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La volata lunga dell’e-bike all’italiana. E ora?

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Assemblaggio delle e-bike Wayel nella fabbrica Five

Quasi 200 mila e-bike vendute e un made in Italy che raddoppia, guadagna quote di mercato e comincia timidamente ad esportare. E’ una volata lunga quella dell’e-bike all’italiana: dura ormai da 4 anni. E ora? Ancma ha un’idea: incentivare le due ruote, in particolare quelle a pedalata assistita, per gli spostamenti della “Fase 2”. 

Raddoppia la produzione made in Italy

Il bilancio  2019 delle due ruote a pedali si è chiuso in positivo. Nel complesso sono state vendute l’anno scorso 1,7 milioni di biciclette, con un progresso del 7% rispetto all’anno precedente. In valore, il mercato ha totalizzato 1,35 miliardi di euro. Per le bici elettriche la performance è quasi doppia: +13%. I dati sono stati diffusi da Confindustria Ancma che rappresenta tutto il mondo delle due ruote. Le vendite di biciclette a pedalata assistita sono passate dalle 173 mila unità del 2018 a 195 mila nel 2019.

Torna a crescere, a differenza degli altri anni, anche la bicicletta tradizionale, soprattutto city e trekking, in tutte le zone d’Italia. Tornano a crescere produzione e di conseguenza l’export. I dazi anti dumping imposti sulle  bici elettrice asiatiche hanno prodotto i loro effetti. Si sono ridotte le importazioni dall’Asia e sono rientrate in Italia quote crescenti di produzione (+209%).

 

E-bike all’italiana ai tempi del coronavirus

Tutto ciò conferma che gli italiani stanno cominciando a utilizzare la bicicletta non solo  per lo svago o lo sport, ma anche «per spostamenti individuali sani e sostenibili. Una componente sempre più importante per i moderni concetti di mobilità nelle nostre città», scrive Ancma. Ciò è tanto più vero «in questo delicato e complicatissimo periodo di Coronavirus». Il governo dovrebbe quindi prenderne atto adottando misure di stimolo all’uso, alla vendita, alla fabbricazione. Ancma non lo dice esplicitamente, ma sembra suggerire una campagna di incentivazione. «La bicicletta _ spiega infatti Ancma _ permette di mantenere le distanze di sicurezza, attiva il metabolismo della persona e come tale ne aumenta le difese immunitarie, preziosissime per aiutare ad arginare il virus. Sarebbe un peccato non approfittarne in un periodo, come questo, che va anche  incontro alla bella stagione».

L’auspicio, conclude il presidente di Ancma  Paolo Magri è che «si continui con la politica di diffusione dell’uso della bici, delle infrastrutture e delle politiche di mobilità sostenibili per vedere città più smart e soprattutto, dato il momento, più sicure in considerazione dei molteplici aspetti positivi che ricadrebbero sulla nostra salute».

A nostro parere

Sfortunatamente il settore è finito nel tritacarne dei decreti sul lock down, con un’ampia “zona grigia” di regole relative alla prosecuzione dell’attività. Bloccata comunque la vendita, manutenzione e ricambistica sono state oggetto di un tiramolla tra codici Ateco (identificano le attività essenziali e quelle da chiudere) e deroghe prefettizie. In più di un caso le ambiguità interpretative hanno causato malintesi e pesanti sanzioni. L’occasione per riordinare le regole potrebbe essere la “Fase 2”. Con il parziale riavvio dell’attività produttiva, infatti, si porrà inevitabilmente il problema degli spostamenti di massa casa-lavoro. L’affollamento sui mezzi pubblici è un rischio che nessuno vuole correre.  Le e-bike all’italiana, quindi,  potrebbero essere una soluzione da mettere in campo, anche velocemente, in favore di chi non dispone di altri mezzi di mobilità privata. Ovviamente a due condizioni: che sia fisicamente possibile acquistarle, e che acquistarle non sia troppo oneroso. E per questo sarebbe necessario introdurre un robusto incentivo pubblico. 

 

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