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I monopattini elettrici vincono la guerra d’America

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Un’estate di guerra fra milioni di utenti di monopattini elettrici condivisi e pedoni imbufaliti si avvia alla conclusione con la vittoria dei primi. Le municipalità californiane hanno rinunciato al blocco  e hanno autorizzato il servizio, ma contingentando il numero e imponendo regole più severe.

Il monopattino è un giocattolo. Nessuno avrebbe mai pensato di disciplinarne l’uso con divieti, patenti e targhe. Ma se viaggia per 50-60 chilometri a 25 km/h spinto da un potente motore elettrico le cose cambiano. E i problemi di convivenza con i pedoni e il traffico aumentano. E’ esattamente questo che sta succedendo in America _ patria, già quindici anni fa dell’hoverboard Segway _ dove i modelli di monopattini elettrici sul mercato sono ormai molte centinaia (quasi tutti cinesi) e  nelle strade delle principali città ne circolano a migliaia. Questo come conseguenza del boom dei servizi in condivisione gestiti da società spuntate come funghi nell’ultimo anno e mezzo. Bird, Spin e Lime le principali.

Il monopattino elettrico, infatti, è diventato una moda. Imposta dagli urban millennials californiani, ora dilaga: servizi di monopattini condivisi sono presenti in oltre 65 città americane, e già in alcune delle maggiori capitali europee.

La rivolta dei pedoni

Ma è anche un boom caotico e selvaggio, come lamenta una fetta altrettanto numerosa di cittadini preoccupati di essere investiti su marciapiedi, aree pedonali e parchi (i guidatori non si fermano di fronte a nulla, semafori rossi compresi, e spesso non indossano il casco) o infastiditi da questi piccoli mezzi abbandonati ovunque, ostruendo il passaggio pedonale, l’accesso a un garage, un negozio, un ristorante.

Chiedono regole più severe; in sostanza che e-bikes e monopattini elettrici siano classificati come moto a tutti gli effetti, quindi sottoposti al codice della strada. Aspettando che ciò avvenga, molte municipalità li hanno banditi. A New York addirittura dal 2004.  A Santa Monica, in California, il comune aveva proibito di operare perfino a Bird, la maggiore delle start up di monopattini condivisi nata proprio nella città a Nord di Los Angeles; questo dopo una serie di incidenti e multe per un totale di 300.000 dollari.

Ma alla fine vince il compromesso

Ma in realtà le pressioni dei gestori, la necessità di snellire il traffico automobilistico e i crescenti problemi di inquinamento hanno convinto un po’ tutti a trovare un compromesso. Proprio ieri, per esempio, Los Angeles ha dato via libera a tutte le società, una decina, che chiedevano di avviare il servizio di free sharing elettrico (sia e-bikes, sia monopattini elettrici ed e-scooter) ma ponendo un tetto a 3.000 mezzi in centro più 7.500 in periferia per 18 mesi di sperimentazione. Velocità massima di 15 miglia orarie (esattamente la velocità dei monopattini Bird) e obbligo di assicurazione con massimali fino a 5 milioni di dollari. Santa Monica tre giorni fa alla fine ha ceduto autorizzando 4 operatori (Bird, Lime, più i colossi degli spostamenti condivisi Lyft e Uber) ma per un totale di 1.000 e-bikes e 2.000 e-scooter.

San Francisco, patria della terza start up, Spin, ha invece cassato i monopattini di Bird, Lime e Spin, autorizzando solo due operatori attivi dal 2012, Skip e Scoot, che dispongono di flotte più tradizionali (bici elettriche e scooter elettrici classici) e non hanno mai dato problemi quanto al rispetto delle regole.

 

I nuovi arrivati Bird, Lime e Spin, viceversa, puntano soprattutto sui monopattini, i mezzi più invisi ai pedoni perché utilizzati in stile far West. Ma sono anche i veri protagonisti di questa piccola rivoluzione, fatta di comodità di utilizzo (individuazione e attivazione del mezzo via app, e abbandono libero a destinazione) ma anche di tariffe stracciate: un dollaro all’attivazione e 15 centesimi al minuto, sicché un trasferimento di dieci minuti casa ufficio costa anche meno di una corsa in autobus (2,75 centesimi mediamente).

Addio a monopattino selvaggio

Bird ne è l’emblema: da piccola società locale è diventata in poco più di un anno un colosso in grado di suscitare appetiti fino a Wall Street, dove ora è valutata  più di un miliardo di dollari. Come Bird tra gli investitori spopolano anche Lime e Spin, che capitalizzano in Borsa centinaia di milioni di dollari, ciascuna con la sua flotta di 10-15 mila monopattini elettrici in condivisione e con piani di espansione in tutte le città americane, ma anche in Europa. Bird, ad esempio, è già sbarcata a Parigi e a Berlino; Lime a Francoforte, Zurigo, Brema, annunciando di aver già all’attivo un milione di corse. Il successo fra i giovani, le grandi prospettive di sviluppo sull’onda degli slogan sulla mobilità sostenibile e l’esasperazione dei più per un traffico sempre più soffocante hanno convinto gli investitori a ricoprirle di denaro, nonostante numeri ancora poco significativi, bilanci in rosso e un quadro normativo incerto che lascia ampi spazi alla discrezionalità delle singole municipalità.

Uber con Jump: lo scooter fai da te

Forse una disciplina verrà, sul campo, dal mercato. Soprattutto dai colossi della condivisione come Uber, che infatti si è buttata sul mercato dell’ultimo miglio elettrico prima acquistando per 200 milioni Jump, quarta star up del settore, poi lanciandosi direttamente nella progettazione e nella produzione di un proprio scooter elettrico disegnato su misura per l’utilizzo condiviso. Secondo l’annuncio dell’altro giorno, sarà un mezzo più maneggevole, con più autonomia, meno esposto ai vandalismi e alle manomissioni, già connesso al sistema di gestione centralizzata e soprattutto rigorosamente rispettoso delle regole sulla sicurezza.

Italia senza regole aspetta l’onda

E in Italia? Monopattini elettrici, hoverboard, monoruota cominciano a vedersi anche nelle nostre città, benché spesso più prestazionali  rispetto alle prescrizioni di legge e non regolamentati dal codice della strada. E’ la cosiddetta micromobilità elettrica che oggi sfugge ad ogni inquadramento. Stando alla legge qualunque veicolo superi i 5 km/h di velocità è classificabile non più come “acceleratore di andatura” besì come ciclomotore (fino a 45 km/h) o motociclo. Quasi tutti i monopattini, gli hoverboard e i monoruota superano il limite e arrivano tranquillamente a velocità massime di 20-25 km/h. Per non parlare poi della Speed Epac, le bici a pedalata assistita che  spesso mantengono i pedali solo come una foglia di fico, ma in realtà viaggiano benissimo senza alcuna spinta umana e, con motori elettrici “elaborati” di potenza superiore ai 250 W, vanno ben oltre i 25 km/h. Eppure non hanno la targa, non hanno obbligo di assicurazione e di guida col casco. Urge insomma l’adozione di una normativa che prenda atto della loro esistenza e fissi le regole per utilizzarli. 

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