Ha venduto «tantissime Dacia Spring» e «tutte le MG4 disponibili»; Renault 5 a parte («Mi aspettavo molto di più da questa vettura»), praticamente tutti i veicoli elettrici del segmento A e B dei marchi rappresentati dalla concessionaria romagnola De Stefani Group sono andati a ruba grazie agli incentivi. Partendo dal consuntivo finale del bonus 2025, Stefano Brandini, direttore marketing del gruppo, conclude che il passaggio all’auto elettrica «per la prima volta è avvenuto dal basso in alto». E questo «rappresenta una svolta che non potrà non produrre effetti positivi sulla diffusione della mobilità elettrica in Italia».
Brandini (De Stefani Group): la spinta arriva dal basso
Due mesi dopo la chiacchierata con Fuoco Amico alla vigilia del D Day di ottobre, quando profetizzò il successo dell’operazione, Brandini ammette che «è andata ancora meglio del previsto». Nonostante i limiti territoriali «a macchia di leopardo» e le nuove modalità che responsabilizzavano gli acquirenti in prima persona, i saloni di De Stefani Group hanno smaltito decine e decine di ordini senza particolari difficoltà.
Gli unici problemi sono venuti dal match fra voucher e attribuzione dell’incentivo. «Dividerei le responsabilità 50/50 fra Ministero e Sogei, che si sono un po’ perduti nella complessa normativa che disciplina il settore auto – commenta Brandini -. Ma la nostra associazione Federauto ha fatto un ottimo lavoro di consulenza permettendoci di chiudere velocemente anche le pratiche inceppate per incertezze interpretative». Ottimo invece il processo di erogazione del voucher lato clienti, aggiunge Brandini che ha visto entrare in concessionaria «amici e conoscenti che mai pensavo potessero districarsi in una procedura on line». E che mai avrebbero pensato di passare all’auto elettrica.

«Si è innescato un completo turn over di clientela – commenta -: gli incentivi hanno attratto un nuovo pubblico interessato soprattutto al vantaggio economico di poter sostituire l’auto a soli 3.900 euro, prezzo di una Dacia Spring con il Bonus massimo di 11.000 euro». Tant’è che molti «hanno acquistato un’auto elettrica senza nemmeno saper bene cosa stavano comprando». Ma anche questo è un segnale positivo perchè «dimostra quanto sia aumentata la fiducia nell’elettrico negli ultimi due anni».
Si esaurirà tutto in un fuoco di paglia? Brandini pensa di no. Per più di un motivo. «Quando la diffusione di un nuovo trend parte dal basso vuol dire che si è arrivati a un punto di svolta – ragiona Brandini -. Entra in gioco il passaparola, l’imitazione, l’esperienza diretta. Probabilmente gli incentivi saranno ancora necessari, ma via via sempre meno. Conto molto, per esempio, sull’avvio della produzione in Europa della BYD Dolphin Surf che arriverà sul mercato a un prezzo equivalente a una termica di pari categoria». Non va sottovalutato, poi, l’impatto che avranno 60.000 nuove auto alla spina in circolazione, ridando fiducia e slancio all’intero ecosistema della mobilità elettrica.

Anche per questo Brandini fatica a capire quale sia la strategia del carmaker europei, tutti ormai allineati nel chiedere la radicare revisione dei paletti europei 2035. «In tutti i Paesi, Italia compresa, la penetrazione dei veicoli a batteria continua a crescere – dice -. Volkswagen, per esempio, ha fatto qualcosa come +40%, compensando il calo delle termiche e limitando i danni del crollo di vendite in Cina. Questo ci dice una cosa ben precisa: quando c’è un salto tecnologico non si torna più indietro. Lo si può rallentare o anticipare. Ma rallentarlo prolungando la vita del termico è un suicidio».
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Pie illusioni da parte dell’intervistato. Soluzioni una tantum non possono produrre risultati nel lungo termine. Anzi, ora che gli incentivi sono finiti, il mercato si bloccherà di nuovo in attesa di tempi migliori, a meno di sconti specifici da parte delle case automobilistiche.
L’intero apparato burocratico italiano andrebbe dismesso. Una semplice esenzione totale o parziale sull’IVA per tutti i prodotti come auto elettriche, impianti solari, eolico, batterie, ecc. darebbe la spinta sull’acceleratore, senza alcuna burocrazia di mezzo.
Va bene essere positivi, va bene vedere la luce anche quando non c’è (o è molto poca) ma non si può negare che solo fra molti mesi si potrà capire se si è trattato dell’ennesimo fuoco di paglia. In tantissimi erano interessati ad acquistare un’auto con riduzioni del prezzo ad un mezzo o addirittura un terzo del reale (vedasi Spring e T03). Gli stessi sarebbe stati ugualmente interessati con riduzioni del 20% o 30%, come avviene, ad esempio, per i motocicli/ciclomotori?
A mio giudizio la diffusione della nuova tecnologia si sarebbe potuta ottenere con incentivi più modesti e volti ad allineare i prezzi delle BEV a quelli delle ICE o poco sotto. In molti di più ne avrebbero potuto godere e, forse, la scelta sarebe stata più consapevole e meno figlia del “saldo per liquidazione totale”
Così, invece, hanno avuto un grande vantaggio in pochi, non ncessariamente coloro che sono convinti di tale scelta e per questo forse neanche così convincenti nei confronti dei tanti dubbiosi.
Sinceramente ci dobbiamo rassegnare: da anni le stagioni degli incentivi sono oramai una farsa che premia pochi con tantissimo e non dà niente alle masse. Che senso ha?
Salve, ho letto l’ articolo con interesse, purtroppo non condivido pienamente il contenuto e lo dico con amarezza.
Sono felice per il fatto che si siano vendute auto elettriche ma purtroppo e’ un fuoco di paglia, mesi di attesa per l’ entrata in vigore dell’ incentivo e poi……. si tornera’ alla ” normalita “.
Concettualmente e’ sbagliato dare troppo incentivo, soprattutto a poche persone, ricordo che poco piu’ di 50.000 auto su un totale di immatricolazioni annue di circa 1.500.000 e’ molto poco, troppo poco.
La maggior parte dei clienti che hanno acquistato con l’ incentivo lo hanno fatto esclusivamente per via del lato economico, se fossero state incentivate auto a carbone avrebbero acquistato quelle, Tant’è che molti «hanno acquistato un’auto elettrica senza nemmeno saper bene cosa stavano comprando».
Concordo con l’analisi, inoltre anche a me la frase «hanno acquistato un’auto elettrica senza nemmeno saper bene cosa stavano comprando» ha colpito molto, ed è come pensavo purtroppo , parecchi nel non sapere nulla di BEV finiranno con un sottoutilizzo delle stesse , un fastidio, con la speranza di una rivendita appena passato il periodo di “moratoria”. Comprare una BEV senza saperne nulla può essere una brutta esperienza, che non farà altro che portare acqua al mulino dei detrattori.
condivido in pieno l’analisi di Brandini sulla “svolta” attuale (e futura) del mercato verso l’elettrificazione e condivido pure lo sbigottimento per l’inadeguatezza delle strategie delle case europee a chiedere un ritorno al passato quando poi hanno già investito abbondantemente in nuove linee produttive e modelli abbastanza centrati (salvo prezzi ancora alti senza incentivi, soprattutto in alcuni mercati come l’Italia). VW , Stellantis e Renault hanno ormai partners cinesi che possono fornir modelli e tecnologie quindi dovrebbero unirsi per chiedere ai governi di migliorar le reti di ricarica diffuse, con schemi coerenti con l’uso (carica lenta nei parcheggi di lungo stazionamento notturno/diurno, cariche HPC presso centri commerciali e cariche ultra veloci presso stazioni rifornimento convenzionali o specializzate BEV lungo le direttrici di traffico).
Nel 2026 diventerà palese la reale capacità di penetrazione dei marchi cinesi nel mercato europeo: nuove fabbriche, nuovi modelli ripensati per le nostre esigenze e gusti, maggior diffusione di conoscenze “base” sulle BEV/NEV non faranno più apparire come “astronauti su Marte” coloro che le guidano….