Il derby elettrico-idrogeno visto da Volkswagen. O meglio: da un super-esperto messo in campo dal gruppo tedesco. Dopo le ripetute esternazioni del grande capo VW, Herbert Diess, contrarioall’utilizzo delle full-cell nell’automotive. E dopo la presa di posizione di 60 scienziati tedeschi che invece criticano la politica pro-elettrico di Angela Merkel.

Il derby vinto da elettrico+rinnovabili, “molto più economico”
Felix Matthes è il Coordinatore delle ricerche sulle politiche energetiche e la protezione del clima all’Istituto di Ecologia Applicata (Öko-Institut) di Berlino. I suoi studi si concentrano su strategie di decarbonizzazione, phase-out dal carbone, sistemi per lo scambio di quote di emissioni e regolazione del mercato dell’energia elettrica. Secondo Matthes, per avere un approvvigionamento energetico a impatto zero sul clima, la chiave è l’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Ed è necessario sviluppare più velocemente e intensamente le aree disponibili per l’energia eolica e solare. Anche dal punto di vista economico, la fonte di energia clima-neutrale meno costosa, dunque, è l’elettricità. Anche l’idrogeno potrà essere un pilastro della transizione energetica, ma ancora a lungo non sarà un’opzione economica, per tre motivi:
- le perdite di conversione,
- i costi di investimento
- i costi di trasporto.
Il derby elettrico-idrogeno: nell’auto non c’è gara
“La soluzione migliore? Elettrificare il più possibile, facendo ricorso all’idrogeno laddove necessario“, sostiene Matthes. “Nel settore auto ci vorrebbe il coraggio di assumere una posizione chiara e dare assoluta priorità all’elettrico. Non ha senso spendere troppi soldi per altri esperimenti”, taglia corto. “Mentre, per esempio, nel settore del trasporto pesante la soluzione migliore non è ancora stata identificata e serve organizzare un processo di ricerca. Nell’industria siderurgica e in quella chimica, al contrario, l’idrogeno è indispensabile”. Sempre secondo Matthes, i combustibili sintetici possono essere una soluzione nei settori per cui non ci sono alternative. Come il trasporto aereo e, in parte, quello marittimo, o altre nicchie. Ma non sono opzioni su cui puntare per forniture in larga scala: le tecnologie di conversione sono troppo inefficienti e costose a lungo termine.
“Serve un percorso realistico, non soltanto nell’auto”
Un impegno costante è l’unico modo per ottenere risultati. “Un esempio concreto? Le infrastrutture per la ricarica delle auto elettriche stanno crescendo rapidamente. E nella maggior parte dei casi sono adeguate allo scenario attuale, ma bisogna intensificare ulteriormente gli sforzi per supportare lo sviluppo dell’e-mobility. E questo vale non solo per il settore auto, ma è un concetto che si applica trasversalmente. Anche nel caso delle reti di riscaldamento, sempre per citare un esempio, bisogna fare di più. E in parallelo, si deve estendere l’utilizzo dell’idrogeno nell’industria”. Secondo Matthes veniamo da un sistema caratterizzato da costi di investimento medi e costi di gestione elevati. Che si tratti di automobili, centrali elettriche o acciaierie. Nel prossimo futuro, invece, saranno più rilevanti i costi iniziali. Nell’arco dell’intero ciclo di vita, normalmente una nuova tecnologia consente un risparmio sui costi, come accade per l’auto elettrica.ù
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Non andrebbe sottovalutata la mobilità elettrica in bici.
Ieri ho fatto una prova di consumo ed è stata strabiliante: ho consumato 0,205 kWh per percorrere 23 km (da pieno a pieno!). Considerando un costo del kWh di 25 centesimi il costo di un kilometro è di 0,2 centesimi di euro, circa 40 volte in meno rispetto all’auto a GPL che posseggo a causa della diffidenza di mia moglie verso l’elettrico (spero ancora per poco).
Inoltre posso ricaricarla INTERAMENTE con energia fotovoltaica praticamente tutto l’anno.
Si tratta di un mezzo da prendere in considerazione per spostamenti fino a 15/30 kilometri in ambito urbano e suburbano.
Qualcuno ha mai calcolato i benefici in termini:
-ambientali
-economici
-di salute pubblica e, quindi ancora di costi evitati, visto che le malattie croniche hanno un forte impatto economico, oltre che umano e sociale.
-di tempi sprecati negli ingorghi? visto che la velocità media, su percorsi di tale lunghezza non scende MAI sotto i 20 km/h e la mortalità è prossima, a ZERO!
Ovviamente tutto va fatto in sicurezza utilizzando percorsi ciclabili, che si possono predisporre….
La decrescita felice 🤦
Non è che un mezzo più semplice, leggero, economico, meno ingombrante, più facile da parcheggiare sia per forza un simbolo di decrescita. Se a tavola devo tagliare una fetta di salame, forse meglio un semplice coltello o al limite un coltello elettrico senza scomodare una affettatrice da 20 kg professionale. Una bicicletta muscolare richiede fatica, quella elettrica permette di percorrere una decina di km in tempi accettabili e senza fatica. Io vedo bene un incremento dell’uso di questi mezzi nei giusti ambiti.
Confermo, uso bici a gambe anche per esercizio fisico che è importante in caso di lavoro sedentario e quella elettrica ottima anche per svolgere commissioni su distanza più lunghe, tra parcheggio e tutto a volte ci si impiega quasi lo stesso tempo che in auto. Meglio ancora nella bella stagione su percorsi con verde, mette di buon umore, anche questo è importante.
Tutti si dimenticano, e mi ststupisco, che per alimentare un fast charger da 350 kW ci vuole una cabina elettrica, non un contatore tradizionale in bassa tensione. L’energia elettrica in bassa tensione 230/400V viene fornita dai distributori, generalmente fino a 100 kW. Oltre, occorre fare ricorso alla rete in media tensione, ad esempio 15, 20 o 23 kV. Se hai tre fast cargher ci vogliono trasformatori MT/BT da oltre un Megawatt. ASSURDO. Cari miei, non conoscete affatto la rete di distribuzione pubblica. Questi carichi elettrici, ad oggi in Italia, sono assolutamente impossibili, per mancanza di infrastrutture elettriche, ossia Stazioni, cabine e cavi interrati. RIPETO IMPOSSIBILI. Ne riparliamo tra cinque anni e vedremo.
Nessuno se lo dimentica: ne abbiamo scritto decine di volte. Cinque anni di tempo per adeguare la rete è un tempo ragionevole. Il Recovery Plan serve anche a questo. Magari nel frattempo arriverà un’auto capace di assorbirli (che oggi non c’è).
Personalmente cambierei strategia per le auto elettriche, cioè le doterei di batterie intercambiabili, esattamente come gli elettroutensili , cosicché si avrebbe un parco batterie almeno doppio delle auto in circolazione, così si avrebbe un enorme serbatoio di ricarica, per poter sfruttare appieno tutti gli impianti fotovoltaici, perché ci siamo mai chiesti se l energia prodotta dai nostri impianti fotovoltaici viene sfruttata appieno? Se non c è richiesta nel momento in cui viene prodotta che fine fa? Con in pacco enorme di batterie da caricare non andrebbe perso niente.
Come abbiamo scritto più volte, Lorenzo, la sostituzione rapida del pacco batterie di un veicolo è impresa non semplice. Per tre motivi: dimensioni, peso e integrazione alla struttura del veicolo; necessità di standardizzazione, che annullerebbe la possibilità di caratterizzare i modelli, quindi la stessa competizione fra le case produttrici; enorme immobilizzo finanziario per lo stoccaggio delle batterie. Però con la tecnologia Vehicle to Grid (V2G) in fase di sperimentazione, lo stesso parco auto, se collegato alla rete quando è in sosta (il 95% del tempo, mediamente), fungerebbe da stoccaggio diffuso di energia e bilanciamento della rete. Qui i dettagli: https://www.vaielettrico.it/rete-elettrica-ecco-perche-ha-bisogno-delle-batterie-con-le-ruote/
Visto il bilancio fra domanda e offerta, è un problema che non abbiamo. In Australia e California hanno già installato grosse batterie per ovviare al tutto, rinunciando progressivamente agli impianti a carbone. Ci vorranno decadi per eliminare tutte le fonti sporche,ma abbiamo già soluzioni economicamente utilizzabili (e utilizzate).
Come mai nell’articolo si legge “combustibili sintetici” e si parla di idrogeno? Sono due mondi completamente diversi.
Non è così: il metanolo sintetico viene prodotto con idrogeno e CO2. https://www.vaielettrico.it/e-fuel-lultima-trincea-delle-termiche-armaroli-spiega-cose-cosa-sara/
Intendevo in questo articolo.
Le auto ad idrogeno avranno vita difficile perché i costi sono più alti e potrebbero richiedere più manutenzione, il bello dell’elettrico è che è semplice, anche per questo si affacciano tante nuove realtà prive di esperienza che assemblano auto elettriche a prezzi bassi con rischi “limitati” di affidabilità. E questa motivazione, letta su diversi articoli, mi convince. Inoltre non mi sfuggono i costi per la produzione dell’idrogeno, ad oggi alti (ma potrebbero trovarsi soluzioni più efficaci in futuro).
Mi convince meno il discorso della rete di distribuzione: un po’ perché può essere autoprodotta, un po’ perché l’esigenza degli spostamenti lunghi da molti è sentita (alzo la mano) e non è una risposta efficace “rassegnati alle ricariche lente”: se da un lato stanno uscendo batterie che consentono ricariche all’80% in tempi ragionevoli (anche meno di 20 minuti), dall’altro servono colonnine con una potenza adeguata. E qui non so, e chiedo, quanto costa sviluppare nel mondo una rete fast charge rispetto ad una di distribuzione dell’idrogeno. I costi mi sembrano non siano molto lontani, ma potrei sbagliare.
Infine, occhio ai costi sulla co2 nello sviluppo delle batterie, per l’estrazione delle terre rare, sui problemi delle miniere per le popolazioni locali: questi problemi vengono superati dall’idrogeno che necessita di semplici ed economiche fuel cell e la produzione dell’idrogeno da fonti green noi europei possiamo certificarla al 100%.
Ti rispondo sulla rete: un caricatore AC fino a 22 kW costa meno di 3.000 euro e non presenta problemi particolari di installazione (tranne la burocrazia dei permessi) nè di collegamento alla rete, viste le basse potenze impegnate. Un caricatore in DC fast costa dai 30 mila euro in su, gli Hyperfast a 350 kW, ben oltre i 50.000 mila euro. Devono essere collocati in prossimità delle cabine di distribuzione a media tensione, altrimenti i costi di allacciamento sono molto alti (scavo e cavi). Una possibile evoluzione è dotarli di accumuli o con batterie auto in seconda vita (leggi: https://www.vaielettrico.it/la-seconda-vita-delle-batterie-autobus-nei-fast-charger-repsol/) o con le nuove batterie a flusso (leggi: https://www.vaielettrico.it/batterie-a-flusso-la-rivoluzione-di-green-energy-storage/). Impianti del genere potrebbero essere alimentati anche da energia autoprodotta con fotovoltaico o eolico (leggi: https://www.vaielettrico.it/gridserve-in-uk-debutta-la-prima-stazione-100-green/)
Grazie
l’idrogeno non lo trovi libero in natura
non è un liquido
non è un solido
per avere una sufficiente autonomia nell’automotive devi comprimerlo
almeno a 350 bar meglio 700
auto a idrogeno :
1) estrai l’idrogendo da qualcosaltro , con energia “green”
2) comprimi l’idrogeno a 700 bar
3) ossidi l’idrogeno con una cella a combustibile per caricare una batteria al litio di almeno 2 kwh (già non puoi mandare l’energia direttamente al motore)
4) e percorri i tuoi bravi 670 Km intorno a Bolzano , in Norvegia non ci pui più andare perchè hanno chiuso la stazione di rifornimento PER SEMPRE (dopo un incendio)
auto a batteria :
1) carichi la tua auto a una colonnina fast, con elettricità prodotta da quello che c’è nel paese che ti ospita , puoi caricare 300/400 km di autonomia in mezzora
2) fai i tuoi 300/500 km a seconda delle dimensioni della batteria e torni a casa
3) carichi a casa 20kwh in una notte che ti permettono di fare 150 km con il contatore normale
4) carichi 55Kwh con la trifase a 11Kw, magari in un parcheggio fotovoltaico della tua azienda in 5 ore
5) come sopra al centro commerciale ,drive in , mcdonald ,albergo ecc.ecc.ecc.
6) come sopra GRATIS se hai la possibilità di investire in un impianto fotovoltaico a casa
spero che si capisca la flessibilità di uso e carica di una batteria nei confronti di una cella a combustibile attaccata a una batteria e a un serbatoio a 700 bar di idrogeno
Un elettrolizzatore per produrre h2 dallacqua, costa ancora qualche milione. Deve scendere ancora parecchio prima di diventare competitiva, questa tecnologia. Va bene a livello industriale, come proposto nell’articolo, nella chimica e in altre industrie dove serve l’idrogeno per i processi.
Per i trasporti pesanti, forse fra 10 anni. Dipenderà dai costi.
E dall’evoluzione della densità energetica delle batterie
Anche la manutenzione è diversa, tra una colonnina di ricarica e un elettrolizzatore che deve gestire acqua in ingresso e ossigeno (ossidante) e idrogeno (riducente) in uscita. Inoltre in base al tipo di acqua che usi ci saranno degli scarti da considerare. Poi i compressori per l’idrogeno (molecola piccolissima) e i serbatoi da 700 bar, tubi ecc. mi sembra un’impresa titanica.
Concordo. Peraltro la chimica dell’idrogeno è piuttosto semplice, quindi ha molti margini di miglioramento sulle rese e molto scienziati ci lavorano da anni. Non mi stupirei nel vedere una curva costi in discesa come il FV. Prezzi abbordabili fra 1 decade?
In realtà l’idrogeno si produce da molti anni per usi industriali ma servirebbe un breakthrough come quello avvenuto nelle batterie con l’avvento della chimica al litio.
Credo che nella produzione a partire da energia elettrica sarà difficile vedere progressi importanti, mentre se qualcuno riuscisse a produrlo direttamente dalla luce del sole potrebbe portare a risultati nteressanti infatti ci sono filoni di ricerca in tal senso, solo che al momento non c’è ancora nulla che valga veramente la pena industrializzare.
Leonardo, se non l’ha ancora fatto, guardi la nostra video intervista a Nicola Armaroli, direttore di ricerca del CNR, che coordina il progetto europeo sulla fotosintesi artificiale: https://www.vaielettrico.it/e-fuel-lultima-trincea-delle-termiche-armaroli-spiega-cose-cosa-sara/
Grazie Massimo, avevo già letto l’articolo e visto l’intervista, che vale assolutamente la pena di guardare da parte di chi è interessato a questo tipo di argomenti.
In effetti è proprio una mia ignoranza… Pensavo a chi ad esempio lascia un’elettrica parcheggiata durante una vacanza. Che so, per i più fortunati, un mese, mese e mezzo. O chi si sposta per lavoro all’estero. In realtà avevo dei dubbi anche su periodi più brevi, tipo una settimana, ma mi fa piacere sentire da chi ha esperienza diretta che non c’è dispersione significativa.
Grazie piuttosto a Mauro Tedeschini. Ha aggiunto altre fondamentali passaggi con impatto ambientale molto grande. Tra parentesi gli oleodotti e le petroliere causano danni a volte irreparabili all’ecosistema. Indubbiamente ci sono delle criticità anche nell’elettrico, tipo i materiali usati per le batterie, la cui estrazione causa danni ambientali a sua volta. Purtroppo è così quasi per tutti i processi industriali e minerarii. Dipende da come si fanno le cose e dalle politiche ambientali imposte.
Quando si passa da un tipo di produzione ormai consolidata da decenni, con potentati industriali giganteschi, è certo che si tireranno fuori tutte le scuse possibili per evitare o ritardare il cambiamento.
Sante parole. Anche per gli EV e le batterie ci sono processi pericolosi, inquinanti ed eticamente discutibili. Sono problemi da affrontare.
Tutto ciò però non ci deve sviare dal vedere i grandissimi danni della filiera del petrolio e gas. Questi causano problemi talmente gravi da oscurare i cieli. Gli sversamenti in mare li avete presenti?
Ma perché nessuno parla mai delle 50.000 morti premature all’anno in Italia per malattie legate all’inquinamento dell’aria? Circa un terzo è dovuto al trasporto.
Si teme di spaventare la popolazione?
Sono numeri da Covid.
Buongiorno a tutti.
Seguo sporadicamente e con interesse gli articoli e i commenti.
Sono molto interessato alla conversione elettrica in generale e alle tematiche ambientali.
Mi viene in mente una riflessione. Non capisco perché quando si parla di elettrico rispetto all’endotermico si fa sempre il conto di tutta la filiera di produzione, dell’energia, alle batterie, fino allo smaltimento, per calcolare l’impatto reale sull’ambiente, ma tutti questi calcoli non mi risulta che si facciano per i motori tradizionali.
Quanto costa in termini ambientali, l’estrazione e la raffinazione del petrolio? E quanto impatta produrre un motore tradizionale? E gli oli motore? E i liquidi refrigeranti? E le marmitte catalitiche ormai tutte dotate di FAP, piccole bombe ecologiche?
Piuttosto mi piacerebbe leggere e capire di più di quanto si perde in termini di carica su una vettura elettrica per la dispersione naturale della carica con il tempo. Quanto incide? Come cambia con le temperature? Un’auto ferma a lungo, come si comporta?
Grazie
Sposo in pieno i primi tre paragrafi di questo post. Sembra che la benzina sgorghi in modo naturale sotto casa, come una bella sorgente sulle Alpi. Si sorvola su quanto si consuma per estrare il petrolio, trasportarlo, raffinarlo su navi enormi…tutte casette trascurabili naturalmente.
Posso parlare per la mia e-Golf, altri modelli possono avere dei comportamenti leggermente differenti.
Se l’auto è ferma parcheggiata, non c’è dispersione di energia elettrica, la carica resta costante nel tempo, non c’è autoscarica misurabile, ne da parte della batteria ne dai circuiti elettrici.So che la Model 3 anche se spenta ha ancora diversi circuiti alimentati che possono comportare una certa scarica.
Ferma a lungo quanto intendi mesi? Mi è capitato di lasciarla parcheggiata anche 1 settimana e non ho riscontrato nessun problema. Bisogna vedere la batteria di servizio quella da 12V, siccome si ricarica quando accendi il quadro, potrebbe essere che una fermata lunga si scarichi, ma questo avviene anche per le termiche. Mentre per la batteria del power train non ci sono problemi.
L’intervista va letta bene ed è molto interessante. I concetti sono: 1) mobilità elettrica con diffusione colonnine di ricarica, 2) produzione di energia elettrica da rinnovabili e 3) idrogeno per la produzione di acciaio e la chimica. Sui trasporti pesanti, aerei, navi non c’è una tecnologia pronta. Altro punto importante: 4) non disperdere risorse in tecnologie perdenti quali le fuel cell per le auto (non per il trasporto pesante però).. Sulla conversione dell’impiego di energia in ambito civile (5) parla di tempi più lunghi e necessità di studiare un sistema incentivante. Su tutto servono investimenti iniziali elevati di cui non possono disporre tutti e dunque la necessità di interventi statali. I tempi più rapidi sono quelli della mobilità personale e parliamo di 20 anni. Anticipare il traguardo carbon neutral del 2050 è dunque impossibile.
Premetto, sono favorevole a tutto cio’ che e’ progresso e per certi utilizzi, per esempio in citta’ e per trasporti pubblici oppure per auto aziendali l’ elettrico sara’ una possibilità concreta, ma l’idrogeno avra’ probabilmente nel futuro sistemi di conversione sicuramente piu’ efficenti. Inoltre non darei per morti i motori termici che non hanno certamente terminato la loro evoluzione e che potenzialmente sono in grado di essere alimentati con un numero innumerevole di carburanti alternativi.
per me “l’unico” futuro dei motori termici è il coogeneratore
magari a Biogas addittivato con una piccola percentuale di idrogeno (verde) per migliorare la combustione
il coogeneratore è l’unica macchina che batte in efficenza , un motore elettrico con una batteria
può superare il 90% di resa tra calore e elettricità
peccato che non dobbiamo scaldare 4 appartamenti quando viaggiamo con un diesel 😀
il rasoio di occam vince su qualsiasi gioco di potere
Oh finalmente una persona intelligente.
Chiaro la EV da sola non basta, è l’abbinata EV e produzione di energia rinnovabile la carta vincente.
Con una EV si fanno 13,8 kWh/100km in ciclo combinato, tenendo conto di efficienza di ricarica dell 80% sono 17,25 kWh/100km, secondo studi ISPRA, in Italia per produrre 1 kWh di energia elettrica da termoelettrico si emettono 400g di CO2, ma se si considerano anche le fonti rinnovabili l’emissione si riduce a 300g/kWh, dati 2018. Significa che la EV in ciclo combinato emette 52g di CO2 al km.Più la produzione si fa rinnovabile meglio è.Poi c’è la CO2 emessa per fabbricazione della batteria, il problema va risolto in due modo principali:
1) Continuare con la Ricerca & Sviluppo per ridurre ulteriormente le emissioni per la batteria
2) Vedere se è possibile prolungare la vita utile dell’auto, la cosa va ancora dimostrata a livello pratico, ma potenzialmente le EV potrebbero durare di più di una termica di un fattore che controbilancerebbe solo questo la maggior emissione di CO2 per le batterie perché si andrebbero a costruire in proporzione meno auto con conseguenti meno emissioni di CO2.
adesso che siete tutti professori,come cavolo fai a produrre grammi di CO2 con un fotovoltaico o una bobina in un eolico? Sono 20 anni che in Canada usano fotovoltaici e ancora abbiamo un blocco a riguardo. Decisamente piú economico una piastra ad induzione rispetto che a scavare un buco in Russia e scavare, riempire di tubi dalla Russia all Italia fino a casa tua per accendere una fiamma. Bisogna rinnovarsi! Io ho la terza media e ho prodotto idrogeno dall’ acqua. E non ho investito molto. Basti solo pensare ad un autobus ad idrogeno con fotovoltaici sopra che alimentano la carica delle colonnine. Dico adesso: non si devono fare esperimenti.bisogna agire. Con le conoscenze senza pensare ai soldi. Perché la conoscenza la abbiamo, vi fate corrompere dalle lobby automobilistiche che sono impaurite di un cambiamento? È inevitabile altrimenti schiattiamo.
Samu