La Volkswagen apre i cassetti, su (quasi) tutto. Dopo l’onta del Dieselgate, è partita una glasnost mai vista nell’industria dell’auto, e forse nell’industria tutta. Un caso da studiare per chi si occupa di comunicazione. Sul sito Newsroom (qui) ogni giorno vengono pubblicate decine di articoli, grafici, interviste. Certo, nessun segreto industriale tutto è filtrato. Ma è comunque un inside molto accurato. In questo momento prevale l’esigenza di essere trasparenti, di non correre il rischio di essere accusati nuovamente di avere nascosto qualcosa…
La Volkswagen apre i cassetti: estrarre il litio sottrae l’acqua ai contadini di Atacama?
E uno dei temi più delicati è l’approvvigionamento della materia prima per l’auto elettrica. Litio, cobalto, manganese…le batterie si costruiscono con metalli rari che spesso provengono da Paesi in cui i diritti umani sono carta straccia. E allora ecco che la VW mette in rete regolarmente dei report per dimostrare di avere le mani pulite. Già a dicembre 2017 fu pubblicato un articolo in cui il capo degli acquisti Francisco Xavier Garcia Sanz spiegava di volere solo “cobalto pulito”. Da allora le prese di posizione rassicuranti si sono moltiplicate, anche su temi come l’impatto di produzione e smaltimento delle batterie. Ma il tema delle materie prime resta centrale e da ultimo è stata pubblicata una sorta di indagine interna che parte da questa domanda: “In Cile l’estrazione del litio danneggia gli abitanti del deserto di Atacama?“. E allora, Franziska Killiches, esperta di approvvigionamento sostenibile di materie prime, è andata sul posto per verificare, raccontandosi sul sito. Proprio così, la Volkswagen apre i cassetti in pubblico. Giudicate voi.
La Volkswagen apre i cassetti: viaggio nel deserto cileno, tra le piscine di acqua salata
Ecco il racconto: “Dopo un volo di 20 ore, Franziska raggiunge la destinazione. Cile. Deserto di Atacama. Uno dei luoghi più aridi della terra. “Il terreno è duro come la pietra. Ogni goccia d’acqua evapora immediatamente ”, le sue prime impressioni. A differenza turisti, non sta visitando il deserto per vedere i geyser nelle montagne o le lagune piene di fenicotteri. La 33enne lavora da quasi un anno come esperta per l’approvvigionamento sostenibile di materie prime. Molto spesso legge rapporti critici sull’estrazione del litio nella regione di Atacama. L’accusa principale: l’estrazione mette in pericolo l’approvvigionamento idrico degli abitanti indigeni. Lo scopo del viaggio: “Vogliamo fotografare noi stessi la situazione”. In poco meno di una settimana, si muove da un posto all’altro con un piccolo gruppo, parlando con i rappresentanti delle comunità locali e con le compagnie che estraggono il litio. Senza questa preziosa materia prima, le batterie delle auto elettriche sarebbero impossibili da produrre. Lo stesso vale per telefoni cellulari e laptop… Durante i tour nel deserto, si rende conto che bisogna essere muniti di tre cose: occhiali da sole, protezione solare forte e pantaloni lunghi. Bastano 5 minuti per scottarsi. Avanzando tra le strade sterrate, tra enormi piscine di acqua salata, l’acqua cambia colore a causa del crescente contenuto di litio. Il blu diventa gradualmente giallo“.
“La siccità c’è, ma ci sono anche il turismo e le miniere di rame”
In questo video Ellen Lenny Pessagno, country manager per il Cile di una società specializzata nel litio, Albemarie, spiega come avviene l’estrazione.
“Spiega la Killiches: “Tutto ciò accade con l’aiuto del sole. La chimica fa la sua comparsa molto più tardi, quando la salamoia viene trasformata in carbonato di litio”. Il liquido contenente litio viene portato dal deserto di Atacama ad Antofagasta, a 300 chilometri di distanza. Molti Atacameños si preoccupano della perdita del loro stile di vita. 6.500 indigeni devono convivere con la presenza di un quarto di milione di turisti all’anno. I posti più grandi come San Pedro sono pieni di hotel. Molti giovani preferiscono lavorare lì ,invece di continuare lo stile di vita rurale dei genitori e dei nonni ”. Anche i lavoratori delle grandi miniere di rame provengono dall’esterno. “Gli aerei sono pieni di minatori. Le aziende cambiano personale molto spesso”. Un’economia rurale sopravvive solo con un adeguato approvvigionamento idrico. E, secondo i racconti unanimi della gente del posto, questo si è deteriorato nella regione di Atacama. “Non c’è dubbio che oggi piove meno e meno acqua fluisce dalle montagne alle pianure rispetto a come le persone erano abituate”, afferma la Killiches“.
Il colosso VW e il piccolo Consiglio degli Indiani
“Tuttavia, non è chiaro se ciò è legato all’estrazione del litio. I dati mostrano che nella regione, in termini di acqua dolce, il consumo delle aziende del litio è inferiore a quello del turismo e dell’estrazione del rame. Con percentuali tra il 5 e il 10%. Inoltre, la regione è già gravemente colpita dal cambiamento climatico, che aggrava la siccità“.
“Le critiche sull’estrazione del litio vanno anche in un’altra direzione: c’è il timore che l’acqua dolce scorrerà verso il punto in cui viene pompata la salamoia contenente litio. Ciò renderebbe inutilizzabile la preziosa acqua potabile per l’uomo e il bestiame. Tuttavia, gli esperti non hanno ancora trovato prove. “Non esiste un modello idrologico coerente a supporto di questo sospetto“, riferisce Franziska. “Ciò rende difficile giungere a una diagnosi comune. Posso capire che molti Atacameños sono preoccupati per il loro stile di vita tradizionale“, conclude la Killiches. “Noi vogliamo rimanere in contatto per una migliore comprensione di come cambiano le condizioni di vita nel deserto di Atacama. Per capire in che modo gli utenti finali come Volkswagen possono contribuire a realizzare condizioni sostenibili per la produzione di litio in Cile.” E così ha preso contatto anche con il Consiglio degli Indians, che rappresenta gli interessi della gente del posto. “Gli Atacameños ora sono molto ben organizzati e hanno i loro esperti per consigliarli. È una buona base per trovare soluzioni“.
SECONDO NOI. Sono racconti che vengono da un’azienda impegnata nell’auto elettrica con decine di miliardi di euro di investimenti. Di questo va tenuto conto. Ma lo sforzo di informazione fatto dalla Volkswagen è senza precedenti. Ognuno di noi la può soppesare secondo la sua personale sensibilità.
Una nota per la redazione: la società si chiama Albemarle Corp.
Il tema proposto andrebbe approfondito, in quanto a gennaio di quest’anno il governo cileno ha sottoscritto le concessioni per l’estrazione del litio di Salar de Atacama alla Sociedad Quimica e Minera (SQM), privatizzata dal famigerato Augusto Pinochet negli anni ’80. Dopo quarant’anni, i maggiori azionisti restano i suoi stretti familiari. SQM nel frattempo è stata accusata di corruzione, riciclaggio, evasione fiscale, oltre ad aver violato le poco restrittive norme sull’ambientali cilene.
Due i produttori del Cile: SQM e Albemarle Corp che per mantenere profittevole il prezzo non hanno incrementato la produzione per poter così capitalizzare sulla sempre sostenuta domanda globale di litio che dovrebbe, pandemia permettendo, triplicare entro il 2025.
Il governo cileno non sembra ad oggi, consentire alle altre società di entrare nel mercato.
Nel frattempo gruppi e attivisti indigeni si oppongono a nuovi progetti, preoccupati per l’impatto ambientale. Il Consiglio popolare di Atacama ha cercato di bloccare l’espansione delle licenze minerarie presso la Corte d’appello del Cile, l’Alta Corte ed ha portato la questione alla Corte interamericana dei diritti umani.
Queste due condizioni hanno permesso nel 2017 all’Australia di superare il Cile, diventando il principale fornitore di litio al mondo. Oltre al Cile ed Australia, anche l’Argentina incalza, fiutato il business del litio.
I cinesi di Tianqi Lithium hanno scalato SQM ed ora detengono il 24% delle azioni e rappresentano i maggiori azionisti con la famiglia del famigerato.
Il litio è affare a quattro tra gli statunitensi di Albemarle, la cinese Jiangxi Ganfeng Lithium, SQM e l’altra cinese Tianqi.
Forse è venuto il momento che qualcuno sollevi la questione a livello politico globale per decidere se è possibile o meno controllare questa oligarchia del litio.
Vigilare certamente su una materia prima così stategica e impattante sull’ambiente e le comunità dei luoghi. Ma chi lo può fare, senza conflitti di interesse?
Forse qualche giornalista indipendente, se ne esistessero ancora? Vedi, Alberto, un’inchiesta sui produttori del litio sarebbe fantastica, partirei domani (virus permettendo). Ma esiste un giornale che può finanziare un lavoro così costoso? Servono viaggi in Cina, negli Stati Uniti, in Cile…oggi i soldi si fanno coi social, spesso scrivendo minchiate. Gli editori sono sempre meno interessati e…
Giusto, il tema sarebbe realmente da approfondire con inchieste sul posto, così quello legato all’estrazione del cobalto che ha creato un vero e proprio movimento di opinione, soprattutto in Svizzera dove risiede Glencore.
Puro e vero giornalismo questo servizio da 4 minuti di RSI su Kolwezi:
https://www.rsi.ch/news/economia/Il-cobalto-azzoppa-Glencore-12052467.html
https://www.rsi.ch/news/economia/Glencore-sotto-accusa-negli-USA-12551274.html