Dopo la Cina, gli Stati Uniti vogliono imporre nuovi dazi sull’importazione di pannelli solari nei confronti dei produttori del sud est asiatico. La decisione finale verrà presa entro la fine di novembre: le nuove tariffe potrebbero andare dal 2,85% del Vietnam al 23,06% della Thailandia.Â
E’ una guerra commerciale a tutti gli effetti e gli Stati Uniti hanno deciso di percorrerla fino in fondo. E si combatte attorno alle tecnologie principali della transizione green, dalle auto elettriche al fotovoltaico.
Dazi, gli Usa hanno già imposto dazi ai pannelli fotovoltaici importati dalla Cina
Si spiega in questo modo la nuova offensiva del dipartimento del Commercio del governo Usa contro le economie emergenti del sud est asiatico. A pochi settimane dalla decisione che ha imposto dazi fino al 100% per l’importazione di auto elettriche dalla Cina, arrivano tariffe aggiuntive sui produttori di pannelli solari.
La proposta arriva in seguito all’indagine del dipartimento del Commercio che ha proposto dazi differenti a seconda delle irregolarità riscontrate, che vanno dai sussidi di Stato irregolari ai prezzi di vendita inferiori ai costi di produzione.
Sotto accusa le pratiche di dumping
La decisione finale verrà presa entro la fine di novembre. Al momento, le tariffe generali preliminari sarebbero dell’8,25% per la Cambogia, del 9,13% per la Malesia, del 23,06% per la Thailandia e del 2,85% per il Vietnam. Complessivamente, secondo fonti citate da Bloomberg, i dazi sarebbe inferiori alle previsioni.
Il Dipartimento per il Commercio si è mosso anche su segnalazione di alcuni dei principali produttori di pannelli solari statunitensi, secondo i quali le aziende asiatiche hanno conquistato quote rilevanti di mercato utilizzando lo strumento del dumping.
E del resto, nella primavera scorsa erano già stata reintrodotta una tariffa aggiuntiva del 15% sui pannelli bifacciali cinesi. Per l’amministrazione di Washington è una guerra senza se e senza ma per la difesa della produzione interna.
Se gli USA danno milardate di dollari per riportare la produzione a casa, oltretutto con risultati pare deludenti, è un giusto investimento. Se gli altri sostengono investimenti in ricerca e sviluppo produttivo è dumping. Che poi come facciano sti straccioni di emergenti a pagarci metà del prezzo delle auto e dei pannelli fotovoltaici che compriamo, qualcuno dovrebbe spiegarmelo.
alla fine, come per l’automotive, si torna sempre al solito punto (come nel “gioco dell’oca 🦆” : sedersi al tavolo del WTO e discutere come riequilibrare equamente gli scambi, senza dazi, politiche di dumping malevole ed altri artifici.
I “pesi” delle varie nazioni son cambiati da decenni; alcune sono cresciute parecchio (a volte per eccesso di cupidigia dei nostri imprenditori che han delocalizzato), altre sono “calanti” per perdita competitività (fattori di scala o esogeni – costo energia- , cattiva imprenditoria che non investe e punta solo sullo sfruttamento eccessivo dei fattori di produzione).
Anche il mercato dei componenti per produzioni F.E.R. rientra oramai negli “strategici” e quindi tutti cercheranno di salvaguardare l’indipendenza nazionale (tranne l’Italia ? ) per difendere le proprie produzioni o di dipendere eccessivamente da stati “poco amici”..