La Exxon e l’ambiente: grande imbarazzo per le rivelazioni di un dirigente, catturate con una trappola da un membro del progetto di Greenpeace Unearthed
La Exxon e il manager nella trappola di Greenpeace
Keith McCoy è un direttore senior presso le relazioni istituzionali della Exxon. Ed era convinto di essersi presentato a un video-colloquio di lavoro via Zoom con un selezionatore. In realtà dall’altra parte dello schermo c’era un militante di Greenpeace, abile nel farlo parlare delle attività portate avanti dal colosso per contrastare le politiche ambientaliste. Il video (qui sotto) è finito su YouTube ed è stato trasmesso mercoledì dall’emittente britannica Channel 4.McCoy ha ammesso che la sua azienda si è unita ad alcuni “gruppi ombra” per contrastare gli allarmi sull’emergenza ambientale. Aggiungendo però che non si tratta di azioni illegali, ma solo di attività a tutela degli investimenti di Exxon e dei suoi azionisti. Quanto alla carbon tax, che Exxon dichiara pubblicamente di sostenere, il dirigente è stato sarcastico: “La carbon tax non ci sarà. Ci vorrebbero coraggio e volontà per fare qualcosa, ma questo non esiste in politica, semplicemente no“, ha tagliato corto ridacchiando. Altre imbarazzanti rilevazioni hanno riguardato il senatore Joe Manchin, finanziato con decine di migliaia di dollari dalla Exxon e associazioni vicine.

La Exxon prende le distanze: “Scioccati dall’intervista”
La Exxon ha immediatamente preso le distanze. Il numero uno, Darren Woods, ha dichiarato che i commenti di McCoy “non rappresentano in alcun modo la posizione dell’azienda su una serie di questioni. Inclusa la politica climatica, e il nostro fermo impegno…. Condanniamo le dichiarazioni e ci scusiamo profondamente per esse, compresi i commenti sui rapporti con rappresentanti eletti. Sono del tutto incoerenti con il modo in cui ci aspettiamo che i nostri dipendenti si comportino. Siamo rimasti scioccati dall’intervista e manteniamo il nostro impegno a lavorare per trovare soluzioni al cambiamento climatico“. Lo stesso McCoy ha provato a spegnere l’incendio: “Sono profondamente imbarazzato dai miei commenti e dal fatto che mi sono lasciato cadere nell’inganno di Greenpeace. Le mie dichiarazioni non rappresentano le posizioni di ExxonMobil su importanti questioni di politica pubblica. Sebbene alcuni dei commenti siano stati presi fuori contesto, non ci sono scuse per quel che ho detto o come l’ho detto. Mi scuso con i miei colleghi e i miei amici a Washington”.

Il precedente (sempre imbarazzante) della Chevron
Ma Greenpeace non molla la presa. Janet Redman, direttrice della campagna per il clima di Greenpeace USA, ha dichiarato: “Quel che abbiamo visto su Channel 4 sembra mostrare che i lobbisti dei combustibili fossili rivelano ostruzioni alle azioni per il clima ai più alti livelli di governo. Aziende come Exxon hanno passato decenni a seminare dubbi sulla scienza del cambiamento climatico. Ora sembra che i loro lobbisti abbiano lavorato per evitare che interventi a favore dell’ambiente venissero inclusi in un pacchetto di provvedimenti. Il Congresso e il presidente Biden devono essere fermi su ciò di cui abbiamo veramente bisogno…Dobbiamo smettere di dare soldi pubblici alle aziende di combustibili fossili e reinvestirli in una giusta transizione verso le energie rinnovabili…”. Non è la prima volta che i big del petrolio scivolano su scandali di questo genere. Due anni fa un lobbista Chevron fu pizzicato a manovrare una campagna di discredito nei confronti della mobilità elettrica. Assoldò un pugno di valorosi pensionati della compagnia per orchestrare un’offensiva sui social. Purtroppo per lui, uno di questi si era convertito alla causa ambientalista e rese pubblica la losca manovra.
Vabbè ha raccontato il segreto di pulcinella, il vero problema é che avremmo (tutto il mondo) bisogno di più informazione libera e competente. Determinate inchieste su clima e ambiente non sfiorano neanche la tv e i principali giornali. Quando si parla di disastri naturali che avvengono lentamente rispetto al ritmo della singola esistenza é dura far passare informazione scientifica corretta, peggio ancora vedere attuate politiche sensate. Tutti comprendiamo i disastri tipo BP o chernobyl e più o meno siamo pronti a sostenere politici e idee che li rendano meno probabili, anche a costo di pagare di più (la scelta sul nucleare é costata molto ad esempio), ma se si tratta di combattere il nemico quasi invisibile del cambiamento climatico allora molti purtroppo pensano che é un allarmismo da estremisti, altri ritengono che é un complotto per spillargli più soldi, piú di qualcuno ritiene che non si può cominciare proprio da quello che tocca direttamente i suoi interessi. Aggiungiamo i tanti che non hanno una propria idea in proposito (anche a causa della disinformazione sistematica) e otteniamo una maggioranza trasversale che gioca a favore del gattopardo fossile. Però a differenza di altri rischi, questa volta é dura esternalizzare i costi ambientali del cambiamento climatico, non sarà probabilmente con Cingolani, ma spero l’Italia riesca a mettersi presto dalla parte giusta della storia.
E pensare che c’è “qualcuno” che sostiene il “nostro” ministro Cingolani sul “DOLOROSO” passaggio alle rinnovabili…
Questa gente si merita che il male che fanno gli torni indietro, come insegna il Karma, scusate, il problema è che la faranno sempre franca, col denaro comprano tutto, dovrebbero finire per lo meno al tribunale dell’Aia per crimini contro l’umanità!
Probabilmente pura utopia…
di questo passo non garantiamo la sopravvivenza ai nostri nipoti, forse neppure ai nostri figli