Un team di ricercatori del Worcester Polytechnic Institute e dell’Argonne National Laboratory del DOE ha sviluppato un processo a circuito chiuso per il riciclo del litio dalle batterie a fine vita. A basse emissioni, totalmente pulito e in grado di rimettere in circolazione il 99,8% del prezioso metallo, allo stato puro.

L’approvvigionamento del litio è uno dei problemi che assillano i costruttori di auto in previsione del passaggio alla propulsione elettrica di massa. Si prevede infatti che la domanda di litio, spesso chiamato “petrolio bianco“, crescerà più rapidamente della domanda di qualsiasi altro metallo chiave necessario per le batterie delle auto. E i prezzi già lo dimostrano con quotazioni schizzate sopra i 35 dollari al chilo. Oltre il 40% in più dell’anno scorso e quattro volte più del 2018.
La quantità di litio contenuto in una batteria varia a seonda della capacità e del design. Meidamente si calcola che una batteria da 60 kWh contenga almeno 10 kg di litio.
Ne servirà 40 volte di più nel 2040
L’Agenzia internazionale per l’energia ha previsto che la domanda aumenterà di oltre 40 volte entro il 2040, se i Paesi del mondo rispetteranno i piani di elettrificazione del trasporto secondo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi per ridurre le emissioni di gas serra. E la frenetica ricerca di nuovi giacimenti e nuovi sistemi di estrazione faticherà a soddisfare la domanda, pur essendo il litio il quarto elemento più abbondante sulla Terra. Ma la gran parte è inaccessbile con le attuali tecnologie estrattive, o troppo costoso da estrarre. Per esempio quello disciolto in gran quantità nell’acqua di mare.
Per questo è cruciale il recupero e il riciclo del litio già utilizzato nelle batterie agli ioni di litio giunte a fine vita.
Riciclo totale, sostenibile e più economico
In un articolo pubblicato su Green Chemistry , i ricercatori del team del Politecnico di Worchester, negli Stati Uniti, scrivono di aver sviluppato «un processo sostenibile di recupero del litio, che può selettivamente lisciviare e recuperare il litio con l’acido formico prima di riciclare i metalli preziosi. Con il metodo riportato, il litio può essere recuperato al 99,8% da materiali catodici di ossido stratificati con una purezza del 99,994%».
Il loro metodo di recupero, aggiungono, è meno costoso di quello consolidato, detto idrometallurgico, e di quello più energivoro e meno efficace pirometallurgico (leggi). Il risparmio rispetto al primo sarebbe dell’ordine dell’11,15%.
Inoltre «tutte le sostanze chimiche possono essere riutilizzate tramite un facile processo di distillazione, consentendo così un processo a circuito completamente chiuso per il recupero del litio rispettoso dell’ambiente».
Gli strateghi delle decarbonizzazione stimano che nuovi giacimenti e nuovi metodi di estrazione del litio possano consentire di rifornire l’industria delle batterie fino a coprire l’intero parco auto mondiale, oggi di poco superiore a un miliardo di unità. Il fabbisogno dell’industria automobilistica mondiale, che oggi ammonta poco meno di 100 milioni di veicoli all’anno, potrebbe essere soddisfatto dal metallo “vergine” in una prima fase. Successivamente, però, sarà necessario alimentarlo quasi esclusivamente con il riciclo del litio.
Spudomene o salamoia, ma l’estrazione è un problema
Oggi, scrive il New York Time in una recente inchiesta, la maggior parte del litio proviene da due fonti: rocce e salamoia. I metodi di estrazione sono abbastanza diversi.
Il primo metodo prevede lo scavo di un minerale chiamato spodumene che contiene alte concentrazioni di litio . L’Australia, il più grande produttore mondiale, si basa principalmente su questa tecnica. Lo spudomene viene estratto a pozzi aperti, come l’oro e il minerale di ferro, con analoghi problemi ambientali.

Come si tutt’oggi si fa con le batterie al piombo, ed è giusto e corretto, riciclare tutti i prodotti possibili.
Il punto cruciale è non produrre più oggetti che non possano avere più di una vita, è questione di sopravvivenza del pianeta vivibile, e di conseguenza di tutte le specie esistenti.