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La mobilità del futuro? “Elettrica, con un mix di batterie e idrogeno”

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Il Politecnico di Milano è al lavoro su uno dei più ambiziosi progetti di studio sulla mobilità del futuro. Naturalmente, sostenibile. Il progetto si chiama Energy for Motion. E’ finanziato con 9 milioni di euro e ha durata quinquennale. E’affidato al Dipartimento dell’Energia dell’ ateneo milanese. Il nostro amico ingegnere Ezio Nini è tornato nelle aule dove studiò qualche lustro fa per incontrare uno dei promotori dell’iniziativa, il professor Andrea Casalegno. Ecco il resoconto della chiacchierata.

 

di Ezio Nini

Il professor Andrea Casalegno mi accoglie gentile nel suo ufficio, al primo piano del dipartimento dell’Energia del Politecnico di Milano.

Politecnico di Milano
Andrea Casalegno

Ci intendiamo subito: dopotutto anch’ io provengo dagli studi Energetica, anche se ai miei tempi il tema energia era spezzettato in quattro corsi di laurea. L’energia richiede competenze diversificate, dalla fisica alle tecnologie dei materiali, dall’elettronica e all’elettrotecnica di potenza. Ora è tutto raccolto in un unico dipartimento, con una visione unitaria.Il dipartimento di Energia ha ottenuto dal Ministero il riconoscimento di dipartimento di eccellenza, non solo per la capacità organizzativa dimostrata, ma anche per la qualità dei suoi progetti.

 

Al Politecnico un progetto quinquennale

La prima domanda è proprio su questo: quali sono i progetti del Politecnico sulla mobilità del futuro? Casalegno mi mostra le slide del progetto in cui il dipartimento è impegnato. Energy for motion, la mobilità dei veicoli del futuro, e così diamo il via all’intervista. Poi spiega:

Ci occupiamo di energia per il rifornimento di veicoli, ibridi, con motore termico o con l’utilizzo di combustibili alternativi, veicoli a fuel cells e veicoli a batteria. Poi abbiamo una serie di valutazioni crosscutting, ovvero di impatto economico, sociale, di rischio e di interazione con il sistema energetico complessivo. Un progetto grosso, di cinque anni e nove milioni di euro. Si sta creando un nuovo team che lavorerà anche sulle batterie. Ci sono posizioni per i giovani ricercatori, ci sarà anche un nuovo laboratorio dedicato alle batterie al litio. Il dottorato di ricerca sarà più connesso alle attività industriali,perché abbia un impatto più significativo sulle aziende. In momento di transizione c’è bisogno di introdurre persone, ingegneri, che sappiano fare innovazione.

Quali sono le collaborazioni tra attività produttive e la ricerca?

Storicamente abbiamo rapporti con ENEL e ENI, Eldor FCAe FPT. Sul lato elettrico ferrovie e non solo. Sul tema della mobilità elettrica collaboriamo specialmente con ENELX, ad esempio Venturini (CEO di Enel Xndr.) fa parte dell’Advisory Board di questo progetto, assieme all’istituto Donegani (gruppo ENI) e altre importanti società. Il nostro dipartimento era già molto attivo in questo settore, mancava un coordinamento e una visione d’insieme. Stiamo andando a iniettare finanziamenti per attività congiunte,con dottorati di ricerca, la dove mancano. Creare delle connessioni cross-linking, questo è l’obiettivo. La parte batterie, che era scoperta, la stiamo avviando istituendo una nuova cattedra. Per quanto mi riguarda,  io e il mio gruppo ci siamo occupati da sempre delle fuel cells (celle a combustibile ad idrogeno),e poi abbiamo iniziato a lavorare sulle batterie al Litio e quelle chiamate flow batteries, utilizzate per applicazioni stazionarie. Abbiamo avuto interazioni con BMW, con FPT (gruppo FCA) e Toyota. Poi anche un dialogo con Hyundai, AUDI e Daimler.

Chi vincerà la sfida dell’auto pulita?

Secondo lei, professore, quale sarà la tecnologia vincente per la mobilità del futuro?

La mobilità del futuro non sarà mono tecnologia, ma ci sarà una complementarietà, in funzione del segmento e al tipo di utilizzo. Il motore termico non sarà mai definitivamente abbandonato, ma potrebbe avere una seconda vita grazie ai combustibili alternativi e per specifici usi. Rimarranno le applicazioni ibride assieme alle batterie.  L’elemento rilevante è che se per le auto a corto raggio (per intenderci nella media dell’utilizzo degli Italianial di sotto dei 300km di autonomia n.d.r.) i BEV sono ampiamente vincenti, per i mezzi pesanti e a lungo raggio invece penso che l’evoluzione tecnologica ci porterà ancora verso le celle a combustibile ad idrogeno.

Lei è uno dei massimi esperti di celle a combustibile, ma sul tema dell’idrogeno i recenti orientamenti delle case automobilistiche sono piuttosto scettici. Cosa risponde?

Le scelte non vanno valutate nella specificità di una singola applicazione, ma serve una visione d’insieme, che include anche il sistema generativo elettrico e il ruolo assunto dalle energie rinnovabili, fattore imprescindibile per valutare il tema mobilità.

Quindi?

Se vogliamo superare certe soglie di produzione da fonte rinnovabile c’è bisogno di accumulo, per il solare e per l’eolico. Il problema non è l’accumulo di qualche ora o di qualche giorno, ma quello di settimane o stagionale. L’accumulo con batterie può funzionare tipicamente per lo storage energetico giornaliero, per coprire i picchi di potenza prelevata dalla rete nel giro di poche ore; ma è troppo costoso per grandi quantità di energia e per lunghi periodi. L’Europa va verso l’idrogeno, prodotto dall’ idrolisi, impiegando il surplus produttivo da fonte rinnovabile.

L’idrogeno ci servirà, a prescindere dalla mobilità

Dunque secondo lei la filiera dell’idrogeno non nasce allo scopo di sostenere la mobilità ad idrogeno, ma allo scopo di sostenere la produzione energetica da fonte rinnovabile?

Non è solo una scelta ambientale o economica, ma soprattutto di indipendenza energetica, che è un fattore strategico; poi vi è anche un tema di leadership tecnologica. La tecnologia dell’idrogeno è stata sviluppata in Europa e l’Europa ne detiene tuttora la leadership. L’Europa vuole sostenere aziende europee, fare politica industriale. Inoltre trasformare il surplus produttivo elettrico in idrogeno lo rende disponibile per l’utilizzo anche nella mobilità ad idrogeno.

Una questione di costi, utilizzo e percorrenze

Ma quale sarà lo spartiacque tra la mobilità del futuro elettrica a batterie e quella elettrica a celle a combustibile?

La scelta dipenderà esclusivamente da fattori economici. Sulla base di ipotesi circa la riduzione dei costi di queste tecnologie, sotto i trecento chilometri di autonomia la soluzione sarà sicuramente a batterie; oltre ci sarà spazio per soluzioni ibride. Poi, per grandi percorrenze ed elevata autonomia, e per i mezzi pesanti, le celle a combustibile. Diverse fonti ipotizzano una riduzione del costo delle batterie dagli attuali 200 euro a kWh a circa 100 euro a kWh. Noi siamo partiti da questo dato. Maggiore autonomia implica più batterie e più costo, e le batterie diventano quindi il costo preponderante. Mentre i sistemi a celle a combustibili si comportano un po’ come i motori termici, maggiore autonomia significa solo un serbatoio più grande.Certamente non sono serbatoi da poco, la standardizzazione europea più recente porta la pressione a 700 bar per i veicoli leggeri e a 350 bar per i serbatoi degli autobus. La comparazione economica tuttavia non va vista ai costi attuali, ma al costo prospettico.

Lei, se non sbaglio, ha effettuato simulazioni sulla mobilità del futuro con costi prospettici al 2035…

Molto dipende dall’autonomia desiderata e dall’intensità di utilizzo, cioè il numero di chilometri percorsi in un anno. Per alta autonomia ed elevato utilizzo, oltre i 25.000 km annui di percorrenza, il vantaggio delle celle a combustibile sul motore ibrido è significativo. Così come per elevata percorrenza e bassa necessità di autonomia i veicoli a batteria sono imbattibili: per il car sharing urbano, ad esempio, non c’è competizione, così come per i commuter,cioè per i pendolari che usano la macchina lungo il tragitto casa lavoro.

Lo sollecito a tornare alla politica industriale, al tema delle batterie e alla leadership Cinese. Cosa ne pensa professore?

In Europa non siamo capaci di fare batterie, e tutti gli investimenti che sta facendo l’Europa _ BMW per esempio sta investendo moltissimo _ è per lo sviluppo della prossima generazione di batterie. Saranno sempre a base di Litio, ma allo stato solido. Le attuali batterie sono tutte di provenienza asiatica, Korea, Giappone e Cina. Sono questi paesi ad avere le tecnologie. Poi c’é un problema di accesso alle materie prime, in particolare il Cobalto. Le riserve di questo minerale sono minori rispetto al Litio e quindi il principale obiettivo è ridurre la presenza del Cobalto nelle batterie. La produzione mondiale è concentrata in paesi come il Congo, e l’estrazione ha gravi problemi ambientali, mentre la trasformazione è tecnologicamente in mano agli orientali. L’Europa ha perso la supremazia tecnologica dell’intera filiera produttiva automotive, anzi un’importante percentuale legata alle batterie appunto. L’Europa deve riconquistare la supremazia.

Lunga vita alla batterie, su ruote e anche no

Cosa sta facendo il Politecnico? Anche voi lavorerete nella prossima generazione di batterie?

Al Politecnico ci sono diverse iniziative sulla mobilità;  al Dipartimento di Energia il gruppo di elettrici sta lavorando su sistemi di ricarica e sugli impatti sulla rete. Io e altri colleghi lavoriamo sulla diagnostica delle batterie per capire come usarle bene. Capire anche l’origine della degradazione, perché ancora non è del tutto chiaro il meccanismo fisico, e quali sono le condizioni operative che l’accelerano. E’ importante limitare l’uso della potenza a batterie troppo fredde,oppure troppo calde. Evitare i picchi di potenza quando la temperatura non è ottimale, questo è fondamentale. Se a pari oggetto uno dura di più, si abbassa il costo per km percorso. Poi vi è un tema di second life della batteria. Il riuso. Se ho monitorato tutti i parametri già durante il funzionamento, arriverà il momento in cui le batterie sono ancora idonee, ma si colgono già i primi sintomi di degrado. Proseguire nell’uso sull’autovettura potrebbe danneggiarle a lungo andare. Ma cambiandone l’utilizzo, per esempio nell’accumulo stazionario, i parametri di degrado tornano sotto controllo. Immaginiamo di riusarla come batteria di continuità in un sistema fotovoltaico: il funzionamento è più programmabile e le variazioni di corrente più moderata. Così alla batteria possiamo garantire altri anni di vita in più. Quindi perché rovinarla del tutto, se può funzionare egregiamente ancora a lungo con un servizio meno gravoso, conservando un suo valore economico?

Si, ma anche se fra vent’anni, presto o tardi le batterie saranno inutilizzabili. E quindi?

Si apre il filone della ricerca sul riciclo. Dopo il riuso le batterie non saranno più utilizzabili. Si deve pensare al disassemblaggio e al riciclo del materiale, specie proprio per noi europei che non abbiamo le materie prime nobili in esse contenute. Bisogna affrontare il problema in una logica di economia circolare non solo per motivi ambientale ma anche per ridurre la dipendenza dai produttori. Ma poi ci sarà il gruppo che lavorerà proprio sulla formulazione della chimica delle batterie. Oggi le sfide sono sostanzialmente tre. Da una parte la formulazione dell’elettrolita allo stato solido. Il vantaggio è chiaro, solido significa che sarà più stabile, meno soggetto alla sovra temperatura, ma soprattutto non sarà combustibile come l’elettrolita liquido, con effetti positivi sulla sicurezza. Se già oggi la casistica di autocombustione è minima, domani sarà ancora minore. Il secondo tema è insito nella chimica. Le attuali batterie hanno componenti come Nichel, Manganese e Cobalto in eguale proporzione, diciamo in rapporto 3/3/3.Attualmente sono già in sviluppo batterie con componenti di differente proporzione NiMgCo, 6/2/2. Presto ci sarà la generazione 8/1/1. Tutto ciò porterà alla riduzione della dipendenza dal Cobalto. Terzo tema è l’uso del Litio in forma metallica, possibile grazie ad un elettrolita solido. Il vantaggio rispetto all’attuale formulazione, usualmente in una matrice di grafite, è quello della riduzione del peso a pari potenza.

Esco dal Dipartimento di Energia rinfrancato. Mi rendo conto che l’Europa e l’Italia hanno tutte le carte in regola per riconquistare il terreno perduto e riconquistare una supremazia tecnologica nella mobilità del futuro. Mi rimane un unico dubbio: saranno i nostri policy makers all’altezza della situazione, in questa fase di transizione tecnologica?

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8 COMMENTI

  1. Mi permetto di arricchire il giá esaustivo articolo mettendo a disposizione un interessante studio tedesco dell’ Ifeu.
    Dove in sintesi si conferma che l’ impronta CO2 dipende dal mix di fonti rinnovabili (e questo lo sapevamo giá), ma é interessante la conferma che giá oggi, con il mix attuale, largamente migliorabile, i veicoli elettrici, sia a batteria che ad idrogeno, lascino un’ impronta CO2 minore di quelli a combustione interna, ed entrando nello specifico, per uso automobilistico, i BEV(Battery electric vehicle) sono migliori dei FCEV (Fuel cell electric vehicle) cioé ad idrogeno :

    https://translate.google.com/translate?sl=de&tl=it&u=https%3A%2F%2Fwww.zeit.de%2Fmobilitaet%2F2019-12%2Fverkehrswende-e-autos-umweltschutz-studie%3Futm_source%3DNewsletter%2B%257C%2BElektroauto-News.net%26utm_campaign%3Ddb37739b1c-Mail_from_09102017_COPY_01%26utm_medium%3Demail%26utm_term%3D0_a13cad7d1b-db37739b1c-154220857

    qui il PDF in tedesco eventualmente traducibile con google translate:
    https://www.agora-verkehrswende.de/fileadmin/Projekte/2019/Klimabilanz_Batteriefahrzeugen/32_Klimabilanz_strombasierten_Antrieben_Kraftstoffen_WEB.pdf

  2. Idrogeno sempre più protagonista, sarà una delle fonti energetiche del futuro.

    L’immissione sul mercato non sarà immediata, non vedremo a breve la terza rivoluzione industriale annunciata da Jeremy Rifkin, ma non ci sono dubbi, sarà un sicuro protagonista.

    Suggerisco un ulteriore passo avanti dopo questo importante articolo: un’intervista a LUIGI CREMA – Head of ARES unit Applied Research on Energy Systems Fondazione Bruno Kessler per comprendere lo stato dell’arte di questa interessante ricerca.

    http://www.instm.it/public/02/18/Report_Tavolo_Idrogeno.pdf
    https://magazine.fbk.eu/it/news/idrogeno-per-accumulare-energia-rinnovabile-fbk-nel-progetto-hycare/
    https://hycare-project.eu
    http://ares.fbk.eu

  3. Sará una battaglia alla riduzione dei costi tra fotovoltaico, eolico ed altri metodi di generazione di ¨energia verde¨ con relativi vari sistemi di accumulo a batteria, comprese quelle di flusso, termiche, a gravitá, ecc. con sistemi di generazione di idrogeno dalla luce solare o altre tecnologie di analoghe o migliori aspettative di costo che si potranno sviluppare

    Le previsioni, soprattutto quelle dei grafici, le prenderei molto cum grano salis: in base alla tecnologia sviluppata da chi le genera riportano importanti differenze, giá cercando con un po´ di metodo informazioni riguardo ai costi anche attuali delle batterie si possono trovare costi ben inferiori, non vedo inoltre presa in considerazione la possibilitá di una parziale ricarica in movimento, che alcuni stanno sperimentando e potrebbe diminuire di parecchio la quantitá di batterie necessarie sulle auto.
    Anche il fare previsioni a lungo termine su tecnologie con ancora ampi margini di sviluppo e di cui non si possono sapere tutte le evoluzioni anche giá in test in altri laboratori aumenta inevitabilmente il margine di errore

  4. A mio modesto avviso alla fine vincerà l’elettrico per un semplice motivo: te la ricarichi a casa, mentre per l’idrogeno devi sempre dipendere da chi te lo può ricavare (con i costi energetici del caso). Poi l’idrogeno è salvo errori più pericoloso ed infiammabile del GPL (che io dopo i disastri avvenuti negli ultimi anni avrei tolto dal commercio).
    Personalmente spero vinca l’elettrico puro in quanto non deve ingrassare nessuna lobby (l’esperienza con i produttori di combustibili fossili, ed i loro amici politici e non dovrebbe insegnarci qualcosa).

  5. Quando io critico sono antipatico e maleducato ma questa volta DEVO SOLO FARE I COMPLIMENTI PER UN ARTICOLO DAVVERO INTERESSANTE, FORMATIVO ED INFORMATIVO. Questo è vero giornalismo e non propaganda. COMPLIMENTI PIU’ SINCERI E TANTO DI CAPPELLO. Spingere verso un mix idrogeno elettrico ha molto senso fisico-chimico ed anche senso tecnologico ed economico. La ricerca del Poli Milano è convincente e scevra da ideologismi e talebanismi ecologici ma radicata in un progetto industriale che ha pertinenza e valore economico. Aspettiamo i risultati in termini di prodotti da vendere che siano efficienti e facili da usare, ovvero flessibili. di nuovo complimenti alla Redazione per questo bellissimo articolo

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