Hyundai Motor Company ha spedito ieri in Svizzera le prime 10 unità di Hyundai XCIENT fuel cell, il primo camion pesante a idrogeno prodotto in serie nel mondo. Ne seguiranno altri 40 entro quest’anno.
Mentre Tesla e Nikola si contendolo gli investitori di Wall Street sulla promessa di un futuro primato nei grandi camion a batterie (senza averne ancora venduto uno, però) e la seconda promette anche un camion a celle a combustibile per il 2023 (leggi), la casa coreana ha già in commercio il suo Tir ad idrogeno, l’Hyundai XCIENT, e conta di farne uscire dalle linee di montaggio 1.600 entro il 2025. I primo esemplari partiti ieri per la Svizzera hanno un’autonomia di 400 km, sono quindi a medio raggio. Ma Hyundai comnica di aver già in avanzato sviluppo un modello con 1.000 km di autonomia.
«XCIENT Fuel Cell è una realtà attuale, non un semplice progetto sul tavolo da disegno. Mettendolo ora in strada Hyundai segna una pietra miliare nella storia dei veicoli commerciali», ha dichiarato In Cheol Lee, Vice Presidente esecutivo e Capo della divisione Veicoli commerciali di Hyundai Motor. Il costruttore coreano ha sfruttato decenni di esperienza maturata con il SUV ix 35, il primo veicolo di serie a celle a combustibile e con il NEXO, evoluzione di seconda generazione. E’ dunque «leader a livello mondiale» in questa tecnologia.
Le celle a combustibile di Hyundai XCIENT
Hyunday XCIENT è alimentato da un sistema a celle a combustibile a idrogeno da 190 kW con due pile a celle a combustibile da 95 kW. Sette grandi serbatoi di idrogeno offrono una capacità di stoccaggio combinata di circa 32,09 kg di idrogeno. Il raggio d’azione è di circa 400 km, ed è stato sviluppato secondo i requisiti specifici richiesti dai potenziali clienti della flotta commerciale e sulla base dell’infrastruttura di ricarica in Svizzera. Il tempo di rifornimento oscilla fra gli 8 e i 20 minuti.
Per i mercati globali americani ed europei, come detto, Hyundai sta sviluppando una versione potenziata con un migliaio di chilometri di autonomia.
In Svizzera anche l’idrogeno è più verde
Nel 2019 Hyundai ha creato con la svizzera H2 Energy la joint venture Hyundai Hydrogen Mobility (HHM) che noleggerà i camion sul modello del “pay-per-use”. Hyundai ha scelto la Svizzera come punto di partenza perchè nella Confederazione i veicoli commerciali a zero emissioni sono detassati. Inoltre la Svizzera può vantare una delle quote più alte al mondo di energia idroelettrica e quindi fornire energia green per la produzione di idrogeno.
Hyundai, una leadership all’idrogeno
Entro il 2025, la società coreana punta a vendere 670.000 veicoli elettrici ogni anno, 110.000 dei quali a idrogeno FCEV. Oltre ai veicoli, sta sviluppando altri mezzi di trasporto a idrogeno: treni, droni, navi e generatori di corrente. L’obiettivo è arrivare a una capacità produttiva di sispositivi a celle combustibili di 700 mila unità all’anno.
Le specifiche tecniche del camion Hyundai XCIENT
Modello | Cella a combustibile XCIENT | |
tipo di veicolo | Cargo (cabina del telaio) | |
Tipo di cabina | Day Cab | |
Sistema di guida | LHD / 4X2 | |
Wheel Base | 5,130 | |
Complessivo (cabina e telaio) | ||
Lunghezza | 9,745 | |
Larghezza | 2,515
(2.550 con protezione laterale), larghezza massima consentita 2.600 |
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Altezza | 3,730 | |
Peso (kg] | ||
Max. Peso lordo di combinazione | 36.000 come pull-cargo | |
Max. Peso lordo del veicolo | 19.000 | |
Anteriore posteriore | 8,000 / 11,500 | |
Peso del veicolo vuoto (cabina e telaio) | 9,795 | |
Prestazioni | ||
Max. Velocità | 85 chilometri all’ora | |
Powertrain | ||
Stack di celle a combustibile | 190 kW (95 kW x 2 EA) | |
Batteria | 661 V / 73,2 kWh – di Akasol | |
Motor / Inverter | 350 kW / 3.400 Nm – di Siemens | |
Trasmissione | ATM S4500 – da Allison / 6 velocità di avanzamento e 1 velocità di retromarcia | |
Rapporto dell’asse posteriore | 4.875 | |
Serbatoio dell’idrogeno | ||
Pressione di riempimento | 350 bar | |
Capacità | 32,09 kg H2 (quantità di idrogeno disponibile al SOF 100%) | |
Freno | ||
Freno di servizio | Disco | |
Freno ausiliario | Retarder (4 velocità ) |
Come faranno gli svizzeri a produrre idrogeno verde fra qualche anno?
Hanno infatti un programma robusto di dismissione delle centrali nucleari.
Infatti, idrogeno e efficienza energetica non stanno insieme…
Come scriviamo nell’articolo, gli Svizzeri possono contare su un’abbondante quota di idroelettrico
Faranno un referendum per… uscire dall’idrogeno.
La Corea per qualche ragione, probabilmente politica, continua a puntare sull’idrogeno, sapendo bene che la produzione di idrogeno verde è inefficiente e porta a sprecare la metà dell’energia all’origine. In pratica questi mezzi sono dei cavalli di Troia in quanto l’unico modo economico per produrre idrogeno è a partire dal gas metano, oggi al 97%.
Dalla brace alla padella insomma. Qualcuno probabilmente considera la mossa alquanto scaltra, politicamente vendibile agli ambientalisti modesti, come spingere le lampadine a fluorescenza, perché quelle a LED “costavano troppo”.
E’ vero, e l’abbiamo scritto più volte, che la conversione dell’energia elettrica in idrogeno è poco efficiente (fra il 30 e il 40%). Ma è altrettanto vero che presto potremmo trovarci ad avere momenti di sovrapproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, con il rischio di non potrela immettere in rete, non riuscire a stoccarla, quindi di disperderla. In questo caso lo stoccaggio sotto forma di idrogeno sarebbe “il male minore”. E disponendo di idrogeno a costo ambientale zero sarà possibile decarbonizzare modalità di trasporto (aereo, navale e terrestre a lungo raggio) altrimenti impossibili da elettrificare con le batterie.
Anche la riconversione dell’idrogeno in elettricità per il motore non è molto efficiente (50 %) per cui alla fine arriva al motore solo il 30 % dell’elettricità iniziale. Ma la cosa inconcepibile, secondo me, è far circolare veicoli con bombole caricate a 350 bar, addirittura 700 per le auto! Non vorrei mai essere il pompiere o il soccorritore che deve intervenire in caso di incidente. Se ci fosse un surplus di elettricità con la quale produrre idrogeno green allora è più semplice ed efficiente usare questo idrogeno per alimentare caldaie o usarlo di notte per produrre elettricità da mettere in rete.
Tutto vero. Resta però il fatto che grandi camion, grandi trattori e grandi macchine da cantiere, aerei, navi e treni difficilmente potranno utilizzare batterie. A meno di innovazioni tecnologiche oggi non all’orizzonte. L’idrogeno al momento è quindi l’unica alternativa ai combusibili fossili.
I trattori agricoli e stradali, le macchine cantiere e le navi e gli aerei potrebbero usare biodiesel o i carburanti sintetici prodotti a partire dall’idrogeno (nel momento in cui sarà disponibile). Sarebbe tutto molto più facile da gestire. Non servirebbe creare tutto l’apparato e la rete di distribuzione dell’idrogeno e si potrebbero usare tutti i veicoli già esistenti.
La sovraproduzione non è un vero problema: da millenni, quando c’è sovraproduzione di energia, la si disperde. Ad esempio, le barche a vela, i mulini, le centrali idroelettriche e geotermiche. Credo che preoccuparsi della sovrapproduzione sia un retaggio del nostro pensare in termini di energia fossile. In senso più ampio, il sole continua a fondere idrogeno, che noi lo chiediamo o no, che noi catturiamo l’energia che ci manda, oppure no.
Poter accumulare efficacemente l’energia che ci cade addosso sarebbe ovviamente una soluzione migliore, ma parrebbe più sensato, per una civiltà , un pianeta che, lentamente, volesse veramente e convintamente migrare dalle forme fossili, stabili, statiche, ma inquinanti e limitate di energia a quella elettrica volatile, dinamica, ma virtualmente senza limiti pratici, irrobustire, espandere ed evolvere la rete di distribuzione elettrica internazionale, per poter migliorare gli scambi: ad esempio seguire automaticamente la linea giorno-notte per trasferire l’energia dell’ultimo/primo spicchio illuminato in quello che è già dopo il tramonto/ancora prima dell’alba.
Per dove non si può arrivare con un filo – mobilità aerea e navale di lungo raggio – concordo che l’idrogeno potrebbe, stante l’attuale tecnologia di accumulo, essere l’unica scelta per decarbonizzarli.
Studiando i flussi degli investimenti in ricerca, forse si potrebbe capire se l’attuale tecnologia di accumulo sia solo transitoria, o destinata a restare con i suoi limiti nei prossimi anni/decenni.
Tenga presente, Emanuele, che “disperdere” l’energia che arriva dal sole è a costo zero, mentre non utilizzare quella prodotta da costosi impianti fotovoltaici o eolici è a tutti gli effetti una perdita economica. Recuperarla anche solo in parte attraverso la produzione di idrogeno aiuterebbe ad ammortizzare i costi d’investimento.
La sovrapproduzione non è un problema perché purtroppo adesso, e per decenni ancora, non c’è.
Fino a quando l’elettricità è poca bisogna cercare di usarla nella maniera più efficiente possibile (leggi batterie) e anche l’eventuale idrogeno prodotto va usato nel modo più efficiente possibile (quindi in caldaie per produzione di calore).
Ok, ma secondo lei come faremo volare gli aerei per 5 mila km? O le navi per 5.000 miglia nautiche?
Questo è un problema che si porrà fra 50 o 100 anni, prima sarà necessario sostituire tutti i miliardi di tonnellate di combustibili fossili usati per produrre elettricità , per produrre calore, per i trasporti terrestri, ecc. con fonti energetiche rinnovabili, e dubito che fra cinquanta anni saremo vicini a questo scenario. La soluzione potrebbero essere i carburanti sintetici (idrogeno + carbonio da biomasse), ma fra 50 o 100 anni chissà quante cose saranno cambiate.
Purtroppo i climatologi ci dicono che non abbiamo tutto questo tempo; solo una decina di anni al massimo. E gli obiettivi dell’Unione europea e dell’Accordo di Parigi sono chiarissimi: decarbonizzazione totale entro il 2050.
Massimo, concordo sulla precisazione che la dispersione post conversione (luce-elettroni, vento-elettroni, acqua-elettroni etc.) è una perdita economica per i titolari degli impianti coinvolti.
Ma avevo specificato che “irrobustire, espandere ed evolvere la rete di distribuzione elettrica internazionale, per poter migliorare gli scambi” sembrerebbe una/la soluzione ovvia e banale al problema, visto che la terra ha 24h/24 parti con eccesso di energia (il 50% irraggiato dal sole) e parti in difetto di energia (la metà immersa nella notte). Non che abbia inventato io la cosa: linee di tramissione ad altissima tensione in corrente alternata o in continua (HVDC) per lunghissime distanze sono in produzione e la ricerca continua per ridurre ulteriormente le perdite. Ora abbiamo reti elettriche regionali e nazionali, embrioni di quelle continentali (European super grid): non è da visionari pensare a una “global grid” per “massimizzare l’autoconsumo della corrente elettrica ” trasformata dai vari impianti sostenibili nel mondo. (tra doppi apici, l’esortazione che si fa ai neo proprietari di impianti fotovoltaici).
Infine, ovvio, se nessuno la vuole, si pensa a dove immagazzinare la restante energia, accettando le perdite dovute alle trasformazioni necessarie per farlo (idrogeno, potenziale con acqua o pietra etc., flow, litio).
Chiudo con il caveat che fa impazzire i negazionisti: la distribuzione e l’accumulo possono procedere, in ricerca e in implementazione, in parallelo.
Marcus, come ricorda opportunamente Massimo Degli Esposti citando l’IPCC, la festa è finita sul serio: varie proiezioni concordano nel dire che è imperativo “smettere di bruciare qualsiasi cosa”, biocarburanti o petrolio che sia, se vogliamo passare la metà del secolo. Quando dovremmo essere tra i 9 e gli 11 miliardi a respirare l’aria del pianeta e con stimati 200 milioni di migranti/persone che cercheranno di scappare dalle zone diventate invivibili.
Nel dibattito nazionale, spesso vacuo e inconcludente, tra l’altro si dimentica spesso di dire che l’Italia stessa è a rischio diretto, perché le statistiche dell’ultimo decennio (2010-2020) mostrano inequivocabilmente una riduzione in termini assoluti delle precipitazioni (ci stiamo desertificando: addio a pomodori, arance e uva).