Fonti rinnovabili, semplificazioni e i dubbi di Abelardo

L’eccesso di burocrazia è il principale ostacolo alla diffusione delle fonti rinnovabili in Italia. L’abbiamo visto con Beleolico,  il primo parco eolico off shore del Mediterraneo a Taranto, costato 14 anni di tira e molla. Tanto che Legambiente, all’inaugurazione, ha esibito uno striscione con la scritta “Scusate il ritardo”. Eppure molti governi hanno cercato di semplificare l’iter autorizzativo. Ma il risultato paradossale è che la semplificazione ha introdotto procedure sempre più laboriose e soprattutto incerte. Ce lo spiega Carmine Biello, top manager con decenni di esperienza in alcune delle principali aziende energetiche italiane.

fonti rinnovabili

                                            di Carmine Biello

 Ebbene è legittima la scelta “masochistica“ di seguire da subito il procedimento più impegnativo (cfr. la Valutazione di Impatto Ambientale) per ottenere l’autorizzazione di un impianto da fonti rinnovabili. E’ consentito cioè non seguire il procedimento semplificato di screening ambientale, qualora si avverta “una elevata probabilità” che questo porti poi comunque a dover espletare la VIA.

C’è voluto nientemeno che il pronunciamento di un TAR per stabilirlo. E sbloccare così l’empasse amministrativa di tanti progetti di energia da fonti rinnovabili al Sud. Ma come? Una normativa nata per semplificare, puntualmente evitata dagli operatori perché vista come un pericolo di complicazione? Purtroppo questa è la dimostrazione di come la norma, anche se ben scritta, può soccombere dinanzi all’attuazione che ne fa poi sul campo la prassi amministrativa.

Tra l’altro stiamo parlando di fonti  rinnovabili. Cioè di quelle fonti di energia di cui avremmo così tanto bisogno, ora più che mai: non inquinano, costano poco e non richiedono più incentivi statali. In più, lo abbiamo appena “scoperto” con inaspettata durezza, hanno un’altra cruciale qualità, che finora sembrava una sottigliezza per pochi appassionati: assicurano l’indipendenza energetica. Tant’è, il loro sviluppo da noi è tuttora frenato: i comportamenti prevalgono ancora una volta sulle direttive.

Le semplificazioni? Sempre più complicate

Eppure sono mesi che continuiamo ad auto-motivarci con formule ultimative come “scaricare a terra”, “cambio di passo”, “occasione epocale”; a darci ripetutamente obiettivi sempre più ambiziosi e ravvicinati; ad immaginare conseguenze sempre più gravi in caso di loro mancato raggiungimento. Sono mesi che ci esercitiamo anche su semplificazioni sempre più complicate (sembra un ossimoro, ma non lo è) di procedure autorizzative che forse era sufficiente fossero solo correttamente applicate, convinti che questo basti per fare poi accadere le cose.

D’altra parte, superato l’argine della mancanza di risorse finanziarie, non sembrava esserci più nessun problema di consenso. Le fomti rinnovabili sono sicuramente il nostro futuro, a maggior ragione se lo sono anche l’elettrificazione dei consumi e l’idrogeno.

L’oscuro potere del sì, ma…

Su questo siamo tutti d’accordo ormai: giusto? Assolutamente sì, ma ….

E qui iniziano i mille inestricabili distinguo dei complessisti e della loro dialettica orsinesca (cit. Massimo Gramellini sul Corriere della Sera). Parliamo di coloro, qualcun altro li aveva chiamati peroisti, che con un innocuo “ma” cercano diligentemente solo di argomentare e qualificare il loro convinto “sì” alle più incontrovertibili tesi.

In realtà sottintendono maliziosamente un malcelato richiamo all’et dell’indimenticata formula del “sì e no” (sic et nunc), con la quale il filosofo medioevale Abelardo ci insegnò a dubitare di ogni verità, anche la più indiscussa.

E poco importa che si tratti di pochi individui, essendo questa l’epoca dell’ “infodemia”, del soggettivismo estremo e della sfrenata libertà interpretativa.

Ecco allora che il “no” rimane latente e inespresso, ma pesa come un macigno. Come l’antitesi sulla tesi. E viene diffuso all’infinito come un germe a condizionare in maniera strisciante la formazione delle opinioni, la declinazione dei comportamenti, il consolidarsi delle prassi. E infine l’assunzione delle decisioni (più che altro delle non-decisioni).

I “peròisti” sempre nel giusto, comunque vada

L’antitesi ha infatti bisogno di una tesi per esistere. Non sopravviverebbe senza di essa, perché non osa sfidarla apertamente. Si limita a indebolirla indirettamente, con cinica doppiezza, per poter essere sempre nel giusto, comunque vada. Per questo bisognerebbe evitare qui di parlare di coraggio (quello vero).

Purtroppo la deriva cui assistiamo oggi, come ha notato Giuseppe Lupo sul Sole24Ore, trae origine da quel contagioso “principio della diffidenza” che da troppo tempo pervade il nostro “patrimonio identitario”. Sicuramente da almeno seicento anni, da quando cioè l’Umanesimo portò al sopravvento di nuove e meritevoli “forme epistemologiche del sapere”. Forme che partivano però proprio da un procedimento conoscitivo “basato sul dubbio”. Anzi, le radici profonde di quella svolta ci conducono addirittura a qualche secolo ancora prima. Cioè a quel periodo di rinascita di inizio millennio in cui il nostro Abelardo osò sfidare il sapere dottrinario.

Un recente studio realizzato dall’istituto I-Com, con riferimento al settore delle tlc, ha riguardato i  numerosi e profondi interventi di semplificazione ultimamente effettuati sulle normative di riferimento. E’ emerso come tali interventi, sia pure apprezzabili, necessari e teoricamente corretti, possano poi naufragare una volta tradotti nella effettiva prassi amministrativa ovvero nell’applicazione che ne fanno gli enti locali nella realtà.

Ecco allora che anche strumenti virtuosi e potenzialmente decisivi, come la conferenza dei servizi o il silenzio-assenso, vengono comunque facilmente neutralizzati da micro-comportamenti elusivi o semplicemente dilatori (cfr. il mancato coinvolgimento anche del più remoto degli enti oppure il rilascio di pareri eternamente solo preliminari).

Quattro mosse per semplificare davvero

Le semplificazioni delle norme, come anche confermato dallo studio, andrebbero meglio accompagnate da:

– un maggiore sforzo da parte del legislatore nell’evitare eventuali criticità di natura interpretativa (per limitare la proliferazione dei comportamenti),

– una maggiore attenzione alla programmazione, a livello centrale e periferico, che risulti il più possibile chiara, condivisa e soprattutto armonizzata (cfr. i mille Piani Energetici fai da te)

– un maggiore allineamento della prassi, non solo con la norma, ma anche con gli orientamenti della giustizia amministrativa (per evitare che alla fine siano sempre i TAR a scegliere, caso per caso),

– una maggiore responsabilizzazione sia dei funzionari locali (cfr. i virtuosi del palleggio o del rimpallo), che dei soggetti proponenti (cfr. le innumerevoli pipeline di progetti “fotocopia”).

Si dirà: ma anche questo è complessismo. Sì e no, direbbe Abelardo.

Fonti rinnovabili, facciamole presto e bene

Sì, perché il successo di una scelta, perdipiù di una tra le più importante per il nostro futuro, il mix energetico, non può che dipendere da un insieme di fattori. Non ultimo quello umano. Vanno costantemente monitorati, dosati, ri-sintonizzati, fino all’ultimo: è lavoro, impegno, presenza, in gergo aziendale lo chiameremmo follow-up.

No, perché dobbiamo semplicemente fare quello su cui siamo tutti d’accordo: le fonti  rinnovabili. E farlo nell’unico modo che possiamo permetterci: presto e bene. In Italia abbiamo già dimostrato di saper raggiungere traguardi eccezionali. Soprattutto quando dipende dai nostri comportamenti e quando, come oggi,  è supremamente in gioco il bene comune.

Di certo abbiamo ormai imparato che le partite difficili si vincono solo quando si ristabiliscono i ruoli dei vari soggetti in campo. In questo caso legislatore, istituzioni, cittadini, tecnici, amministrazione, giustizia. I loro perimetri di competenza e le rispettive regole ingaggio.

Senza dar retta ai troppi “ma”

Cominciamo allora da subito a riporre Abelardo in libreria e a non dare troppa retta ai tanti “ma”. Teniamoci stretti al “sì” e andiamo a vincere questa sfida cruciale senza voltarci indietro, per il bene di tutti, anche dei peroisti.

Vedrete che saranno i primi a diventare sempredettisti (cfr. “io l’ho sempre detto”).

Visualizza commenti (5)
  1. Purtroppo in Italia a differenza di altri stati manca la figura professionale che controlla in modo meticoloso che le nuove leggi o varianti siano eque non discriminanti e non interpretabili, come avviene da noi.

  2. Non posso che quotare in toto quanto scritto nell’articolo se solo ci si limita alla contemplazione dello stato di fatto, di una Societa’ e della sua “organizzazione” che sembra “godere” a creare intralci, intoppi burocratici e ogni sorta di persecuzione a chi, in buona fede, cerca di realizzare cose non solo legittime ma anche a vantaggio diretto o indiretto di tutta la comunita’. Proviamo pero’ ad allontanarci un attimo dal particolare e a osservare piu’ in generale…… Siamo disposti a riconoscere che questa burocrazia, questa zavorra ormai insostenibile ed ingestibile non sia ANCHE il risultato, diretto ed indiretto, dei “nostri” (in senso collettivo) comportamenti? Faccio un esempio secondo me calzante. Mio padre lavorava alla Sip (attuale Telecom Italia) e mi ha raccontato che i telefoni a gettoni (per chi li ricorda) erano diventati una mostruosita’ tecnica……… E per quale motivo? Semplicemente per far fronte ai sistemi sempre piu’ evoluti inventati da “qualcuno” per poter telefonare gratis cioe’ senza senza inserire gettoni “veri”. Allora, in tema di Burocrazia Vs. Furbizie, di Distinguo-UfficioComplicazioniAffariSemplici, di “si, ma….” e “no…. forse”, chi e’ nato prima? E chi alimenta chi?

  3. Luigi Solazzi

    Sarà la giornata storta? Questo intervento mi sembra una enorme supercazzola, da cui traggo solo l’impressione che gettarsi in un progetto di rinnovabile sia da evitare come la peste. Oppure non è un’impressione?

    1. Non sei il solo!
      Io già a metà articolo mi sembrava di stare a leggere un testo filosofico… tante parole da professore per dire alla fine che c’è molta burocrazia nel realizzare progetti per fonti rinnovabili.. mah

    2. Non e’ un’impressione la tua.
      D’altronde avendo come ministro per la transizione ecologica uno che non si e’ fatto sentire se non altro per andare a firmare contratti di forniture con altri paesi di fonti fossili assieme a Di Maio e al mega capo di ENI…
      Non ho ricordi di sue visite in paesi come Cina o Danimarca etc. a fissare accordi con fornitori di silicio per Fv o accordi di licenza per pale eoliche o tecnologie innovative…

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