La Renault cancellerà la Twingo: è la fine delle citycar?

La Renault vuol cancellare la Twingo. Ed è un peccato, perché nelle città c’è bisogno di citycar, elettriche o no. E non certo dei Suv che van per la maggiore.

La Renault punta su auto più costose e le norme…

La Renault
Luca De Meo con la Megane elettrica: stop citycar, barra su auto più grandi e più costose, la media dei listini Renault passerà da 16 a 21 mila euro.

La notizia, anzitutto. In un’intervista al sito francese Challenges, il nuovo n.1 della Renault Luca De Meo annuncia di avere fermato lo sviluppo di 7 modelli. Motivo? Non sarebbero “rentables“, redditizi. Già, perché il manager italiano entro due anni vuole alzare il prezzo medio delle auto Renault da 16 a 21 mila euro. Più l’auto costa, più i margini in percentuale sono elevati. Ma De Meo non ne fa una questione di guadagni: “La Renault abbandonerà il segmento A“, ha spiegato. “È un peccato lasciare questo tipo di veicoli, ma le piccole auto a combustione interna spariranno a causa delle regole del gioco europee”. In pratica: standard sempre più severi sulle emissioni di CO2, con i relativi investimenti, renderebbero non rentables  i modelli a benzina lunghi 3 metri e mezzo o poco più come la Twingo. Lo stesso De Meo giudica la situazione “un po’ assurda“, dato che un pubblico che cerca le citycar esiste ancora, eccome. Soprattutto in Italia.

La Renault non è la sola a cancellare le piccole: anche Ford, Opel, Peugeot, Citroen

la renault
La Peugeot 108, una delle citycar che non avranno futuro.

Questo della sparizione delle vecchie utilitarie rischia di essere uno spiacevole effetto collaterale delle norme europee anti-inquinamento. Alle Case interessano i profitti, non l’ambiente. E alle restrizioni di Bruxelles stanno reagendo con un contropiede che non era stato messo in conto: eliminano le citycar dalla loro gamma e puntano tutto su veicoli più grandi. Salvando capra e cavoli: rispetto delle norme sulle emissioni e bilanci. È un trend un po’ furbo già abbracciato dalla Volkswagen, come scrivemmo a luglio. L’articolo si intitolava proprio “La via tedesca all’elettrico è tutta un Suv: bene così?“. No, non è un bene così, ma Renault e Volkswagen non sono soli in questa sterzata verso l’alto. Ci pensa Quattroruote a ricordarci (qui) che altri costruttori dicono addio alle citycar: “Nel 2019 la Ford e la Opel hanno smesso di commercializzare la Ka e la Karl, mentre la Peugeot e la Citroën hanno di recente messo la parola fine alla storia delle 108 e C1.

Facciamole noi in Italia le citycar, se gli altri lasciano

Due riflessioni su quella che consideriamo una pessima notizia, la fine delle citycar.

  • Come ha ricordato il n.1 dell’Enel, Francesco Starace, la vera lotta alle emissioni si gioca nelle città. È qui che si produce il 70% delle emissioni mondiali di anidride carbonica e si consuma il 78% dell’energia. E le città hanno bisogno di macchine di 3 metri e mezzo, non di grandi Suv. Nel traffico una maggiore sostenibilità non si conquista solo con motori più puliti. Ma anche combattendo la congestione.

    la Renault
    Tre generazioni di 500: l’originale del ’57, il remake dopo 50 anni e l’elettrica.
  • Che ruolo può giocare l’Italia? Siamo la patria delle utilitarie e dobbiamo andarne fieri. Al di là dei bisogni indotti dagli stili di vita imperanti, sono auto con spazi e prestazioni all’altezza delle necessità di molti di noi. Speriamo che nelle nozze tra PSA e FCA almeno si conservi per Torino il ruolo di capitale delle citycar. Elettriche soprattutto. La 500e è partita forte, con più di 5 mila immatricolazioni a dicembre. Costicchia, ma riesce ad essere rentable pur con queste dimensioni. Facciamole noi le citycar, se gli altri non le vogliono più. Sono la risposta giusta al mondo che ci aspetta. 

 

 

Visualizza commenti (43)
  1. Magari Renault e De Meo sono semplicemente anni avanti rispetto a noi tutti. In città si va con mezzi pubblici (gratis nelle città più evolute, come a Lussemburgo), bici e piedi… un sogno!

  2. Gianluigi Cassin

    Io sospetto fortemente che presto fiat smetterà di fare utilitarie.
    Semplicemente i margini sono molto ridotti, così come per le altre case.
    In stellantis hanno già detto che lancia e alfa seguiranno il filone del lusso per il rilancio, quindi probabilmente addio lancia Y. Non mi stupirei che anche la panda facesse una brutta fine, diciamo entro 5 anni.
    A livello di adas e sicurezza in generale faranno fatica a comprimere i costi. Poi con l’avvento dell’elettrico sarà dura stare sui 10k.

  3. Ubaldo Zullino

    Per farla breve, chi è disposto a sborsare 14.000 euro per una Twingo a benzina da 65 CV? Se non sanno fare utilitarie è giusto che lascino il segmento a chi come FIAT le fa da sempre con ottimi risultati.

  4. Una cosa è fare il tifo ,una cosa sarà poi il prezzo di vendita .Qualcuno che sta lavorando sui pannelli solari ,ma con superficie interessante è Aptera ,nuovo 3 Wheel americano

    1. Alberto Spriano

      Aptera è molto interessante per la forma e l’integrazione fotovoltaica, tuttavia è un veicolo di derivazione estrema ed ha solo due posti.
      È una Very Light Car che concorse nel 2010 al Progressive Insurance Automotive X PRIZE, vinto da Edison2 di Oliver Kuttner di cui si aspetta la versione elettrica.
      Non penso che l’Aptera una volta superati i crash test Euro NCAP verrà commercializzata ad un prezzo inferiore alla Sion a quattro posti e doppio bagagliaio.
      Inoltre per le normative italiane l’Aptera rientra nella categoria L5e, cioè i veicoli a motore a tre ruote che devono rispettare determinati limiti per quanto riguarda le dimensioni. I tricicli a motore non possono superare i 4 metri di lunghezza, i 2 metri di larghezza e i 2.5 metri di altezza. Anche per ciò che concerne la massa, la legge impone dei limiti; per i tricicli a motore, la massa massima non deve superare i 1000 kilogrammi (escludendo le masse di eventuali batterie di propulsione per i motori elettrici).
      Con l’Aptera, in Italia, non potresti neppure andare in tangenziale.

      https://www.youtube.com/watch?v=ZHs-l4W2e8w

    2. Alberto Spriano

      Tra i “qualcuno” ci sarà anche il Cybertruck che avrà un’opzione per aggiungere all’autonomia giornaliera con l’apporto dell’energia solare 15 miglia al giorno, forse di più, così dichiarò Musk il 22.11.2019. Ma non solo.

      Verrà presentata anche la versione autoalimentata che disporrebbe di ali solari pieghevoli dispiegate nelle soste per generare dalle 30 alle 40 miglia al giorno di autonomia da apporto fotovoltaico.
      Questo l’obiettivo di Musk che per “auto alimentazione” considera una media giornaliera di 30 miglia, negli spostamenti medi giornalieri negli Stati Uniti.

      Il surplus verrebbe ceduto al Powerwall.

      Una rivoluzione per gli Stati Uniti, dove, nella provincia americana, il mito del truck è radicato dai tempi di Furore di John Steinbeck.

      Il truck è uno dei miti indispensabili della provincia americana perché da sempre accompagna i tanti esodi del popolo americano, uno su tutti, quello descritto in Furore da John Steinbeck sulla Route 66. L’esodo della famiglia Joad dall’Oklahoma alla California, la fuga da tempeste di sabbia come quella del 10 e 11 maggio 1934, quando i tornadi sollevarono 300 milioni di tonnellate di detriti in una regione che venne chiamata the Dust Bowl, il Catino di Polvere.

      Da allora i truck sono diventati indispensabili in tutti gli stati americani ed hanno compiuto imprese ineguagliabili salvando famiglie da tempeste, tornadi e carestie, aiutandole nella ricerca della terra promessa.
      Per questo e non solo per questo, oggi rappresenta un’avvincente sfida realizzare un truck elettrico, proprio lì dov’è nato e si è evoluto, sempre più grande e poderoso.
      Abbiamo visto concept di truck elettrici simili tra loro e troppo simili ai mostri V8 voraci di carburante.
      Poi, improvvisamente arriva il Cibertruck di Tesla, una rottura: alieno, diverso da tutto e da tutti, inconsueto per diventare di tendenza.
      Sharp, angular look: linee ordinate per conferire un aspetto nitido e angolare.

      Incomincia a piacere a tanti. Sempre di più.
      Impossibile passare inosservati, con l’opzione “Solar Tonneau” si diffonderà anche in Europa senza una vera necessità d’impiego, diventando un must per pseudo ecologisti.

      L’elettrico mette i muscoli e si riveste di fotovoltaico non solo per lavorare: per mostrarsi.

      https://www.youtube.com/watch?v=EAU01vhHMPw

  5. Ho un ricordo della Twingo. E’ stata la mia prima auto, a 18 anni, era appena uscita la versione con l’aria condizionata e la presi a volo. Funzionava benissimo l’auto, mai un difetto e anche quando dopo, a distanza di anni, la trasformati a gpl andava davvero bene. Il primo anno, appena acquistata e appena ritirata la patente, ci andai a Budapest. L’anno successivo a Stoccolma. Guidai io in entrambi i viaggi, con me gli amici delle superiori. C’è una foto ironica che scattai a Stoccolma, la conservo ancora: parcheggiai l’auto sotto il cartello benvenuto a Stoccolma e mi misi a spingerla da dietro, come se fosse guasta. L’affidabilità era enorme e nonostante i 150 km/h e i 55 cv non riuscivano a contenere la passione dei miei 18 anni, il suo comportamento sincero mi permetteva di farci cose a cui io per primo stento a credere a distanza di anni.
    E niente, questa riflessione era solo sui tempi che cambiano: quella citycar era la mia auto per i viaggi, ci andavo all’estero attraverso i paesi prima che esistesse l’euro (si viaggiava ancora col passaporto), ci facevo continui viaggi di 600 km tra Pisa e Caserta cercando di battere il mio stesso tempo e quell’auto non si è mai lamentata, indistruttibile, affidabile, pure sulla neve con gomme non adatte, una compagna di viaggio incredibile (con i suoi sedili anteriori che si trasformavano in un letto perfetto col divano posteriore) nonostante le tirassi sempre il collo (fino a spingerla ben 25 km/h oltre il suo limite massimo di velocità approfittando delle discese autostradali più ripide).
    Pagata all’epoca, nuova, 15 milioni (circa 8000 euro odierne).
    Oggi con una Twingo elettrica ci potrei andare dal salumiere del paese e tornare a casa. Quando avevo 18 anni, l’auto era sinonimo di libertà e ti permetteva di viaggiare verso lidi inesplorati. Per i 18enni di adesso è un tablet con le ruote, dove l’unico aspetto che conta è il firmware dell’infotainment.

    1. Gianluigi Cassin

      Eh già, I tempi cambiano. Oggi i ragazzi hanno altre priorità e i viaggi con lutilitaria anche non elettrica in giro per l’Europa lo fanno in pochi.
      Del resto a quei tempi non c’erano internet e i social, una coscienza ecologista così diffusa, la globalizzazione.

    2. Alberto Spriano

      È proprio questa la sfida da affrontare.
      Un’utilitaria elettrica efficiente ed essenziale che ti consenta la stessa libertà di spostamento di una Renault 4, di una Citroën 2CV o della prima Twingo derivata dal programma VBG – Voiture Bas de Gamme che doveva continuare la progenie della Renault 4, vettura adatta agli ambulanti che andavano a vendere merci al mercato, quando ad attraversare le piste sahariane.

      Si può fare?
      Si deve tentare perché va fatta.

      A noi poco importa delle Tesla Model S e X Plaid da 1200 cavalli per 24 quintali che sfidano al Nürburgring il Taycan di Porsche per dimostrare la tecnologia di una berlina da rappresentanza e del SUV più potente al mondo che girano all’Inferno Verde in poco più di 7 minuti, a noi europei interessa un’elettrica che non c’è, ma che sicuramente ci sarà.

      I prodromi ci sono e non sono emersi dalle case costruttrici consolidate nel tempo ma da una start up guarda caso formata da ragazzi che hanno integrato il fotovoltaico sulle superfici della carrozzeria e fatto crescere il muschio sulla plancia.

      Qualcuno, necessariamente obietterà sull’insufficiente, inutile capacità di ricarica dell’apporto solare.
      Per me va bene così.

      Incominciamo a manifestare un concetto, delle idee che possono far sorridere i più, ma anche essere prese d’esempio da altri e gradite da qualche milione di ecologisti europei che non avrebbero esitazioni a comprarsi una Sion e non per il muschio sulla plancia o i sedili rivestiti in microfibra vegana o gli inserti in legno Karuun o i tappetini di licheni, ma perché questa è una strada da seguire.

      https://www.youtube.com/watch?v=voCQb8GCeAE
      https://www.youtube.com/watch?v=rBQJ9zr75BA&t=72s

      1. I ragazzi della Suin stanno facendo cose coraggiose che apprezzo molto. Per mè la cosa piu notevole della SION è che non è ….personalizzabile! Neppure il colore si puo scegliere. Sembrerà uno svantaggio commerciale ma così contengono molto il costi e aprono le possibilità di un after market fatto di artigiani e piccole imprese con lavoro diffuso.

        1. Alberto Spriano

          Come diceva Henry Ford a chi acquistava la Model T: “Di qualsiasi colore, purché nera!”
          Poi arrivò Louis Chevrolet che sfidò l’austerità della Model T Ford con una gamma colori che squarciò il grigiore del cielo come raggi di luce diretta.
          La Classic Six di Chevrolet era addirittura disponibile in colorazioni bicolori.
          Tuttavia, la Ford T rigorosamente e solo nera, divenne il mito che conosciamo, per le innegabili ragioni legati al fordismo ed alla sua organizzazione nata da una visita alle macellerie di Cincinnati e Chicago dove giravano appesi i quarti di bue nelle disassembly lines.

          Personalmente faccio il tifo per i ragazzi di Sion, condivido tutte le loro idee e come me le condividono anche le nuove generazioni.
          Diciamo che se Greta Thunberg guidasse ed avesse un’auto, questa non può che essere la Sion.
          Penso che la Sion sia la nuova Renault 4 di questo secolo e penso che anche il buon Luca de Meo lo abbia già capito.
          Presto Renault ci farà la sorpresa con la R4 fotovoltaica basata sulle stesse idee della Sion, una Sion che accusa un forte ritardo. Avessero raccolto capitale attraverso il venture capital vedremmo già la Sion per strada.
          Sion ha indicato la strada giusta da seguire.
          Gli altri sono certo che la seguiranno.

          1. Gianluigi Cassin

            Anche io faccio il tifo per Sion. C’è da dire che il quantitativo di energia raccolto tramite FV è limitato e non copre che una parte del fabbisogno. Tuttavia anche un 10-20% è energia gratis e usata direttamente. Quindi ancora meno emissioni.
            Non so se renault o altri seguiranno questa strada ma c’è da sperarlo

  6. Io la vedo molto piu semplice, de MEo deve salvare i posti in Francia, ricordiamoci che il governo è in Renault con circa il 15% . La Twingo è prodotta in Slovenia Novo Mesto , il motore non mi sembra Renault ma di derivazione Smart (Mercedes) Deve riportare il profitto appena possibile
    per tenersi in casa un auto non totalmente sotto controllo probabilmente ha poco senso .
    Poi per la low cost , value for money ha il brand Dacia come ben spiegato nella Renaulution

  7. Non potrebbe dipendere solo da un’operazione di razionalizzazione della gamma prodotta?
    L’attuale twingo mi sembra nata come risposta alla 500 quando renault e fiat erano concorrenti. Ci furono anche accuse di plagio.
    Oggi, il prodotto più moderno, accattivante e rentable mi sembra quello italiano, sia per le versioni termiche che per le elettriche. Magari é un illusione, ma in tal caso sarebbe un’ottima notizia per la 500.

    1. Ciao Sirius, hai qualche fonte su queste accuse di plagio? Lo chiedo perché sono auto completamente diverse, sia quando nacque la prima 500, sia l’ultima. Auto mai banale e tuttaltro che scontata, dalla forte personalità …

      1. Ciao, mi riferisco al modello attuale introdotto nel 2014. La stampa di settore italiana era piena di articoli in cui si evidenziava la somiglianza con la 500. Comunque era per sostenere l’idea che i 2 modelli sono troppo in competizione tra loro per essere dello stesso gruppo. La vecchia twingo per me era un simpatico scarabocchio 🙂 , ma qui entriamo nei gusti personali ovviamente.
        Ora, 500 e twingo non sfruttano neanche pianali e motori comuni come avviene ad esempio con modelli del gruppo psa (208 e corsa ad esempio) o vw quando occupano gli stessi segmenti di mercato.

      2. Alberto Spriano

        La polemica venne scatenata nel 2014 anno di presentazione a Ginevra della Twingo mk2 tuttodietro, guarda caso come la Fiat 500 di Dante Giacosa, da Lapo Elkann.
        Essendo stato il padre della 500 mk2 assieme a Roberto Giolito, il nostro creativo avrebbe voluto per la Sua 500 un pianale è una motorizzazione e trazione posteriore come quella della Twingo mk2 per avere un handling diverso dalle tuttoavanti, un raggio di sterzo minore a vantaggio della maneggevolezza, aver doppi spazi per i bagagli è uno sterzo non influenzato dalla coppia motrice, ma libero come un kart.
        Renault con Daimler avevano il pianale giusto, Fiat la carrozzeria.
        Avessero fatto una joint venture a tre, Renault, Daimler per Smart e Fiat, avremmo visto una 500 tuttodietro come meritavano, per l’impegno e la passione dedicata nel realizzarla, Lapo Elkann e Roberto Giolito.
        Purtroppo avvenne diversamente e la 500 diventò un’ammaliante carrozzeria con meccanica tutt’avanti un tradimento tecnico nei confronti della capostipite giacosiana.
        Il tradimento poteva essere rimediato nella nuova 500 elettrica che se configurata tuttodietro sarebbe stata più divertente e funzionale da guidare.
        Purtroppo ciò non è avvenuto.

        Aspettiamo le ID.1 e ID.2 tuttodietro.

        https://motori.corriere.it/motori/attualita/14_marzo_17/lapo-elkann-attacca-renault-hanno-copiato-fiat-500-858a8640-ade1-11e3-a415-108350ae7b5e.shtml

  8. Ivan Vighetto

    Effettivamente non si può obbligare un produttore a mantenere un mercato che attualmente è poco redditizio. Il problema credo sia proprio il prezzo, per ora il costo delle batterie incide moltissimo su questo tipo di vetture e il prezzo senza incentivi non attrarrebbe la clientela che cerca una seconda auto economica. L’incentivo non funziona nello spingere a produrre un certo tipo di auto perché può essere eliminato da un anno all’altro e perché, in ottica di produzione globale, gli incentivi non sono in tutti i paesi.

  9. Una domanda che sottopongo alla redazione: perché il limite di emissioni è più stringente per le piccole e meno per le auto pesanti : 95 + 0,0333 x (massa in kg – 1.379,88)?
    Capisco la necessità di non affossare tutti i mega SUV molto redditizi, ma a regime si finisce per penalizzare le citycar. In fondo un grammo di CO2 é sempre uguale , sia emesso da una panda che da un SUV

    1. Non sono sicuro che il limite cambia in base alla tipologia di auto, che io sappia è sempre fissato a 95 g/km. In famiglia abbiamo una GLC diesel e sul contratto viene specificato “il modello che ha acquistato produce una media di 175 g/km di CO2 che supera il limite di 110 g/km prfissato per le nuove vetture dalla comunità europea” (così ti stanno dicendo, bene, superi il limite, paghi 110€ per grammi in più). Il limite varia però da casa automobilistica a casa automobilistica più che altro dal tipo di vettura che offrono (Mercedes avendo vetture mediamente grosse lo ha appunto a 110, mentre se non vado errato il gruppo Range Rover a 118/120 proprio perché non ha auto piccole in gamma). Teoricamente, ma non è poi vero nella realtà, avere auto leggere in gamma dovrebbe permettere una riduzione maggiore e più facilmente attuabile, dunque le case con tante city car a listino hanno il limite di 95g/km

  10. Patrick Droulers

    Era interessante di vedere come negli anno fine 80 l’abandono del offerta di televisori bianco e nero da parte dei grandi costruttori induceva una vera oportunita per costruttori secondari
    Probabilmente avete ragione di evidenziarlo se i grandi costruttori dovessero abandonare le city car questo potrebbe creare oportunita per i medi costruttori

    1. Di medi costruttori però ormai ne stanno rimanendo pochissimi; la tendenza è ad unirsi in mega gruppi per sopravvivere. Si apre una strada a nuovi contendenti? Non lo so, non credo sia così facile…

      1. Gianluigi Cassin

        Secondo me sì invece. Ci sarà sempre qualcuno pronto a inserirsi in un mercato lasciato scoperto. In questo caso potrebbero essere i cinesi

          1. Scusate ma a cosa servono le city car ?
            Penso che fare un auto di 3.5 metri costi lo stesso che farne una di 410 . E poi se le chiamiamo city car le useremmo in città dove dovremmo avere mezzi pubblici , bici ecc.e magari car sharing elettrico .
            E allora se vogliamo avere queste city car mettiamoci a fare i quadricli elettrici due posti altrimenti arriverà la Kandi cinese che sta per essere lanciata in Usa.

  11. Ogni tanto mi ripropongo, aspettando Mecenate:
    Si può fare una citycar a 10 mila Euro, con ruote che aiutano a mantenere le batterie cariche e un pacco di batterie standard che si sostituiscono al distributore, come fanno già, in parte, in Cina ed in Corea.
    Cercasi imprenditore …che ama il rischio.
    Raffaele

      1. Che, a mio avviso, in un sistema di car sharing, sarebbero la soluzione per le grandi città. Per le persone che vivono e lavorano “in periferia” avere delle city car farebbe comodo

  12. È una situazione che fa veramente ridere, anche se bisognerebbe piangere.
    I costruttori è anni che prediligono i suv che rispetto alé altre tipologie di auto permettono di avere margini nettamente superiori, ma lo stesso tipo di macchina comporta più emissioni che in qualche modo vanno compensate. Come? Con altri suv, perché il rincaro tra la versione termica e quella elettrica è meno percepibile e dunque ne facilità la vendita. Il problema? Non solo la profittabilità, ma anche che allo stato attuale della tecnologia elettrica bisogna avere auto relativamente grandi per avere autonomie per lo meno decenti (si prenda la twingo come esempio, rispetto alla versione termica è praticamente 1/3; mentre la etron riesce almeno sulla carta a fare 450/500 km, che non sono gli 800 di una q5 ma sono comunque una buona metà). I clienti vogliono tanta autonomia, ma questo presuppone sviluppare pianali grandi e se la vettura offre maggiori margini le case sono ben contente di spingere questi modelli.
    L’assurdo? Chi inquina di più è colui che gira con le citycar di 20 anni da e che non ha alto potere d’acquisto, ma se con i suv le multe per l’eccesso di CO2 vengono inserite senza problemi nel prezzo finale, farlo con le citycar le renderebbe estramennte care, al pari delle versioni elettriche. Il il problema è che colui che guida la sua auto ventennale non può dunque permettersi né un motore più efficiente, né l’auto elettrica e continuerà ad inquinare.

    Questo è il sistema demente che si sono inventati quegli scappati di casa di Bruxelles, con sistemi di multe/sovvenzioni assurdi, dato che la stesso gruppo è multato per l’eccesso di CO2 (vw) ma riceve ottimi incentivi per le sue auto elettriche (così può tenere il prezzo alto, dato che praticamente il margine è pari al l’incentivo offerto).

    1. I costruttori devono stare ben attenti però a non tirare troppo la corda perché Bruxelles potrebbe introdurre, tra qualche anno, no solo l’obbligo di diminuire la quantità di CO2 emessa da ogni singolo veicolo, ma anche i consumi Wh/km nel ciclo WLTP. In poche parole, se la tua auto consuma troppa energia, che sia chimica (carburanti) oppure elettrica, non la puoi commercializzare.

  13. Infatti ritengo che certe decisioni manchino un po’ di prospettiva e non considerino le economie di scala e la riduzione dei costi delle batterie. In pratica sono d’accordo con quello che hai appena scritto della 500 che sembrava impossibile da far costare 500 lire.
    L’unica scusante per i produttori è che hanno davanti investimenti ingenti per rinnovare le gamme e dovendo dare delle priorità ne fa le spese il segmento con i margini più bassi.
    Personalmente se dovessi scegliere una strategia per il segmento city lavorerei ad una piattaforma modulare con batterie da tre/quattro moduli in modo da proporre citycar di primo prezzo con autonomia limitata (con un solo modulo installato, perfette come seconde auto) ma lasciando aperta la porta per gli upgrade con batterie più prestazionali man mano che i prezzi delle batterie scenderanno.
    Probabilmente con un piano del genere sarebbero anche più favorevoli i concessionari e le officine che sarebbero coinvolti negli interventi di upgrade.

  14. La Renault,nella persona di Luca de Meo ha detto che non si rincorrerà la Share di mercato a sfavore della profittabilità.
    Di qui le scelte di costruito meno auto ,meno modelli ma con più margine

    1. Sì, ma decidere di costruire solo auto di dimensioni maggiori mi sembra una scorciatoia un po’ troppo facile. Anche quando la Fiat decise di fare la 500, quella del 1957, si diceva che era impossibile fare una macchina di 3 metri e mezzo che costasse meno di 500 mila lire. Poi l’hanno fatta e 64 anni dopo siamo ancora qui a parlarne.

      1. Mi perdoni, ma il mestiere dell’imprenditore in un sistema capitalistico e’ proprio questo: massimizzare il profitto. Quindi, cosa c’e’ che non va nel seguire “una scorciatoia un po’ troppo facile” (concetto che andrebbe precisato, se non definito con esattezza). Nella fattispecie, De Meo ha fatto i conti sulla base dei trend di consumo dati i vincoli esistenti ed ha concluso che fare auto piccole non e’ conveniente. Punto. Se poi vogliamo esulare dal contesto imprenditoriale, allora dobbiamo rivolgerci ad altri attori, la politica in primis, per ridefinire i suddetti vincoli. Esempio: gli incentivi alle elettriche non verranno, a mio avviso, mai tolti del tutto in quanto essi rappresentano lo strumento con il quale una comunita’ politicamente organizzata si fa carico di parte del costo diretto di una transizione di sistema (quella del settore dei trasporti privati in chiave ecosostenibile).

        1. vittorio milani

          Sì, ma ci sono gli imprenditori che vanno sul sicuro (la “scorciatoia facile” che poi facile non è perché così fan tutti) e quelli che rischiano, innovano e cambiano il mondo, vedi Tesla, tanto per fare un nome facile. O quelli che fecero la 500, come si diceva. Se guardi la convenienza a breve e rinunci a fantasia, immaginazione e coraggio, se rinunci in partenza alla sfida, prima poi ci penseranno gli altri a fartene pentire. L’industria automobilistica americana negli anni ottanta andando “sul sicuro” e si è fatta molto male da sola. Ora non saranno i giapponesi ma i cinesi probabilmente a suonare la sveglia. L’imprenditore deve guardare i conti, ma non solo, altrimenti facesse il ragioniere.

      2. Stavo pensando che forse ci sono altre ragioni ,più industriali . La nuova Twingo è nata insieme alla Smart fourfour , penso entrambe venissero prodotte nella stessa fabbrica che oggi è stata venduta e non più di proprietà di Mercedes .
        Probabilmente sono più queste le ragioni dello stop .
        Bisognerebbe capire se le versioni elettriche Smart four four e Twingo Electric verranno mantenute

      3. Beh, la risposta è semplice, i produttori vanno dove vanno i soldi e i soldi vanno dove va il mercato e dove va la politici (gli incentivi e le norme).
        E’ stata la politica a rendere indigesta la citycar e l’ha fatto 2 volte consapevolmente:
        1) le nuove norme Euro 7 prevedono un incremento dei costi per i costruttori che uccidono le city car. I produttori avevano avvisato con ampio margine la politica di questo side effect (ne sono pieni tutti i media e l’avviso è scattato presso le sedi opportune a livello europeo): ma siccome in Germania l’auto di massa è la Golf e non la Panda italiana, per la Germania non è un problema uccidere la city car, tanto già non ne circolano lì da loro. Oggi fare una 500 a 500mila lire non si può fare con l’Euro 7 alle porte
        2) la politica è andata in fissa con l’auto elettrica con la batteria cinese, tanto da levare soldi destinabili, ad esempio, alle fonti rinnovabili (il superbonus avrebbe potuto essere esteso a molti più casi) e li ha dati a Panasonic e CATL per l’acquisto delle loro batterie costruite in Cina (non è che lo stato stampi soldi, i soldi quelli sono e quindi se li metti nell’auto elettrica li levi ad altre politiche, non è benaltrismo ma matematica). In tutto ciò, manca completamente una politica per premiare le city car: in paesi come il Giappone ci sono bonus / malus in base alla lunghezza del veicolo ad esempio, da noi non c’è nulla di questo

        1. Condivido ogni parola: i Top manager devono guardare alla salute dell’azienda a lungo termine.
          Con le attuali tecnologie produrre queste vetture non è salutare, perchè non genera profitto. Questo è un aspetto che spesso chi decide le normative non tiene in considerazione: se tutti i principali costruttori stanno prendendo questa decisione non è un caso.
          Nello specifico la Twingo era coprodotta con la Smart per abbattere i costi di produzione: De Meo è stato chiaro, da soli non la possono produrre.

          1. Io però non salterei così tanto alle conclusioni, il problema dei costruttori nei confronti delle auto elettriche è che fa proprio saltare il modello di business legato al motore endotermico inclusa tutta la parte di manutenzione ordinaria e tutto ciò che gravita attorno a questa. In realtà produrre auto da città con pacchi batteria più piccoli, leggeri e meno costosi è fattibilissimo solo che è un po’ come produrre degli asciugacapelli e il cliente non avrà più bisogno dell’officina della casa madre finché non si verificheranno guasti (e da questo si dovrebbe anche capire perché le auto sempre più complesse e piene di gadget piacciono così tanto non soltanto agli utenti ma anche ai produttori). Se i costruttori lasceranno il campo libero sul segmento delle citycar l’unica cosa che può accadere è che quello spazio verrà occupato da una “nuova Tesla”, come ad esempio potrebbe essere Sono Motors o in ogni caso qualcun altro abbastanza smart da fiutare la potenziale domanda di mercato, e costruire il giusto modello di business per soddisfarla (che sia noleggio o noleggio della sola batteria o qualunque altro sistema finanziario e/o progettuale che soddisfi le esigenze di mobilità in ambito urbano). E’ chiaro che al momento sono tutti impegnati ad inseguire Tesla sui segmenti a più alto margine perché probabilmente “è questione di vita o di morte” ma, a parte una comprensibile fiacca iniziale dovuta all’impossibilità di convertire tutte le produzioni in un colpo solo, il bello delle auto elettriche probabilmente lo si vedrà proprio nelle città.

            My 2 cents.

          2. Gianluigi Cassin

            Ai legislatori non interessa che macchina fanno, ma quanto emettono. Fare un suv che emette meno di 95 gCo2 è molto più difficile che farne una citycar analoga, per via del peso.
            I costruttori stanno uscendo dal mercato del segmento A perché rende poco. Poi se EV ancora meno, al momento. Ma nemmeno a combustione le faranno

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