Solo nel 2025 i danni climatici sono già costati all’economia italiana 11,9 miliardi di euro: quasi quanto il Ponte di Messina o come 20 volte quello degli ecoincentivi per l’auto elettrica (597 milioni). Nell’Ue il conto sale a 43 miliardi. E potrebbe salire a 126 miliardi nel 2029.
Quella di quest’anno è stata una delle estati più costose di sempre per l’Europa. Secondo un nuovo studio guidato da Sehrish Usman dell’Università di Mannheim con due coautori della Banca Centrale Europea, le ondate di calore, la siccità e le inondazioni del periodo giugno-agosto 2025 hanno già causato perdite macroeconomiche a breve termine per circa 43 miliardi di euro, con costi a medio termine che dovrebbero salire a circa 126 miliardi di euro entro il 2029.
Lo studio (qui il testo integrale) dimostra che l‘impatto macroeconomico a breve termine dei danni climatici di quest’estate nell’UE supera già le “perdite economiche” dirette derivanti da tutti i danni da calamità naturali per l’intero 2024, che secondo i riassicuratori di Swiss Re sono ammontate a 31 miliardi di euro.
In fumo lo 0,74% del valore aggiunto europeo
Le proiezioni dicono che le condizioni meteorologiche estreme di quest’estate costeranno all’UE circa lo 0,74% del “valore aggiunto lordo” (GVA). Spagna, Francia e Italia sono le più colpite, ognuna delle quali deve far fronte a perdite a medio termine di oltre 30 miliardi di euro.

Per l’Italia, si prevede che le perdite regionali totali stimate siano di 11,9 miliardi di euro nel 2025 e di 34,2 miliardi di euro nel 2029, che equivalgono approssimativamente allo 0,61% e all’1,75% del GVA (PIL) italiano del 2024.
Lo studio contiene anche dei casi di studio a livello regionale, di cui uno sulla regione Lombardia, colpita a inizio e a fine estate da forti temporali che hanno causato allagamenti e gravi danni. Secondo le stime degli autori, le perdite di GVA della regione Lombardia sono previste a 2,5 miliardi di euro nel 2025 e a 7,65 miliardi di euro nel 2029, pari rispettivamente allo 0,55% e all’1,70% del VAL della regione nel 2024.
Gli autori avvertono che «queste stime sono probabilmente conservative», in quanto non tengono conto dell’impatto cumulativo delle ondate di calore e della siccità e non includono altri rischi, come gli incendi boschivi consistenti nei mesi di luglio e agosto o i danni causati dalla grandine e dal vento delle tempeste. I fenomeni meteorologici estremi, infatti, possano ostacolare le economie non solo direttamente, ma anche su periodi più lunghi.
Mitigazione e adattamento costano, il non fare di più
In totale, 96 regioni hanno sperimentato ondate di calore, 195 hanno sofferto di siccità e 53 sono state colpite da inondazioni. Tutti e tre i tipi di eventi ostacolano l’attività economica in modi diversi: il caldo riduce la produttività (ad esempio, nell’edilizia e nell’ospitalità); la siccità colpisce principalmente l’agricoltura; i temporali causano danni diretti alle infrastrutture e agli edifici, oltre a perdite indirette, come l’interruzione delle catene di approvvigionamento.
Oltre all’urgente riduzione delle emissioni, i ricercatori chiedono di aumentare gli investimenti nell’adattamento al clima, come la protezione dal calore nelle città e una migliore gestione delle acque. Allo stesso tempo, sottolineano che le misure sono di per sé costose e non sempre rappresentano l’uso più produttivo dei fondi pubblici. Ma il costo dei danni climatici è superiore.
L’analisi utilizza il quadro di riferimento di Usman et al. (2025), pubblicato per la prima volta come Working Paper della BCE e ora sottoposto a peer-review e accettato per la pubblicazione a settembre sulla prestigiosa European Economic Review.
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