“Full electric” è il nuovo motto dell’ATM Milano che sabato scorso ha aperto ai cittadini i battenti del deposito di Rogoredo per l’open day titolato “Impatto zero”. Veielettrico c’era.
Appeso ai muri della metropolitana di Milano fa bella mostra un cartello. Il titolo è “Impatto zero”; poi sotto un bus semitrasparente, stile donna invisibile dei fantastici quattro, e un sottotitolo – ATM “full electric”.
La scelta del “full electric” è una notizia che Vaielettrico ha già ampiamente raccontato; tuttavia, pervasi da curiosità, siamo andati all’inaugurazione dell’open day del 19 ottobre. All’evento erano presenti i vertici dell’azienda, e Assessore all’urbanistica Marco Granelli per il Comune di Milano.
Il primo e-autobus? Nel 1896
Milano ha una lunga tradizione, forse unica, di trasporto elettrico. La centrale idroelettrica Bertini, vicino a Calusco d’Adda, inaugurata nel 1896, alimentò per esempio la prima rete tranviaria elettrificata italiana, quella di Milano.

Entrando nel deposito ATM di Rogoredo, ecco in bella mostra sullo sfondo il primo filobus della rete circolare 90, che già a fine anni 50 percorreva la circonvallazione silenziosamente, collegato con il trolley alla linea elettrica. Certo che salire era più di una scalata, per superare quei gradini impossibili. Accanto, i filobus moderni, ergonomici, che si abbassano alla fermata e permettono l’accesso agevole anche agli utenti più anziani. Il trolley invece non cambia, un progresso nella continuità.

ATM oggi copre il 75% del chilometraggio in elettrico, tra metropolitana, linee tranviarie e filobus. Ma il programma è arrivare al 100% entro il 2030, abbandonando tutti gli autobus a gasolio. E’ un programma ambizioso, eppure necessario per la sostenibilità della città. Sostenibilità e ambiente sono le parole chiave, ripetute dal presidente Luca Bianchi e dal direttore generale Arrigo Giana, ma sempre con un occhio alla sostenibilità economica. I buoni conti dell’azienda consentono questi investimenti, che ammontano a oltre un miliardo e mezzo di euro. Ogni bus elettrico costa mezzo milione di euro, ci ripetono.
L’Assessore Granelli, esponente della Giunta che ha voluto fortemente questa svolta dell’azienda, chiama in causa i suoi predecessori, perché certi risultati non si ottengono con la bacchetta magica, ma sono il frutto della capacità di programmare e di pianificare. Questa svolta fa parte di una pianificazione che ha avuto il suo inizio più di cinque anni fa. La scelta è per una tecnologica precisa, pensata e studiata a lungo.
Il full electric spiegato dall’istruttore
Poi arriva il tour dimostrativo con l’autobus “full electric”. Il percorso si snoda dentro il deposito nel più assoluto silenzio, rotto solo dal chiacchiericcio dei trasportati.

Intervistiamo brevemente l’ istruttore dell’ATM che ci accompagna. Il mezzo ha 140 km di autonomia con una carica di circa tre ore. Ci mostra l’area dedicata agli autobus elettrici: tutte le aree di posteggio hanno una colonnina, e sono alcune decine, per ora almeno. Spiega che il progetto prevede in futuro di dotare le aree di capolinea di connettori che si agganciano automaticamente ai mezzi. Dieci minuti, il tempo di sosta medio al capolinea, per dare una aggiunta di energia sufficiente a raggiungere la successiva sosta al capolinea opposto. Sarà possibile, ipoteticamente, rimanere in strada 24 ore su 24. In ogni caso 140 km non sono pochi, quindi è possibile la carica solo in deposito nelle ore notturne. «Molto dipenderà dal traffico e dal piede dell’autista» aggiunge.
L’idrogeno all’angolo
Lungo il tour si passa di fronte alla stazione di rifornimento dell’idrogeno. ATM è dotata di tre bus a celle a combustibile alimentate da idrogeno. La stazione è in un angolo remoto del deposito, per motivi di sicurezza, come ci ricorda un cartello posto sul perimetro. A fianco dell’impianto di produzione, composto da celle elettrolitiche, da sistemi di compressione e da sistema di stoccaggio del gas, alla pressione di 350 bar.
Questa è la pressione necessaria per consentire di caricare 35 kg di idrogeno per 240 km di autonomia. Sono più di un bus a batteria, almeno per ora, ma per contro non è pensabile il rifornimento lungo il percorso e ai capolinea, fattibile invece per i mezzi a batteria. Peccato, ma non è prevista la visita dell’impianto; d’altro canto è parte di una scelta tecnologica che sarà abbandonata.
Sempre l’ istruttore spiega che impianti così, con idrogeno compresso a 350 bar, ben difficilmente troverebbe spazio nei depositi dentro la città. Accumuli di gas infiammabili, in pressione in aree densamente popolate sarebbero impossibili. Bene, Milano ha fatto il suo passo, per prima tra le grandi città italiane. Speriamo che sia presto seguita da altre città.
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