FT: “Auto, i dazi di Trump all’Europa danneggiano i consumatori Usa”


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Secondo il Financial Times, che lo racconta in un lungo reportage pubblicato nel fine settimana, le case automobilistiche americane potrebbero diventare “i maggiori perdenti nella guerra commerciale di Trump”. Per le Big Three (Ford, GM e Stellantis) “il nuovo regime tariffario dei dazi costerà loro complessivamente 7 miliardi di dollari quest’anno“.

I dazi imposti dall’amministrazione Trump avranno un impatto di vasta portata sulle aziende americane. Ma le conclusioni a cui arriva l’inchiesta del quotidiano economico britannico mettono in evidenza come le ripercussioni si faranno sentire soprattutto sull’automotive,  settore di punta dell’industria “born in Usa”.

Secondo il Financial Times, “mentre Trump stringe intese commerciali con l’Unione Europea, il Giappone e la Corea del Sud — riducendo le tariffe sulle auto al 15% — il Messico e il Canada restano esclusi. Un paradosso, se si considera che proprio questi due Paesi rappresentano una parte vitale della filiera produttiva americana, grazie all’accordo firmato nel 2020. Senza nuovi patti – si legge ancora – le auto assemblate in Messico e Canada rischiano di subire una tariffa del 27,5%, ben più alta rispetto a quelle importate dall’Asia o dall’Europa”.

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Dazi: Tesla, General Motors e Ford sono in allarme. “Ci aspettano tempi difficili

Il quotidiano ha citato il nuovo amministratore delegato di Stellantis, Antonio Filosa. Il quale ha ricordato come 4 milioni dei 16 milioni di veicoli venduti ogni anno negli Stati Uniti provengano da stabilimenti canadesi e messicani. «Vorremmo che l’amministrazione riconoscesse l’alto contenuto americano di alcuni modelli», ha dichiarato, sottolineando che paradossalmente le auto asiatiche ed europee importate hanno “praticamente zero componenti statunitensi”.

Il numero uno di Ford si arrende: “Sull’auto elettrica i cinesi ci umiliano”

A supporto dell’inchiesta, il Financial Times ha citato i manager alla guida dei marchi Usa più importanti. Il primo a lanciare l’allarme è stato Elon Musk: solo nel secondo trimestre Tesla ha dovuto assorbire un impatto tariffario da 300 milioni di dollari. «Ci aspettano trimestri difficili», ha detto il fondatore, sottolineando la pressione crescente anche dalle politiche anti-veicoli elettrici di Trump. Preoccupazioni condivise da Ford, la cui direttrice finanziaria Sherry House conferma il pressing su Washington per ottenere “condizioni di parità”. Anche GM, che produce veicoli in Corea del Sud per il mercato nordamericano, guarda con interesse agli accordi commerciali che possono alleggerire i costi.

Ma le strategie non sono univoche. BMW, ad esempio, produce metà delle sue auto vendute negli USA direttamente sul suolo americano, nello stabilimento di Spartanburg. Tuttavia, non essendo conforme all’USMCA, anche la casa tedesca si è trovata a dover affrontare tariffe pesanti. L’ad Oliver Zipse, però, minimizza: «Serve essere integrati a livello locale, questi sono i modelli che sopravviveranno».

Il 60% dei veicoli venduti negli Usa è importato

Ma cis ono altri elementi da tenere presenti. Circa metà dei veicoli venduti negli USA è importata, e anche quelli assemblati localmente dipendono per quasi il 60% da componenti esteri. Il rischio immediato è quello di aumentare i prezzi al consumo. Cox Automotive stima rincari tra il 4 e l’8% entro fine anno. Per ora, i prezzi sono cresciuti “solo” dell’1,2%, ma molte case automobilistiche stanno già operando aumenti mascherati: meno sconti, più spese di finanziamento.

Sebbene il settore auto sia formalmente escluso dai dazi su metalli strategici come acciaio, alluminio e rame, l’80% dei costi aggiuntivi è stato comunque trasferito dai fornitori alle case produttrici. Prima o poi, avverte l’analista Stephanie Brinley di S&P Global Mobility, saranno i consumatori a pagare il conto.

Visualizza commenti (9)
  1. Certo che è a danno dei cittadini US, come i dazi della UE contro la Cina sono altrettando a sfavore dei cittadini europei. Chi trae profitto sono le casse della Fed e della UE compresa la BCE.

      1. No sig, Massimo, gli stati membri trattengono il 25% il resto va nelle casse della UE, va a finire quindi nel bilancio UE.
        Se vuole trova queste informazioni sul sito ww.commission.europa.eu
        I dazi doganali sono definiti risorse proprie tradizionali (RPT) in quanto sono sempre esistiti come fonte diretta di entrate per il bilancio dell’UE, a differenza dell’imposta sul valore aggiunto e dei contributi nazionali, che sono messi a disposizione del bilancio dell’UE dagli Stati membri.
        Riscossione:
        Gli Stati membri sono responsabili della riscossione dei dazi doganali, conformemente alle norme stabilite dal regolamento del Consiglio recante modalità di esecuzione della decisione sulle risorse proprie. Gli Stati membri devono disporre di un’adeguata infrastruttura di controllo per garantire che le loro amministrazioni, in particolare le loro autorità doganali, svolgano i loro compiti in modo adeguato.
        Nel periodo 2021-2027 gli Stati membri tratterranno il 25% dei dazi doganali riscossi. Ciò serve non soltanto a coprire le spese di riscossione, ma anche da incentivo a garantire una riscossione diligente degli importi dovuti.
        Pagamenti
        Le RPT sono messe a disposizione della Commissione mensilmente, due mesi dopo l’accertamento del diritto. Gli Stati membri comunicano alla Commissione l’importo delle RPT da accreditare sul conto mediante un prospetto dettagliato dei diritti. Qualsiasi ritardo nella messa a disposizione delle RPT alla Commissione dà luogo al pagamento di un interesse.
        Controlli
        La Commissione è in contatto con le amministrazioni degli Stati membri al fine di garantire che la riscossione delle RPT sia effettuata conformemente alla normativa doganale dell’UE e che siano rispettate le norme finanziarie stabilite nella decisione sulle risorse proprie (decisione 2020/2053 del Consiglio) e nel regolamento del Consiglio che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie. Inoltre, gli Stati membri sono finanziariamente responsabili di eventuali perdite di RPT dovute a loro possibili errori amministrativi.

  2. Il cappello di formaggio? Se sì inizio anch’io a edulcorare la realtà in cui versa Tesla, esempio non parlanDo delle vendite di Luglio in Europa (Germania esclusa per ora…) che sono un sesto de gruppo VAG!

  3. Tesla si può (auto) difendere (😂) soltanto con sostanziali aggiornamenti dei prodotti e nuovi modelli (Model 2 ? ) … e su tutti i mercati, non solo Europa..
    Difficilissimo credere (neppure da ubriachi ) che il robo-taxi possa risollevare le vendite vista l’ enorme frazionamento legislativo dei mercati e le “guerre” implicite tra i variSW per la guida autonoma & I.A.

    1. Ah beh, grazie tante, con i dazi imposti dalla UE ovvio che i profitti per la BYD siano calati in percentuale rispetto al 2024. Ma Byd nel 2025 sta facendo record assoluti di vendite e nei prossimi mesi ci sarà un vero boom di vendite di auto elettriche Byd nel mondo, e anche in Italia.

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