La Germania chiederà a Bruxelles di concedere una maggiore “flessibilità” alle case automobilistiche. In modo che possano produrre veicoli ibridi ancora per alcuni anni veicoli ibridi. Per Berlino, lo stop ai motori endotermici nel 2035 vale solo come “principio”. Il cancelliere Friedrich Merz presenterà a breve la richiesta alla Ue.
Come era previsto, la Germania lancia l’offensiva finale per far saltare lo stop alle auto con motore tradizionale, fissato dalla Commissione Ue al 2035. Il governo tedesco a giorni presenterà la sua proposta alternativa a Bruxelles. Il trucco c’è e si vede: la data del 2035 viene confermata da Berlino e significherà lo stop alla produzione di auto diesel e a benzina. Ma non per le auto ibride, con doppio motore, a combustione ed elettrico che continueranno a venire prodotte ancora per alcuni anni.
Del resto, l’ibrido rappresenta in questo momento un fenomeno di successo nel mercato automobilistico europeo. I modelli full hybrid hanno raggiunto una quota del 34,7% sul totale delle immatricolazioni. L’espansione è diffusa in tutti i principali mercati. In Francia le vendite sono aumentate del 30,5%, in Spagna del 29,3%, in Germania del 10,1% e in Italia del 9,4%. A questo va aggiunto il fato delle ibride plug in, che rappresenta l’8,8% del totale.
Ibridi e CO₂: Berlino punta su un compromesso europeo
La notizia era stata anticipata dal quotidiano economico tedesco Handelsblatt. E, di fatto, è stata confermata dopo l’incontro che si è tenuto il 9 ottobre, convocato dal cancelliere Merz con i rappresentanti dei costruttori e del potente sindacato Ig-Metal. L’incontro ha segnato un punto di sintesi tra le posizioni della Cdu, favorevole a un approccio più graduale. E quelle dei socialdemocratici, orientati a confermare il bando al 2035. Ne è emersa una linea comune: la Germania resta impegnata nella mobilità elettrica. Ma chiede all’Unione europea di evitare un “taglio netto” dei motori a combustione.
Lo si può mettere come si vuole, ma è indubbio che si tratti di una marcia indietro sulla strada verso la transizione elettrica. Proprio nel momento in cui la Cina si prepara a invadere l’Europa con i suoi modelli a batteria. Ma Berlino non ci sente e ritiene che il “compromesso ibrido” sia l’unica possibilità. Merz ha definito “tecnicamente impossibile” una dismissione totale dei motori tradizionali nel 2035. La proposta che verrà avanzata a Bruxelles mira a consentire una fase di coabitazione tra elettrico e ibrido. Garantendo più tempo alle aziende per riconvertire impianti e competenze. Il vicecancelliere Lars Klingbeil, pur di orientamento socialdemocratico, ha condiviso l’impostazione: serve pragmatismo per difendere l’industria e l’occupazione tedesca, senza rinunciare agli obiettivi climatici.
La stessa linea è sostenuta dalle parti sociali. La presidente dell’Associazione dell’industria automobilistica (VDA), Hildegard Mueller, e la segretaria del sindacato IG Metall, Christiane Benne, hanno chiesto una transizione più lunga e incentivi per i veicoli a basse emissioni. Benne ha invocato una “offensiva a tutto campo per la mobilità elettrica”, ma anche maggiore flessibilità sulle norme CO₂ per gli ibridi e i carburanti alternativi.
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Non solo auto nel piano tedesco verso la mobilità green: sono previsti anche acciaio verde e incentivi fiscali
Dietro la proposta del governo si delinea una strategia più ampia. Secondo il quotidiano Handelsblatt, Berlino valuta crediti compensativi per le case automobilistiche che impiegano acciaio ecologico prodotto nell’Unione europea. L’obiettivo è duplice: sostenere la filiera siderurgica e alleggerire il rispetto dei parametri emissivi delle flotte. L’ipotesi, ancora in fase embrionale, richiederà il via libera comunitario ma potrebbe costituire un precedente nel legare politiche industriali e ambientali.
Parallelamente, il governo tedesco intende prolungare fino al 2035 l’esenzione della tassa automobilistica per i veicoli elettrici, misura attualmente valida fino al 2030. Il ministro Klingbeil propone anche un aumento del prelievo sui veicoli a benzina e diesel, destinando le risorse così raccolte al sostegno della mobilità a zero emissioni. Tuttavia, i partiti conservatori e diversi governi regionali si oppongono a nuovi oneri fiscali, temendo ripercussioni su un mercato auto già fragile.