La nostra azienda chiude/2 Le colpe di Stellantis e del dieselgate

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L’azienda chiude per colpa dell’elettrico? Federico e Valter tornano sullo sfogo di Giovanni Leonetti che accusa l’auto elettrica di aver messo la crisi dell’azienda fornitrice di VM Motori in cui lavoravano lui e 89 colleghi. La solidarietà è d’obbligo, ma le cause…Inviate domande e osservazioni a info@vaielettrico.it

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L’elettrico attraversa la storia: convertirsi o morire

Vi scrivo perché sono rimasto un po’ dispiaciuto per la risposta troppo semplice che avete dato all’ex operaio dell’indotto di VM Motori di Cento. Una risposta che mi è sembrata priva della parte analitica, che mi sembra sia la seguente – ma sicuramente voi siete più competenti per delineare.

La VM Motori di Cento è uno stabilimento del gruppo Stellantis e tra 2023 e 2024 svaluta di 13 milioni di euro i suoi asset a bilancio, di botto – mentre ovviamente era assolutamente nota la crisi del diesel, quindi la svalutazione avrebbe potuto essere progressiva.

Il fatto è che svalutazione o meno, una razionalizzazione di Stellantis è del tutto normale che sia ancora in corso considerando che il gruppo nasce nel 2021, ed è parallela a trasformazioni di mercato, indipendentemente da come questi vogliano gestirla nei bilanci delle singole aziende. La crisi di VM è certamente acuita dal caos dei dazi di Trump – che aggiunge complessità, senza essere ovviamente la principale causa del tutto.

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Produzione di motori alla VM di Cento (foto: Regione Emilia Romagna).

Ma le PMI italiane sono miopi: dovevano pensarci 5-6 anni fa

Questo quadro certamente determina incertezze per l’indotto e per il personale stesso di VM in cassa da mesi. Tuttavia, denota, oltre all’impreparazione del sistema paese, ad una certa noncuranza da parte di Stellantis nei confronti degli impatti delle scelte strategiche industriali e dei percorsi che avrebbero certamente potuto far fare all’indotto, anche una forte miopia del tessuto imprenditoriale italiano

Il settore dei manicotti diesel si potrebbe convertire all’idrogeno – come avvenuto in altri casi, ma anche ad altre tecnologie a più alto o basso investimento. E questa conversione sarebbe stata per lo meno da avviare 5 – 6 anni fa, con risorse proprie e finanziamenti bancari in via residuale. In parallelo ovviamente, sarebbe stata da perseguire l’autosufficienza (per avere neutralità sul PUN), l’automazione dei processi amministrativo-commerciali (AI) e logistico-produttivi (automazione industriale), ricollocando i dipendenti a nuove mansioni, per aumentare la marginalità complessiva e la sostenibilità d’impresa.

Questo vale a maggior ragione dal 2021, ovvero quando l’impresa produttrice di manicotti per motori diesel ha realizzato che il proprio principale cliente è diventato parte di un gruppo multinazionale che necessariamente avrebbe dovuto/potuto razionalizzare la produzione. 

Un tessuto imprenditoriale vecchio e impreparato

Sono pochissime le PMI italiane, in particolare del settore dell’indotto automotive, che non hanno perso questo treno quando stavano soffrendo già, ma certamente meno di ora, e avevano una storia di solidità alle spalle. Le colpe non sono solo del governo e del sistema bancario. Il tessuto imprenditoriale delle PMI italiane è spesso caratterizzato da anziani del tutto impreparati a vari livelli dell’organizzazione, le cui risposte sono slogan ripresi da governi inerti e populisti.

La crisi del comparto dei manicotti per motori diesel non è certamente dovuta all’elettrico o da voi, come la crisi dei maniscalchi non è stata causata dal motore a combustione interna e dai giornalisti che su di esso facevano attività di spiegazione e diffusione culturale. Sono tendenze tecnologico – culturali che attraversano la storia. Ma sta alle persone (anche agli operai, seppur pesanti da leggere) sfruttarle in modo positivo.

Grazie per la vostra opera di divulgazione che trovo fondamentale! Ma non abbiate paura di scrivere con la profondità che vi caratterizza storicamente come giornalisti, siete luci nella notte dell’ignoranza, continuate a splendere! Federico Balestrieri 

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Oliver Blume, ceo Volkswagen

Ho un diesel e un’elettrica. Se i costruttori non avessero fatto i furbetti…

Guido una Qashqai diesel della quale sono soddisfatto per comfort e consumi. In casa usiamo anche una Opel Corsa elettrica. Ne siamo particolarmente contenti! In casa abbiamo pannelli solari e Wall box. Posso affermare che non sono un tifoso di parte? Che apprezzo l’efficienza del diesel e quella ancora superiore dell’elettrico?

Ho letto la lettera dello sfortunato dipendente dell’azienda produttrice di componenti per motori diesel. Sono molto molto dispiaciuto per lui e tutti i suoi colleghi. Molte Case non producono più motori diesel. Per quel che vale la mia esperienza, trovo che il diesel euro6 sia ‘pulito’: ad esempio quando parto dal garage non sento più la tipica puzza di una volta. Comprerei di nuovo un diesel… 

Credo però che la crisi del diesel non sia l’elettrico o politiche ideologicamente green. La crisi secondo me parte dai vari dieselgate che, motivati o no da scopi commerciali protezionistici, hanno costretto i legislatori a scegliere.

Insomma, la causa prima, lo vogliamo o no, sta nella ‘furbizia’ delle Case costruttrici che hanno taroccato i dati per lungo tempo. Ci rimettiamo tutti, costruttori, indotto e consumatori. Valter (Vicenza)

Il cartellone per la campagna elettorale in cui Salvini si erge a difensore “delle nostre case e delle nostre auto”.

L’Italia dovrebbe correre, ma la politica…

Risposta- Come abbiamo già scritto rispondendo a Giovanni, il suo sfogo è comprensibile, il bersaglio della sua indignazione no. La transizione elettrica, di cui l’auto è solo una parte, è una tendenza storica, come fa notare giustamente Federico. E’ un treno già partito che accelera di anno in anno in tutto il mondo: chi non è salito in tempo può correre per raggiungerlo, ma non può illudersi di fermarlo stendendosi sui binari. Non lo fermerà e ne sarà travolto.

L’Italia non è certo il paese più attrezzato a correre. Nè lo è l’Europa nel suo insieme.  Ma almeno l’Europa guarda in faccia alla realtà e pur fra compromessi e tentennamenti tiene la barra del timone sull’obiettivo (per ora).

In Italia, come se non bastassero le fragilità strutturali delle imprese e del sistema Paese, ci si mette la politica a raccontarci che l’auto elettrica è il problema e non la soluzione. E ci fa credere che chiudendoci nella splendida autarchia del motore termico a basse emissioni, spacciato come “neutralità tecnologica”, saremo al riparo dall’uragano che sta cambiando il resto del mondo. Non ci riuscirà nemmeno l’America del negazionista Trump, figuriamoci noi.

«La storia non si ferma davvero davanti a un portone, la storia entra dentro le stanze, le brucia, la storia dà torto e dà ragione» cantava De Gregori nella sua indimenticabile  “La storia siamo noi“.  Più prosaicamente, ma con incredibile forza e compiutezza, l’ha spiegato di recente il nostro amico professor Nicola Armaroli nel suo intervento TED-X alla Sapienza di Roma che consiglio a tutti di seguire in questo video su Youtube:

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Visualizza commenti (10)
  1. Le auto elettriche sono al 5% di quota di mercato in Italia, col 5% in meno di produzione e guadagno non chiudi, le ragioni sono altre.

    1. gianluigi cassin

      Non solo: il Diesel sono anni che scende. Non credo che gli imprenditori anziani non abbiano visto negli anni i fatturati calare.
      Semmai, ciò che fa la differenza, sono le azioni (politiche industriali) che si mettono in campo.
      In Italia continuano a remare contro, sia la politica, sia i media mainstream.
      Ma alla fine, parlano i numeri ed eccoci qua con gente che ha perso il lavoro.
      Programmazione degli industriali, certo, ma devo rilevare che anche gli operai e gli altri lavoratori si potevano fare i propri conti.
      Se l’azienda va in cassa, non si prova a ricollocarsi? non si prova a formarsi? So che magari a una certa età è più difficile, ci mancherebbe.
      Però pensare che la crisi sia dovuta alle elettriche è davvero fuori luogo

  2. Lenta e complessa burocrazia, scarsa resa operativa delle risorse umane, forte carenza di infrastrutture per la logistica, costi dell’energia eccessivamente alti per errori di scelte politiche, alto tasso di analfabetismo funzionale (OCSE). Questi i principali motivi che in generale rendono poco attrattivi gli investimenti nel nostro paese e deboli le aziende che così sono destinate a morire. Una prima mossa per salvarsi e risollevarsi sarebbe quella di salire quanto prima sul treno della transizione ecologica per una mobilità più sostenibile.

  3. In questo momento storico siamo nel bel mezzo di una transizione in cui l’elettrico è performante ma non abbastanza, troppa disparità tra mezzi premium ed economici. Ovvero una BEV premium ha tanta autonomia, alta potenza di ricarica e longevità mentre una BEV utilitaria economica in autostrada non arriva neanche a 150km e ricarica in 1 ora ma è la stessa cosa che succede per qualsiasi nuova tecnologia.

    Entro pochissimi anni tutto questo sarà superato, batterie di nuova generazione più potenti, leggere ed economiche porteranno all’appiattimento verso l’alto dell’offerta ad un prezzo persino più basso. Quindi anche l’utente medio che va e compra la macchina che più gli piace non dovrà preoccuparsi di autonomia e dati tecnici, così come oggi nessuno chiede più quanti cavalli ha o quanti litri di carburante trasporta.

    A quel punto non potremo fare altro che ridere di chi oggi pensa che l’elettrico non sia destinato a sfondare.

    Il problema del tessuto economico italiano è che non è preparato ad un cambiamento che richiederà non più di 3-5 anni, oggi dice che è soddisfatto del suo diesel? Tra 5 anni con un’auto dal prezzo equivalente e 500km di autonomia in autostrada non sarà più neanche un’opzione rimanere sul diesel.

  4. Le case auto sono “disoneste” e pensano solo ai loro profitti. Realizzano i prodotti col minimo necessario per qualità e sicurezza imposti dalle normative, dei fornitori e subfornitori non si preoccupano visto che neppure dei propri dipendenti diretti hanno gran cura. ricorrendo spesso e volentieri a C.I.G.
    Lavorando in concessionarie ho potuto seguire gli sviluppi di tutte le novità in campo Diesel (7 o 8 i modelli acquistati al debutto) provando pregi e difetti su strada (oltre a seguirne le vicende dei clienti -in alcune anche 2600 clienti/anno). Sono motori che apprezzavo particolarmente per la dinamica di guida quando turbo e commonrail li hanno portati a prestazioni notevoli ma con consumi da utilitaria.
    Il guaio erano le Promesse delle Case .. le dichiarazioni della “pulizia allo scarico” dei modelli con FAP, che in realtà hanno aggravato drammaticamente il pericolo delle Polveri Sottili (ridotte a valori microscopici che passano le barriere cellulari fino ad entrare nel circolo sanguigno e portandosi dietro pure altri inquinanti presenti in atmosfera!).
    Le Case ne erano ben consapevoli (così come le già condannate produttrici di sigarette! concepite per creare dipendenza.. e pazienza se ti viene un cancro!). Ne erano talmente consapevoli che provarono ad opporsi alle normative Euro6, ben sapendo dell’ impossibilità (e dei COSTI ) per raggiungere una effettiva efficacia (mantenendo l’efficienza). Da lì è partito il Diesel Gate (che per quanto ho visto “sul campo” a riguardato Tutti i costruttori europei…non solo i motori VW Audi EA189, dato che mi hanno riprogrammato più volte diverse auto di vari marchi con forte cambiamento di prestazioni/consumi…una volta riportate “a norma”).
    In Italia continuano a circolare impunemente migliaia di veicoli fuori norma, non riportati a norma o addirittura con centraline modificate ma che passano”allegramente ” i controlli delle revisioni ministeriali (nonostante le telecamere).

    Le aziende produttrici di componentistica per motori a gasolio e le fabbriche di motori (tra cui VM e Bosch..che in Italia ha alcuni stabilimenti) sapevano di un destino segnato.. Una volta precluso il mercato USA (per lo scandalo Disel-gate) hanno puntato forte sulla Cina (case tedesche in particolare) pensando di essersi salvate ed aperto un enorme mercato..
    Peccato che hanno totalmente trascurato lo sviluppo dei locali modelli a batteria…restando anni indietro con R&D…e sottovalutando pure Tesla… nonostante avesse dimostrato di riuscire a vendere sia in USA che Europa pur dovendo costruire addirittura una rete (inizialmente gratuita!) di ricarica coi propri SUC !

    Spiace dover leggere qui su Vaielettrico tante lettere di sfogo… Certo che anche i dipendenti delle produzioni coinvolte qualche domanda se la dovevano fare: se la propria “nave” ha una falla e imbarca acqua .. è il caso di far manovre di salvataggio…o abbandonare prima che affondi del tutto…

    Ci si è messa pure la più miope e populista politica ad intorbidare le “acque”..ed invece che dirigere le politiche industriali hanno sfruttato l’ occasione e l’ ignoranza in materia per fare carriera..acquisire potere e poi “cavalcare la tigre” peggiorando la situazione…
    Ora in Italia siamo indietro su tutto: le centrali elettriche (con costosissimi gas …via nave da Africa e USA! ), le produzioni auto (con stabilimenti con sovracapacita produttiva rispetto alle richieste dei mercati globali…ormai pieno di altri produttori con prodotti più moderni ed economici)…
    Le persone purtroppo si “svegliano” solo quando suonano le sirene 🚨🚑…
    Speriamo che capiscano che non possiamo restare attaccati al passato ed a produzioni superate
    Alle prossime elezioni (comunali, regionali e nazionali) occorrerà umiltà, onestà intellettuale e concretezza
    Un abbraccio “virtuale” a tutti i coinvolti diretti e indiretti dal cambiamento (produttivo e climatico) 🤗💪💪

    1. Concordo in linea generale col tuo commento.
      Però il fap che cone dici ha fatto più danni che altro perché è stato mantenuto? Le normative europee perché non sono state modificate e anzi il fap esiste tutt’oggi non solo sui diesel?
      Riguardo queste aziende in difficoltà mi pare di capire che fanno tutte parte di stellantis quindi non credo sia molto un discorso di lungimiranza nella scelta della produzione su cui orientarsi. Mi sembra sotto gli occhi di tutti che stellantis, nonostante rassicurazioni e belle parole, non abbia intenzione di proseguire le proprie attività nel paese Italia se non per la sola vendita del prodotto finito.
      Le produzioni le sta spostando in paesi più convenienti.
      Il ringraziamento di questo scempio va non all’elettrico, né al diesel ma al signor elkann & co.: gli azionisti a cui interessano solo i dividendi, di come questi vengano realizzati e delle persone che lavorano e hanno lavorato perche ciò avvenga non gli frega un tubo.

  5. Innovazione concorrenza quello che Mivar non ha fatto, di tv ne vendono ancor di più ma se non vendi quel che vuole la gente non sopravvivi. La colpa del fallimento a chi la attribuiresti ? Ai giornalisti allo stato all’azienda stessa alla gente, per vivere e sopravvivere bisogna faticare ogni giorno.

  6. Valter, l’Euro6 diesel è pulito forse quando è spento, e leggendo la scheda di sicurezza del prodotto dovrei dire che non è pulito nemmeno quando è spento. Continuerò a ripeterlo, ci ho lavorato parecchio nella galleria di Laives, a metà galleria c’è una cabina elettrica per la gestione dei servizi di galleria, quando entravo in cabina mi sembrava di essere su un altro pianeta dal tanto particolato che era onnipresente e che si era infilati in ogni pertugio. Inoltre se il diesel è tanto pulito, perché negli ambienti chiusi non è possibile utilizzare mezzi a combustione. Con questo non voglio dire che le batterie siano il toccasana ma almeno, se non a causa di un’incidente, i materiali in esse contenute non si disperdono in atmosfera.

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