I tedeschi hanno la medicina per l’ansia da ricarica. Un farmaco semplice: arrivare quanto prima a 100 mila punti di rifornimento pubblici, oltre ad implementare le ricariche domestiche. Lunedì 6 aprile la cancelliera Angela Merkel ne parlerà con i capi delle grandi aziende dell’automotive made in Germany. Ci sarà anche il professor Henning Kagermann, che presiede la cabina di regia pubblica, National Platform Future of Mobility (NPM). E che in questa intervista, riportata sulla Volkswagen Newsroom, fa il punto della situazione.
I tedeschi e l’auto elettrica: “Uno su quattro la vorrebbe, ma servono 100 mila punti di ricarica”
1– Quant’è importante un’ulteriore espansione della rete di ricarica per il successo dell’auto elettrica?
“È molto importante. È la strada per combattere l’ansia da ricarica qui in Germania. Oggi per la verità non ci sarebbe motivo di preoccuparsi, dato che con una solita ricarica si ottiene l’energia necessaria per i più frequenti spostamenti quotidiani. Ma si sa che le auto hanno una componente emozionale. E visto che i maggiori costruttori, come la Volkswagen, ora stanno entrando pesantemente in questo mercato, il tema dell’infrastruttura di ricarica diventa più pressante“.
2– Qual è la situazione della rete in Germania?
“Non è così cattiva come molti pensano. Ma dobbiamo fare un salto di qualità. Secondo un recente studio, oggi in Germania una persona su quattro comprerebbe un’elettrica. È tanto, se si considera che si vendono 4 milioni di macchine all’anno. A oggi abbiamo 18 mila punti di ricarica pubblica e al momento è un numero che può bastare, combinato con le wall-box domestiche. Ma se la diffusione delle auto elettriche aumenta, cosa che auspico, ce ne vorranno di più. Dobbiamo soddisfare la domanda. Se prevediamo di avere da 7 a 10 milioni auto a batterie nel 2030, dobbiamo darci da fare per avere una rete di ricarica all’altezza“.
“Cina e Norvegia sembrano più avanti di noi, ma…”
3– Che cosa bisogna fare per agevolare la trazione alla mobilità elettrica?
“Tre principali soggetti devono fare la loro parte: i costruttori, il pubblico e il governo. Tra i costruttori vedo per esempio il Volkswagen Group iniziare a coprire il mercato dell’auto di massa, con modelli come la ID.3. È una mossa essenziale per fare un salto di qualità. Con marchi come Porsche e Audi, poi, si copre un’area più emozionale. Il pubblico, invece, si sta avvicinando con una certa cautela. E così il governo, perché ci sono molte altre questioni in ballo, come la transizione energetica e la digitalizzazione“.
4– Quali Paesi sono più avanti della Germania? E perché?
“Ci sono due esempi che attirano molto l’attenzione e si chiamano Norvegia e Cina. In Cina stanno lavorando con incentivi che noi non siamo in grado o non vogliamo offrire, oltre ad avere la capacità di negare l’immatricolazione alle auto che non sono elettriche. E in Norvegia le macchine endotermiche sono soggette a una tassazione molto elevata, il che dà ai veicoli elettrici un grande vantaggio economico. Noi non abbiamo quel tipo di opzioni, e non ne abbiamo bisogno“.
I tedeschi ci hanno dormito su? “Siamo solo stati più cauti”
5- Perché si sente dire spesso che i tedeschi ci hanno un po’ dormito su?
“Non è assolutamente vero. La Germania è in un certo modo più cauta, questo è vero, ma dopotutto è in una posizione eccellente. In parte grazie alla forza della nostra industria dell’auto. Certo, mi sarebbe piaciuto che le grandi aziende affrontassero il tema un po’ prima, soprattutto su aree come la ricerca e la produzione nelle celle per batterie. Ma decisioni come queste dipendono da un certo numero di fattori e ora i costruttori tedeschi sembrano sapere bene quel che stanno facendo. E soprattutto, i clienti non andrebbero spaventati con modelli improvvisati. È sempre una questione di capire a che punto sono certe tecnologie. Progrediscono e possono fare dei veri salti in avanti, come abbiamo visto per esempio con gli smartphones. In termini geopolitici, poi, non è certamente una cattiva idea per la Germania e per l’Europa di assumere una posizione tecnologica forte. Lo si è capito bene con gli sviluppi globali degli ultimi quattro anni“.
6-Perché lo Stato dovrebbe aiutare l’espansione di punti di ricarica privata? E come?
“Perché? Molte più macchine elettriche arriveranno sul mercato nel prevedibile futuro e avranno bisogno di ricaricare. E come? Di base ci sono un sacco di cose da fare. I fondi per esempio ci sono, anche se non sono distribuiti in modo abbastanza uniforme e veloce. La cose si muovono troppo lentamente. C’è bisogno di eliminare una parte delle procedure burocratica per accelerarle. E servono nuove norme che rendano più facile l’installazione delle wall-box nelle case private, che siano di proprietà o in affitto, ora è tutto troppo complicato. Nel caso dei condomini, per esempio, ti serve il consenso dell’intera assemblea, non è una situazione sostenibile. Un altro problema, naturalmente, riguarda quali reti espandere e che tipo di metodi di ricarica intelligenti ci servono per essere sicuri che ci sia tutta l’energia che serve. E con quale energia vogliamo ricaricare. Idealmente, non certo con energia da fossili, in modo da raggiungere i climate goals“.
“L’elettrica ha meno emissioni, anche con questo mix energetico”
7-Che cosa risponde a chi dice che le auto elettriche non sono affatto a emissioni zero, con l’attuale mix di produzione?
“Sì, l’obiezione c’è, spesso si sente dire questo o che la maggior sostenibilità si raggiunge solo dopo un cero numero di km percorsi. Dipende dai modelli, ma comunque le emissioni possono esser considerate molto inferiori anche con questo mix di produzione dell’energia. Più la transizione verso le rinnovabili procede, più il vantaggio aumenta. Ed è una buona idea espandere ora l’infrastruttura di ricarica e lanciare nuovi modelli. Non possiamo aspettare che la transizione energetica si compia, senza nel frattempo creare una rete di ricarica, diciamo fino al 2040. La mobilità elettrica e la transizione devono procedere mano nella mano. Ma sono molto ottimista che tutto andrà bene“.
SECONDO NOI. I tedeschi dimostrano ancora una volta di avere le idee chiare: vogliono mantenere la leadership in un settore che garantisce milioni di posti di lavoro. E, come sempre nei momenti difficili, sanno fare squadra tra grandi industrie e governo. Hanno tenacia, compattezza, grandi mezzi finanziari. Possiamo dire la stessa cosa dell’Italia? Ah, i tedeschi…
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Se smettessimo di comprare auto tedesche, e comprassimo auto fabbricate in Italia non sarebbe un gran danno per gli italiani.
Personalmente lo farei molto volentieri se la politica industriale delle case italiane non fosse quella di produrre stufe su quattro ruote.
Le aziende tedesche pagano le tasse in Germania, l’azienda Italiana, le paga in Inghilterra. I tedeschi hanno puntato e producono auto elettriche, l’italiana ha sempre detto che non servono.
Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
Quali auto fa l’Italia dopo che Fiat è diventata FCA?
La Fiat poche, la 500 elettrica è il primo modello veramente nuovo (anche se della famiglia del Cinquino) dopo parecchio tempo. In compenso ne ha fatte tante la Jeep, che è stata la gallina d’oro del Gruppo in questi anni. Certo, fa impressione vedere i nostri grandi marchi industriali morire uno dopo l’altro: Lancia è da tempo sul viale del tramonto e ormai sta finendo la sua corsa, sulla strada già percorsa da Olivetti e tanti altri marchi illustri. Ma purtroppo anche il marchio Fiat non si sente benissimo, se non gli faranno una bella cura ricostituente.
Ma come dice giustamente Paskyu Fiat Lancia ecc. sono ormai solo brand storicamente italiani. Le aziende sono estere a tutti gli effetti,quindi una vale l’altra