Il gruppo Eni, attraverso la controllata norvegese Vargronn ha vinto la gara per il più grande impianto eolico galleggiante al mondo. Si tratta di un impianto off shore da 650 megawatt, nel mare del Nord, che verrà incentivato con il piano di sviluppo delle rinnovabili del Regno Unito
Siccome in Italia, le autorizzazioni sono ancora in alto mare – è proprio il caso di dirlo – il gruppo Eni si è rivolto altrove. Attraverso la controllata Vargronn (di cui possiede il 65%) e insieme al partner Flotation Energy, ha vinto una gara nel Regno Unito.
Eni si è aggiudicata il progetto eolico offshore galleggiante GreenVolt, nel Mare del Nord. GreenVolt con i suoi 560MW e diventerà così il più grande parco eolico offshore galleggiante al mondo, che sarà supportato da un piano di incentivi governativi.
Per la precisione, Eni partecipa al progetto attraverso Plenitude, la sua controllata che si occupa di energie rinnovabili. In sostanza, il braccio operativo per la transizione energetica. E in cui la società leader in Italia degli idrocarburi ha inserito anche tutte le attività di vendita di gas ed elettricità.
Eni ha progetti di eolico off shore galleggiante anche in Italia
Il progetto nel mare del Nord è il primo passo “significativo” di Eni verso la transizione, visto che l’eolico “galleggiante” viene considerata la tecnologia del futuro per le rinnovabili.
Al momento, nel portafoglio di Plenitude ci sono centrali fotovoltaiche – per lo più al servizio degli impianti di estrazione – e qualche investimento tra Europa e Stati Uniti nell’eolico.
Sul fatturato totale di Plenitude, le rinnovabili pesano ancora poco (per un totale di 3 gigawatt). I progetti futuri sono più ambiziosi: arrivare a 7 GW di potenza installata al 2026 e oltre 15 GW al 2030.
Ma il progetto nel Mare del Nord è significativo perché va a incrociare una tecnologia – l’eolico galleggiante – destinata ad avere un grande impatto dimensionale. A partire dalla potenza installata nonché al numero di famiglie servite.
Con la speranza che Eni diventi protagonista anche nei progetti di sviluppo al largo delle coste italiane. Governo e resistenze locali permettendo, la società ha già presentato la documentazione (e in un caso ottenuto un prima via libera) sia nel Tirreno sia nell’Adriatico.
I progetti ci sono, vediamo quando tempo servirà per renderli operativi. Anche perché in altre parti d’Europa e del mondo – come si vede – corrono velocemente.
In Italia c’è ostruzionismo per le rinnovabili, vedi la Sardegna, che poi Eni apra un parco eolico, mentre a noi in Italia ci rifila gas e petrolio, mi fa proprio ridere.
E te pareva ha VINTO NEL MARE DEL NORD.
Ma in Italia abbiamo la rogna? Si può avere energia a basso costo o c’è una maledizione?
Cioè ENI vince l’eolico off-shore nel mare del nord da noi invece continuiamo con le turbine a gas.
Che bella cosa.
Quest’ inverno…coi prezzi in salita di gas e carburanti… l’ eolico c’è lo avremo tutti…un Gran girar di…. Pale !
Primi all’estero, combattuti in patria. Che tragedia.
== Allocation Round 6 (AR6) in Inghilterra
In Inghilterra hanno appena fatto la 6a “asta” (AR6) di contratti per fonti rinnovabili
utility, cioè grossi parchi (ne fanno 1 o 2 all’anno, la 5a è stata settembre dell’anno scorso)
investitori privati prima di realizzare le installazioni (ma già sapendo quanto potrebbero scendere con il prezzo di vendita del kwh dei loro progetti), si mettono in concorrenza tra loro in un asta pubblica al ribasso sul prezzo del kwh, per aggiudicarsi lotti di contratti di aquisto ventennali della loro elettricità prodotta, al prezzo finale dell’asta
== quantitativi
nell’asta AR6 hanno assegnato 9,6 GW:
>> 4,9 GW eolico marino (off-shore) su piloni fissi (fixed)
>> 0,5 GW eolico marino (off-shore) su piattaforme galleggianti (floating)
>> il resto dei GW penso siano parchi eolici su terra e parchi fotovoltaici
== wind off-shore fixed
eolico off-shore su piloni fissi ( appoggiati sul fondale, con la limitazione che il fondale non deve essere più profondo di 60 metri) è un sistema già molto rodato, che ricicla in parte la stessa filera industriale delle piattaforme petrolifere, con decine di GW già installati e in installazioni nel mare del Nord, dove vogliono arrivare a 200-300 GW di eolico marino
== wind off-shore floating
mentre l’eolico off-shore floating, che permette di posizionarsi anche in aree di mare ventose e con fondali profondi, è nuovo; è da circa il 2018 si sono testati dei progetti pilota (es, solo 1 o 3 turbine con relative zattere galleggianti) al largo di Scozia e Portogallo (ne avevano parlato in una puntata di presa-diretta)
questo progetto citato nell’articolo, e un altro assegnato un mese fa in una asta Francese, credo siano i primi “grandi” parchi galleggianti deliberati ( e ora da costruire)
== ITALIA ci sarà anche lei
tempo sei mesi e credo faranno anche le aste in italia (ma prima devono finire l’iter autorizzativo almeno alcuni investitori, è condizione necessaria per partecipare all’asta);
tra i progetti italiani di eolico marino, ce ne sono mi pare 21 che dicono essere in stato abbastanza avanzato di iter autorizzativo, per un totale di circa 23 GW, e sono quasi tutti eolico marino floating
== TAGLIE FORTI
cioè la taglia media dei progetti dei parchi marini galleggia italiani in valutazione è 1 GW (il doppio del parco citato sopra nell’articolo);
in un parco posto 60 km a ovest di Marsala (Sicilia) mi pare si arriva a 3 GW
Eni è subentrato come investitore mi pare in almeno 4-5 progetti italiani, ma tra gli investitori e realizzatori dei vari progetti ci sono anche tante altre aziende estere (Spagna, Olanda, Danimarca, Noevegia, etc)
== CAPEX e OPEX
costo fisso di investimento (capex) per un parco galleggiante è ancora altino, circa 2,8-3 miliardi per 1 GW, prezzi riferiti ai progetti presentati al Mase nel 2022; oggi che questa tecnologia va definendosi penso sia già sceso; le previsioni sono di una rapida discesa di costo
il costo OPEX (manutenzione e funzionamento) è quasi trascurabile; se ricordo giusto da un report, su 30 anni (o 25 a seconda dei progetti) di attività vale circa il 10% del capex, comprese alcune eventuali riparazioni
lo smantellamento finale (da cui si recuperano molti materiali di valore) è compreso nel CAPEX, e le piattoforme galleggianti dovrebbero durare almeno 50-60 anni e essere riusate con nuove turbine
== ultime modifiche
>> stanno finendo di definire gli ancoraggi sul fondale; stanno disegnando degli ancoraggi ai fondali che non si muovano, fatti da agganci ben conficcati nel fondale, invece che semplici ancore
perchè le ancore muovendosi durante le tempeste tendono ad arare leggermente il terreno, anche se magari di poco, ed è considerato un impatto ambientale per la flora del fondale (anche se stiamo spaccando il c..apello ai passeri) se possibile evitabile; mentre il fatto che l’area diventa interdetta alla pesca, è visto posivamente, diventa un’area di ripopolamento ittico
>> c’è da decidere quali porti italiani del centro-sud attrezzare, vanno creati moli ed aree abbastanza grandi per movimentare e assemblare i componenti
Speriamo che in Sardegna ENI/SNAM facciano l’ oleodotto predisponendo anche magari un elettrodotto (TERNA…ci stai?) così quando anche da noi ci renderemo (tardivamente) conto che bisogna puntare molto anche su eolico off-shore…saremo pronti più velocemente e con minor investimento…
In Italia siamo in ritardo su tutto… Le “dorsali energetiche” vanno completate…e devono essere ridondanti (per sicurezza)..in modo da non lasciare nessuna regione Senza energia sufficiente..anche in quelle dove è più difficile installare grandi impianti produzione F.E.R
Se non sorgono intoppi, dovrebbe essere pronto per fine 2025. E già i comitati no-tutto lo descrivono come il mezzo che permetterà l’assalto eolico della Sardegna 🙁
Se fermasse la “talpa degli idrocarburi”….