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La Volkswagen apre i cassetti (anche sul litio), che spettacolo

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ranziska Killiches, 33 anni, esperta di approvvigionamento sostenibile di materie prime di VW.

La Volkswagen apre i cassetti, su (quasi) tutto. Dopo l’onta del Dieselgate, è partita una glasnost mai vista nell’industria dell’auto, e forse nell’industria tutta. Un caso da studiare per chi si occupa di comunicazione.La Volkswagen apre i cassetti Sul sito Newsroom (qui)  ogni giorno vengono pubblicate decine di articoli, grafici, interviste. Certo, nessun segreto industriale tutto è filtrato. Ma è comunque un inside molto accurato. In questo momento prevale l’esigenza di essere trasparenti, di non correre il rischio di essere accusati nuovamente di avere nascosto qualcosa…

La Volkswagen apre i cassetti: estrarre il litio sottrae l’acqua ai contadini di Atacama?

Un’immagine del deserto di Atacama, in Cile, uno dei luoghi più aridi del mondo.

E uno dei temi più delicati è l’approvvigionamento della materia prima per l’auto elettrica. Litio, cobalto, manganese…le batterie si costruiscono con metalli rari che spesso provengono da Paesi in cui i diritti umani sono carta straccia. E allora ecco che la VW mette in rete regolarmente dei report per dimostrare di avere le mani pulite. Già a dicembre 2017 fu pubblicato un articolo in cui il capo degli acquisti Francisco Xavier Garcia Sanz spiegava di volere solo “cobalto pulito”.  Da allora le prese di posizione rassicuranti si sono moltiplicate, anche su temi come l’impatto di produzione e  smaltimento delle batterie. Ma il tema delle materie prime resta centrale e da ultimo è stata pubblicata una sorta di indagine interna  che parte da questa domanda: “In Cile l’estrazione del litio danneggia gli abitanti del deserto di Atacama?“. E allora, Franziska Killiches, esperta di approvvigionamento sostenibile di materie prime, è andata sul posto per verificare, raccontandosi sul sito. Proprio così, la Volkswagen apre i cassetti in pubblico. Giudicate voi.

La Volkswagen apre i cassetti: viaggio nel deserto cileno, tra le piscine di acqua salata

Ecco il racconto: Dopo un volo di 20 ore, Franziska raggiunge la destinazione. Cile. Deserto di Atacama. Uno dei luoghi più aridi della terra. “Il terreno è duro come la pietra. Ogni goccia d’acqua evapora immediatamente ”, le sue prime impressioni. A differenza  turisti, non sta visitando il deserto per vedere i geyser nelle montagne o le lagune piene di fenicotteri. La 33enne lavora da quasi un anno come esperta per l’approvvigionamento sostenibile di materie prime. la Volkswagen apre i cassettiMolto spesso legge rapporti critici sull’estrazione del litio nella regione di Atacama. L’accusa principale: l’estrazione mette in pericolo l’approvvigionamento idrico degli abitanti indigeni. Lo scopo del viaggio: “Vogliamo fotografare noi stessi la situazione”. In poco meno di una settimana, si muove da un posto all’altro con un piccolo gruppo, parlando con i rappresentanti delle comunità locali e con le compagnie che estraggono il litio. Senza questa preziosa materia prima, le batterie delle auto elettriche sarebbero impossibili da produrre. Lo stesso vale per telefoni cellulari e laptop… Durante i tour nel deserto, si rende conto che bisogna essere muniti di tre cose: occhiali da sole, protezione solare forte e pantaloni lunghi. Bastano 5 minuti per scottarsi. Avanzando tra le strade sterrate, tra enormi piscine di acqua salata, l’acqua cambia colore a causa del crescente contenuto di litio. Il blu diventa gradualmente giallo“.

“La siccità c’è, ma ci sono anche il turismo e le miniere di rame”

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3 COMMENTI

  1. Una nota per la redazione: la società si chiama Albemarle Corp.

    Il tema proposto andrebbe approfondito, in quanto a gennaio di quest’anno il governo cileno ha sottoscritto le concessioni per l’estrazione del litio di Salar de Atacama alla Sociedad Quimica e Minera (SQM), privatizzata dal famigerato Augusto Pinochet negli anni ’80. Dopo quarant’anni, i maggiori azionisti restano i suoi stretti familiari. SQM nel frattempo è stata accusata di corruzione, riciclaggio, evasione fiscale, oltre ad aver violato le poco restrittive norme sull’ambientali cilene.

    Due i produttori del Cile: SQM e Albemarle Corp che per mantenere profittevole il prezzo non hanno incrementato la produzione per poter così capitalizzare sulla sempre sostenuta domanda globale di litio che dovrebbe, pandemia permettendo, triplicare entro il 2025.

    Il governo cileno non sembra ad oggi, consentire alle altre società di entrare nel mercato.

    Nel frattempo gruppi e attivisti indigeni si oppongono a nuovi progetti, preoccupati per l’impatto ambientale. Il Consiglio popolare di Atacama ha cercato di bloccare l’espansione delle licenze minerarie presso la Corte d’appello del Cile, l’Alta Corte ed ha portato la questione alla Corte interamericana dei diritti umani.

    Queste due condizioni hanno permesso nel 2017 all’Australia di superare il Cile, diventando il principale fornitore di litio al mondo. Oltre al Cile ed Australia, anche l’Argentina incalza, fiutato il business del litio.

    I cinesi di Tianqi Lithium hanno scalato SQM ed ora detengono il 24% delle azioni e rappresentano i maggiori azionisti con la famiglia del famigerato.

    Il litio è affare a quattro tra gli statunitensi di Albemarle, la cinese Jiangxi Ganfeng Lithium, SQM e l’altra cinese Tianqi.

    Forse è venuto il momento che qualcuno sollevi la questione a livello politico globale per decidere se è possibile o meno controllare questa oligarchia del litio.

    Vigilare certamente su una materia prima così stategica e impattante sull’ambiente e le comunità dei luoghi. Ma chi lo può fare, senza conflitti di interesse?

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