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Il carburo di silicio, la sfida italiana di STM

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Un'immagine dei laboratori catanesi della STMicroelectronics.

Il carburo di silicio (SiC) per rendere le batterie più leggere e meno ingombranti, a pari capacità. È la scommessa di STMicrolectronics per le auto elettriche.

“Batterie meno costose, più leggere e performanti”

La STM è una mutilazione a capitale italo-francese, ma questa sfida tecnologica e industriale nasce tutta nel polo di Catania. Per entrare nell’era del post-silicio e permettere ai veicoli elettrici di costare meno e di avere una maggiore autonomia.

Marco Monti, responsabile automotive di STMicroeletronics

I dettagli li ha raccontati il direttore automotive dell’azienda di microprocessori, Marco Monti, in un articolo pubblicato dal Sole 24 ORE (guarda). «È stato stimato che utilizzare su un veicolo elettrico componentistica St con tecnologia SiC comporta una spesa aggiuntiva di 300 dollari per veicolo, ma permette di risparmiarne 2 mila in produzione, sempre per veicolo. Questo perché si riducono i costi della batteria, che può essere più piccola, si ottimizzano pesi e spazi e anche i sistemi di raffreddamento possono essere ridimensionati, e quindi meno costosi». Questo perché il carburo di silicio viene descritto come “un materiale duro come il diamante, trasparente come il vetro e oggi molto più costoso del silicio. Ma anche più performante. Soprattutto per applicazioni che riguardano la mobilità elettrica”.

Già scelto per il Model 3 Tesla

Non è un sogno futuribile. Monti rivela che STM sta già lavorando con i principali costruttori tedeschi (Audi, BMW, Porsche...). E che i moduli a carburo di silicio sono stati scelti per il Model 3 Tesla, in questo momento l’elettrica più venduta al mondo. Una vettura già di grandi volumi, che permettono di sostenere i costosi investimenti in ricerca. Secondo l’articolo, un microchip in carburo di silicio può gestire il triplo dell’energia ed essere 10 volte più piccolo e resistente di uno realizzato con il silicio. Trattiene più calore, dissipandone meno nell’ambiente poiché, a parità di voltaggio, offre il 90% di resistenza passiva in meno. Risultato finale: un aumento dell’efficienza che può essere stimato nell’80%. “Applicata sulle auto elettriche per i componenti inverter che convertono l’energia della batteria in forza motrice, questa tecnologia permette di aumentare l’autonomia del veicolo del 20%“, spiega ancora l’articolo. Oppure, a parità di autonomia, di installare batterie più leggere e meno voluminose. E questo è fondamentale per le citycar, che finora hanno faticato a trovare un equilibrio tra peso e volume delle batterie da una parte e autonomia accettabile dall’altra.

— Leggi anche: batterie, Europa svegliati o la Cina detterà legge

 

 

 

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