Emissioni anche in mare. Più del 73% della flotta navi italiana e dei traghetti nel 2025 non sarà autorizzata alla navigazione se non verrà migliorata l’efficienza energetica.
Questo il risultato di uno studio di RINA (la società si occupa anche della certificazione dei motori marini) per Assormatori sull’impatto delle nuove norme IMO (l’organizzazione marittima internazionale) sulle emissioni e del pacchetto di misure Fit for 55 (il pacchetto climatico adottato dalla Commissione europea). Chiaro segnale di come vi è stata poca attenzione verso il settore marittimo. In mare non si gira a targhe alterne, non ci sono i blocchi del traffico, le Ztl e tutte le misure, a prescindere dal loro impatto reale, per limitare le emissioni. C’è da lavorare, ma gli interventi non sono semplici.
Norme Imo e Fit for 55 per ridurre emissioni, ma gli armatori non sono pronti
Lo studio di Rina, più quello di Assormatori presentato dall’ingegnere Enrico Allieri, è stato illustrato il 28 giugno in un webinar dove è stata ribadita l’importanza della transizione energetica. Ma gli armatori sono preoccupati. Un esempio per tutti: entro il 2030 in porto le navi si devono alimentare da terra con l’energia elettrica. Ma saremo pronti con le infrastrutture? Nonostante i 700 milioni stanziati con il Pnrr.
Per adeguarsi alle prescrizioni si è calcolato un costo da 300 milioni di euro l’anno. I ricercatori di Assoarmatori hanno fatto “i conti della serva” per stimare un aumento del costo del biglietto di 30 euro per il passaggio ponte (pensiamo alla Sardegna), e in percentuale pari a circa il 70%.
Il 20% delle navi fuorilegge rispetto al Carbon Index Indicator già dal 2023
Lo studio da RINA sulla flotta di navi ro-ro passeggeri italiane mostra come questa si posizioni, considerando le sue prestazioni negli anni passati, rispetto ad una tra le misure adottate dall’IMO ovvero la valutazione del Carbon Index Indicator: il CII.
Un rating da A a E dove la prima fascia raggruppa le navi con le migliori prestazioni in termini di emissioni di anidride carbonica rispetto alle miglia percorse e l’ultima quelle con le prestazioni peggiori.

L’analisi ha evidenziato come già a partire dal prossimo anno, all’entrata in vigore della normativa, più del 23% dei traghetti italiani risulta in ultima fascia e non ottemperi alla norma (rating E). Un ulteriore 40% necessiterebbe di interventi radicali atti a migliorare l’efficienza energetica nel breve termine (rating D).
Solo il 37% del naviglio sarebbe in grado di rispettare i requisiti senza l’adozione di ulteriori misure (rating A-B-C).
Il CII richiesto per mantenere la conformità avrà valori via via più stringenti. L’analisi sottolinea come, a parità di emissioni, cioè senza adottare alcuna misura di miglioramento rispetto alle condizioni degli anni passati, la situazione sarà sempre più impegnativa e critica nel breve periodo.
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Nel giro di tre anni, e quindi entro il 2025, la flotta italiana si troverebbe con più del 73% delle navi non ottemperanti alla norma e quindi potenzialmente non più in grado di navigare.
Il Fit for 55 contestato dagli armatori
Lo studio condotto da Assarmatori sull’applicazione del pacchetto Fit for 55 al settore del trasporto passeggeri e merci per le isole maggiori e le isole minori evidenzia come, anche in considerazione dei concomitanti effetti delle norme IMO “si stia prospettando una situazione ingestibile per la flotta dei traghetti italiani, adibita ai collegamenti di lungo e corto raggio“.
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Ecco i numeri dello studio: “Dalle simulazioni eseguite si evince che la sola applicazione dell’ETS potrà impattare sulla nostra flotta di traghetti con un costo totale superiore ai 275 milioni di euro all’anno, di cui quasi 230 milioni per le navi RoRo-Pax impegnate sulle rotte a lungo raggio, tipicamente per la Sardegna e per le Autostrade del Mare. Il maggior costo che mediamente ogni singola unità di questo tipo dovrebbe sostenere è pari a quasi 3,5 milioni all’anno; per una unità in servizio sui collegamenti con le isole maggiori si potrà avere un costo aggiuntivo di 23 mila euro a tratta.”.
Navigare a gasolio potrà venire a costare anche 1,2 milioni in più l’anno
A questo si somma l’ Energy Taxation Directive l’impatto totale sulla flotta italiana sarebbe superiore ai 380 milioni di euro all’anno.
Navigare a gasolio costerà sempre più caro: “Poiché le accise colpiranno anche le unità inferiori alle 5.000 tonnellate, una nave impegnata nei collegamenti con le isole minori, che consumi tipicamente 3.000 tonnellate all’anno di gasolio, vedrebbe i suoi costi per l’energia crescere di circa 1,2 milioni di euro“.
La posizione degli armatori, contrari alle norme internazionali

“Dati che solo eufemisticamente possono essere definiti preoccupanti – commenta Stefano Messina, Presidente di Assarmatori – e che purtroppo confermano quanto la nostra associazione sta sostenendo da tempo: le misure volute dalla Commissione Europea per decarbonizzazione del trasporto marittimo, del tutto condivisibili in linea teorica, sono intempestive e rischiano di creare gravi danni non solo alla tenuta economica delle compagnie impegnate in questi servizi ma anche, a valle, su tutta la filiera: servizi merci, trasporto passeggeri, turismo insulare“.
Questa la posizione degli armatori. Durante il webinar è emerso che siamo ben lontani dalla possibilità di utilizzare combustibili definiti ecologici come l’ammoniaca o l’idrogeno. L’inquinamento può scendere se rallentano le velocità delle navi, ma anche su questo punto gli armatori sottolineano che non sarebbe sostenibile economicamente.
E’ urgente elettrificare le banchine
C’è ancora da approfondire il tema, oggettivamente molto complesso rispetto al trasporto merci a terra. Ma è una evidenza che quasi un terzo delle emissioni sono generate in porto. E sono quelle più pericolose per la salute umana come denunciano i comitati dei cittadini delle città portuali. L’elettrificazione delle banchine è la soluzione. Non facile ma da percorrere obbligatoriamente. Senza dimenticare che ci sono armatori virtuosi che hanno investito in sostenibilità e altri che non lo hanno fatto. E questo non è accettabile.
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Ogni volta che in Italia si deve recepire una direttiva europea, ci sono sempre i diretti interessati che la giudicano intempestiva. si tratta dei soliti imprenditori di successo (?) che secondo l’agiografia classica sanno leggere il mercato e i cambiamenti per poi alla fine scontrarsi con le nuove leggi che di solito seguono (non precedono) un cambiamento già in atto. Chi sarà il vero intempestivo in tutto questo ?
Adeguarsi soprattutto all’alimentazione in porto è importante soprattutto per ridurre l’inquinamento nelle città portuali. E ci sono 700 milioni di euro del Pnrr per elettrificare le banchine
Oddio! Perfino prima delle auto?
E ora come faranno i complottisti?
Per chi legge il commento, naturalmente non si tratta di passaggio all’elettrico ma di aumentare l’efficienza energetica dei motori ovvero se in strada abbiamo avuto i vari euro ora questi passaggi si applicano in mare. Sulle lunghe tratte l’elettrico è impossibile oggi, ma un terzo delle emissioni si genera in porto e qui “basterebbe” alimentare le navi da terra. Ci sono 700 milioni di euro per elettrificare le banchine e altrettante resistenze
Grazie per la dovuta precisazione.
Scrivo questo commento perché mi piace l’uso delle virgolette per i “basterebbe” e i “solo”.
In effetti nessuno dice che la transizione sia una passeggiata, ma ci sono mali necessari da affrontare per evitare mali peggiori, o semplicemente per ovviare a problemi, come l’inquinamento, che non fanno altro che peggiorarci la vita. Spesso non percepiamo i problemi come tali semplicemente perché c’abbiamo fatto l’abitudine e soltanto quando diventano dannatamente urgenti scopriamo che se ci fossimo mossi per tempo non sarebbero diventati così insostenibili da superare.
Condivido completamente il ragionamento, però le virgolette servono per far capire che la transizione (bellissima nel suo traguardo finale) non è un pranzo di gala, ma lì dobbiamo andare
Aggingo che l’elettrificazione delle banchine, oltre ad abbattere la CO2, abbatte anche tutte le altre emissioni inquinanti emesse dalla nave in porto, che e’ significativa, specialmente per quanto riguarda particolati e ossidi di azoto.
Specialmente per le navi da crociera che sono praticamente grattacieli messi di lato…
Pienamente d’accordo con lei, anche meno rumore e quindi meno inquinamento acustico
L’ultima frase dice tutto…. “Senza dimenticare che ci sono armatori virtuosi che hanno investito in sostenibilità e altri che non lo hanno fatto. ”
Quale parte sarà che si lamenta ora??????
Troppo facile non fare nulla, raccogliere solo gli utili e poi svegliarsi e dire che sono gli altri a creare problemi!!!!!
Devono investire somme alte tutte insieme e qyesto mila i loro guadagni? Se facevano i dovuti interventi per tempo le loro navi ora stavano nella percentuale di quelle che non hanno problemi invece che ritrovarsi con il 75% che non potrà più navigare…..
Na tanto lo stile italiano è sempre lo stesso… prima non si spende quello che sarebbe da spendere fino a che non si arriva ad obbligare per legge e poi ci si mette a piangere che la legge è troppo severa con il palese intento di farselo pagare dallo stato….
E’ un periodaccio, anche per gli aerei. La nafta e cherosene costano tanto e le quantità ordinabili sono minime. In teoria navi ad idrogeno da 400 kg sono già in funzione, ma costano uno sproposito… no, costa ricaricare di carburante!
In teoria con l’idrogeno….
Io conosco personalmente, vivendola da cittadino del posto, la navigazione del Lago Maggiore. E mi fa specie sentire dire che le nuove norme sono “intempestive” quando la maggioranza dei traghetti qui sono stati costruiti negli anni ’60, ovvero mezzo secolo fa.
Mezzo secolo in cui la compagnia di navigazione non ha fatto praticamente niente per ammodernare la flotta, specie i traghetti auto. E adesso piangono perché queste regole arrivano “all’improvviso “.
È la stessa situazione anche in mare?
Grazie Luca, anche in mare ci sono traghetti con decenni di navigazione sulle spalle e sono – bene così per certi versi – progettati per durare. Ma visto che non bisogna rottamare gli scafi ma “solo” (è costoso, quindi non è semplice) fare alcune modifiche diciamo che il tema non è stato preso in considerazione per tempo. Per non parlare di Venezia dove la situazione si poteva affrontare in questi ultimi anni (ma non la affrontano neanche ora). In Svizzera sono più seri: https://www.vaielettrico.it/svizzera-traghetto-di-linea-diventa-elettrico-tutti-entro-il-2035/