Ci eravamo chiesti all’inizio se fosse possibile immaginare un’Italia alimentata da energia proveniente solo da fonti rinnovabili. Nella seconda parte dell’articolo avevamo illustrato vari scenari del sistema energetico nazionale nell’ipotesi di una totale elettrificazione dei consumi finali, affrontando il problema della continuità della fornitura nel caso di produzione di energia elettrica interamente da rinnovabili. Ma ancora non avevamo trovato la quadra per coprire la variabilità giorno-notte e quella stagionale.
Nemmeno con l’uso di batterie, il sovradimensionamento del 50% della produzione (arrivando a 1050 TWh di produzione annua totale) e accumuli stagionali basandosi su un sistema P2G2P (Power To Gas To Power) per stoccare sotto forma di metano di sintesi l’eccesso di produzione estiva.
Dato importante da sottolineare è che gli autori dello studio su cui ci siamo basati (“Verso un sistema energetico italiano basato sulle fonti rinnovabili “realizzato dal CNR e Aspo) ipotizzano che tutta la produzione aggiuntiva derivi per il 75% da FV e il 25% da eolico, ricalcando il mix che si sta delineando oggi.
E che, per essere molto cautelativi, non si sono ipotizzati incrementi di geotermico e idroelettrico rispetto ad oggi, in realtà possibili ed auspicabili essendo modalità di produzione di energia elettrica più costanti e in parte regolabili.
Così alla fine della seconda parte avevamo un po’ sadicamente lasciato in sospeso la risposta alla domanda: ce la faremo con questo sistema, a coprire la domanda in tutte le ore dell’anno, cioè a rispondere positivamente alla domanda del titolo?
No, non ci siamo ancora!
Le simulazioni sullo scenario appena descritto mostrano che non ci siamo ancora. In totale mancherebbe ancora una produzione dell’8%, concentrata nei periodi di magra della produzione FER, cioè nelle settimane invernali. Per capire vediamo per primo il grafico seguente che mostra il bilancio energetico totale:
-La prima colonna mostra il fabbisogno totale per tipologia d’uso (si noti la grande quota destinata al riscalamento in sostituzione del metano).
-Nella seconda colonna vediamo la capacità produttiva ipotizzata, ovviamente tutta FER, ben 1050 TWh.
-La terza colonna mostra la produzione che si riuscirebbe ad assorbire, e si vede come ben 169 TWh che le FER potrebbero fornire nei momenti di massima produttività devono essere scartati perché non assorbibili da nessuna utenza, compreso la produzione di idrogeno.
-La quarta colonna ci dice dove finisce l’energia: la quota in giallo con bordo blu rappresenta tutta la produzione FER che si riesce ad utilizzare direttamente, cioè assorbita dalla rete, in rosa la quota utilizzata per la ricarica delle batterie del ciclo giorno-notte (P2B) e in arancione l’energia utilizzata per produrre il metano via idrogeno (P2G)
-L’ultima colonna ci mostra la copertura effettiva dell’utenza, alla quale dei totali non interessa nulla ma vuole la potenza che serve instante per istante in ognuna delle 8760 ore dell’anno, con tutti i picchi che ne caratterizzano gli andamenti orari che abbiamo visto nelle puntate precedenti.
Come si vede, le centrali a turbogas a ciclo combinato fornirebbero (peraltro lavorando per poco tempo all’anno) 142 TWh sfruttando i 277 TWh di metano accumulato, data un’efficienza di circa il 50%.
Mancano ancora 55 TWh per i picchi
E infine, purtroppo, spicca in nero la quota dell’ammanco di 55 TWh. Sembra poca roba, qualcuno potrebbe dire: va bene, per quei pochi mesi usiamo ancora le centrali a gas fossile, non facciamo i talebani del green. Giusto, ma stiamo parlando di 55 TWh, che sono circa un terzo dell’attuale produzione da termoelettrico a gas! Detta così, sembra che siamo ancora quasi al punto di partenza…
Per capire meglio il concetto, guardiamo il grafico orario del mese di gennaio. Si tratta del profilo medio, quindi le singole giornate effettive avranno dinamiche specifiche.
Si vede chiaramente come nonostante le centrali a gas (fascia rossa) spingano a piena potenza sfruttando il metano accumulato nel periodo estivo, la maggior parte delle ore del giorno, a parte quelle centrali della giornata, sono in grave sofferenza (fascia in nero).
E non di poco, perché la potenza mancante raggiunge picchi di 60 GW. Per completare il quadro non esaltante, abbiamo uno scarto significavo di energia da fotovoltaico generata nelle ore centrali della giornata, vale a dire un potenziale produttivo che non viene utilizzato.
In conclusione, considerato che abbiamo ipotizzato una produzione FER di ben 1050 TWh (già uno sproposito) e l’implementazione di un poderoso sistema P2G2P con accumuli di 30 TWh, a questo punto sembrerebbe che la domanda che dà il titolo a questo articolo sia destinata ad una mesta risposta negativa: no, non è possibile un mondo di sole fonti rinnovabili.
Allora hanno ragione quelli che dicono che almeno
un po’ di nucleare (considerato green seppur con molti mal di pancia) è veramente necessario? O addirittura quelli che non perdono occasione per denunciare che questa cosa della transizione energetica è tutta una bufala? Abbiamo forse scordato una qualche possibile soluzione portentosa?
Niente soluzioni magiche, però…
No, soluzioni geniali in grado di risolvere con disinvoltura il problema non se ne vedono all’orizzonte oggi come oggi. Per quanto riguarda gli accumuli, detto di quelli a batteria e di quelli, ben più consistenti, a metano, forse gli unici altri tipi che potrebbero dare un contributo alla causa sono gli accumulatori termici (tipo sali o sabbia fusa, a transizione di fase ma anche ad acqua a bassa temperatura per il tele-riscaldamento), detti P2H (Power-to-Heat) effettivamente oggi un po’ snobbati perché poco “mediatici” rispetto alle batterie o all’idrogeno.
Tuttavia, bisognerebbe approfondire il contributo potenziale che questo tipo di accumuli potrebbero fornire alla causa dell’accumulo stagionale (di questo stiamo parlando),
che significa riuscire a trattenere sufficientemente il calore per almeno diverse settimane.
Inoltre, sarebbe da valutare le potenzialità di ampliamento del geotermico e dell’idroelettrico, fonti più costanti in grado di
fornire un base-load che mitigherebbe la variabilità di un sistema basato quasi totalmente su FV ed eolico, che in questo articolo, come già detto, non è stato volutamente considerato.
Primo: abbassare i consumi si può
Se dunque sovradimensionare la produzione e ipotizzare uno stoccaggio di 30 TWh (comunque realistico) non è sufficiente per coprire tutte le ore nei mesi più freddi, la soluzione richiede di fare un passo indietro e progettare la transizione energetica agendo anche sul lato della domanda e non solo su quello della
generazione.
In altre parole, sarà necessario individuare strategie di gestione del sistema che si concentrino sul lato del consumo dell’energia, sia come necessità totale sia come profilo temporale orario.
Gli autori dello studio, a questo punto, considerano una riduzione drastica della domanda. In pratica ipotizzano il suo dimezzamento e rifanno i conti. Lo avevamo già scritto nella prima parte dell’articolo, quando avevamo “spoilerato” che, se si vuole realmente pensare ad una elettrificazione tutta FER, sotto queste ipotesi, bisogna ridurre i consumi finali del 50%.
Meno energia, senza decrescita infelice
A tal proposito avevamo distinto tra misure di efficienza, che garantiscono lo stesso livello di servizi con minore spesa energetica e misure di risparmio, che riducono i consumi tagliando gli sprechi e le bizzarrie del consumismo energetico.
Non si parla di riduzione dello stile di vita o di decrescita “infelice”. Ma di continuare, anzi, accelerare il progresso, da un lato con l‘introduzione di tutte le tecnologie di efficientamento (cosa peraltro già in corso da decenni) e dall’altro modifiche delle piccole ma diffuse cattive abitudini che ridurrebbero il fabbisogno di energia primaria.
Se tutto ciò determinasse una riduzione di fabbisogno anche solo di qualche punto percentuale all’anno, considerato che tutto quello che stiamo raccontando è una storia che si dipanerà in qualche decennio, non certo dall’oggi al domani, a meno di non
assistere ad una esplosione di richiesta di energia per motivi al momento non prevedibili (escluderei in Italia quelli demografici), il traguardo del dimezzamento del fabbisogno energetico in un tale lasso di tempo potrebbe davvero non essere un obiettivo così irrealistico come potrebbe sembrare a prima vista.
Le statistiche ci confortano, evidenziando la continua diminuzione dell’intensità energetica, cioè dell’energia consumata diviso PIL. Poi, a livello mondiale, dipenderà dalla crescita demografica dei vari paesi e da mille altri fattori. Ma questi sono scenari globali difficili da prevedere.
Secondo: inseguire la produzione
Detto della necessità di ridurre il fabbisogno complessivo di energia, il secondo intervento è quello di introdurre strategie di demand response (DR). Cioè quell’insieme di strategie e programmi per permetteranno di gestire la domanda di energia elettrica da parte degli utenti in modo flessibile e dinamico.
Invece di agire solo sull’ offerta (come avviene con il curtailment, ovvero il “taglio” della produzione in eccesso) il demand response interviene sul lato domanda per raccordarla il più possibile al profilo della produzione. Praticamente il contrario di quello che avviene oggi).
Ad esempio, durante periodi critici il gestore della rete “comunica” ai consumatori di ridurre il consumo di energia agendo sulla leva economica. Il tutto ovviamente potrà avvenire in modo del tutto automatico, con i devices che si parleranno tra loro direttamente rendendo il processo immediato e trasparente per l’utente.
Tra le varie possibilità in tal senso, abbiamo anche il cosiddetto V2G (Vehicle to Grid), ovvero la possibilità di cedere parte dell’energia accumulata nella batteria delle auto elettriche nelle ore di massima richiesta e ricaricare nelle ore di massima disponibilità (con un vantaggio economico per il proprietario).
Tutte queste funzionalità sono quelle che caratterizzeranno la cosiddetta rete “intelligente” (ovvero la tanto citata smart grid).
Finalmente adesso ci siamo
Vediamo dunque cosa dice l’ultima simulazione, dove è stato inserito il dimezzamento del fabbisogno annuo da 700 TWh a 350 TWh. Mantenendo invece invariato il sovradimensionamento della capacità di produzione 50% (quindi 525 TWh), gli accumuli stagionali di metano per 30 GWh, le 6 ore delle batterie giorno-notte e un certo livello di “modulazione” dei consumi grazie alla smart grid (peraltro non precisato nel dettaglio).
La tabella seguente fornisce il quadro complessivo (non è mostrato il contributo attuale dell’idroelettrico e geotermico di circa 50 TWh considerato invariato).
I risultati della simulazione, in questo nuovo scenario, sono mostrati nel grafico seguente. Come si può osservare, le zone nere sono sparite a livello settimanale, e lo spreco di rinnovabile è fortemente ridotto.
Anche il mese di gennaio (grafico seguente) non presenta più ammanchi in nessuna ora del giorno.
Per completezza vediamo come cambia il bilancio energetico: si noti che non c’è più l’ammanco di 55 TWh (rettangolino nero) in nero. Dunque, sotto le ultime ipotesi descritte, il sistema basato su energia esclusivamente da rinnovabili sembra funzionare.
Energia solo da rinnovabili: conclusioni
Al termine dell’analisi dell’interessantissimo documento sul quale abbiamo basato questo articolo propongo alcune mie osservazioni.
La prima è che mancano valutazioni di tipo economico del sistema P2G2P proposto, ma questo non era nell’intenzione degli autori che si sono concentrati sull’analisi energetica, proponendo ipotesi di soluzione al problema dell’intermittenza della produzione FER basate su tecnologie effettivamente già disponibili.
La seconda è un certo scetticismo circa l’effettiva possibilità di dimezzare i consumi, anche se nel lungo periodo. Questa osservazione potrebbe però essere controbilanciata dal fatto di non avere incluso per prudenza i potenziali incrementi di altre FER (oltre FV ed eolico), in primis idroelettrico e geotermico. Il loro contributo sarebbe prezioso per mitigare il problema dell’intermittenza causato principalmente dall’utilizzo prevalente di FV.
Inoltre, come già si diceva, possiamo ipotizzare una certa diffusione degli accumuli termici che potrebbero dare il loro contributo, sia per l’intermittenza breve che quella di lungo
periodo a seconda della tecnologia adottata.
La terza considerazione è che questo studio mi ha ulteriormente convinto che il problema dello stoccaggio dell’energia diventerà a breve la questione principale della transizione energetica, in particolare per quei paesi come l’Italia che si sono indirizzati in maggior misura sul fotovoltaico rispetto ad altre fonti. Credo che questo argomento andrebbe maggiormente messo al centro del dibattito della transizione energetica nel nostro paese.
Oggi, quando si accenna al problema dell’intermittenza delle FER, spesso il confronto viene subito schiacciato tra nuclearisti e antinuclearisti. Al limite si parla dell’idrogeno spesso però come opzione salvifica a 360 gradi, senza un preciso disegno strategico e senza contestualizzarlo in modo realistico in un sistema finalizzato allo stoccaggio di energia, come quello descritto in questo articolo.
Ancora in tempo per investire bene
Eppure siamo ancora in tempo per indirizzare gli investimenti nella giusta direzione. Penso che molti italiani si sorprenderebbero nel sapere che già oggi, nei mesi più caldi, abbiamo una produzione di energia rinnovabile superiore all’80% del fabbisogno nazionale per diverse ore e per diversi giorni dell’anno.
Per la cronaca, il picco assoluto è stato registrato il 22 giugno 2024, dalle ore 13 alle 14, con 33,2 GW di potenza FER immessa in rete, pari all’ 83% del totale. Stiamo rapidamente andando a sbattere contro il paradosso di dover sprecare energia da rinnovabili non sapendo dove metterla.
Il fenomeno si sta già verificando peraltro in vari paesi europei,
costretti ad introdurre tariffe negative per gestire il problema, come in Germania, dove nel maggio 2024 si sono registrati otto giorni consecutivi di eccesso di capacità produttiva, costati allo stato circa un miliardo di euro in rimborsi ai produttori incentivati.
Eppure in Italia non mancherebbero opzioni strategiche per trasformare questo, come altri problemi legati alla transizione energetica, in grandi opportunità per il futuro. Ad esempio, come fanno notare gli stessi autori dello studio, una maggiore presenza di eolico ridurrebbe la necessità di stoccaggio livellando maggiormente la produzione FER. In tal senso potremmo puntare su un vero e proprio “change maker”: l’eolico off-shore galleggiante. Una tecnologia attualmente in fase di maturazione per la quale il nostro paese avrebbe il know-how e le risorse per diventare leader a livello mondiale.
Speriamo che chi deve capire capisca, magari lasciando perdere grandi progetti di retroguardia.
(3-fine)
L’elefante estivo sarebbe bello grosso, abbastanza da abbassare il CF delle centrali a livelli tali da renderle antieconomiche.
già ora le centrali francesi hanno un fattore di utilizzo, capacity factor, CF non superiore 70% (dati nei report EDF, ma ricavabile anche su energy-charts)
man mano che nelle reti aumentano le rinnovabili, con offerta di energia a costi totali molto bassi e costo marginale quasi zero, e aumento della disponibilità tramite gli accumuli, il CF delle centrali nucleari e delle centrali termiche è previsto scendere a 20% ( spiegazione vista su Rethinkx, su come viene sottostimato il costo futuro delle energie non rinnovabili non correggendo il CF)
in pratica verranno chiuse molto prima, già solo per i costi di gestione ordinaria, appena ci sarà abbastanza riserva di potenza installata tra rinnovabili e e accumuli per sostitirle, anzi sta gia accedendo
sono calcoli economici che Spagna e Germania hanno gia fatto; anche Inghilterra, ma loro qualche impianto lo terranno perchè hanno anche la filera bellica
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PS: una simulazione 100% rinnovabile per l’Italia più recente (2023) la hanno fatta nello studio di “Ecco” (ma ce ne sono anche altre)
conteggiando correttamente il peso dei riscaldamenti invernali (consumi di energia molto inferiori con le pompe di calore rispetto alle caldaie), prevede un carico medio invernale di circa 75-80 GW (invece dei 115 GW della prima versione della simulazione di Aspo), mentre il carico estivo sarebbe simile a quello previsto da Aspo; in pratica è molto più facile da alimentare
PDF studio Ecco scaricabile da qui
https://eccoclimate.org/it/scenario-di-decarbonizzazione-del-sistema-elettrico-italiano-entro-il-2035/
=== ottimo per didattica, ma non realistiche le conclusioni ==
lo studio Aspo sembrava fatto per esasperare i parametri di scenari simili a RSE 2050 e discuterne vari aspetti, in ottica didattica, però in questa prima versione ha assunzioni irrealistiche, che falsano (molto) i risultati in modo pessimistico
già un una delle versioni con aggiustamenti dei parametri ri-proposta da Ing. Marco Giusti (sempre di Aspo), alimenta consumi annui per mi pare 550-600 TWh annui, 450-500 TWh usabili, più altri 100 TWh lordi ( 20 TWh netti) destinati ai sistemi di accumulo
molto meglio che “spaventarsi” con lo scenario Aspo che invece chiede di efficentare del 50% tutti i consumi per poter scendere a 350 TWh annui
=== curva dei consumi terroristica ==
un errore di impostazione concettuale vistoso dello studio è già nella curva dei consumi, quella bordata in nero nei grafici della figura mostrata qui sopra, la figura successiva a quella con la tabella; cioè in questa figura:
https://www.vaielettrico.it/wp-content/uploads/2024/09/Immagine-2024-09-22-083318.jpg.webp
nel grafico a dx nellimmagine, quello indicato dalla freccia verde,
la curva dei consumi è quella parametrata ai 700 TWh di consumi annui di energia finale attuali; non è piatta, perchè ha una potenza di ben 115 GW medi a gennaio, e “soli “65 GW in estate; i +50 GW di potenza aggiuntiva in pieno inverno sono l’energia dei riscaldamenti (in termini di energia, su base annua i riscaldamenti pesano 135 TWh)
ma questa quota riscaldamenti è stata messa nella curva dei consumi “elettrici” poi da coprire con le rinnovabili, senza considerare la conversione con le pompe di calore:
– se ho case che convertono il riscaldamento da metano a elettrico, useranno un sistema a pompa di calore, che riduce di almeno 3 volte il consumo di energia;
i 135 TWh annui di metano, diventano 45 TWh elettrici; la potenza aggiuntiva da avere in inverno scende da +50 GW a +17 GW
– e se a un certo anno futuro avrò una frazione di case che ancora non hanno installato le pompe di calore? queste consumeranno ancora tanto, ma finchè vanno a metano, mo gravano sulla cirva dei consumi elettrici
in entrambi i casi, il carico sui consumi elettrici invernali sarà molto minore rispetto alla curva “terroristica” disegnata considerando l’energia termica dei riscaldamenti a metano senza conversione con pompe di calore
la curva dei consumi elettrici reali non avrà picchi invernali cosi alti, ma sarà molto più appiattita; invece di arrivare in inverno a 115 GW, arriverà a circa 82 GW; nel grafico non ci saranno più le aree dipinte di nero, i famosi ammanchi che costringevano a sovradimensionare installazioni e accumuli
invece lo studio parte con la curva anomala con i picchi molto alti inverno e poi per riuscire a coprirli, si chiede di ridurre l’altezza di tutta la curva in scala 50%, cioè dimezzare tutti consumi tutti mesi (arrivare a 350 TWh annui), ipotesi che ovviamente crea perpressità sulla facilità di realizzazione
in pratica: non serve ridurre tutti i tipi di consumi, è già sufficente efficentare i riscaldamenti ( installando le pompe di calore e/o con isolamenti dell’involucro)
=== altre gabole che inficiano i risultati ==
i risultati erano volutamente peggiorativi, anche per una serie di vincoli dichiarati nell’introduzione dello studio, ad oggi obsoleti; lo studio voleva limitarsi a usare solo tecnologia già disponibile in commercio all’epoca; esempi:
– esclusione dell’eolico marino; includendolo, la quota di TWh generati in orari notturni e mesi invernali aumenta, rendendo necessari meno fotovoltaico e meno accumuli
– esclusione di import netto di energia da altre nazioni (es energia eolica dai paesi del nord in inverno, ricambiata con export di energia fotovoltaica in estate; è uscito pochi mesi fa uno studio che valutava questi scenari come probabili alternative all’accumulo stagionale)
– esclusione di possibili aumenti dei contributi da biometano (probabili), geotermia (auspicabile), idroelettrico (effettivamente improbabile un aumento di generazione, tranne che per potenziamento del funzionamento come sistemi di accumulo)
– esculsione di avanzamenti nel campo delli accumuli a batterie e accumuli termici
– esclusione di avanzamenti nelle efficenze dei pannelli fotovoltaici (nello studio usano un valore oggi già obsoleto di 15%)
Davvero un gran bello studio con tanto lavoro dietro, complimenti.
Alcune riflessioni:
– il demand response l’avrei messo primo in ordine temporale in quanto basta veramente poco per attuarlo: tariffe elettriche dinamiche, elettrodomestici e pompe di calore “smart” e con semplici segnali di prezzo si possono controllare GW in pochi secondi. Tra l’altro in Italia siamo ai primi posti come percentuali di contatori di nuova generazione che già rendono possibili tariffazioni orarie o quartorarie. In UK Octopus già le offre ai propri clienti, qui immagino siano bloccate da qualche cavillo burocratico
– non vedo poi citato il biometano, che è a tutti gli effetti un’energia rinnovabile. Il potenziale in Italia al 2030 è di 6 miliardi di m3, pari a 60 TWh termici o 30 elettrici, non bruscolini, che poi è esattamente la quota del G2P sopra nel caso a minor intensità energetica. Tra l’altro così come il P2G sfrutterebbe gli stoccaggi metano già esistenti in Italia che hanno capacità di 17 milardi di m3, e la rete esistente di traporto gas, senza bisogno di ulteriori infrastrutture. Si eliminerebbe a quel punto la necessità dei 183 TWh destinati al P2G con relativi impianti e sovradimensionamento delle rinnovabili
– come detto da qualcuno, sarebbe il caso di trasformare per quanto possibile tutti gli impianti termoelettrici in cogenerativi, sfruttando appunto il fatto che la loro necessità è principalmente d’inverno. In questo modo si recuperano 30 TWh (sia che sia G2P che biometano) proprio nei momeni in cui servono di più
– Il V2G è una tappa obbligata, o come minimo il fatto che i veicoli elettrici dovranno essere ricaricati solo quando c’è surplus di energia. Altra tecnologia fondamentale in questo senso è il battery swap che rende estremamente più facile l’interazione tra le auto elettriche e la rete. Sarebbe interessante capire che tipo di profilo orario è stato dato ai 50 TWh di consumi elettrici per trasporti, potenzialmente potrebbero essere in gran parte forniti da energia rinnovabile che in quel momento è in surplus abbassando la necessità di batterie stazionarie
– ultimo discorso il già citato accumulo di calore, ancora tutto da dimostrare su base stagionale ma che può dare grandi risultati soprattutto in termini di economicità e facilità di installazione di grandi potenze con materiali “poveri”. Perfetto connubio con il solare che richiede appunto accumuli di grande scala ed economici anche se usati poche ore l’anno.
Ottima sintesi dello studio CNR-Aspo che onestamente non avrei affrontato per intero e sicuramente meritevole di un pdf da diffondere. Segnalo giusto un’imprecisione sull’efficienza da P2G a G2P che non è il 50% ma il 20% come descritto nel Box-5 dello studio originale (a pag. 78)
Esiste una fonte energetica disponibile ovunque senza interruzioni, se non rinnivabile almeno virtualmente inesauribile (secondo un rapporto MIT del 2007 in grado di soddisfare i fabbisogni mondiali per almeno 4000 anni), priva di emissioni inquinanti o climalteranti, non richiede, come il solare o eolico, enormi superfici, non impatta visivamente sull’ ambiente, una tecnologia in cui l’ Italia è da sempre leader e pioniere, che già contribuisce al fabbisogno nazionale per qualche percento. Si trova sotto i nostri piedi, ed è l’ energia geotermica che secondo l’ Enel, è estraibile e sfruttabile per soddisfare molte volte il fabbisogno nazionale. Può essere usata per riscaldamento o generazione elettrica. Per esempio Ferrara riscalda 25.000 abitazioni e Parigi un buon 5/6% delle case. Se questo è vero, la strategia dovrebbe essere puntare tutto sul geotermico (ma questo non faebbe piacere a molte lobby), e continuare solo la ricerca di base sulla fissione,.
e il premio “complottista del giorno” va a…. Mitri Paolo!
sempre belli questi articoli
=== l’ultimo 6% … ===
siamo partiti da circa 1700 TWh primari di energia (che si riducono a 600-700 TWh di energia per usi finali elettrificando i servizi), di cui almeno 1400 TWh da energie fossili
arrivare in pochi anni a un ammanco di 55 TWh elettrici, da generare ancora con circa 90 TWh energia chimica da combustione del metano, sarebbe già un gran lusso, da rifinire negli anni successivi
non lo valuterei come una riduzione a 1/3 del consumo attuale di metano bruciato per fare elettricità, ma lo considererei come 90 / 1400 = riduzione a 6% dei consumi attuali di tutti i conbustibili fossili attualmente usati e relative emissioni, cioè metano per lettricità, metano per riscaldamento e insustrai, petrolio per trasporti e altro
sarebbe un taglio delle emissioni totali (escluso settore agricoltura e poco altro) del 94%, probabilmente già meglio di quanto risciremo a fare nei primi 10 anni da oggi per motivi culturali e politici, da noi mi sembrano i principali freni alle FER
=== … è tosto comunque ===
è da capire che coprire un ultimo 6% delle emissioni totali, richiede comunque più sforzi nella generazione e stoccaggio (o più intelligenza, con la modulazione dei picchi dei conumi) dei precendenti 94%
in inverno questro modello prevedeva (in astratto, tagliando molte cose con l’accetta) picchi di 110 GW, che in alcune ore sarebbero scoperti per 60 GW, da cui la necessità di accumuli giornalieri e stagionali
va capito che l’ipotesi 10% nucleare del mix tanto cara a Fratin, 7,4 GW effettivi, circa 11 GW nominali di nucleare, al costo di 280 miliardi tra costruzione, uso e smantellamento, oltre al metano da pagare in attesa della costruzioine, NON risolvono questi picchi di ammanco di 60 GW istantanei, gli farebbero il solletico,
e anzi tolgono risorse a opzioni più economiche e rapide da installare per aumentare il parco energetico che possa alimentare direttamente la rete o ricaricaricare gli stoccaggi giornalieri
lo spiega bene l’Ing Marco Giusti, anche lui di Aspo; cioè quell’ultimo 6% richiede comunque un certo grado di sovradimensionamento delle potenze e stoccaggi giornalierie e al limite anche stagionali, a parità di ipotesi del modello sui consumi
oppure, si può modificare il modello dei consumi, inziare a smussare i picchi invernali o orari includendo nel modello le pompe di calore per i riscaldamenti invernali, sistemi intelligenti di modulazione dle carico, le ricariche delle auto elettriche con tariffe orarie variabili, etc
il nucleare non è adatto a gestire i picchi.
è adatto a ridurre drasticamente il consumo energetico degli accumuli energetici lungo tutta la fascia nera, in modo che possano trovarsi ben carichi quando devono soddisfare i picchi.
gli accumuli li ricarichi con qualunque tipo di tecnologia a parità di potenza effetiva media installata, gli elettroni sono sempre elettroni; e allora al posto del nucleare, meglio usare una tecnologia che a parità di resa effettiva sia più economica e più semplice possibile, cioè sovradimensionare le FER
nello studio Aspo sembra difficile gestire i picchi invernali (115 GW di potenza giornaliera media a gennaio), ma non per il tipo di tecnologia ( le FER o altro), ma perché hanno fatto una assunzione assurda, hanno incluso l’energia termica dei riscaldamenti a metano pari-pari nella curva dei consumi elettrici toatli
come assunzione, corrisponde a elettrificare i riscaldamenti con le sfufette, invece che con le pompe di calore (che usano 1/3 o 1/4 dell’energia rispetto al metano); posto sopra una spiegazione più chiara con riferimenti ai grafici
il loro modello costringe intrisecamente a sovradimesnionare a bestia la potenza disponibili in inverno e gli accumuli, qualunque tipo di sorgente di energia si usasse; qualunque tipo di sorgente di elettricità fallirebbe con queste assunzioni
per es. se si ipotizzasse di seguire questa curva assurda dei consumi elettrici con un sistema basato sul nucelare, servirebbero centrali per 80 GW effettivi, non 7 GW; e in aggiunta ancora grosse combinazioni di sistemi di accumulo per arrivare a 115 GW
No, non hai capito.
Non servono 80GW effettivi di nucleare, ne bastano molti meno per evitare di scaricare troppo le batterie e i bacini idrici durante la notte in modo che siano belli carichi nel momento del picco.
Questo consentirebbe di ridurre di parecchio la capacità di accumulo necessaria.
invece ho capito, ed è sbagliato
– è sbagliato pensare che aggiungere 7 GW effettivi di costoso nucleare, darebbe un contributo diverso dall’ aggiungere 7 GW effettivi di altra qualsiasi fonte energetica
– é sbagliato pensare che aggiungere 7 GW qui farebbero poco più che il solletico
perchè il problema non è tanto ricaricare gli accumuli giornalieri, ma piuttosto il pre-requisito di arrivare ad una potenza installata media che fornisca i 115 GW ipotizzati da Aspo (oppure più realisticamente 80 GW con la correzione che ho suggerito sul contributo dei riscaldamenti) per i mesi invernali
gli accumuli giornalieri aiutano a spostare l’energia su un intervallo di 24-72 ore, ma non “creano” energia, non alzano il valore medio da generare su un periodo più lungo
come pre-requisito, per superare i 3 mesi ad alto consumo, devi comunque poter generare in media ogni settimana energia corrispondente a 115 GW x 24h x 7 giorni
e siccome devi farlo per 90 giorni, perchè è un dato del sistema e non una irregolarità statistica di breve durata da pochi giorni, non puoi neppure andare molto “a debito” attingendo in modo sistematico dagli accummuli stagionali per ognuno dei 90 giorni, fornirebbero poco come integrazione di energia media
non poi svicolare dall’avere almeno 115 GW di potenza media effettiva installata (oppure 80 GW più realistico correggendo)
e appartarne una quota di potenza massima installata al nucleare non da vantaggi rispetto ad altre fonti, anzi considerando i maggior costi e problematiche è peggiorativo
che diavolo centra questa banale dissertazione sulla potenza installata media?
È ovvio che la media debba essere sufficiente.
Quello che ti ostini a non capire è che non è affatto vero che “gli elettroni sono elettroni”.
1kWh cambia valore a seconda della fascia oraria.
Un mix energetico che insegue la domanda riduce la necessità di accumuli.
Siccome gli accumuli hanno un costo, ci sarà un trade-off da considerare.
Solo un fanatico o un ignorante potrebbe scrivere una roba come:
“è sbagliato pensare che aggiungere 7 GW effettivi di costoso nucleare, darebbe un contributo diverso dall’ aggiungere 7 GW effettivi di altra qualsiasi fonte energetica”
Soprattutto sotto ad un articolo dove si spiega l’importanza del fattore tempo.
Fanatico ignorante a chi? Moderi i termini quando scrive sulle nostre pagine. E ci spighi come il suo amato nucleare potrebbe “inseguire la domanda”
quando ci vuole ci vuole…
Credevo di essere stato chiaro, ma provo a rispiegarlo in altri termini:
Con inseguire la domanda si intende la ricerca di un mix energetico che approssimi il più possibile la curva del fabbisogno (Fig 50. – fabbisogno).
Ogni fonte ha delle caratteristiche specifiche che lo rendono adatto per condizioni particolari.
È abbastanza evidente che in quella figura manchi una tecnologia adatta a soddisfare il carico di base nei periodi senza luce.
Il nucleare può affiancare idroelettrico e geotermico per assolvere questo compito.
Anche pochi GW costanti e affidabili possono diminuire di parecchio la capacità di stoccaggio necessaria ad accoppiare domanda e offerta.
Gli accumuli sono adatti a gestire il picco di ammanco, ma fanno fatica a coprire il carico di base.
I “pesi” da dare a ciascuna tecnologia andrebbero valutati attentamente da commissioni governative e investitori. Di sicuro non da gente a caso sui blog e soprattutto non “a furor di popolo” tramite referendum.
In linea generale la popolazione non dovrebbe MAI essere consultata per decisioni di carattere TECNICO.
La democrazia funziona bene quando le scelte sono consapevoli, dunque è sconsigliabile tener da conto l’opinione di coloro che confondono kW con kWh, i quali vengono facilmente abbindolati dal politico populista di turno.
Per lo stesso motivo preferirei non dover votare per “nucleare si”, ma piuttosto: “nucleare? boh, agli esperti la decisione!”
Dannazione, sul finale sono andato un po’ fuori tema 😅
Lei è andato fuori tema e fuorigiri. Perchè ragionando come lei, le decisioni economiche dovrebbero essere lasciate agli economisti, quelle giuridiche alla magistratura, quelle scolastiche ai professori, quelle politiche ai politologi, quelle industriali alle imprese, quelle commerciali ai bottegai. E il popolo decida cosa fare il sabato sera.
L’elefante nella stanza è che il base load invernale te lo ritrovi fra i piedi in estate e vendere per diverse ore al giorno energia nucleare a prezzi stracciati manda in tilt i già ingenti costi di ammortamento degli impianti. Purtroppo il nucleare non è la soluzione agli ammanchi invernali, e ammesso che lo sia difficilmente riuscirebbe a sopravvivere (economicamente) al capacity factor molto basso che verrebbe richiesto nel periodo estivo. Insomma la coperta è corta.
Caso Francia, che svende elettricità nucleare tutte le notti
Esattamente!
La nostra società è un’organizzazione complessa.
Ognuno ha un ruolo coerente con le proprie competenze specifiche!
Per far funzionare tutto al meglio sarebbe opportuno dare più peso a coloro che sono nelle condizioni di esprimere opinioni informate.
Non so bene come ottenere questa cosa, magari sarebbe già un bel passo in avanti fare come in Svizzera, dove ad ogni referendum viene consegnato un piccolo volume dove si spiegano i quesiti referendari con pro e contro in modo estremamente imparziale.
Inoltre c’è anche la raccomandazione di voto da parte del consiglio federale e del parlamento, in modo che chi si sente insicuro sappia qual è la scelta presumibilmente più razionale.
Comunque mi scuso per essere andato fuori tema.
La democrazia è stata inventata 2.500 anni fa e lei non è il primo ad evidenziarne le debolezze. Ma come disse Churchill, “è il sistema di governo peggiore, eccetto tutti gli altri”.
faccio notare che:
1) un sistema ipotetico dove l’opinione delle persone con competenze specifiche sia considerata di maggior valore è comunque un modello democratico
2) la Francia ci “svende” energia al prezzo di mercato, lucrandoci parecchio
3) l’Elefante nella Stanza non tiene conto che anche nelle notti estive si ha un problema analogo, seppur meno grave. Comunque lascerei l’onere di fare i conti agli investitori (pubblici o privati che siano)
Ma che idea di democrazia ha in testa, se pensa a un valore del voto a geometria variabile? La Francia ci vende energia a prezzi di mercato? Certo, ma di notte sono prossimi a zero. Infatti, l’EDf privata stava fallendo prima di essere statalizzata. E dove sarebbero gli altri investitori privati?
La democrazia è sempre stata a geometria variabile.
Gli ateniesi si definivano democratici anche se votavano solo gli aristocratici.
Ci siamo definiti democratici anche quando il voto era precluso alle donne.
Ci definiamo democratici anche se l’opinione di un 17enne non conta nulla, benché sia mediamente più lucido e razionale di un 80enne.
Ci definiamo democratici anche se un residente senza cittadinanza non può votare, mentre un figlio di emigrati italiani potrebbe farlo per corrispondenza pur non avendo mai visto l’Italia e senza saper parlare italiano.
Credo che un sistema a voto pesato potrebbe cogliere meglio anche queste sfumature.
Il costo dell’energia notturna è un po’ più basso, ma non direi affatto che sia prossimo allo zero.
Il costo rimane comunque legato a quello del gas.
EDF si è trovata in difficoltà per una serie di motivi, tra cui soprattutto eccessiva esposizione a investimenti costosi in combinazione con la crisi del 2008.
Capita molto spesso che le nazioni statalizzino società energetiche in quanto è considerato un settore strategico, tanto che è un mercato dominato da società pubbliche o con forti conpartecipazioni pubbliche.
Se provo a pensare a società energetiche PRIVATE abbastanza grandi da permettersi (eventualmente) investimenti nucleari faccio davvero fatica a trovarne qualcuna.
Chissà perchè una privato come il Gruppo Toto -e non parliamo di un colosso mondiale – investe 11 miliardi di dollari in un parco eolico off shore e nessun privato investe altrettanto in una centrale nucleare di ultima generazione come Olkiluoto che costa altrettanto?
PRIVATE è veramente un pasticcio: l’energia nucleare ha costi troppo elevati e soprattutto piani di rientro troppo lunghi per essere “appetibile” ai privati senza la mano pubblica.
C’è Bill Gates che vorrebbe “ma non può”, e tutto si può dire che lui e i suoi amici abbiano problemi a trovare i capitali da investire. Più recentemente si vocifera che potrebbe interessare alle compagnie IT per alimentare l’intelligenza artificiale, avendo un profilo di consumo costante e autoconsumando l’energia prodotta, sembra che in questo caso particolare abbia senso dal punto di vista economico anche per i privati. Vedremo.
Non ho mai sentito di questo gruppo Toto (immagino per le dimensioni).
Ho trovato il bilancio di esercizio del 2021 sul loro sito, il loro stato patrimoniale era poco più di 2 miliardi.
Inoltre il gruppo si occupa di tante cose. Hanno una controllata chiamata Renexia che si occupa del reparto energetico, il cui stato patrimoniale del 2021 era al di sotto dei 200 milioni.
per carità, sono passati 3 anni, ma sembra ALTAMENTE IMPROBABILE che sia in grado di investire 11 miliardi di dollari da sola.
Non è che si è aggiudicata un finanziamento governativo?
Se fosse stata una società privata che costruisce centrali nucleari e finanziata da una nazione avreste ammesso che ci sono società private che investono nel nucleare?
Una società così piccola sarebbe in grado di affrontare l’incertezza economica derivante da un investimento sul lungo termine come quello nucleare? (intendo se quegli 11 miliardi fossero stati immobilizzati per svariati anni)
No, mi spiace ma non mi hai convinto.
Il motivo per cui non ci sono investimenti nucleari 100% privati è che mancano le società 100% private abbastanza grandi da affrontare l’investimento.
I progetti sono “bancabili” quando hanno un ritorno economico garantito. Evidentemente i “due progetti due” eolici di Toto-Renexia sono bancabili. Avesse letto più attentamente Vaielettrico si sarebbe risparmiato la ricerca su Internet. Il Gruppo Toto va in Maryland col suo mega eolico off shore
1) Le bance non concedono facilmente prestiti così sproporzionati (ma magari possono darne un parte se vedono il supporto governativo).
2) I ritorni economici garantiti NON ESISTONO.
3) L’articolo linkato non specifica la provenienza dei fondi.
4) A cercare info online sembra proprio che i finanziamenti federali e dallo stato del Maryland ci siano eccome (nulla di male, beninteso!)
5) questo investimento rimane comunque molto più piccolo e semplice rispetto a quello di una centrale nucleare.
Dubito fortemente che Toto sia in grado di costruire una centrale nucleare anche volendo (sia finanziariamente che come know-how)
Il valore è lo stesso: 11 miliardi di dollari. Il sostegno finanziario federale e statale all’eolico off shore riguarda la rete di connessione, il supporto tecnico, la semplificazione normativa e altre agevolazioni. Ma le concessioni vengono assegnate in asta competitiva. https://www.boem.gov/renewable-energy/state-activities/maryland-activitiesDubiti quanto vuole e dubiti di tutto. Ci piacerebbe però leggere qualche numero o qualche link a supporto delle sue affermazioni.
nel modello ci sono 3 mesi di fila invernali con consumi elettrici inizialmente assunti alti, circa 115 GW medi ogni giorno
questo richiede una potenza installata di generazione elettrica di almeno 115 GW effetti medi (effettivi = già corretti tramite i capacity factor); gli accumuli anche stagionali aituano poco a limare questo numero, se si deve fare la media dell’energia erogata su 3 interi mesi ( se spalmi su 4 mesi i 30 TW-h dell’accumulo stagionale, ottieni 10 GW di potenza media, ne mancano sempre altri 105 GW )
questo valore molto alto di potenza da installare non dipende dal tipo di sorgente con cui fai l’elettricità (fer, fossile o nucleare); ma dall’assunzione di Aspo iniziale, con cui al momento di elettrificare i servizi non ha convertito da subito l’energia del metano da riscaldamento a valori di consumo più ridotti (dovuti alle caratteristiche delle pompe di calore), con cui i valori invernali dei consumi elettrici totali scendono a circa 80-85 GW
L’Italia si avvia a una lenta ma inesorabile desertificazione. Significa non poter aumentare l’idroelettrico e sostituirlo con altre fonti, ma anche dare elettricità agli inevitabili dissalatori. Inoltre, con la nuova legge regionale sarda, non possiamo nemmeno più contare su solare ed eolico. Il nucleare non ci sarà mai, il geotermico sarà bloccato dai comitati NIMBY di quartiere, quindi possiamo solo sperare nella demografia
Buongiorno Emaluele
credo che la legge regionale sarda farà perdere alla regione l’opportunità di far scendere velocemente, in 18 mesi, il costo del kwh, perchè limita fortemente due tipi di rinnovabili tra le più economiche e veloci da installare:
A) fotovoltaico utiltity con pannelli a terra
(fotovoltaico utility, oppure agrivoltaico tipo-2 su aree agricole);
B) eolico su terra (comunque la Sardegna ne ha già un certo quantitativo)
è un costo che pagheranno purtroppo per la campagna di disinformazione condotta dal giornale regionale sardo, che sta forzando la mano anche agli amministratori politici; ma la legge regionale non impedirà di intanto iniziare a procedere usando altre rinnovabili, non altrettanto economiche e rapide da installare, ma anche loro competitive rispetto al prezzo energia delle centrali termoelettriche:
C) fotovoltaico di piccola taglia, su tetti, pensiline
D) eolico off-shore, a 25-60 km dalle coste
Geotermico ci sono novità tecniche di maggiore adattabilità e minore costo che povrebbero risvegliare il settore nei prossimi 5-10 (?) anni, vedremo
Per la siccità, al Sud Italia l’agrivoltaico sta dimostrando risultati nel proteggere i terreni e migliorare la qualità dei prodotti agricoli, oltre a integrare una fonte di reddito, spero che il recente decreto punitivo DL Agrcoltura verrà rivisto da un prossimo governo più regionevole
Vedo anche una tendenza nei progetti al Sud Italia sottosposti al M.A.S.E. a potenziare/creare bacini accessori piccoli di raccolta acque multifunzione, irrigazione agricola e sistemi di stoccaggio energia giornaliera a pompaggio elettrico P.I.
bello.
varrebbe la pena ricordare a tutti che in inverno farebbe bene mettere i termosifoni a18 °C anziche i 23 al quale siamo abituati (magari vestendosi un po di piu anche in casa).
Non da poco un uso del combustile a zero emissioni che madre natura ci fornisce gratuitamente e senza troppo sforzi (legna da ardere in stufe) .. senza andare al pellet che convengo sia energeticamente antieconomico, le classiche stufe a legna o a policombustibile(magari accoppiate ad un motore stirling a combustione esterna per ottimizzarne la resa anche energetica/ elettrica.) , del resto la conversione da radiante in energia chimica è ben più efficiente per quanto riguarda una pianta che non il piu sofisticato pannello fotovoltaico .
in ultimo l’impiego di cogeneratori domestici nella stagione invernale che recupererebbero (quasi ) tutto il 50% del calore perso da centrali termoelettriche per il riscaldamento domestico.
e perche no.. accumulatori termici a sabbia o sali (ma anche geotermia per riscaldamento)
se ricordo giusto la conversione da radiante in energia chimica di una pianta è stimata con efficenza 1-2%
nello studio dell’articolo ipotizzavano pannelli con efficenza 15%,
ma oggi il piu economico pannello fotovoltaico è a 22%,
e in preparazione modelli silicio-peroskite che arrivano a 34%
Dubito che bruciare legna in massa sia una buona soluzione (per una questione di praticità e microparticolati), ma cercare di confutarla con questi ragionamenti sull’efficienza non ha davvero nessun senso.
Le zone boschive sono lì, potenzialmente forniscono periodicamente legna da ardere gratis e nessuno le abbatterà per farci impianti fotovoltaici (seppur più efficienti)
però sono ragionamenti tuoi che poi attribuisci ad altri in polemica
– non ho provato a “confutare” il bruciare legna (bio-masse)
– nessuno di sogna di abbattere boschi, idea pessima e vietata
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a me interessa precisare l’alta efficenza alta e in crescita dei pannelli solari, rende più conveniente e facile installarli in meno spazio
oggi un pannello super-economico produce a mezzogiorno 220 Watt x mq, che corrisponde a efficenza di conversione luminosa 22%
tra 3-4 anni il pannello più economico produrrà 240 Watt x mq (oggi valore da pannello costoso); un aumento di potenza +10% rispetto ad oggi; +60% rispetto ai dati usati nella simulazione Aspo
intanto con l’evoluzione peroskite-silicio dei pannelli in vetro stanno dimostrando potenze fino a 340 Watt per mq; oppure testando pannelli in sola peroskite stampata in sottili lastre di plastica flessibili
Quindi citare prima l’efficienza di una pianta e poi quella del fotovoltaico non aveva scopo di confronto? 🤣
Dovresti iscriverti alle olimpiadi.
Disciplina: arrampicata sugli specchi
Faccio i complimenti a Massimo per questo articolo!
Mi sembra ben scritto, oggettivo e propositivo.
Condivido tutte e 3 le osservazioni conclusive
“Ci eravamo chiesti all’inizio se fosse possibile immaginare un’Italia alimentata da energia proveniente solo da fonti rinnovabili”.
Non in Sardegna, sicuramente NON IN SARDEGNA!
Scusate: non ho potuto farne a meno. 🤣
Io direi: solo in Sardegna
Caro direttore, possiamo chiedere a Vittorio e alla vostra redazione un PDF dei tre articoli? Sono veramente un bel lavoro, e meriterebbero una diffusione in tanti ambienti. O se potete rimpaginarli in un unicum più facilmente leggibile!? Vi ringrazio del lavoro che fate!
Lo faremo. Grazie dell’apprezzamento anche a nome dell’ ingegner Vittorio Milani che ne sarà felice.