Guida autonoma sotto accusa. Test indipendenti del Touring Club Svizzero e degli assicuratori inglesi dimostrano che i piloti automatici oggi in commercio sono ancora da perfezionare. Suggerendo a tutti una pausa di riflessione.
Due allarmi con test dalla Svizzera e l’Inghilterra
Il rischio è che una tecnologia fondamentale per ridurre ulteriormente il numero di incidenti sulle strade, in un prossimo futuro, si “bruci” per un’eccessiva fretta nell’applicarla. E anche per la disinvoltura con cui molti automobilisti già oggi ne fanno uso, senza seguire le regole suggerite dalle Case auto. A fine maggio abbiamo riferito dell’incidente di cui è rimasto vittima un giovane californiano, You You Xue, che viaggiava ai 120 in Grecia con l’Autopilot inserito nel suo Model 3 Tesla. La macchina, secondo il suo racconto, aveva improvvisamente sbandato, finendo contro un muretto di protezione. Adesso altri allarmi sulla guida autonoma arrivano da Svizzera e Inghilterra.

Il Touring Club elvetico. (TCS), da sempre molto attento alla sicurezza sulle strade, ha svolto un test “per verificare se i regolatori automatici della velocità, della distanza ed i sistemi di frenata d’emergenza – tutti comandati da un radar- riconoscono un veicolo a due ruote (bicicletta, scooter) che viaggia davanti“. Sono state compiute numerose prove con cinque modelli d’automobile (Audi, Mitsubishi, Mercedes-Benz, Volvo, VW).
“Il pericolo di non vedere scooter e bici”
I risultati del TCS? Eccoli, testuali: “Quelli montati sull’Audi e sulla VW non l’hanno nemmeno avvistato, tanto che la collisione è stata evitate solo grazie a una manovra di scansamento del conducente. Il sistema della Mercedes-Benz ha riconosciuto la due ruote ferma al centro della carreggiata, ha innescato un segnale acustico e reagito con una frenata completa, mentre non c’è stata nessuna reazione per una “due ruote” ferma sul bordo destro o sinistro della strada. Spiegazione di Mercedes-Benz: il sistema è concepito appositamente per evitare frenate sbagliate e salvaguardare la fluidità del traffico, quando vi è abbastanza spazio, per compiere una manovra per evitare l’ostacolo. Mitsubishi ha riconosciuto soltanto il veicolo a due ruote al centro della carreggiata e ha reagito con un segnale acustico e ottico, ma non ha frenato. Infine, Volvo ha avvistato la due ruote ferma sia al centro sia sul lato della strada, ha lanciato un avvertimento ottico, ma a sua volta non ha frenato”.
Gli assicuratori inglesi: “Occhio ai nomi”
Un monito, come si diceva, arriva anche dalle compagnie d’assicurazioni inglesi, che hanno affidato i loro test a un istituto specializzato, Thatcham Research. Qui sotto accusa c’è soprattutto la percezione errata di molti automobilisti, che sarebbero indotti a credere che la vettura possa davvero fare tutto da sola. Disinteressandosi della guida. Secondo Thatcham, oltretutto, nomi come Autopilot e ProPilot, usati da Case importanti come Tesla e Nissan, sarebbero misleading. Ovvero tali da ingenerare nell’automobilista aspettative troppo elevate sulla sicurezza e l’autonomia del sistema. Tesla ha sempre rigettato queste accuse, anche con nota ufficiale rilasciata il 30 marzo a seguito di un altro incidente. Nota con cui ribadiva le linee guida e i limiti nell’uso dell’Autopilot. Peraltro gli stessi concetti sono stati ribaditi per il citato crash con il Model 3 in Grecia.
In conclusione: diamoci una calmata
L’uso della guida autonoma sulle automobili va introdotto con grande cautela. È fuori discussione che i piloti automatici sbagliano meno degli uomini. Ma mentre siamo rassegnati ad accettare l’errore umano, ancora non lo siamo per l’errore (o i limiti di sviluppo) del software dell’auto. Ergo: meglio andarci con i piedi di piombo, in attesa di avere un quadro normativo più chiaro e una messa a punto più compiuta dei software e dell’infrastruttura stradale circostante. Il rischio autogol è sempre in agguato.