L’ultimo disastro ecologico è a firma di Wakashio, la nave giapponese arenatasi contro una barriera corallina il 25 luglio con 4.000 tonnellate di carburante a bordo. L’incidente ha creato una marea nera che si vede dallo spazio. Centinaia di tonnellate di idrocarburi a macchiare il mare cristallino della costa delle Mauritius.
Eppure dell’inquinamento marino da petrolio si parla poco. Quando si parla di barche elettriche invece non manca la classica domanda: E il litio? E le batterie? Ma solo in Mediterraneo ogni anno si sversano ogni anno 100.000 tonnellate di idrocarburi.
Le barche a motore inquinano ogni giorno oltre a provocare disastri ecologici
Chiaro che nessun materiale inquinante deve finire in mare e la dispersione del litio nel mare sarebbe un problema. Ma le batterie si possono recuperare e non c’è un trasporto continuo di litio. La differenza chiara è questa: le barche elettriche non sversano idrocarburi e non producono emissioni. Quelle a derivati del petrolio sempre e continuamente e in caso di incidente creano disastri ecologici.
Per fortuna sulla Wakashio sono intervenute delle unità di soccorso che hanno pompato al sicuro gran parte degli idrocarburi dei serbatoi. Si è impedita una catastrofe ben maggiore nella barriera corallina considerata un santuario, riconosciuto dalla convenzione di Ramsar, per la fauna selvatica di rilievo mondiale.
Ma di disastri ecologici “petroliferi” è disseminato il mare. E soprattutto l’inquinamento da idrocarburi è giornaliero e sempre in azione.
Le batterie si possono recuperare, i costi immensi dei disastri da petrolio
Se una barca/nave elettrica si rompe negli oceani non è per niente facile recuperare le batterie. Ma può succedere come ha testimoniato a Vaielettrico.it il velista oceanico Matteo Miceli (leggi qui). Soprattutto lungo la linea di costa e nei laghi l’operazione non presenta difficoltà insormontabili. Non sempre, invece si riesce a recuperare il petrolio disperso in mare dopo gli incidenti. Pensiamo in Italia alle 140 mila tonnellate d’idrocarburi dispersa in mare a seguito dell’incidente della petroliera Haven, in Liguria nel 1991.
Ogni anno oltre 100 mila tonnellate di greggio disperse nel Mediterraneo
Secondo i dati di UNEP MAP riportati da Legambiente: “Ogni anno finiscono in mare e quindi in parte anche sulle coste del Mediterraneo oltre 100 mila tonnellate di greggio“.
Stop ai disastri ecologici
Sempre secondo l’associazione ambientalista: “Il rapporto State of the Mediterranean Marine and coastal Environment della Convenzione di Barcellona, decuncia che il traffico marittimo costituisce la fonte principale di inquinamento da idrocarburi“. Sono quantità di diversa origine e finite nel mare per diversi motivi ma sempre legate all’economia del petrolio. Che non si può difendere e preservare con la scusa della dispersione delle batterie al litio in mare.
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[…] le nostre acque. La lista degli incidenti è infinita. Nell’agosto 2020 abbiamo scritto di Wakashio, la nave giapponese arenatasi contro una barriera corallina con a bordo ben 4.000 tonnellate di […]
La colpa non è del petrolio la colpa è dell’incompetente ubriaco che ha guidato questa nave sopra la barriera corallina……..
E’ completamente indifferente la causa dell’incidente. L’articolo fa riferimento alla notizia di cronaca ma parla dello sversamento di idrocarburi in mare. Un fenomeno che va oltre gli incidenti. E il problema è il petrolio. Basta affacciarsi in un qualsiasi porto per vedere macchie di idrocarburi che galleggiano. Sono ben 100.000 le tonnellate che si perdono ogni anno nel Mediterraneo. Il petrolio è veleno, tentiamo di fare il possibile per usarne il meno possibile.
Lo stesso vale peraltro per il trasporto via terra o treno. Non sono di molto tempo fa l’incidente in Toscana del treno che trasportava carburanti o lo schianto a Bologna dell’autocisterna sull’autostrada. 2 palle di fuoco. E questo solo in Italia
Essendo tutte inquarature di dettaglio, le fotografie che corredano l’articolo non consentono di rendersi conto dell’estensione del disastro ambientale in corso nella zona, nonostanti le operazioni di contenimento.
Questa fotografia satellitare annotata dell’ESA mostra un po’ meglio il quadro della situazione:
https://www.esa.int/ESA_Multimedia/Images/2020/08/Mauritius_oil_spill
Resto in attesa dei commenti “illuminati” di quelli che “ho perso ogni certezza, lasciatemi almeno il motore a scoppio”
almeno una bella fumata densa e nerissima