Appena partiti, gli ecobonus per le due ruote elettriche a fronte della rottamazione di vecchi modelli termici stanno già creando più di un problema. E molti lettori ci scrivono per segnalare che i concessionari si rifiutano di occuparsi delle pratiche di rottamazione. E’ assolutamente vero e spieghiamo perché.
Il decreto attuativo emanato dal Ministero dei Trasporti è pieno di ambiguità. Nell’impossibilità di capirne l’interpretazione molti concessionari rifiutano di applicarlo, perdendo la vendita pur di non imbarcarsi in una procedura burocratica dall’esito incerto.
Rottamazione, regole impossibili”
La rottamazione dovrebbe essere a carico del venditore che volontariamente se ne assume l’onere in cambio della vendita incentivata del nuovo mezzo elettrico. Peccato però che le procedure richieste (obbligo di registrazione della targa veicolo da rottamare sul portale telematico del Pra) siano basate su una documentazione della quale solo i motocicli (L3) dispongono, mentre i ciclomotori (L1) ne sono sprovvisti. Per esempio: le targhe di questi ultimi sono nominative e molti vecchi esemplari ne sono privi o perché all’epoca non erano previste, o perché i proprietari le hanno trasferite su un mezzo più recente.
Le vendite? Poche decine
A differenza delle auto, poi, gli incentivi per le due ruote scattano solo in presenza di un mezzo da rottamare. E deve essere un veicolo della stessa categoria di quello che lo sostituisce; quindi un ciclomotore termico con un ciclomotore elettrico, un motociclo termico con motociclo elettrico. Non è dato sapere il perché. Fatto sta che il contatore degli ecobonus per le due ruote elettriche sul portale del Mit segna a tutt’oggi non più di qualche decina di operazioni. E su un fondo di dotazione di 10 milioni di euro, ne restano ancora inutilizzati 9 milioni e 895 mila.
Mobilità leggera, l’attesa continua
Non va molto meglio sul fronte del decreto attuativo che deve dare il via alla sperimentazione sui veicoli di mobilità leggera, vale a dire monopattini elettrici, Segway, hoverboard e monoruota. La Legge di Bilancio indicava la scadenza del 31 gennaio ma a metà aprile ancora non si è visto. Otto giorni fa il Mit ha annunciato che il decreto è pronto e la pubblicazione in Gazzetta sarebbe avvenuta appena concluso l’iter di consultazioni istituzionali. Ad oggi non è stato ancora pubblicato e nessuno per ora ha in mano un testo. Chi ha potuto consultarlo, però, ne ha sottolineato la complessità.
Regole, una jungla urbana
Per ogni tipologia di veicolo leggero è prevista una diversa regolamentazione che si deduce incrociando i dati di una tabella. A quanto si può dedurre, monoruota e hoverboard potrebbero circolare soltanto nelle aree pedonali e con velocità limitata a 6 km/h, senza casco, condotti solo da maggiorenni o minorenni in possesso del patentino per ciclomotori. Monopattini elettrici e Segway potrebbero circolare solo su piste ciclabili e viabilità ordinaria dove il limite di velocità sia a 30 km/h “o aree assimilabili”. Senza casco e con velocità limitata a 25 km/h, e sempre con patentino nel caso dei minorenni. Per queste due tipologie sarebbero esclusi marciapiedi, aree pedinali e tutta la rimanente viabilità. Il che pone un problema: in nessuna città italiana piste ciclabili e “aree 30” hanno un’ estensione e una continuità tali da consentire spostamenti a medio, ma anche a breve, raggio. Di conseguenza, stando così le regole non potrebbero mai diventare l’alternativa reale per la mobilità urbana che rappresentano nelle principali metropoli del mondo.
Vedremo se qualche correzione in zona Cesarini permetterà ai sindaci di dare alla sperimentazione uno spessore reale; altrimenti la mobilità urbana leggera resterà in Italia uno stravagante passatempo per millennials.