Fotovoltaico, la Ue assente: 9 dei primi 10 produttori di pannelli sono in Asia

Nell’industria del fotovoltaico la Ue è in clamoroso ritardo: un rapporto della società specializzata Wood Mackenzie mette in evidenza come nove delle prime dieci aziende produttrici di pannelli solari nel mondo si trovino in Asia. La decima è canadese.

La prima notizia è una sorpresa a metà. Nella classifica delle prime dieci società produttrici di pannelli fotovoltaici a livello globale, sei si trovano in Cina. La novità è la presenza di società dell’India, Singapore e Giappone. In pratica, il settore è dominato da società asiatiche. Solo una non si trova nel Far East, ed è canadese.

La fabbrica 3Sun di Enel Green Power in Sicilia

Fotovoltaico Ue, in Sicilia la prima fabbrica europea

La seconda notizia, in realtà, è una conferma. Nel fotovoltaico, a livello industriale, la Ue è tagliata fuori. Venuti meno i produttori tedeschi, che per un decennio hanno tentato di tener testa alla concorrenza cinese, il settore è da ricostruire. Per dire: la più grande fabbrica europea si trova in Italia, nell’Etna Valley alle porte di Catania. La 3Sun è di proprietà di gruppo Enel ed è sostenuta anche economicamente dalla Ue. L’amministratore delegato Flavio Cattaneo, appena arrivato poco più di due anni fa, aveva anche deciso di metterne in vendita una quota (salvo poi ripensarci)

A mettere tutto questo in evidenza è un recente rapporto di Wood Mackenzie (intitolato “Global solar module manufacturer ranking”), si riferisce ai dati del primo semestre del 2024 e analizza oltre 38 aziende di 11 Paesi diversi . Conferma come l’Asia continui a dominare il settore, occupando tutte le prime posizioni nella classifica dei produttori.

I primi dieci produttori hanno una capacità sufficiente per soddisfare la domanda di pannelli mondiale

In cima alla lista troviamo JinkoSolar, un colosso di Shanghai con una capacità produttiva integrata verticalmente, che spazia dai wafer ai moduli. Con oltre 300 GW di moduli venduti e dieci basi produttive distribuite tra Cina, Stati Uniti, Sud-Est asiatico e Medio Oriente, JinkoSolar è il principale produttore mondiale di pannelli solari da cinque anni consecutivi. Seguono altre due aziende cinesi: LONGi Green Energy e JA Solar.

Tuttavia, gli analisti di Wood Mackenzie sottolineano che quello cinese non è un monopolio incontrastato. Negli ultimi anni, produttori provenienti da India, Singapore e Giappone sono riusciti a entrare nella top 10, dimostrando la capacità di competere con i giganti cinesi. Questi dieci produttori complessivamente possiedono una capacità sufficiente per soddisfare la domanda globale annuale di nuovi pannelli solari e si sono dimostrati particolarmente resilienti alle sfide del mercato.

Nonostante il calo dei prezzi dei moduli solari – sottolinea ancora il report – le principali aziende del settore hanno mantenuto un tasso medio di utilizzo del 66% nella prima metà del 2024. Yana Hryshko, analista di Wood Mackenzie, ha evidenziato come la redditività sia stata un fattore distintivo per i leader del settore. Mentre molte aziende hanno subito perdite finanziarie, otto dei tredici principali produttori hanno registrato profitti positivi nel primo semestre 2024.

Continua il crollo dei prezzi dei pannelli solari

Il rapporto di Wood Mackenzie mette in luce anche le sfide legate alla sovrapproduzione, derivanti dalla rapida espansione della capacità industriale. Sebbene la domanda di energia fotovoltaica continui a crescere, non riesce a tenere il passo con l’offerta, creando pressioni sui margini di profitto delle aziende.

In altre parole, si continua a produrre pannelli più velocemente di quanto cresca il numero di nuovi impianti allacciati alla rete. Questo problema è aggravato dal crollo dei prezzi dei moduli solari, che sono passati da 0,24 $/watt a 0,08 $/watt, con una riduzione superiore al 70%. Il che solleva non poche preoccupazioni sulla sostenibilità economica di alcuni produttori. Una concorrenza durissima, alimentata dai continui progressi tecnologici che rendono sempre più efficienti i pannelli. Come testimonia l’ulteriore crescita degli investimenti in ricerca e sviluppo, con un ulteriore 4% nella prima metà dello scorso anno.

Ecco perché le società solari cinesi hanno registrato un flusso di cassa negativo per cinque trimestri consecutivi, con margini di profitto ai minimi storici nel terzo trimestre. L’incertezza potrebbe aumentare con Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, dato il suo storico sostegno ai combustibili fossili e le minacce di dazi elevati sulle merci cinesi.

Quattro aziende più piccole hanno già dovuto ristrutturarsi, mentre le grandi aziende, pur avendo margini per assorbire le perdite, stanno vedendo un netto peggioramento delle prestazioni. Longi Green Energy Technology, ad esempio, ha registrato una perdita netta di 8,2-8,8 miliardi di yuan nel 2023, rispetto a un utile netto di 10,8 miliardi di yuan l’anno precedente. Inoltre, i tempi di pagamento ai fornitori si sono allungati, con alcune aziende che impiegano oltre 200 giorni per saldare i debiti.

Il settore sta cercando di stabilizzarsi attraverso misure di autodisciplina, come la fissazione di prezzi minimi e accordi sulle quote di produzione, ma è incerto se queste misure possano funzionare in un mercato così frammentato. Secondo gli esperti, la parola d’ordine per il prossimo anno sarà “sopravvivere”, con il 2025 che potrebbe essere un anno cruciale per molte aziende.

Fotovoltaico, quali sono le scelte della Ue?

Si attende di capire come intenderà muoversi nel settore fotovoltaico la Ue. Vorrà sostenere la nascita di una industria continentale oppure ha deciso di non investire in un settore ormai dominato dai produttori asiatici. Per usufruire solo dei prezzi bassi e puntando al massimo all’industria del riciclo dei pannelli e del recupero dei materiali?

 

 

Visualizza commenti (9)
  1. ubriacati da decenni di incontrastato uso degli idrocarburi
    noi europei non abbiamo capito che il settore dei pannelli fotovoltaici (come di tutta l’elettronica – di consumo e non- ) è di importanza strategico-politica più che commerciale.
    Se ce ne fossimo resi conto prima avremmo tentato di creare un “campione nazionale” o magari europeo per contrastare il dominio asiatico.

    I pannelli fotovoltaici sono fondamentali per raggiungere l’indipendenza energetica (al pari delle turbine eoliche, ove almeno abbiamo aziende danesi, spagnole e tedesche) e l’indipendenza energetica è anche togliere legami di subordinazione agli stati fornitori ( almeno per il pannelli fotovoltaici con un adeguato programma di recupero e riciclo materiali si ottiene anche le materie prime-seconde per produrli).

    Così come per il settore batterie di trazione (e gigafactories europee) dovremo sostenere con fondi UE anche l’industria di produzione pannelli (almeno finché non raggiunge qualità e scale produttive adeguate a competere a livello mondiale).

    Rispetto ai microprocessori non è necessario produrre soltanto il Top di gamma (1 o 3% di produzione +/- non cambierebbe troppo l’utilità) basta arrivare ad un costo produttivo accettabile (pur con sovvenzioni) che altrimenti rischiamo di pagare in altri termini se li importiamo soltanto, specialmente da nazioni con politiche poco rassicuranti nei confronti degli europei (e adesso ci va inserito pure Trump per U.S.A.).

    Ripeto qui il mio solito appello…. chi può mettere in azienda/casa un impianto F.V. lo faccia … Se poi trova convenienti i preventivi con pannelli realizzati in Italia (o EU) meglio !

    1. Sono d’accordo!

      Ma mi faccio anche domande, le più immediate sono:
      – perchè non ci siamo arrivati prima?
      – abbiamo avuto politici ed imprenditori semplicemente stupidi oppure pensavano ad altri interessi invece che degli Stati che rappresentavano?
      – ed ora chi pagherà questo svantaggio?

      1. Non ci siamo arrivati prima? Chi.givernava negli ultimi anni aveva rapporti molto amichevoli e diretti con Governi ed aziende di paesi esportatori di idrocarburi. ..il che spiega anche la seconda domanda (a pensare male sinfa peccato però….)
        Ed alla fine paghiamo sempre “noi” (certi non “loro” ! ), anche perché non siamo come i francesi…capaci di fare rivoluzione…o quantomeno bloccare il paese con grandi manifestazioni (come i gilet gialli).. quindi mugugnamo un po’ ..ma poi si accetta tutto (specie se c’ è qualche mondiale di calcio o altre str@@@ a distrarci…

  2. Si è arrivati alla resa dei conti: per un paio di decenni ci è stato detto che che mentre i ‘paesi sottosviluppati’ avrebbero prodotto tecnologie mature l’Europa (l’occidente?) avrebbe sfruttato l’innovazione per mantenere le produzioni di avanguardia.
    Ora si scropre che tra furti intellettuali e formazione umana delle nuove generazioni i ‘paesi sottosviluppati’ producono a meno e innovano di piú.
    Se anche i produttori tedeschi, già presenti e radicati nel mercato da anni ne sono stati espulsi, quale potrebbe essere la magia dell’UE? Dazi e sussidi?

    Purtroppo è il medesimo quesito che ci si pone per pressochè tutti gli ambiti industriali, e la risposta non è nè semplice nè scontata.

    1. Dunque, vediamo cosa potremmo fare…

      Se mandiamo al confino Salvini, Orban, Meloni, Fico, Wilders, Le Pen etc. e diamo un forte inpulso all’educazione, alla ricerca e sosteniamo esclusivamente l’industria innovativa in tutta l’Unione europea, per – diciamo ehm – almeno 25 anni, verso il 2050 dovremmo avere rimpolpato le fila dei ricercatori e dell’industria stessa.

      Poi, nel giro di 20-30 anni, dal 2070 in poi verso fine secolo, 2100, dovremmo esserci ripresi.

      Ma il clima potrebbe averci già mezzi ammazzati, con ampie crisi sanitarie, idriche e alimentari e 250 milioni di migranti che scappano dai luoghi dove si muore per strada.

  3. giusepperona67

    Ormai a noi non servono più abbiamo SMR , vendano la fabbrica di Catania in più siamo HUB del gas . opsss bollettina di dicembre 430€ . Tajani eppure mi sembrava pacato e responsabile , ma da ieri sera le mie orecchie si sono gelate . Fine di pale pannelli e tutte le altre idiozie che ci potrebbero rendere autosufficienti

    1. Adesso starà discutendo con Re Giorgio se, dopo aver cassato la proposta del reddito minimo, sia lecito reintrodurre la schiavitù, così da migliorare ancora e “definitivamente” il numero degli occupati (che a quel punto non potrebbero più diventare disoccupati, perché verrebbero venduti, in caso di problemi dell’azienda, per fare cassa).

      1. Attenzione che in Italia le norme per rendere difficile e rischioso cambiare lavoro sono già in vigore.
        I nostri attuali politici si vantano di aver aumentato l’occupazione (a quali condizioni naturalmente non lo dicono) mentre gli imprenditori lamentano la mancanza di lavoratori (soprattutto ma non solo maggiormente specializzati).

        La conseguenza?
        Sono già in vigore leggi che rendono difficile e rischioso cambiare lavoro.

        1. Ed a breve reintroduzione delle “caste” e dei lavori passati da una generazione all’ altra..
          (avverrà anche nelle cariche di governo ed i posti in Parlamento…poi, conodifica costituzione e Senza referendum a suffragio universale sarà reintrodotta pure la monarchia…).

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