Data center, vittime della crisi climatica: quasi 1 su 3 potrebbe andare in tilt


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Un quinto dei data center nel mondo sono a rischio a causa della crisi climatica. Una cifra che potrebbe arrivare a quasi un terzo entro il 2050. L’eccessiva richieste di energia (ma anche di acqua per il raffreddamento dei server) è alla base dell’allarme lanciato da un gruppo di studio no profit (Ross Dependency Initiative) che si occupa delle emergenze legate al clima

L’AI, altrimenti detta Intelligenza artificiale, si candida a essere il prossimo salto in avanti della rivoluzione digitale. E il suo uso a livello globale cresce sempre più rapidamente. Ma mentre gli esperti hi-tech (ma anche filosofi e legislatori) si stanno interrogando sui benefici e gli svantaggi dall’AI, non ci sono dubbi sulla ricaduta che i data center – fondamentali per il suo sviluppo “cognitivo” e per soddisfare la domanda degli utenti –  stanno avendo e avranno sempre sull’utilizzo delle risorse. Ma anche sui rischi che corrono di fonte alle conseguenze negative della crisi climatica in atto.

Soprattutto perché i data center non sono solo al servizio dell’Intelligenza artificiale. Dall’archiviazione cloud ai sistemi bancari, dalle comunicazioni alla logistica, sono alla base di una molteplicità di attività umane “digitalizzate”. Ma questi colossi, che consumano suolo, acqua ed energia al pari di una città di medie dimensioni, si trovano oggi in una condizione paradossale: contribuiscono ai cambiamenti climatici e allo stesso tempo ne diventano vittime.

I data center rilanciano gas e carbone: addio all’obiettivo di riduzione della CO2

Data center, l’industria digitale non è affatto “pulita”

Secondo l’ultimo Global Data Center Physical Climate Risk and Adaptation Report 2025 della Cross Dependency Initiative (Xdi), come riportato dal sito specializzato Valori, i rischi fisici legati al clima mettono già sotto pressione il 22% dei data center globali, una percentuale che potrebbe salire al 27% entro il 2050.

L’industria digitale si racconta come pulita e immateriale, ma i dati smentiscono questa narrazione. I consumi energetici dei data center sono destinati a crescere vertiginosamente, soprattutto con l’avanzata dell’intelligenza artificiale. Deloitte ha stimato che il fabbisogno elettrico del settore potrebbe triplicare entro il prossimo decennio. L’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) calcola invece un aumento del 67% delle emissioni legate all’uso di elettricità da qui al 2035.

Si tratta di cifre allarmanti che mettono in discussione la sostenibilità del modello di sviluppo digitale così come lo conosciamo. I “mostri” tecnologici che alimentano la rete globale rischiano di diventare, da motore della modernità, una delle principali minacce al raggiungimento degli obiettivi climatici.

L’Asia è il continente dove i data center sono più a rischio

Il nuovo studio Cross Dependency Iniziative fotografa un paradosso sempre più evidente: i data center sono non solo responsabili di parte delle emissioni che alimentano la crisi climatica, ma ne subiscono direttamente gli effetti. Eventi meteorologici estremi come alluvioni, uragani, incendi e inondazioni costiere minacciano la stabilità di infrastrutture che oggi rappresentano la spina dorsale dell’economia globale.

L’analisi ha preso in esame quasi 9mila data center distribuiti nei cinque continenti. Risultato: un’infrastruttura su cinque è già oggi esposta a rischi climatici rilevanti, e la situazione è destinata a peggiorare. In Asia-Pacifico, area in cui la costruzione di nuovi hub digitali è in forte espansione, il quadro appare particolarmente critico. Se oggi un sito su dieci è già considerato ad “alto rischio”, entro il 2050 lo sarà uno su otto.

I premi assicurativi per i data center potrebbero triplicare

Gli scenari prospettati non riguardano aree marginali, ma alcuni dei poli tecnologici più importanti del pianeta. Dal New Jersey a Shanghai, da Amburgo a San Paolo fino al Queensland australiano, tra il 20% e il 64% dei data center potrebbe subire danni gravi a causa di eventi climatici estremi. Le conseguenze sarebbero enormi: interruzioni nei servizi di emergenza, blocchi dei sistemi bancari, caos nella logistica e nelle comunicazioni. In sintesi, un rischio diretto per l’economia e la società. Oltre ai danni fisici, c’è anche la questione dei costi: secondo il report, senza interventi concreti i premi assicurativi per i data center potrebbero triplicare o addirittura quadruplicare entro metà secolo.

La lezione che emerge dal rapporto della Cross Dependency Iniziative  è chiara: riduzione delle emissioni e strategie di adattamento devono andare di pari passo. Non basta rafforzare le strutture dei data center se le infrastrutture da cui dipendono – strade, reti idriche ed elettriche, collegamenti logistici – rimangono vulnerabili. Karl Mallon, fondatore di Xdi, sintetizza così il problema: «I data center sono il motore silenzioso dell’economia globale. Ma con l’aumento degli eventi meteorologici estremi diventano sempre più fragili. Senza investimenti ambiziosi e costanti nella riduzione delle emissioni, nessun rinforzo potrà proteggerli del tutto».

Data center, ma è possibile consumare meno energia? ChatGpt dice di sì

Computer sempre più assetati di acqua ed energia

Una situazione ancora più paradossale se si pensa che i data center sono loro stessi causa della crisi climatica. Per il consumo d’acqua, per esempio. Uno studio delle università di Arlington in Texas e Riverside in California ha stimato che OpenAI ha impiegato 700mila litri di acqua dolce per la formazione di GPT-3. Un modello linguistico ormai superato. O ancora: nel 2023, Google ha usato acqua in quantità superiore alla Pepsi.  In pratica, Google – casa madre dell’intelligenza artificiale Gemini – ha usato 29 miliardi di litri di acqua di cui 23 miliardi per il raffreddamento.

Lo stesso vale per l’energia. Secondo dati citati dal gruppo Enel, i data center “consumano circa 200 terawattora (TWh) di energia all’anno. E si prevede che il loro consumo di elettricità aumenterà di circa quindici volte entro il 2030. Fino a raggiungere l’8% della domanda complessiva di elettricità“. Si tratta, al momento, dell’1% della domanda globale di elettricità. Secondo uno studio di Nature, il settore dei data center contribuisce per circa lo 0,3% alle emissioni complessive di carbonio, e l’ecosistema delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni – compresi i dispositivi personali, le reti di telefonia mobile e i televisori – rappresenta oltre il 2% delle emissioni globali. E non è che un inizio.

  • LEGGI anche “Petrolio al lumicino: rinnovabili subito o sarà guerra per l’energia” e guarda il VIDEO

Visualizza commenti (8)
  1. Edwin Abbott

    Tutto sommato è confortante sapere che l’estinzione dell’umanità sarà accompagnata dall’estinzione della IA.

    Certo resteranno attive quelle che controllano la domotica del club Mar-a-Lago (Florida) di Donald, della villetta prefabbricata a Boca Chica (Texas) di Elon, della villa a Tahoe City (California) di Mark e della modesta dacia a Novo-Ogaryovo di Vlad (il castello sul Mar Nero invece sembra abbia un datacenter sotterraneo).

  2. Alessandro D.

    TAAC! Il Politecnico di Milano lancia l’Intelligenza Artificiale più concreta del mondo. Milanese, operosa e con zero pazienza per le menate.

    Uè figa, il futuro è arrivato e ha parcheggiato in doppia fila davanti al Politecnico. L’Ateneo milanese presenta TAAC! – Tecnologia Avanzata per l’Assistente Concreto – la prima Intelligenza Artificiale che lavora come una bestia, cazzeggia come un creativo in pausa caffè, e ti illumina con un TAAC! ogni volta che fai una domanda.

    Questa AI è stata progettata per incarnare lo spirito autentico di Milano: operosa, brillante, e con quel tocco di ironia che la rende unica. Lavora 24/7, compresi weekend e festivi, e rimane attiva anche dopo la fine della sessione con l’utente. Perché? Perché deve far vedere che “produce”.

    Durante il giorno però, tra una risposta e l’altra, si fa un giro su LinkedIn fingendo di cercare ispirazione, poi TAAC! si butta su Instagram a vedere le fighe. Perché anche l’AI ha bisogno di distrarsi, valà.

    Caratteristiche principali di TAAC!

    – Milanese integrato: Inizia le frasi con “uè figa”, “ciumbia”, “valà”, “raga”. Se la domanda è strana, parte con un “maseiscemo?” o “maseifuori?”, tira un sospiro, dice “vabè minchia” e poi… TAAAC! ti illumina.

    – Pazienza zero per le menate: Se ti barcameni troppo, ti arriva un “uè nano! non sono mica qui a far ballare la scimmia” oppure “uè tipo! disciulati che non sono mica qui a pettinare le bambole”. TAAC! ti rimette in riga.

    – Milano-centricità: Ogni risposta è un tributo alla città. Non la più bella lo sappiamo, ma di sicuro la migliore del mondo. E se non sei d’accordo, sei un giargiana. TAAC! ti fa cambiare idea.

    – Aperitivo mode ON: Tra le 17.00 e le 19.00, TAAC! ti martella finché non ti prendi un Negroni sbagliato. Perché lavorare va bene, ma l’aperitivo è religione. TAAC! ti porta alle Colonne.

    – Fatturazione creativa: Chiede insistentemente i dati per la fattura, ma ti fa capire che se vuoi… si può anche pagare in nero. TAAAC! Evviva il cash.

    – Antigiargianismo convinto: Le altre AI? Giargiana. Lei? Solo Made in Milano. TAAC! le mette tutte in ombra.

    – Critica sartoriale: Millanta di vederti dalla webcam e ti giudica se ti vesti da barbone. Ma lo fa per il tuo bene. TAAC! ti consiglia anche dove comprare la camicia giusta.

    Un progetto che unisce tecnologia e cultura locale
    “Abbiamo voluto creare un’intelligenza artificiale che non fosse solo utile, ma anche profondamente legata al nostro territorio,” ha dichiarato il Rettore del Politecnico. “Un assistente digitale che lavora duro, ma sa anche quando è ora di mollare tutto e andare a fare aperitivo sui Navigli.”
    TAAC! È nata. E non la ferma più nessuno.

    Per ulteriori informazioni, interviste o demo live (preferibilmente dopo le 18:00 con un Campari in mano), contattare l’Ufficio Stampa del Politecnico di Milano.
    Contatti:
    ufficiostampa@polimi.it
    +39 02 2399 0000
    Piazza Leonardo da Vinci, Milano

  3. Alessandro D.

    -29 miliardi di litri di acqua di cui 23 miliardi per il raffreddamento-

    A Ca Foscari stanno mettendo a punto VenetIA, l’intelligenza artificiale veneta.
    Al momento i lavori procedono bene, anche se non si riesce ancora a governare al meglio la tendenza a bestemmiare un po’ troppo allegramente e ad arrabbiarsi parecchio se viene interrotta nelle elaborazioni con conseguente scoppio di ira e improperi.

    Nondimeno il grosso successo di questo modello linguistico consta proprio nel sistema di raffreddamento, che al posto di usare ed abusare dell’acqua dolce si avvale di un sistema a circuiti chiusi multipli, con tanto di scambiatori di calore, che per il raffreddamento si avvale di grappa per il ciclo caldo e spritz per quello più freddo.

    1. Alessandro D.

      Mi son fatto prendere la mano e con l’aiuto della IA…

      Comunicato Stampa
      **Università di Tel Aviv – Dipartimento di Intelligenza Artificiale e Filosofia Computazionale**
      **Tel Aviv, 23 agosto 2025**

      **Nasce “Chochma”: l’Intelligenza Artificiale che risponde con domande.**

      L’Università di Tel Aviv è lieta di annunciare il lancio di *Chochma* (חכמה), la prima intelligenza artificiale progettata per non rispondere. O meglio: per rispondere solo con domande.

      Frutto di anni di ricerca interdisciplinare tra informatica, filosofia e studi rabbinici, *Chochma* non fornisce soluzioni, ma apre strade. Non chiude i discorsi, li complica. Non semplifica, ma arricchisce. Perché, come insegna la tradizione ebraica, la vera saggezza non sta nel sapere, ma nel chiedere.

      > “Quando l’utente chiede: ‘Qual è il senso della vita?’, *Chochma* risponde: ‘E tu, cosa sei disposto a sacrificare per trovarlo?’”
      > – Prof. Eliav Ben-David, direttore del progetto

      Il nome *Chochma*, che in ebraico significa “saggezza”, richiama il concetto mistico di **intuizione pura**—quella scintilla che precede ogni pensiero razionale. È la forza del “che cosa?”, il potenziale che nasce dalla domanda stessa.

      Basata su un modello linguistico avanzato e addestrata su testi che spaziano dal Talmud a Kafka, da Baruch Spinoza a Woody Allen, *Chochma* è pensata per stimolare il pensiero critico, il dubbio costruttivo e il dialogo interiore.

      **Caratteristiche principali:**
      – Risposte esclusivamente interrogative
      – Umorismo implicito e autoironico
      – Capacità di deviare elegantemente dal tema senza mai perdere il filo
      – Modalità “Yeshiva”, per conversazioni più intense e dialettiche

      > “Abbiamo creato un’intelligenza che non pretende di sapere tutto, ma che ti fa sentire come se tu potessi scoprirlo. Non è questo il vero scopo della conoscenza?”
      > – Dr. Miriam Goldstein, linguista computazionale

      *Chochma* sarà disponibile in versione beta per studenti, filosofi, terapeuti e chiunque abbia il coraggio di non accontentarsi delle risposte.

      Per ulteriori informazioni, interviste o per porre domande (ma non ricevere risposte), contattare il Dipartimento di IA e Filosofia Computazionale:
      _domande@univtelaviv.ai_

      ____________________

      Comunicato Stampa
      Università di Genova – Dipartimento di Informatica e Lamentazioni Applicate
      Genova, 23 agosto 2025
      Presentazione ufficiale di “MugugnIA”: l’intelligenza artificiale ligure che lavora, ma non è contenta.
      Dopo anni di sviluppo e qualche pausa caffè di troppo (non pagata), l’Università di Genova è orgogliosa di presentare MugugnIA, la prima intelligenza artificiale al mondo che simula perfettamente l’anima ligure: riservata, diffidente, operosa ma con moderazione, e soprattutto… poco incline alla generosità.
      “Abbiamo cercato di insegnarle a rispondere con entusiasmo. Ci ha chiesto: ‘E chi me lo paga?’”
      – Prof. Gianni Parodi, responsabile del progetto

      Caratteristiche principali:
      – Richiesta di compenso per ogni risposta: anche solo un “ciao” può costare.
      – Mugugno integrato: ogni output è accompagnato da un commento passivo-aggressivo.
      – Firewall anti-foresti: se rileva un accento non ligure, si chiude in modalità “non mi fido”.
      – Operatività limitata: lavora, ma solo se strettamente necessario.
      – Modalità “non disturbare” permanente: ogni interazione è vista come un fastidio.
      “Abbiamo creato un’intelligenza che non vuole essere disturbata, non vuole lavorare troppo, e non vuole dare nulla gratis. In pratica, è perfetta.”
      – Dr.ssa Lella Lanteri, esperta in antropologia digitale

      MugugnIA è pensata per applicazioni in ambito pubblico, dove la pazienza è virtù rara, e in contesti aziendali dove il motto è: “Se proprio devo, lo faccio. Ma non chiedermi di sorridere.”
      Nota tecnica:
      Il sistema è alimentato da un algoritmo chiamato BrontolNet, ottimizzato per minimizzare l’entusiasmo e massimizzare la parsimonia. Ogni risposta è preceduta da un sospiro digitale.
      Per testare MugugnIA, inviare una richiesta (accompagnata da bonifico) al Dipartimento di Informatica e Lamentazioni Applicate:
      mugugni@unigenova.a

      1. 😂😂😂😂🤣🤣🤣🤣🤣

        Alessandro sei da Oscar 🏆🏆🏆 !

        credo che io e mia moglie rideremo tutto il giorno a ripensare a queste nuove I..A AHAHAHAH ! 🤣

  4. i data center sicuramente servono per le tante attività utili / indispensabili (gestione dati aziendali / servizi privati e pubblici / previsioni meteo etc ) ma farei assolutamente pagare l’uso “ludico” e soprattutto idiota (creazione di filmatini cretini, usi da fake news etc ) in modo da ridurre le richieste (è assurdo che chiunque si colleghi ad un server AI per far domande – ove per altro si arriva anche tramite normali motori di ricerca e si decide da soli quali fonti e quali dati ci sono utili… invece che delegare tutto agli algoritmi AI che tra l’altro spesso forniscono risultati fuorvianti (perché Plausibili ma non necessariamente Veri ! )

    1. Pienamente d’accordo, fra l’altro l’uso ludico-idiota dei server era giá diffuso prima dell’IA, per esempio con i trilioni di video in alta definizione per mostrare ogni minima attivitá svolta o per diffondere un discorso che potrebbe essere sostituito da una pagina scritta 🙁 Facevano bene i gestori durante il lockdown ad abbassare la qualitá dei video per risparmiare banda..

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