L’appello di Be Charge ai piccoli Comuni: “Avanti, c’è posto”

 Appello di Be Charge agli 8 mila Comuni italiani: fatevi avanti e contattateci, siamo pronti ad installare stazioni di ricarica in ogni territorio. Il charger operator secondo solo a Enel X in Italia ha fatto di più: ha predisposto una pagina del suo sito per raccogliere le adesioni delle amministrazioni che accoglieranno il suo appello.

appello be charge
Ecco la pagina predisposta ad uso e consumo dei Comuni italiani.

Ne ha palato ieri Roberto Colicchio, Head of Business Development di Be Charge, durante la conferenza stampa di presentazione dell’accordo con il comune di Grosseto, in base al quale saranno installati 50 punti di ricarica nella città toscana e dintorni.

A Grosseto 25 stazioni e 50 punti di ricarica

appello Be charge
Roberto Colicchio

Be Charge ha in programa una copertura capillare di tutta la Penisola (leggi qui), con 30 mila punti di ricarica attivi nei prossimi due o tre anni. Al momento sono 6 mila, fra già attivi e in costruzione, e già coprono tutte le regioni italiane. In questo ambito, ha spiegato Colicchio, la Toscana rappresenta un’area strategica. Sia per l’intenso afflusso turistico, sia per il ruolo di cerniera fra Nord e Sud Italia negli spostamenti a lungo raggio.

In particolare a Grosseto la rete comprenderà 25 stazioni, due delle quali  Fast Charge a 100 kW. Il sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna e l’assessore all’Ambiente, Simona Petrucci, hanno spiegato che questa importante e capillare infrastruttura di ricarica sarà realizzata “in tempi brevi e senza il ricorso a fondi pubblici“.

La procedura negoziata sblocca-colonnine

Tutto ciò è possibile grazie ad una procedura negoziata che ha ridotto i tempi e facilitato i percorsi burocratico amministrativi.

appello be charge

Col suo appello Be Charge invita altre aministrazioni, soprattutto quelle dei comuni più piccoli, a seguire l’esempio di Grosseto e quello di molte altre importanti città italiane. Fra  cui Milano, Roma, Napoli, Torino, Bologna, Rimini, Parma, Pesaro e Pescara. A queste si aggiungono centri più piccoli, consorzi di Comuni, e realtà locali. Per esempio le multiutility Ascotrade (Veneto) e CVA (Valle d’Aosta) e partner privati come E-Vai in Lombardia, e Sicily by Car in Silicia.

Visualizza commenti (15)
    1. In nessuna parte del mondo le proporzioni sono queste. Perchè nessun automobilusta elettrico del mondo ricarica l’auto a 100-150 kW la metà delle volte: a parte i costi doppi, degraderebbe le batterie molto più velocemente.

  1. Non sono d’accordo e quindi la chiudo qui.
    Comunque tutto è inserito all’interno dell’anello d’acciaio elastico che copia lo schiacciamento dello pneumatico e quindi non consuma più di esso. Se puoi sperimentare con due ruote di bicicletta ti renderai conto che si puòfare.
    Saluti.
    Raffaele

  2. Hai indovinato in parte: L’effetto “pompa di bicicletta” sostituisce la deformazione dello pneumatico, tant’è vero che la seconda mossa è eliminare l’aria dallo pneumatico tradizionale e sostituirlo con un anello di acciaio elastico rivestito con un anello pneumatico tipo muletto sollevatore senza perdere” morbidezza”. Così si elimina anche il rischio scoppio pneumatico. Poi se vuoi uno schizzo ….

    N.B. Su Internet c’è qualche articolo di un tecnico che ha costruito una ruota piena di pistoncini ricavando,ha dichiarato, 13 kWh, vado a memoria. Per questo il principio fisico è sano; il metodo è da scegliere qual è il migliore ; poi, se riescono ad illuminare le sale d’attesa della stazione perchè non dovrebbe allungare la carica di una batteria?

  3. Marco Scozzafava

    E spiego ancora meglio nel dettaglio, quando la ruota avanza, lo stantuffo che sta subito avanti al punto di appoggio fa resistenza alla compressione (inevitabilmente fa resistenza perché si deforma come una molla e deve produrre energia con la sua deformazione) mentre lo stantuffo che sta subito dietro al punto di appoggio si distende tirando all’indietro (si allunga ma facendolo oppone resistenza di trazione). Il risultato é che una ruota cosi costruita avanza a fatica, riceve resistenza all’avanzamento, tanto che se fatta rotolare da sola si fermerebbe molto prima di una ruota normale. Quindi in quelle ruote tu produci energia ma la rubi all’energia di avanzamento dell’auto, che proprio perché avanza a fatica deve essere spinta con piu potenza dal motore. Un sistema come quello non solo non produce energia netta ma ne spreca una quota parte in attrito dei sistemi meccanici. Si tratta quindi di una modifica che fa spendere energia anziché guadagnarne, per colpa dei maggiori attriti del sistema e del fatto che l’energia che recuperi dalle ruote é minore di quella che spende il motore in piu per vincere la resistenza all’avanzamento. Se il sistema fosse fatto alla perfezione e senza attriti il sistema sarebbe neutro, ovvero l’energia recuperata nelle ruote sarebbe uguale all’energia persa dal motore per vincere la resistenza. E quindi già non sarebbe utile in condizioni ideali. Ma siccome ci sono le perdite per attrito e per il fatto che l’energia prodotta dalle ruote la devi comunque trasferire nuovamente al motore con ulteriori perdite, il sistema rispetto all’auto normale é meno efficiente. Consuma di più. É un po’ come se tu volessi spingere un’auto ferma però stando dentro l’auto, spingendo sul cruscotto e puntando i piedi sul sedile. Fatica inutile ovviamente

  4. Marco Scozzafava

    Raffaele non funziona perché il sistema assorbe energia dalle ruote quindi inevitabilmente tende a frenare il moto del mezzo. L’unica energia che potresti ricavare dal contatto ruote strada sarebbe quella che si perde per la deformazione degli pneumatici ed invece recuperabile con sistemi piezoelettrici consentendo una lieve deformabilità del manto stradale ma parliamo di una potenza piccola che si sviluppa sul posto (e non sull’auto) e può essere forse appetibile su vaste superfici e per lunghi intervalli di tempo. L’unica energia significativa che davvero si riesce a recuperare durante il moto di un veicolo é quella che si perderebbe durante le frenate e che si recupera con i sistemi rigenerativi delle elettriche e delle ibride

  5. Non è lo stesso principio: Ci riprovo.
    Se sostituiamo le razze della ruota con 6 “pompe di bicicletta” su cui applichiamo nella zona elastica o una bobina lineare, oppure una cartuccia piezoelettrico oppure una pompetta idraulica come quella di una pistola ad acqua per bambini, creiamo, gratis tanti cicli di compressione ( si parla da 20 a 50 cicli/secondo) di circa due centimetri.
    Questi sono sufficienti per produrre un minimo di elettricitá o di spinta idraulica se collegata ad una mini dinamo/turbina idraulica che produce nuova energia, ripeto, senza rubare niente a batterie o motori termici esistenti.
    Proviamo a farla su una ebike e vediamo di quanto si allunga la durata della carica della batteria da 12V. che la alimenta e vediamo se funziona.
    Se non vi basta vi mandò uno schizzo.

  6. Marco Scozzafava

    In realtà la “ruota che gira” già esiste, o meglio le ruote. Sono i sistemi a voláno, ideati già decine di anni fa (erano utilizzate talvolta nei tram). Si tratta di una batteria “inerziale” e composta di batterie di dischi, piuttosto pesanti, che ruotano sotto vuoto. Anche qualche centrale elettrica é stata dotata di questi particolari accumuli energetici. Quando c’è eccesso di energia, questo viene usato per far gradualmente accelerare la rotazione dei dischi, che possono anche arrivare a ruotare velocissimo (parecchie migliaia di giri al minuto). La quantità ed il peso dei dischi che equipaggiano il sistema di accumulo (che ovviamente può e devr essere modulare) definisce la capacità di accumulo. Quando c’è necessità di energia la rotazione dei dischi tramite un alternatore fornisce energia al sistema mentre i dischi rallentano gradualmente. Questi sistemi di accumulo sono udeali per gli accumuli stazionari e non per gli accumuli in mobilità, perché sono pesanti e inoltre la rotazione e la massa creano problemi ulteriori per una mobilità agile (occorrerebbe piu forza per far sterzare un veicolo). Sono tuttavia economici e di lunga durata. La Skoda ha recentemente sperimentato con successo l’accumulo a volàno a margine di una stazione di ricarica per veicoli elettrici. In tal caso si riesce ad ottenere una potenza di ricarica molto alta in breve tempo, mentre il volano poi ha il tempo per ricaricarsi tra un rifornimento e l’altro. Il sistema quindi assorbe una energia piuttosto costante dalla rete, mentre la rilascia con picchi di potenza elevati all’utente in ricarica. Recentemente non ho sentito altre novità a riguardo dopo l’iniziativa di Skoda

  7. Mi spiego meglio:
    L’unica energia che si va ad utilizzare è la forza peso sulla ruota (almeno 300 Kg.per ruota).Quella è disponibile sempre, a folle, in discesa, a motore spento.NON RUBA NIENTE A BATTERIE, DINAMO, ACCUMULATORI.
    E’ necessaria per l’aderenza a terra ma si puo’ utilizzare anche per altro.
    Il principio è lo stesso delle mattonelle che riescono ad accendere le luci nelle stazioni olandesi o delle scarpe che ricaricano il cellulare mentre corri..
    Se siete seriamente curiosi su Internet c’è tutto. E allora perchè non dobbiamo provare con…una pompa di bicicletta inserita assialmente come raggio di una ruota. A dimostrazione che altri stanno ragionando sullo stesso principio c’è gente importante, difficile da contraddire come GOODYEAR che mette cartucce piezoelettriche all! interno dello pneumatico, o AUDI che ci prova con gli ammortizzatori elettrici.
    Il trucco è tutto nell’evidenza che il raggio superiore di una ruota è maggiore di circa 2 centimetri di quello inferiore. Mi sono esposto troppo, ma vorrei vedere realizzata questa idea prima di morire( ho 72 anni).
    C’è qualche imprenditore che ha capito?

  8. L’argomento è interessante , ma dal punto di vista fisico per produrre energia occorre ricevere un’energia superiore, in quanto ogni trasformazione di energia ha un suo rendimento. Nel caso dell’auto elettrica, se la ruota riceve energia dal movimento dell’auto, la riceve indirettamente dalla batteria stessa dell’auto che a questo punto dovrebbe erogare più energia per far fronte alla “resistenza” della ruota che produce energia. Se così non fosse avremmo inventato il moto perpetuo. E’ il principio della dinamo (o dell’alternatore), che carica la batteria delle auto tradizionali, ma quell’energia arriva dal motore, cioè dal carburante.
    La ricarica “gratis” può avvenire in discesa, perché in questo caso l’energia è prodotta dalla forza di gravità, ma questo le elettriche già lo fanno.
    Non capisco come si possa raddoppiare la durata della carica con una batteria che ricarica se stessa. Forse non ho capito l’applicazione, nel qual caso mi scuso (non avevo partecipato alla discussione passata cui fa cenno)

  9. Qualche mese fa aprimmo,su questo sito, una discussione sulla possibilità di produrre una ruota che produce energia mentre gira, capace di raddoppiare la durata di una carica delle batterie. Queste si potrebbero anche sostituire in un blocco al distributore.
    Salterebbero tutte le incertezze, le negatività dell’elettrico, in attesa delle batterie futuristiche a ricarica istantanea.
    C’è, oggi, qualche lettore che è in condizione di sperimentare e dimostrare che si può fare?

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