Emissioni CO2, in Europa caleranno del 54% al 2030 (nonostante l’Italia sia in ritardo)

La Commissione Europea ha pubblicato la valutazione finale dei Piani Nazionali Energia e Clima (PNIEC) degli Stati membri. Se tutti i Paesi rispetteranno i loro impegni, la Ue potrebbe arrivare a una riduzione del 54% delle emissioni al 2030. A a un soffio dall’obiettivo prefissato del 55%. Peccato che l’Italia sia tra i Paesi più in ritardo

A quasi un anno dalla scadenza ufficiale, tre Paesi — Polonia, Estonia e Belgio — non hanno ancora consegnato il loro PNIEC aggiornato. Nonostante ciò, secondo Bruxelles l’Unione potrebbe arrivare a una riduzione delle emissioni del 54% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Molto vicina all’obiettivo ufficiale dell’Unione europea, fissato a meno 55%.

Permangono importanti disparità tra gli Stati, che potrebbero compromettere la coerenza dell’azione climatica europea. Nel deficit di lotta alle emissioni si segnala l’Italia che mostra lacune significative nei trasporti, nell’efficienza energetica del settore residenziale e nella governance della transizione. Nonostante le imprese siano sempre più favorevoli alle politiche Ue.

L’area più critica riguarda il settore dei trasporti: le emissioni di CO2 in Italia sono aumentate del 6,6% tra il 1990 e il 2023

L’Italia viene citata specificamente nella valutazione della Commissione come uno dei Paesi dove la transizione energetica è più a rilento. Le aree più critiche riguardano il settore dei trasporti, dove le emissioni sono aumentate del 6,7% tra il 1990 e il 2023, e il settore civile, dove le riduzioni sono state minime e fortemente legate a fattori contingenti come la crisi del gas e l’aumento delle temperature.

Il nostro Paese mostra inoltre un divario significativo rispetto agli obiettivi dell’Effort Sharing, il regolamento europeo che copre il 60% delle emissioni totali. L’Italia ha fissato un obiettivo di riduzione inferiore del 3,1% rispetto al target UE e risulta ancora distante di 100 Mt di CO2 equivalente dal proprio obiettivo dichiarato.

Rinnovabili in crescita, ma lontane dagli obiettivi

Sebbene il PNIEC italiano preveda un ambizioso aumento della capacità rinnovabile, con +70 GW previsti tra il 2023 e il 2030, il ritmo attuale — +13,2 GW tra il 2023 e il 2024 — evidenzia la necessità di un impegno continuo e sostenuto. Anche a livello UE il quadro è simile: gli Stati membri sono sulla buona strada per raggiungere una quota del 42,5% di rinnovabili, ma resta un divario dell’1,5% rispetto all’obiettivo vincolante.

La Commissione critica infine l’assenza di una lista completa dei sussidi ai combustibili fossili nella maggior parte dei Piani, Italia inclusa. Nonostante un tentativo di catalogazione nel PNIEC, nel nostro Paese si spendono circa 24 miliardi di euro l’anno in sussidi ambientalmente dannosi (SAD), ma nel documento vengono considerati “inefficienti” meno di 2 miliardi. Manca una metodologia chiara per identificarli e un piano per la loro eliminazione, elemento che rischia di compromettere la coerenza delle politiche di decarbonizzazione.

Il commento di Ecco: “Emissioni, Italia in ritardo”

Secondo Francesca Bellisai, analista di ECCO, il think tank italiano per il clima, la valutazione UE dimostra che gli obiettivi possono essere raggiunti, ma solo con un forte impegno politico. “In Italia – osserva – permangono ritardi nei trasporti e nel settore residenziale, e l’assenza di una Legge Clima indebolisce la governance. Serve un’azione più decisa per allineare il PNIEC agli obiettivi europei.”

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Visualizza commenti (7)
  1. facessero una politica seria.
    fv da balcone servono comunicazioni, per un pannello fotovoltaico da tetto serve la autorizzazione paesaggistica.
    se il futuro è il nel rinnovabile dovranno pure snellire le pratiche.
    poi per inteso. dovrebbero mettere delle tariffe per kwh installato, siamo in mano a zelanti artigiani banditi.
    vado in tecnomat 430W di pannello vien venduto a 60€ se però è da balcone (vabbè ce un inverter del cavolo (50€??) il prezzo lievita a 600.
    se chiamo un installatore 5kwh (660€ di pannelli e 600 di inverter ) va a 10k.
    il business e l’affare lo fa chi li installa.
    Con bollette dove la componente elettrica raggiunge si e no le 15 € mese ed il resto son costi fissi in quanto recupero 10k€?
    unica cosa che veramente farei sarebbe comprare due pannelli fv da 60€ (430+430 ..860W) metterli in giardino senza dir nulla a nessuno e far andare un clima offrgreed in estate, magari una piccola batteria , ma nulla piu. forse cosi recupero quel che ho speso in tempi ragionevoli.

    1. off-greed per un mini condizionatore, direi di no. Forse conviene un plug-in con una comunicazione che se ho ben capito serve a fargli capire che stai producendo e regalandogli energia e non anche a fartela pagare, ridurrai la spesa della bolletta , Un off-greed per dei ventilatori(nascosti) che arieggiano casa estate inverno raffrescano e diminuiscono la probabilità di muffe in casa quelli si !

  2. Gli obiettivi di decarbonizzazione son sempre più vicini per una ragione molto semplice… passare a fonti rinnovabili CONVIENE, quindi dimentichiamoci pure i motivi ambientali, cui la “turbo”finanza internazionale frega zero… solo i dividendi azionari…
    ma almeno Funziona !
    Più l’azienda è energivora e più conviene l’abbandono rapido delle fonti fossili, altrimenti la perdita di competitività nei confronti dei paesi più attrezzati in F.E.R. (Cina in testa) sarà ineluttabile.

    In Italia ci sono ancora tanti settori in cui occorre accelerare la transizione; industria, agricoltura e trasporti merci/persone sono i primi a doversi impegnare a fondo.

    L’agricoltura può contribuire innanzitutto con modifiche sostanziali all’uso dei terreni marginali, in modo che possano dotarli di FV (anche con coltivazioni sottostanti) e quindi poi passare anche a mezzi elettrificati -le aziende più strutturate ed attente alla qualità prodotto lo stanno già facendo- e poi anche il recente accesso alla rete dei biogas prodotti con coltivazioni/allevamenti possono aiutare sia la sostenibilità economica delle imprese che l’aumento di carburanti “bio” da residui/liquami.

    I trasporti: abbiamo ancora Treni Elettrici che vengono alimentati con corrente prodotta col GAS ! Urge una imponente adozione di F.E.R. da parte di R.F.I. per alimentare ove possibile le linee elettrificate esistenti e aumentare l’adozione dei convogli ibridi (con batterie + rigen in frenata/discesa) nelle zone ancora scoperte (per fortuna in Italia abbiamo Hitachi Rail ed Alstom che stanno producendo e vendendo questi nuovi treni… e metro 😉).
    Su rotte prestabilite pure T.I.R. a batterie possono collegare convenientemente magazzini (ove ricaricare durante operazioni carico-scarico, oltre che in apposite aree sosta -obbligatoria- attrezzate con HPC come gli interporti ed autogrill).
    Traghetti ed altre imbarcazioni su tratte brevi e ricorrenti ma anche elettrificazione di banchine (magari alimentate da pale eoliche direttamente in area portuale… ove già son presenti strutture e il “paesaggio” non vien tutelato granché).

    Le industrie ? quelle non esageratamente energivore penso che potranno attrezzarsi di F.E.R. anche in autonomia, magari “aiutate” da appositi finanziamenti agevolati ed altri provvedimenti governativi… le altre (altoforni, vetrerie e ceramiche etc) credo dovranno ricorrere a consorsi tra loro; al momento c’è chi spinge per SMR/AMR ma è troppo lunga la via per arrivare VIVI al momento in cui entreranno in servizio se anche domattina cominciamo la costruzione… che richiede almeno 10/15 anni !! Forse nel frattempo è meglio accordarsi per realizzare velocemente quel che funziona Adesso (torri eoliche + BESS ove possibile) e contratti forniture pluriennali di chi già produce da F.E.R. anche nel nostro bistrattato e bislacco paese.

    1. Aggiungo qualche considerazione personale:

      – Ferrovie dello stato ha varato nel 2024 (secondo me in forte ritardo) un piano da 1.3 Miliardi per coprire a regime nel 2034 il 40% del suo fabbisogno. Ad oggi consuma 7TWh di energia elettrica l’anno, il 2% del consumo italiano. Il piano prevede già 1GW di installato al 2029 per una riduzione del 20% (che comunque vale 1.5TWh, buttali via).
      – L’elettrificazione dei porti è in corso con fondi Europei, ma non è facile… Leggevo che la sola banchina di La spezia si richiede un collegamento da 100MW, che vuol dire fare nuove cabine e nuovi cavidotti… Questo immagino sia un requisito vincolante per elettrificare anche i trasporti marittimi, dalle notizie lette qua e la i porti attrezzati dovrebbero aumentare dal prossimo anno (essendo legati a fondi PNRR sono costretti al varo entro il 2026).
      – Gli impianti offshore in concomitanza con i porti sarebbero ideali, e si potrebbero sfruttare i cavidotti per cold ironing e gli impianti eolici. Ma siamo davvero lontanissimi: l’impianto di civitavecchia è ancora in forse e hanno ottuno la VIA al momento solo 3 parchi eolici offshore: Sicilia (ma lontano dai porti principali), Bari e Rimini.
      – L’agrivoltaico potrebbe dare una grossa mano, secondo me con i primi ritorni positivi sulle colture sotto i pannelli solari potrebbero aumentare i contadini interessati. Se Confagricoltura passerà da osteggiare l’agrivoltaico a fare pressione sul governo per un libera tutti si potrà andare avanti.
      Al momento il residenziale sta rallentando parecchio, così come gli impianti delle piccole industrie. Per mantenere alti livelli di nuove installazione bisogna spingere di più sull’acceleratore degli impianti utility.
      – Trasporti lo sappiamo meglio di tutti siamo in ritardissimo, con il governo palesemente contrario all’elettrificazione del trasporto non andremo molto oltre l’attuale percentuale di adozione. Ormai le case puntano all’ibrido, ma sappiamo purtroppo che l’ibrido plug-in è utilizzano troppo spesso a benzina e molto poco in elettrico quindi è secondo me un doppio problema ecologico: primo perché utilizzano ancora carburante, secondo perché hai il powertrain elettrico inutilmente a bordo.

      1. concordo sulla tua visione dell’ibrido plug-in… va adottato soltanto da chi “va da A a B” casa lavoro/commissioni in elettrico e ricarica a casa/lavoro.
        Son le prime con cui ho avuto a che fare (gestendo processo di presentazione e consegna a clienti.. che per fortuna all’epoca avevano tutti possibilità di piazzare la WB in dotazione..) ma restano auto limitate, con costi manutenzione tipici ICE+parte plugIn, pesanti e “assetate” se non guidate più che attentamente (si comportano quasi come le fullhybrid ma son molto pesanti viste le maggiori batterie… e alcuni di quelli che ho visto usano i motori elettrici per sgommare veloci ai semafori.. e finiscono gli pneumatici in 10000km). Purtroppo sono le vetture “più facili” da produrre per i costruttori europei e “più facili” da vendere puntando alle carenze della rete di ricarica pubblica.

        Comunque non tutto va male o ci vuol troppo tempo a realizzare.. ho appena letto questo articolo .. una situazione che da tanto tempo auspicavo, recuperando ad uso F.E.R. tante zone già degradate da usi industriali o casse di espansione acque (indispensabili nel nostro paese, con 110 eventi estremi in pochi mesi !!):

        https://www.iltirreno.it/pontedera/cronaca/2025/05/28/news/pontedera-e-cascina-nascono-tre-parchi-fotovoltaici-sullo-scolmatore-i-tempi-la-societa-legata-ai-rifiuti-e-la-modifica-al-regolamento-urbanistico-

        Spero sia soltanto il primo di tanti esempi di uso di terreni utile sia alla collettività che alle aziende.

      2. Concordo sulla maggior parte dei punti ma dissento sul fotovoltaico: dato che siamo il paese del no a tutto e dei comitati prezzolati, io proverei a spingere al massimo su residenziale pubblico/industriale che è vero, costa di più, ma alla fine genera indotto positivo sul territorio e crea forza lavoro. Mi immagino un programma estensivo fatto in questo modo:
        – censimento di tutti i “tetti” disponibili su edifici pubblici, con calcolo massima superficie installabile secondo criteri di minima economicità da definire
        – censimento di tutti i parcheggi pubblici, da coprire con pensiline
        – censimento di tutti i “tetti” disponibili su fabbricati commerciali/industriali, come sopra
        – obbligo per il proprietario di installazione FV entro x anni (direi 3 o 5), altrimenti si ricade nel punto dopo
        – a valle del periodo lo stato prende possesso del diritto di superficie sul tetto riconocendo un piccolo indennizzo
        – per gli edifici pubblici e i privati “espropriati” viene creata una stazione appaltatante che tramite gare pubbliche assegna i lavori con lotti di una certa grandezza (es. un’intera provincia) e distribuiti nel tempo per garantire un fronte di lavoro programmabile
        – il tutto finanziato con apposite obbligazioni “green” da ripagare con i proventi della vendita dell’energia
        – da valutare installazioni sistemi di accumulo locali, piuttosto che armonizzazione con accumuli di grandi dimensioni tipo quelli oggetto di gara MACSE
        – da incentivare di pari passo installazione di wallbox/colonnine ad uso dei dipendenti sia del pubblico che del privato, con logiche di demand response

        Risultati? Da questo studio https://www.qualenergia.it/articoli/110mila-tetti-industrie-ospitare-impianti-fotovoltaici-200-kwp/ solo con i capannoni industriali di almeno 2000 mq siamo a 30 GW sugli 80 richiesti dal PNIEC per il FV.
        Il tutto con piena accettabilità sociale, creazione di posti di lavoro e a costo dello stato potenzialmente nullo

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