Il Dieselgate investe anche la BMW e rende sempre più urgente l’opzione elettrica per l’industria tedesca dell’auto. Il peccato originale dell’accusa di manipolazione dei test di omologazione dei modelli a gasolio può essere espiato in un solo modo. Puntando, come Volkswagen , sui veicoli a emissioni zero.
Ancora il trucchetto del software illegale
Secondo quanto riferisce Radiocor, la BMW martedì 20 marzo è stata oggetto di perquisizioni condotte dalla procura di Monaco. I magistrati bavaresi indagano su eventuali manomissioni dei valori delle emissioni dei motori diesel, un’accusa respinta con vigore dal gruppo. Gli inquirenti si sono mossi a seguito dell’apertura di un’inchiesta preliminare contro ignoti datata 27 febbraio, per sospetti di frode su circa 11.400 veicoli. Annunciando che <è stata condotta una perquisizione al quartier generale della Bmw a Monaco e un’altra a una sede in Austria>. L’inchiesta mira a verificare se sulle auto in questione sia stato installato un software in grado di alterare i veri valori delle emissioni, analogamente a quanto ammesso dal gruppo Volkswagen. Che però, a differenza di BMW, risultò reo confesso. Il gruppo tedesco ha confermato le perquisizioni e ribadito quanto comunicato il 23 febbraio. Allora aveva ammesso di aver equipaggiato “per errore” migliaia di auto diesel con un software che misura i gas di scarico non conforme alle specifiche tecniche di questi modelli. Negando però qualsiasi intento fraudolento.
A BMW basterà licenziare qualche dirigente “infedele”?
Un portavoce del gruppo ha ribadito che Bwm richiamerà tutte le auto interessate dal problema, che si trovano in larga misura in Germania. Il gruppo guidato dal numero uno Harald Kruger ha riaffermato inoltre la propria intenzione di collaborare appieno con le autorità tedesche, a cui metterà a disposizione i risultati preliminari della propria indagine interna. Si tratta di vedere ora se i magistrati di Monaco crederanno alla buona fede del top management e se la BMW se la caverà licenziando qualche dirigente a cui addossare tutte le responsabilità. Colpisce nella vicenda la decisione con cui si sono mossi i giudici bavaresi. Fino ad ora la magistratura tedesca (come lo stesso governo Merkel, del resto) si era dimostrata piuttosto cauta nei confronti dello scandalo. Lasciando che fossero gli inquirenti di altri Paesi, Stati Uniti in primis, ad occuparsene.