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Idrogeno in versione Cingolani? Primo: dire addio ai fossili

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Dopo le accese polemiche, anche qui su Vaielettrico, suscitate dall’idrogeno in versione Cingolani presentata in Parlamento la scorsa settimana, facciamo il punto con l’aiuto del professor Alessandro Abbotto,  direttore del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano – Bicocca.

versione cingolani
Il ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani

di Alessandro Abbotto

versione Cingolani
Alessandro Abbotto

«L’idrogeno verde è la soluzione regina, il vettore ideale». «La fusione nucleare è la rinnovabile delle rinnovabili». «Tra 10 anni andremo tutti in automobili a fuel cell [ad idrogeno, N.d.R.] e le batterie saranno una tecnologia superata». Così rispondeva alle domande dei parlamentari il Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani durante l’audizione alle commissioni riunite Industria e Ambiente di Senato e Camera lo scorso martedì 16 marzo.

Queste frasi hanno gettato un po’ di scompiglio tra esperti, addetti del settore e cittadini. Cingolani è a favore dell’idrogeno? È contro le auto elettriche a batteria? Ma soprattutto si contraddice con la presentazione programmatica letta appena due ore prima in cui dice di «puntare decisamente sulla mobilità elettrica» e potenziare «l’infrastruttura di ricarica elettrica»? A mio modo di vedere no, e vi spiego il perché.

1) Nessuna difesa ideologica.

Il Ministro ripete più di una volta che nel campo della decarbonizzazione non deve esistere nessuna difesa ideologica di una tecnologia rispetto all’altra ma solo i dati: dati scientifici, dati tecnologici, statistiche di mercato, costi, ecc. La strategia del suo ministero non difenderà “in maniera ideologica” l’una o l’altra tecnologia ma quella, o meglio quelle (lui ha parlato di “blend di vettori energetici”) che, a seconda del livello di maturazione, costi, prestazioni, consente di raggiungere il più presto possibile il vero target. Rimanendo sempre pronti a rivedere ed allineare ai tempi le strategie, in modo dinamico e flessibile.

2) Il vero target

Il vero target sarà di tagliare del 55% le emissioni di gas serra (rispetto ai livelli del 1990) e di arrivare ad emissioni nette nulle entro il 2050. Per raggiungere questo obiettivo le tecnologie, tutte, nessuna esclusa, dovranno giocare come una squadra: batteria, idrogeno, fusione nucleare. Ciascuna secondo i suoi tempi e le sue modalità e, quasi certamente, nessuna da sola! Oggi, Cingolani l’ha ripetuto più di una volta, l’idrogeno verde è ancora troppo costoso, non maturo, con diversi problemi, dallo stoccaggio alla distribuzione.

Non parliamo poi della fusione nucleare, che forse interesserà tra 50 anni la
generazione che “oggi va alle scuole primarie”. Ma bisogna partire e lavorare fin da subito a tutto questo perché altrimenti l’Italia, come già sta accadendo, rimarrà indietro, non solo nell’uso delle tecnologie abilitanti ma soprattutto nel suo sviluppo in termini di catena di distribuzione. È importante fare ricerca avanzata e collocare importanti investimenti per non trovarsi domani, o dopodomani, ad importare tecnologia e prodotti (come succede adesso per i vaccini), per creare posti di lavoro, sviluppare e rendere competitiva l’industria.

3) Il ruolo delle rinnovabili.

Quindi qual è il vero messaggio? Uno solo: sviluppare le energie rinnovabili, qualsiasi esse siano, e svincolarsi al più presto dalle fonti fossili, carbone, petrolio e gas naturale. Come? Cominciando dall’energia elettrica, che oggi contribuisce per oltre un quarto alle emissioni di CO2. E’ necessario passare dal mix energetico attuale, in cui le fossili sono ancora fortemente maggioritarie, al mix energetico del 2030, in cui bisogna puntare ad azzerare il carbone e portare le rinnovabili ad essere la fonte predominante (72%).

rinnovabili boom

Nel piano del ministro, che si concretizzerà nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ ambito del NextGenerationEU (lo strumento per la ripresa post-pandemica), la produzione da fonti energetiche rinnovabili passeranno da 116 a 248 TWh. Nello stesso arco di tempo il gas naturale passerà da 150 a 103 TWh, ovvero a meno di un terzo del totale.

In questo modo, e solo così, allora raggiungeremo i target di decarbonizzazione 2030, tagliando sensibilmente i 311 milioni di tonnellate di CO2 che l’Italia oggi produce, allo stesso tempo contenendo la domanda complessiva di energia elettrica (che, nei progetti del Ministro, aumenterà marginalmente, da 320 TWh nel 2019 a 335 TWh nel 2030).

4) E i trasporti? L’idrogeno?

Il vero problema dei trasporti, dice il Ministro, è il 33% di emissioni di CO2 odierni. Ovvero il 33% della cifra mostruosa di 311 milioni di tonnellate di emissioni dette sopra. Come abbatterle? Oggi senza dubbio «puntando decisamente alla mobilità elettrica», alle infrastrutture di ricarica con 90 milioni di euro di finanziamento, alle batterie ed infine, molto importante, ad una filiera e ricerca nazionale.

L’Italia, è inutile nasconderci, da questo punto di vista è molto indietro, fanalino di coda europeo. Mentre gli altri grandi paesi registrano percentuali di vendita di auto elettriche a due cifre e in Europa le immatricolazioni “a batteria” hanno raggiunto e stanno superando quelle diesel, l’Italia a fine 2020 riportava ancora un misero 2,3% di vendite di BEV rispetto al 37,5% a benzina e il 33,1% a diesel. Altro che pareggio! Eppure, questi numeri non dipendono da nessun livello della tecnologia o da nessuna strategia ministeriale, ma da ciascuno di noi e dalle nostre scelte. Che, a quanto pare, sono diverse dai cittadini di oltralpe. È bene rifletterci su! E domani?

Domani il costo dell’idrogeno verde, cioè quello prodotto in maniera pulita, pareggerà quello dell’idrogeno blu (entro il 2030) al valore di circa 1,5 €/kg, rendendolo competitivo. Non vi è dubbio che l’idrogeno verde rivestirà un ruolo centrale, nella società del 2030 e poi in quella decarbonizzata del 2050. Come dice Cingolani, «la strada è tracciata».

A quel punto potremo usarlo, per molti scopi. All’inizio, certamente, non potrà essere tutto idrogeno verde anche perché, sottolinea il Ministro, manca la domanda stessa di idrogeno verde. Ma la tecnologia in questi settori si muove rapidamente e quello che è vero, o prevedibile, oggi non è detto che lo sia domani. Come è stato per il fotovoltaico e l’eolico nel campo della produzione di energia elettrica, dove tutte le previsioni conservative di 10 anni fa si sono rivelate clamorosamente errate. E dove le tecnologie rinnovabili si sono imposte man mano, col miglioramento della tecnologia e la diminuzione dei costi.

5) E le automobili?

Qui Cingolani fa una previsione, direi più sua personale che strutturale. Stima che al 2030 le automobili e i camion saranno ad idrogeno e le batterie saranno diventate una tecnologia superata.

Rifornimento di idrogeno per una Mercedes.

Qui io dico: vedremo. Quello che è certo è che la tecnologia si muove rapidamente e l’idrogeno verde sarà diventato competitivo, una tecnologia consolidata. Guideremo quindi automobili ad idrogeno? Personalmente preferisco non sbilanciarmi. Come detto prima, meglio non fare questo tipo di previsioni. Dipenderà anche molto dalle nostre abitudini e scelte. Sarà più probabile che vi saranno molti camion ad idrogeno. E i treni ad
idrogeno sostituiranno quelli a diesel.

Nel frattempo, partiamo con le automobili a batterie a tutta forza. Sarebbe già un bel segno. Ma non perché lo dice il Ministro o l’Europa. Ma perché lo scegliamo noi. Noi, cittadini italiani. Smettiamo di comprare a tutta forza automobili superate ed inquinanti (e anche più costose da mantenere, più rumorose, meno piacevoli da guidare, ecc. ecc.), la cui tecnologia ha ormai fatto il suo tempo.

Allo stesso tempo diffidiamo di chi deve difendere i suoi interessi. È naturale che chi sta investendo tutto sull’elettrico dirà sempre che le batterie sono il vero futuro (Volkswagen, Tesla, ecc.) e chi vende il gas dirà che l’idrogeno blu (produzione da gas naturale e cattura di CO2) è la soluzione per decarbonizzare. C’è da fidarsi? Io preferisco affidarmi ai dati scientifici e all’evoluzione tecnologica. E, su questo non ho dubbi, preferisco abbandonare appena possibile la dipendenza dalle fonti fossili, dai miei mezzi di trasporto all’uso dell’energia a casa mia.

Questa è la vera scommessa che l’Italia che non può permettersi di perdere. E sulla quale l’attuale Ministro, e quelli che gli succederanno nei prossimi anni, dovranno lavorare a tutta forza, con la collaborazione di tutta la società.

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4 COMMENTI

  1. Domenico, lo sai quanti sono i morti per inquinamento stimati nel mondo e in Europa? –> https://www.lescienze.it/news/2019/03/12/news/morti_inquinamento_atmosferico-4331321/
    Certo, non solo a causa dell’inquinamento da traffico veicolare, però benzina, gasolio e anche metano (seppur diversamente) fanno la loro “buona” parte.
    Allora se dobbiamo finanziare con soldi pubblici la produzione di energia, scegliamo le fonti fossili o quelle rinnovabili?

  2. Per abbandonare le fonti fossili Italia – e soprattutto UE – devono smettere SUBITO di sovvenzionare con valanghe di denaro la produzione di energia da fonti fossili!!!

  3. Articolo molto interessante e una domanda alla Redazione a proposito di: ” Ma la tecnologia in questi settori si muove rapidamente e quello che è vero, o prevedibile, oggi non è detto che lo sia domani. Come è stato per il fotovoltaico e l’eolico nel campo della produzione di energia elettrica, dove tutte le previsioni conservative di 10 anni fa si sono rivelate clamorosamente errate. E dove le tecnologie rinnovabili si sono imposte man mano, col miglioramento della tecnologia e la diminuzione dei costi.”
    Quanto sono costate e quanto costeranno ancora al Paese le rinnovabili per i finanziamenti pubblici?
    Solo per completezza di informazione. Grazie

    • Domenico, la sanità è pubblica, vero?!
      Chiediti allora anche quanto costano agli Italiani, le migliaia e migliaia di ammalati e morti da inquinamento. Se anche si giungesse ad un pareggio economico, non pensi che ne potrebbe valere la pena?

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