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Italiani ancora diffidenti: più plug-in che elettriche

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La Jeep Compass PHEV, la più venduta a febbraio tra le ibride plug-in.

Italiani ancora diffidenti: anche a febbraio si sono vendute più ibride plug-in (4.913) che elettriche (3.547). Il doppio motore, evidentemente, rassicura… 

Italiani ancora diffidenti: l’ansia da ricarica si fa sentire

È un trend ormai consolidato, che rovescia quanto era accaduto nel 2020, quando le elettriche pure avevano superato di oltre 5 mila unità le plug-in immatricolate. Per la precisione 32.538 contro 27.408. E non è una tendenza solo italiana, ma diffusa su tutti i principali mercati europei. Come dimostrano i dati in arrivo dalla Francia, dove le auto con il doppio motore hanno sfiorato il 7% di quota di mercato, anche grazie ai nuovi modelli Renault e Peugeot.

A che cosa si deve questo cambio di preferenze? Un po’ all’ansia da ricarica, ovvero al timore che l’autonomia delle elettriche pure non sia sufficiente. O, altra faccia della stessa medaglia, che la rete di di ricarica non sia ancora abbastanza capillare e veloce da poterci fare affidamento. E pesano le scelte delle aziende (ancora freddine sull’elettrico puro) sulle auto da fornire in flotta ai propri dipendenti. Un dato rimarcato dall’Unrae, l’Associazione delle Case estere in Italia, nell’analisi dei dati del mese scorso.

E tra i modelli la Compass PHEV vende più della 500

E anche tra i singoli modelli cè stato il sorpasso. La più venduta tra l plug-in, la Jeep Compass, vende più della Nuova 500, con 648 pezzi contro 583, nonostante il prezzo unitario chiaramente molto più alto: si parte da 41 mila euro, contro i 26 mila della 500.  Al secondo posto tra le ibride con la spina figura la Renault Captur, con 589 auto vendute, seguite dalla Volvo XC 40 con 533. Tutte auto di taglia medio grande (tre Suv su tre), mentre tra le elettriche prevalgono le piccole.

Italiani ancora diffidenti
La Renault Captur PHEV, al secondo posto tra le plug-in più vendute.

È una scelta logica quella dell’ibrida plug-in? Dal punto di vista delle emissioni probabilmente no: le associazioni ambientaliste, a partire da Transport&Environment, hanno più volte ribadito la loro contrarietà. E anche l’ultimo test pubblicato da un organo europeo semi-ufficiale come Green NCAP di fatto ha promosso una sola ibrida plug-in, la versione con la spina della Toyota Prius. Ma in questa fase sono soprattutto i concessionari a spingere questa soluzione, che sembra assicurare loro maggiori margini. E anche il mantenimento del business della manutenzione, quasi assente nell’elettrico. Italiano ancora diffidenti, i venditori ancor di più…

 

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4 COMMENTI

  1. Come ho scritto in commenti di altri articoli sull’argomento plug-in, non è questione di essere diffidenti o di farsi prendere dall’ansia: la plug-in è (ad oggi) una soluzione pratica per chi percorre brevi tragitti durante la settimana e tragitti più lunghi occasionalmente, in quanto risolve la questione dell’autonomia mettendo a disposizione un motore termico “di scorta”.
    Si viaggia infatti sempre in elettrico nei percorsi inferiori a 50-60 Km con i conseguenti vantaggi ecologici ed economici, e si ricorre alla benzina nei viaggi più lunghi.
    Orbene, le statistiche dicono che gli spostamenti inferiori ai 50 km rappresentano il 74,4 % degli spostamenti complessivi degli italiani, per cui la clientela potenziale non è poca.
    Ovviamente la tecnologia plug-in va usata in modo appropriato, da chi ha capito che cos’è, che cosa può e non può fare, e ci vede la soluzione per le proprie esigenze, non una limitazione.
    In questo senso preoccupano gli acquisti da parte delle flotte aziendali che daranno molto probabilmente l’auto in mano a chi non ha idea di che cosa sia una plug-in, la userà a caso, e verranno fuori statistiche (anch’esse effettuate da chi non sa di cosa parla) che proclamano che le plug-in “inquinano”.
    Perché quindi stanno crescendo le plug-in in questi ultimi tempi? Semplicemente perché molte marche oggi le producono e le pubblicizzano, mentre fino a 2 anni fa i modelli erano pochi e la tecnologia plug-in sconosciuta agli stessi concessionari, in sostanza c’è più informazione e la clientela potenziale, come detto, non manca
    Per le percorrenze lunghe, plug-in banalmente non è una soluzione: o si rimane (ahimè) sull’auto tradizionale o si acquista un’elettrica pura, organizzandosi per le ricariche.
    L’elettrico puro evolverà e sostituirà i motori termici, ma quanto tempo occorrerà per una completa transizione? Quantomeno il ciclo di vita di tutte le auto tradizionali appena acquistate nel mondo, ma nella pratica sarà di più.
    Nel frattempo una soluzione intermedia non guasta, anzi, prepara allo stadio successivo.

  2. Se non avessero ridotto notevolmente gli sconti Sulle elettriche per via della domanda (situazione normale che sia accaduta tra l’altro), magari la situazione sarebbe stata diversa…

  3. I dati parlano chiaro: “Tutte auto di taglia medio grande (tre Suv su tre), mentre tra le elettriche prevalgono le piccole.”. Quindi chi ha bisogno SOLAMENTE di una city car sceglie elettrico, chi ha bisogno anche di qualche gita fuori porta sceglie l’ibrida. L’ansia da ricarica conta in parte: perché quand’anche ci fossero colonnine ogni 2 metri, ci sarebbe sempre il problema del TEMPO DI ATTESA per la ricarica. Evidentemente non a tutti fa piacere “sgranchirsi le gambe” o “guardare una puntata di una serie tv sull’app netflix del cellulare” mentre l’auto lentamente si ricarica: forse è più probabile che chi spende quasi 30000 euro per un’auto vuole avere il “lusso” di potersi spostare senza pause lunghe o senza dover programmare soste in posti obbligati. Così come potersi spostare in autostrada non a 120 km/h ma anche ad andature maggiori (non invito nessuno a violare il codice della strada, ma da utente della strada la vedo bene la differenze dei tratti soggetti a tutor e di quelli non soggetti …).

    L’elettrico è il futuro è vincerà, il sorpasso molto presto ci sarà. Ma avverrà quando verranno offerte auto migliori di queste, con più autonomia e con tempi di ricarica più rapidi. Dopotutto tutti i modelli di oggi sono più interessanti di quelli di qualche anno fa: la Leaf offre più autonomia, la Zoe ora ha una batteria di qualità, la ID3 ha un’autonomia enorme rispetto alla e-Golf e la Tesla sta dismettendo le elettriche che non garantiscono 400 km (checché ne dica Audi, che vorrebbe vendere citycar al prezzo di una Tesla, abituata a margini enormi di profitto). La stessa 500 elettrica ha snobbato le autonomie da Smart e Twingo e punta a quelle migliori della Zoe. La strada è stata tracciata in modo netto e il prezzo delle batterie continua a scendere e la tecnologia ad evolvere: cosa ci proporrà il mercato è chiaro, inutile oggi predicare la via di “accontentarsi dell’ADSL” quando il mondo chiede la fibra…

  4. Secondo me la vera paura è l’incognita sulla durata delle batterie. Purtroppo siamo abituati a telefoni che dopo circa 3 anni hanno una scarsa autonomia. Cambiare una batteria del cellulare o il cellulare stesso ha un costo, un’automobile è un poco più dispendioso. Altro parametro è l’evoluzione. Acquistare una elettrica adesso, si rischia di avere un prodotto tecnologicamente vecchio tra meno di due anni. Insomma, per quanto riguarda, non avrei ansia da ricarica, ma da futuro tecnologico elettrico. Siamo talmente agli inizi che le novità arriveranno di continuo. Chi ha preso una Model3 un anno e mezzo fa, ha già un hardware che non sarà in grado di gestire l’evoluzione della guida autonoma.

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