilità di utilizzare un vettore energetico che possa accumulare l’energia in surplus d’estate per utilizzarla in inverno, o comunque quando ce n’è bisogno senza ricorrere necessariamente alle batterie, ad esempio con l’idrogeno prodotto col fv quando si va in ferie o prodotto di notte col micro eolico una volta caricate le batterie , naturalmente valutando anche i costi dell’acqua o la possibilità di farsi un pozzo in casa e componentistica varia, in ultimo , anche un gruppo elettrogeno per i casi di emergenza non può mancare, insomma non sono le tecnologie che mancano per essere autosufficienti e poter sfruttare al meglio l’energia anche quando manca la fonte rinnovabile,
    quello che realmente blocca lo sviluppo sarebbe il lato economico e burocratico non solo per quanto riguarda l’investimento iniziale, ma è oneroso anche dal punto di vista dei costi di gestione, a tal punto che difficilmente rientra fine vita dell’impianto, per non parlare poi della legislazione che rende di fatto impossibile poter creare una micro rete a livello locale di scambio di energia “tra vicini” e scegliere quale sia il proprio prezzo dell’energia venduta , si è obbligati a vendere solo ed esclusivamente al gse ad un prezzo imposto, naturalmente dettato “dall’alto” poi, non si capisce la politica energetica tutta italica, dove chi non può o non vuole il fv in casa meno consuma e più paga, ed altre cosette tecnico burocratiche che c’è da sbizzarrirsi, ma sarebbero fuori luogo in questo contesto.

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