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Fabbriche cinesi in Europa? Non in Italia…

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Un'immagine della fabbrica di Osnabrueck (foto: Volkswagen Newsroom).

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Fabbriche cinesi in Europa? Non in Italia…Arrivano continuamente notizie di interessamenti per fabbriche in Germania e Spagna, il Bel Paese resta fuori.

Fabbriche cinesi in Europa?
Una della linee di montaggio di Osnabrueck (foto: VW Newsroom).

Fabbriche cinesi in Europa? Si parla di rilevare una fabbrica dismessa da VW

L’ultima notizia, lanciata dalla Reuters, riguarda l’interesse dei costruttori cinesi per una delle fabbriche che il gruppo Volkswagen intende chiudere. E, in particolare, si parla della fabbrica di Osnabrueck, anche se nessuna decisione verrà presa prima che a Berlino si sia formato un nuovo governo (le elezioni sono a fine febbraio).

I vertici cinesi hanno molto apprezzato l’atteggiamento tedesco nella discussione che, a livello UE, ha portato all’imposizione di dazi nei confronti delle elettriche made in Cina. E sarebbero quindi orientati a investire in quello che, peraltro, resta di gran lunga il primo mercato europeo per l’auto. Anche se, a livello di elettrico, il primato nel 2024 è stato conquistato per un’incollatura dal Regno Unito. Al momento la Volkswagen non conferma e non smentisce la possibile vendita di Osnabrueck: “Siamo impegnati a trovare una soluzione che tenga conto degli interessi dell’azienda e dei dipendenti“, si limita a dire un portavoce.

Fabbriche cinesi in EuropaE Leapmotor pensa alla Spagna, per vendicarsi dell’appoggio polacco ai dazi

Ricordiamo che la Germania ospita già diversi altri investimenti extraeuropei nell’automotive, a partire dalla grande fabbrica Tesla nel Brandeburgo. L’altro Paese che continua a fare la parte del leone nel calamitare l’interesse di Pechino è la Spagna.

E forse l’Italia dovrebbe, con umiltà, imparare la lezione e studiare come si muove il governo di Madrid. L’ultima voce parla di una decisione quasi presa da Leapmotor di costruire la sua C10 nella fabbrica di Saragozza del gruppo Stellantis, partner di Leapmotor. Inizialmente la vettura doveva essere assemblata nell’impianto polacco di Tichy, ex Fiat.

Ma i vertici cinesi sono molto irritati per la durezza dimostrata dal governo di Varsavia nell’appoggiare in sede UE la proposta di porre dazi sul made in Cina. E la volontà è di presentare il conto, dirottando un investimento già previsto. Sono partite in cui ragioni politiche e industriali si mischiano. E al momento l’Italia non sembra attrezzata per vincere su nessuno dei due tavoli.

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24 COMMENTI

  1. Hanno fatto un’Europa in cui gli Stati invece di collaborare per il bene comune si fanno una concorrenza spietata e i più forti ne hanno approfittato. E noi così furbi abbiamo svenduto e privatizzato tutte le nostre imprese o per far fare soldi su privati o per interessi di bassa politica. Poi la storia che abbiamo dato la tecnologia ai cattivi cinesi mi fa ridere , abbiamo delocalizzato per fare guadagnare di più i nostri oligarchi-imprenditori e i cinesi avrebbero dovuto chiudere gli occhi e continuare a farci da schiavetti per la nostra felicità e la ricchezza dei soliti oligarchi nostrani.

  2. Ma la questione fabbriche cinesi in Italia non si pone proprio. Abbiamo votato la risoluzione sull’aumento dei dazi proprio come Polonia, Francia e Polonia, ergo uscì la presa di posizione del governo cinese su questi paesi per le aziende cinesi che volevano investire li. NIET. Non vi ricordate la storia di Chery e del ministro Urso? Avete la memoria corta

  3. È curioso pensare che, poco più di dieci anni fa, era comune vedere aziende tecnologiche italiane (o europee) esportare e installare impianti in Cina. Oggi, spesso, accade l’esatto contrario.

    Racconto una storiella che mi è capitata…

    Nel 2012 ho lavorato con un’azienda del Nord Italia, leader nella produzione di motori brushless innovativi. Questa azienda produceva straordinari motori di grandi dimensioni per applicazioni scientifiche di alto livello, che come cliente abbiamo utilizzato in contesti specifici che preferisco non approfondire.

    Durante una conversazione con il CEO, davanti a un caffè, questi mi raccontò che avevano aperto una filiale in Cina per produrre motori per lavatrici, sfruttando costi di produzione significativamente più bassi rispetto all’Italia. In patria, mi disse, erano stati ostacolati in vari modi dalle autorità locali, mentre in Cina il mercato era immenso: la diffusione delle lavatrici era in pieno boom, in un Paese dove gran parte della popolazione ne era ancora priva.

    Il business prosperava, ma a un certo punto un ingegnere cinese che lavorava per loro decise di mettersi in proprio, copiando di fatto i loro motori. Li produceva a costi inferiori, con personale interamente locale, e riuscì a vendere circa 400.000 unità a produttori di lavatrici emergenti.

    Purtroppo, la qualità di quei motori si rivelò scadente. Dopo un po’ iniziarono a guastarsi, causando danni enormi alle aziende che li avevano adottati e portando al fallimento diverse realtà cinesi emergenti. Il problema era chiaro: produrre motori brushless non è banale, e all’epoca quelle aziende non avevano ancora l’esperienza necessaria.

    Ricordo che i miei colleghi italiani, all’epoca, trovarono la vicenda quasi divertente: “Ecco cosa succede a improvvisarsi”, dicevano.

    Ma oggi c’è ancora da ridere? Abbiamo insegnato tecnologia agli altri, e i cinesi hanno imparato non solo ad usarla, ma spesso a migliorarla. Questo, a mio avviso, non è un imbroglio, ma un risultato naturale e legittimo di un’economia globale. Diversi Paesi in Africa o in America Latina hanno invece scelto di restare dipendenti, “mungendo la vacca” senza investire in competenze.

    Possiamo lamentarci? Personalmente, credo di no. È un segnale che chi ha visione e determinazione può crescere e fare la differenza. E forse dovremmo chiederci cosa possiamo imparare da questo.

    • conoscevo la storiella simile, di un periodo storico più antico, per i prodotti giapponesi, quando per le biciclette Shimano si ispirò ai prodotti Campagnolo

      all’inizio i prodotti shimano non erano buoni, ma ogni anno stilavano una lista di decine di difetti riscontrati o punto miglioranili e li eliminavano per l’anno dopo, e nel giro di pochi anni aggiustarono la qualità, e passarono anche a fare innovazione, mentre Campagnolo aveva tempi di reazione più lenti, ricordo che per un bel po’ si era ridotta più o meno a copiare in ritardo le novità di shimano;

      non seguo più (per i miei usi mi faccio bastare le bici usate e non troppo complicate che avevo preso all’epoca), non so come siano messi oggi ma ricordavo questa storia

      • Il Giappone, senza dubbio, è stato un precursore in molti settori tecnologici. Non so quanti anni hai, ma io, da bambino appassionato di tecnologia, ricordo perfettamente l’arrivo delle “Big Four” in Italia: Honda, Kawasaki, Suzuki e Yamaha. Fu la catastrofe per l’industria motociclistica italiana. Marchi come Guzzi e Morini iniziarono a vacillare. Ducati meno, mentre MV Agusta subì un tracollo drammatico, perdendo terreno persino nel MotoGP, un campo che dominavano con orgoglio (solo perché non avevano reali competitori).

        Ma quello che mi lascia davvero a bocca aperta oggi è la velocità con cui la Cina ci ha superato. In appena 10-15 anni, è come se fossimo una bicicletta e loro una Ferrari: ci hanno doppiati senza pietà. Per lavoro ho molti contatti con la Cina. Sebbene personalmente sia stato solo a Hong Kong e abbia trascorso un periodo in Vietnam (che è ancora un po’ indietro), tutti quelli che tornano dalla Cina mi raccontano la stessa cosa: sembra che per noi occidentali sia finita. Il loro livello tecnologico e l’efficienza che mettono in tutto ciò che fanno sono semplicemente sbalorditivi. Ho decine di esempi nel mio settore che dimostrano come siano ormai su un altro pianeta.

        Certo, qualche segnale di fragilità c’è. Ad esempio, la crisi demografica causata dal controllo delle nascite passato sta iniziando a farsi sentire, e il loro sistema universitario è talmente competitivo da risultare quasi inaccessibile per molti. Ma non illudiamoci: ci vorrà molto tempo prima che tutto questo li metta realmente in difficoltà. Nel frattempo, possiamo solo sperare che anche loro, prima o poi, entrino in una sorta di crisi culturale. Chissà, forse è solo questione di tempo.

        • Combinazione di più fattori: possibilità di lavorare a costi bassissimi perché non rispettano qualsivoglia diretto umano e civile (motivo simile per cui molto delocalizzano in est Europa),. Investimenti comunque molto alti su tantissimi settori e sulle università con laureati che ad oggi sono pagati, perlomeno nel netto, più che in Italia. Infine gli abbiamo svenduto gran parte delle nostre tecnologie e know how, a loro ma non solo, molte aziende locali hanno venduto tecnologie anche a turchi e americani. Per esempio nella lavorazione della ceramica e delle piastrelle. Il tutto per arricchire qualche imprenditore con dietro politici compiacenti. Io in un sistema economico e soprattutto sociale come quello cinese non ci vivrei mai, alla fine sono una dittatura ed è inutile girarci attorno, ma anche il nostro sistema ha mostrato una marea di criticità e alla fine si è trasformato in una oligarchia ove Gran parte della popolazione arranca. Magari non come chi vive con meno di un dollaro al giorno, in condizioni igienico sanitarie pessime e senza tanti diritti ma comunque vive molto peggio che in passato perché la classe media sta venendo schiacciata.

  4. non capisco la UE , consorziamoci , uniamo le forze tra gli stati e gli investimenti e risolleviamo tutti i settori in difficolta’ , cosi difficile ?

    • non capisci?
      guarda che la UE ha un governo, un parlamento, una struttura
      che deriva democraticamente dalle elezioni.

      ora, se quando andiamo a votare
      ci poniamo il problema di “questo che voto farà l’interesse del mio territorio”
      ecco, l’UE finisce lì.

      l’idea che insieme sul medio periodo si progredisce
      fa a pugni con gli appetiti del breve periodo.
      e si fa la frittata.

      poi sono venuti i sovranisti: perfetto, come mettere un mega magnete sull’iceberg del Titanic

    • è difficile in quanto si vuole dimenticare che in ue ogni stato è un mondo a sé, con differenze linguistiche, culturali ed economiche abissali tra uno e l’altro.
      pensare (es.) che quello che va bene per i paesi nordici vada bene per quelli meridionali o orientali o viceversa è stupido.
      un’economia lasciata trainare da un paio di paesi è cosa stupida.

      la cina andrà dove è facilitata in ogni modo, dove ci sono meno vincoli: la stessa notizia dell’interesse a un stabilimento vw è un “potrebbe, forse, chissà, vedremo”.
      in teteschia non sono come in spagna, e il fatto che pensino a quest’ultima perché la polacchia li ha fatti arrabbiare la dice lunga su chi si sta elogiando..

      domanda: ma se il mercato a cui tutti puntano (europee comprese) è quello asiatico coi suoi oltre 2 miliardi di popolazione, perché questa fregola cinese di venire in europa che ne fa forse un quinto?

      • Cristiano

        IMHO la Cina è interessata ad occupare fabbriche europee così si insedia nel nostro continente e ne può condizionare le scelte politiche (pensa agli ultimi 70 anni di rapporti tra FIAT ed i governi italiani..); nel breve può persino guadagnare a margini molto più elevati visto il nostro livello medio di prezzi auto (a maggior ragione se la Commissione europea impone non tasse ma un “listino di vendita simile alle auto europee”, facendo pure guadagnare di più la nostra concorrenza)…
        Purtroppo se non sono le nostre case automobilistiche ad accordarsi e fare una mega-fusione… non ci saranno migliori prospettive nel futuro.

        • certamente, ed è quello che ho scritto inerente a chi fa ponti d’oro allo straniero..
          ricordo perfettamente la vicenda silk-faw, che tra regione e comune avevano stanziato soldi i primi e predisposto per le infrastrutture i secondi senza che ci fosse ancora niente, solo un “daremo lavoro”..

          l’esatto contrario che avviene a chi (autoctono) si compra un terreno, ci costruisce uno stabilimento e avvia una produzione (qualsiasi cosa) dando effettivamente lavoro: costui dovrà pagare di tutto e di più.
          per me c’è qualcosa di sbagliato in tutto ciò..

          PS: gli agnelli (umberto e gianni) erano senatori, gli intrallazzi la normalità. mai nessuno ha parlato di conflitto d’interesse come per un berlusconi qualsiasi.. 😎

      • Semplice: per evitare i dazi presenti e futuri, esattamente come fece Tesla anni fa con l’impianto di Tilburg, NL.

        Quella fabbrica li aggirava importando parti preassemblate al limite massimo senza incorrere nella legislazione europea che imponeva già allora forti tasse di importazione sui veicoli importati pronti per la vendita.

        • ok per i dazi ecc, ma la mia domanda è un’altra:
          con un mercato interno che nel 2024 ha assorbito quasi 10 milioni di auto bev+phev (il doppio del restante pianeta) e “dovrebbe” essere in espansione, qual’è la ratio di investire in un mercato stagnante come quello europeo dove, senza incentivi (vedi germania), la domanda cala e le vendite totali 2024 assommano a un decimo?
          qualsiasi imprenditore di fronte alla scelta tra mercato saturo/piccolo e “vuoto/libero” sceglie quest’ultimo, non si incaponisce per vendere molto meno.
          per me, ovviamente..

          • Non sono un economista ma in EU vivono quasi 500 milioni di persone con GDP tra i più alti del mondo, e le politiche EU potrebbero garantire un mercato immenso e duraturo per le auto elettriche.

            Le aziende cinesi sono tante e saranno ancora di più in futuro: coprire mercati alternativi, soprattutto visto che gli USA stanno attraversando un periodo di grande incertezza, potrebbe garantire introiti immensi. Con lo stesso ragionamento nemmeno Tesla avrebbe beneficiato dall’apertura di tanti impianti in Europa (Olanda, Germania, etc.) invece lo ha fatto prima possibile.

            Infine c’è la possibilità di acquisire ulteriore know-how da trasferire in patria da ingegneri e manodopera europea.

          • Cristiano
            La Cina non è interessata tanto al guadagno sull attuale mercato europeo…
            interessa il controllo..

            E le NEV sono un “TolTok” con le ruote (sia ICE che BEV) perché connesse.

    • un passo sarebbe cancellare il diritto di veto a singolo paese nelle decisioni, che diventa arma di ricatto, contrasti, lentezze; penso neanche un condominio potrebbe funzionare in questo modo

      e per paradosso cancellare questo dicono (?) che non è facile, che faranno prima ad affincare alle istituzioni esistenti altre istituzioni di paesi europei (fossero anche un sotto gruppo delle EU a libera adesione) con nuove regole meno bloccanti

      • L’ UE andrebbe rifondata, al momento ha troppe idiosincrasie. Da un lato influenza la vita dei cittadini ogni giorno dall’ altro ha pochi poteri e perlopiù li esplica in ambito monetario e per mezzo di politiche di austerity. Da un lato richiede certi standard dall’ altro ha fatto comunque entrare tutta una serie di paesi dell’ est ove le aziende hanno delocalizzato e hanno standard di diritti civili e dei lavoratori molto inferiori per cui costano meno. Poi abbiamo perfino una marea di paradisi fiscali all’ interno. In breve c’è una grave concorrenza sleale interna. Per come è strutturata al momento potrebbero pure chiuderla e poi servirebbe una nuova confederazione ispirata a principi di solidarietà e collaborazione con una reale integrazione delle economie a più livelli a partire dalle Università arrivando alle aziende. Quello che c’è ora non funziona e anche toglierr il diritto di veto non basterebbe, resterebbe sempre una unione monca e non come usa o svizzera. Ah e poi magari evitare guerrafondai, gente che si fa pagare da sceicchi o da magnati degli idrocarburi ed incompetenti.

  5. Al di là di chi è al governo in questo momento (non è che dal 1980 in poi possiamo dire di avere avuto chissà quali governi…), il problema dell’Italia è la mancanza di visione e di programmazione, la burocrazia soffocante, l’incertezza normativa, l’endemicità di una mentalità scarsamente produttiva e infrastrutture disomogenee (potrei avere energia a sufficienza ma non una strada o viceversa).
    Ci vuole del coraggio a partire oggi in Italia con qualcosa di nuovo che richieda un investimento così grosso e dal break even alquanto incerto: siamo ben poco appetibili per gli investitori internazionali. Si aggiunga che il quadro politico è incerto, abbiamo visto il M5S nascere dal nulla, crescere e morire in un arco temporale veramente ridotto. L’alternanza destra/sinistra si fonda sulla memoria a breve termine degli elettori, ogni opposizione contesta al governo in carica quello che lei ha fatto o non ha fatto in egual maniera in precedenza, spesso è surreale la capacità di negare il recentissimo passato.

    La Cina sta investendo in quei paesi in cui può trovare accoglienza e lo sta già facendo con la sua consueta lungimiranza, per esempio… in India, anche Tata ci farà a pezzettini, non bastano i Cinesi, poi arriveranno anche gli Indiani e si prenderanno insieme alla Cina l’Africa, che salterà la motorizzazione ICE per approdare direttamente a quella elettrica, di nicchia quanto volete ma l’Africa è pur sempre popolosa. Non si venga a raccontare che gli venderemo i nostri veicoli usati, il problema sono i carburanti, non come quantità di petrolio estratta, ma di raffinazione, siamo oltre la capacità mondiale.
    E, come dico sempre, non si ravvisi un’ammirazione o una simpatia per la Cina (che è e rimane un paese antidemocratico con pochi diritti civili ed enormi sperequazioni) ma la triste constatazione (dovuta alla comparazione dei risultati e dei trend) di un dato di fatto,

    • ” la burocrazia soffocante, ”
      ____________________
      Concordo su tutto ma riguardo la burocrazia, per il mio lavoro in aziende minimamente strutturate vedo un tale livello di “burocrazia privata” da far impallidere i peggiori burocrati.
      Dai diciamo che appena appena un po’ esagero ma, veramente, i nostri imprenditori ed i loro tirapiedi hanno poco da lamentarsi.

      • È vero , spesso incolpano la burocrazia che esiste ma tante volte sono semplicemente incompetenti o inefficiente. Con tanti imprenditori circondati da leccapiedi che nulla sanno fare e l’imprenditore stesso che spesso beh non sa fare impresa e arranca da un contributo statale ad una scappatoia legale che gli permetta di pagare sempre meno i lavoratori o di pagare una miseria in caso di evasione o elusione fiscale . Gran parte delle nostre industrie sono in crisi dagli anni 90 c’è poco da dire.

  6. ENI & ENEL che costruiscono impianti F.E.R. all’estero e non a (auto)sufficienza in Italia portano poi al risultato di rendere sempre meno competitivo l’intero settore industriale , specialmente quello Hard To Abate , tra cui l’automotive e l’autotrasporto merci/persone)
    L’atteggiamento prima servile con Stellantis (cercando di soddisfare l’ambizione di esser l’unico costruttore in Italia e fornire aiuti a gigafactory poi non realizzate) e quindi poco convincente nelle trattative coi cinesi (han memoria lunga… e molta più “visione” dei nostri..) porteranno ad una progressiva regressione del settore in Italia.
    Le prossime produzioni Stellantis riguardano principalmente auto di segmento superiore per le quali ci son poche speranze di grandi volumi (da aspettarsi in calo dopo i primi due anni dalla presentazione), mentre sul mercato progressivamente saranno sempre più presenti i marchi concorrenti, con la partenza dei nuovi stabilimenti in Europa est/penisola iberica e delle sempre più strutturate reti di vendita ed assistenza dei marchi orientali.

    finirà come con la telefonia, gli elettrodomestici e le tv led.. ci abitueremo ai marchi asiatici (anche perché ben difficilmente avremo redditi -o pensioni- sufficienti a comprare i “nostri” prodotti made in Italy).

    • Se continua così però andremo tutti gambe all’aria , roba che perfino gran parte dei prodotti asiatici non potremmo permetterci. Perché se chiudi tutto beh non c’è lavoro e quindi denaro. l’Europa deve tornare competitiva e non può farlo in stile est Europa togliendo gran parte dei diritti. E anche il sistema spagnolo è rischioso, al momento non hanno un tessuto scolastico e universitario nemmeno a livello di quello italiano, quindi puntano molto su un livello medio con la progettazione fatta da altri. Noi dobbiamo integrare tutto dallo studio alla produzione.

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