Dopo oltre dieci anni di incentivi pubblici, la Cina ha annunciato che eliminerà gradualmente i sostegni all’industria dei veicoli elettrici. La decisione segna una svolta: i veicoli elettrici e ibridi plug-in, dal prossimo Piano Quinquennale, non saranno più inseriti tra le “industrie strategiche emergenti”.
Dopo aver spinto la transizione per anni, con sussidi miliardari e agevolazioni fiscali, il governo cinese ritiene di aver raggiunto l’obiettivo. Il settore dei New Energy Vehicles (NEV) è abbastanza maturo da potersi reggere sulle proprie gambe e crescere grazie alla sola domanda di mercato.
La Cina, d’altronde, è oggi il più grande mercato EV del mondo. Nel solo settembre 2025, sono state vendute 1,6 milioni di auto elettrificate, pari al 49,7% del mercato interno, con oltre un milione di BEV puri. Numeri che spiegano perché Pechino ora scelga di ridurre gli incentivi e lasciare spazio alla concorrenza.

Il mercato farà selezione fra 169 costruttori
I sussidi statali hanno sostenuto per oltre un decennio la crescita di colossi come BYD, CATL e NIO, trasformando la Cina nel principale polo mondiale della mobilità elettrica. Ma la politica ha anche generato effetti collaterali: sovracapacità produttiva e frammentazione del mercato. Secondo i dati Jato Dynamics, oggi nel Paese operano ben 169 costruttori di auto, dei quali 93 hanno quote inferiori allo 0,1%.
Per molti analisti, la fine dei sussidi è una mossa di maturità. Come spiega Dan Wang, direttrice per la Cina di Eurasia Group, “i veicoli elettrici non hanno più bisogno di politiche prioritarie. Ora sarà il mercato a decidere chi sopravvive”.
In altre parole, Pechino vuole passare da una logica di espansione forzata a una di selezione naturale tra i marchi più competitivi.

Più innovazione tecnologica, ma mirata
Il ritiro degli incentivi non significa un disimpegno totale. Secondo Reuters, i ministeri cinesi stanno preparando politiche più mirate, concentrate su innovazione tecnologica, software e digitalizzazione della mobilità. La priorità ora sarà favorire l’evoluzione del prodotto – intelligenza artificiale di bordo, connettività e guida autonoma – più che sostenere la produzione di massa.
Un consigliere politico citato dall’agenzia ha spiegato che l’esclusione dai settori strategici “non implica una perdita d’importanza: i NEV restano centrali per le esportazioni e la competitività dell’intera filiera industriale”. La Cina, infatti, è ormai leader globale nelle batterie e domina la catena di fornitura del litio, del nichel e della grafite.

Europa, concorrenza ancora più dura?
Per l’Europa la decisione cinese apre uno scenario ambiguo. Da un lato, la fine dei sussidi potrebbe ridurre le tensioni commerciali legate ai dazi anti-dumping su auto cinesi. Dall’altro, i marchi cinesi più forti – come BYD, Leapmotor o i nuovi modelli di Xiaomi e Huawei – potrebbero arrivare ancora più competitivi sui mercati esteri, grazie a costi di produzione già ottimizzati.
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Una decisione che segna una nuova fase per la mobilità elettrica globale. Noi di Alkè leggiamo questa scelta come un segnale di maturità del settore: quando l’innovazione diventa stabile, può camminare con le proprie gambe. Ora la sfida è mantenere alta la qualità tecnologica e la sostenibilità lungo tutta la filiera. L’Europa deve cogliere l’occasione per rafforzare la propria indipendenza industriale e competere su innovazione e valore aggiunto, non solo sui costi.