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L’agricoltura soffre la mancanza di manodopera e il cambiamento climatico. Per rispondere a queste criticità si moltiplicano gli investimenti su robot, droni, coperture hi tech e nelle vertical farms dove si riduce notevolmente il consumo di suolo e acqua.
La coltivazione va pure in orbita con l’astronauta Malerba che ha realizzato un prototipo di serra spaziale. Coltivare tra le stelle, ma per introdurre la tecnologia anche sulla Terra, dove diventa sempre più difficile coltivare.
La robotica sta conquistando i campi
Agritech fatturato da 2,3 miliardi, Planet Farms investe 200 milioni per le fabbriche vegetali ad ambiente controllato
Seppure nel 2024 si sia registrata una battuta d’arresto (calo dell’8%), il fatturato Agritech resta rilevante: 2,3 miliardi. Numeri dell’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise dell’Università di Brescia.
Rallentamenti ma si registrano investimenti rilevanti nell’innovazione tecnologica in agricoltura. Come i 200 milioni di Planet Farms (noto per l’incendio di un suo impianto), protagonista nella tecnologia per l’agricoltura a ambiente controllato, insieme a Swiss Life Asset Managers.
Planet Farms, l’impianto di Cirimido per la produzione fuori suolo
Una joint venture che prevede anche lo sviluppo dell’impianto già operativo di Cirimido, in provincia di Como, che con 20.000 metri quadrati di superficie coltivabile è una delle più grandi infrastrutture del settore a livello mondiale. Una produzione rilevante che viene distribuita in oltre venti tra i principali supermercati e brand del food service in Italia e in Svizzera.
Un modello di vertical farms che sarà replicato in altri Paesi. In fase di sviluppo figurano strutture nel Regno Unito e in Scandinavia, attraverso l’introduzione di un sistema a base di agronomia, ingegneria, software e robotica. Si tratta, infatti, di impianti, completamente automatizzati e su scala industriale.
Proteggere l’agricoltura dalle variabili geopolitiche e dal cambiamento climatico
L’obiettivo? Garantire la sicurezza della produzione. Come si legge in una nota: «Proteggendola da rischi geopolitici, climatici e logistici». Alcune filiere negli ultimi anni a causa degli eventi estremi hanno registrato un tonfo nella produzione: le pere anche una riduzione del 70%. Ma intorno al 50% anche pesche, ciliegie ed altre specie frutticole.
Un problema fondamentale che sta trainando gli investimenti nella difesa delle colture più fragili. In Emilia Romagna oltre il 15% dei frutteti è protetto e c’è un bando regionale da 70 milioni per acquistare questi dispositivi di tutela.
Si tratta di spese importanti: fino a 100 mila euro a ettaro per le colture più pregiate, in media siamo tra 50 e 70mila, da tutelare con teli e reti ad alta tecnologia. A questi investimenti si sommano i progetti per l’agrivoltaico – già in campo aziende importanti come Caviro e Orogel – e la robotizzazione.
Sono programmi per l’agricoltura in campo dove resiste la componente umana, ma cresce l’interesse per la robotizzazione. Alcuni li abbiamo visti in azione. Nelle vertical farm il processo di automazione è molto più spinto.
Nello stabilimento di Cirimido si risparmia il 90% di acqua e di suolo
Nelle vertical farms riduzione del 95% del consumo di acqua e del 93% di suolo
Luca Travaglini, Chairman e CTO di Planet Farms, spiega bene cosa significa spostarsi dal campo all’agricoltura ad ambiente controllato. «Sono infrastrutture in grado di rispondere in modo strutturale a temi chiave come la volatilità climatica, i mutamenti del commercio globale e la sostenibilità . Rispetto all’agricoltura tradizionale, il nostro processo continuerà a ridurre del 95% il consumo d’acqua e del 93% quello di suolo, garantendo al contempo qualità , sicurezza e tracciabilità totali».
Sul tema da leggere anche le parole di Daniele Benatoff, co-fondatore e Ceo di Planet Farms: «Una piattaforma tecnologica replicabile e indipendente dal clima». Una variabile che ha accompagnato l’uomo per millenni, ma in una società mondiale che si è moltiplicata e con consumi alimentari rilevanti, come pure lo spreco alimentare, garantire la produzione è un dato strategico.
L’astronauta Franco Malerba ha investito nell’agricoltura spaziale
Frutta e verdura coltivate in orbita, l’agricoltura spaziale dell’astronauta Franco Malerba
Ci sono le vertical farms, ma anche serre sempre più tecnologiche e ad altro grado di robotizzazione. L’ultima novità coinvolge Franco Malerba. Astronauta e pure agricoltore, ma sempre in orbita. Ha fondato Space V, startup dedicata alla coltivazione di piante e verdure nella stazione spaziale internazionale.
Nel concreto si tratta di un prototipo di serra spaziale. Prende il nome di Adaptive vertical farm (Avf), una tecnologia brevettata da Space V. «Una serra a struttura multipiano dinamica, capace di adattarsi alla crescita delle piante, raddoppiando la resa produttiva rispetto alle serre verticali tradizionali. Si tratta di una soluzione altamente efficiente, pensata per rispondere alle esigenze nutrizionali degli astronauti impegnati in missioni di lunga durata, riducendo altresì i consumi energetici in modo significativo».
Questo il programma produttivo in orbita, ma Malerba e soci sono convinti delle «importanti ricadute anche per le serre a terra, in ambienti climaticamente estremi o isolati come piattaforme offshore, sommergibili, deserti o zone polari».
La serra di Space V che raddoppia la produttivitÃ
Il cambiamento climatico però sta riducendo la fertilità anche in aree un tempo altamente produttive. La Sicilia, ma pure Puglia e Campania, stanno diventando zone vocate per la produzione di avocado, mango, papaya, passion e dragon fruit. In Emilia Romagna si sta investendo sui mandorleti.
Problemi anche in Trentino dove un campione di competitività in piccoli frutti come la Cooperativa Sant’Orsola osserva: «Sotto i tunnel tradizionali la temperatura estiva in Trentino ha raggiunto i 43 gradi rendendo più faticoso il lavoro degli addetti e incidendo sulla salute degli insetti utili introdotti per la lotta biologica».
Anche qui una soluzione tecnologica. «La copertura con teli verdi permette di abbassare la temperatura media annua di 3 gradi (poco solo in apparenza) e produce un ombreggiamento che toglie il 12 per cento di luce solare all’interno ed il 30 per cento di luce sulle foglie. Il risparmio nell’uso dell’acqua è pari al 14 per cento».
Anche in questo caso aziendale si punta sulla produzione di energia: «Alla fine 2024 la produzione green di energia mediante fotovoltaico installato raggiunge un milione di Kwh pari al 35 per cento dell’intero fabbisogno energetico della Sant’Orsola».
In sintesi la mancanza di manodopera e le conseguenze del cambiamento climatico stanno mettendo in crisi l’agricoltura, ma ci sono imprese che reagiscono investendo in tecnologia: dalle vertical farms con poca e qualificata manodopera alla robotica e alle serre hi-tech.
Grazie, articolo molto interessante, che delinea a mio avviso il futuro dell’agricoltura: sempre meno umani – giustamente – a spaccarsi la schiena su terreni ormai poco fertili, ma robot e strutture verticali controllate a puntino come clima e ciclo-di-vita del coltivato. Essendo io però un grande estimatore del vino, mi spiace che molte zone in Italia diventeranno improduttive, ma la temperatura che sale porta a questo e bisognerà accettarlo…anzi, capirlo per tempo e votarsi a qualcosa di diverso come già stan facendo le aziende citate nell’articolo.
Grazie, articolo molto interessante, che delinea a mio avviso il futuro dell’agricoltura: sempre meno umani – giustamente – a spaccarsi la schiena su terreni ormai poco fertili, ma robot e strutture verticali controllate a puntino come clima e ciclo-di-vita del coltivato. Essendo io però un grande estimatore del vino, mi spiace che molte zone in Italia diventeranno improduttive, ma la temperatura che sale porta a questo e bisognerà accettarlo…anzi, capirlo per tempo e votarsi a qualcosa di diverso come già stan facendo le aziende citate nell’articolo.