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Crisi climatica, l’Italia non ha fatto i compiti

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crisi climatica

L’Italia non ha fatto i compiti contro la crisi climatica: è in coda tra i Paesi europei e in ritardo anche rispetto a molti altri nel mondo. Nella classifica stilata dal rapporto annuale di Germanwatch, CAN e NewClimate Institute presentato ieri a COP 29 di Baku, recupera solo una posizione rispetto all’anno precedente (dal 44esimo al 43esimo posto) quando precipitò di 15 posizioni.

auto elettriche in stalloLa classifica annuale del Germanwatch Institute: Italia solo 43esima su 63 Paesi nel contrasto alla crisi climatica

Sul risultato continuano a pesare il rallentamento della riduzione delle emissioni climalteranti (38° posto della specifica classifica) e una politica climatica nazionale (il nostro Piano Nazionale Integrato Energia e Clima merita solo il 55° posto della specifica classifica) fortemente inadeguata a fronteggiare l’emergenza climatica.

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Il rapporto annuale di Germanwatch, CAN e NewClimate Institute prende in considerazione la performance climatica di 63 Paesi, più l’Unione Europea nel suo complesso. Insieme rappresentano oltre il 90% delle emissioni globali.

La performance è misurata, attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), prendendo come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030. Il CCPI si basa per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.

Ma nessuno nel mondo è in linea con gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi

Danimarca, Olanda e Regno Unito guidano la classifica di quest’anno. Tuttavia si classificano tutte fuori dal podio, che non viene assegnato perchè nessun Paese è in linea con gli impegni dell’Accordo di Parigi.

Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Iran formano il terzetto di coda.  La Cina perde 4 posizioni scivolando al 55esimo posto.  Preoccupa il ritardo per il phasing-out dei combustibili fossili, nonostante la continua e rapida crescita delle rinnovabili.

Gli Stati Uniti sono ancora più indietro, 57esimi, con il record di emissioni pro capite e risultati per ora scarsi del Piano IRA di Joe Biden. E ora su Washington si abbatterà l’uragano annunciato della presidenza Trump.

La maggior parte dei Paesi del G20 (responsabile del 75% delle emissioni globali), invece, si posiziona nella parte bassa. 

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La neo commissaria europea all’ambiente Teresa Ribera proprio oggi confermata dalla maggioranza PPE, PSE e Renew che guida l’Europa

L’Europa faccia da apripista della sostenibilità: con piani più ambiziosi può arrivare alle zero emissioni entro il 2024

L’Unione europea nel suo complesso rimane stabile a centro-classifica 17esimo posto), con 16 Paesi nella parte medio-alta. Davanti a noi si piazzano anche tutti i Paesi Mediterranei come Portogallo, Spagna, Grecia, Francia, Malta.

La  Germania scende di due posizioni (16°) per l’inazione politica nei settori del trasporto e degli edifici, nonostante i considerevoli progressi nelle rinnovabili.

L’Europa, fortemente colpita dalla crisi climatica, dovrebbe mettere in campo una forte leadership globale. Facendo così  da apripista con un’ambiziosa politica climatica. Secondo il report potrebbe ridurre le emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030. E dell’82% per il 2035 in modo da poter raggiungere la neutralità climatica già entro il 2040.

Tornando all’Italia, il Paris Compatible Scenario elaborato da Climate Analytics  stima che i nostro Paese sarebbe in grado di ridurre le sue emissioni climalteranti di almeno il 65% grazie al 63% di rinnovabili nel mix energetico ed al 91% nel mix elettrico entro il 2030.

E arrivare così nel 2035 al 100% di rinnovabili nel settore elettrico, confermare il phase-out del carbone entro il 2025 e prevedere il phase-out del gas fossile entro il 2035. E raggiungere la neutralità climatica già nel 2040.

Ministro ambiente
Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin.

Il commento di Legambiente: “L’Italia si nasconde dietro il dito del nucleare” 

Ma per Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, che ha collaborato alla stesura del report «l’Italia sul fronte energetico persegue una politica miope incentrata su fonti fossili e su un possibile ritorno del nucleare. Si punti su un hub nazionale delle rinnovabili, semplificando e velocizzando gli iter autorizzativi, e si riducano le emissioni del 65% entro il 2030 in coerenza con l’obiettivo di 1.5°C».

Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) è giudicato “poco ambizioso” negli obiettivi generali di riduzione delle emissioni al 2030, ma anche nelle soluzioni. Si nasconde dietro il dito del pragmatismo e della neutralità tecnologica ricorrendo ancora una volta a false soluzioni (come la CCS e il nucleare) che faranno solo perdere tempo e risorse. L’Italia rischia così di perdere competitività a livello europeo e mondiale.

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9 COMMENTI

  1. Nemmeno il Costa Rica è allineato ai parametri di Parigi ?

    eppure hanno rinnovabili 100% in costituzione
    e hanno fatto un balzo gigantesco con la ri-forestazione del territorio

    “Oggi, circa il 60% del territorio del paese è ricoperto da foreste, rispetto al 21% degli anni ’80.”

    • notevole, bella notizia

      da noi l’Austria, che già era fortunata (molto idroelelettrico) negli ultimi 2 anni ha aggiunto al mix una quota aggiuntiva di solare e potrebbe sfiorare 100% rinnovabile nel mix elettricità (e mi pare si è già permessa in questi giorni di litigare senza troppa paura con i fornitori di metano)

      leggevo non è stato causale, sono stati “precisini”, scottati dalla crisi del 2022, hanno programmato di aggiungere questa quota di solare e fatto iniziative per raggiungerla in fretta, quasi si faticava a trovare abbastanza installatori

  2. === negli ultimi 3 anni

    = Fotovoltaico
    – 2022: pannelli efficenza sino a 22%
    – 2025: pannelli efficenza fino a 25%
    cioè basta meno superfice, e prezzo pannelli si è dimezzato

    = Accumuli BESS
    negli ultimi tre anni sono passati
    – 2022: semi-container contiene 2-3 MW-h, costo 500 euro x kw-h
    – 2025: semi-container contiene 5-6 MW-h, costo 200 euro x kw-h

    = idem per Eolico su mare o su terra,
    aumentati capacity-factor e potenza, mentre prezzo scende ogni anno

    Penso il percorso più veloce nel far calare prezzi energia ed emissioni, e con minore spesa di investimento, sarebbe aspettare 1-2 anni che l’eolico off-shore scenda ancora un po’ di prezzo (e con i ritardi che abbiamo sull’attrezzare i porti per i cantieri questo ritardo sta già succendendo)

    e intanto invece sfruttare il fatto che il fotovoltaico utilty è già a prezzi stracciati, installare molto agri-voltaico a pannelli bassi, quello super-economico e senza incentivi, che aiuta anche le aziende agricole, e iniziare anche con gli accumuli,
    però bisogna modificare il decreto di primavera, quello fatto per vietare lì’agrivoltaico a pannelli bassi, e anche gli altri recenti decreti, bloccano quasi tutto e alzano i costi

    • Non avrei potuto scrivere meglio. Aggiungerei però un aspetto cruciale legato alla rivoluzione della micro-produzione e dello storage domestico plug&play. Oggi, con circa 700 euro, è possibile avere un kit completo con 2.4 kWh di micro-accumulo (inverter da 350 W, pannello da 410 W e storage), ideale per supportare piccoli impianti plug&play.

      Questa tecnologia permette non solo di ridurre la dipendenza dalla rete, ma anche di democratizzare l’accesso alle rinnovabili, offrendo una soluzione scalabile e accessibile per molte famiglie che consente di ammortizzare la volatilità dei mercati. Un futuro energetico decentralizzato, basato su micro-produzione e accumulo diffuso, potrebbe integrare perfettamente grandi impianti utility, come il fotovoltaico a basso costo e l’eolico off-shore, contribuendo ulteriormente alla riduzione dei costi e delle emissioni.

      • si ottimo anche il progresso delle installazioni domestiche e industriali con accumuli, alleggerirà la rete

        da precisare per chi legge che da sole non bastano, perchè sono installazioni più lente da far crescere negli anni, e più costose (al momento prezzi anche un po’ ancora gonfiati dal superbonus) rispetto ai grossi impianti utility,

        ma facendo molto autoconsumo, gli basta essere competitive rispetto al costo (kwh grezzo+ tasse), mentre i grandi impianti scendono a prezzi più stracciati (competono per il costo del solo kwh grezzo, vincendo rispetto alle centrali a metano), e i grandi impianti supportano anche industria, trasporti, e i centri densamente popolati delle città

        forse la situazione evolverà con l’arrivo di accumuli domestici-industriali sotto ai 100-150e per kw-h (e già quasi ci siamo, per ora aquistando on-line)
        e ancora meglio a chimica ione-sodio (si sta diffondendo in cina),
        forse privati e industrie inzierebbero la corsa spontanea installare in massa

    • L’eolico può essere assolutamente anti estetico e quindi potrebbe avere ricadute negative sulle economie che si basano sul turismo (tappezziamo di pale le colline toscane? o le piazziamo al largo delle più belle spiagge della Sardegna?). L’eolico off-shore inoltre può avere impatti non da poco sulla pesca e sulla fauna ittica, ma anche volatile.
      Meglio abbondare col fotovoltaico. Perché ad esempio non piazzare i pannelli lungo tutta la rete autostradale , oppure sopra a mo’ di tunnel? Fantascienza?

      • Buongiorno,
        == eolico eolico off-shore,
        che abbia impatti su fauna ittica e pesca mi sembra una bufala, anzi l’area diventa una zona di ripopolamento ittico;
        per decreto se vuole partecipare alle aste, deve essere oltre i 22 km dalla costa, spesso a 35-40 km dalla costa, l’acuita dell’occhio umano, senza binocolo, farebbe fatica a distinguerlo sulla linea sfumata dell’orizzonte

        purtroppo pochi gg fa in TV hanno mandato un servizio scandalistico sulla sardegna con numeri e spiegazioni errate, facendo credere che fosse visibile e più vicino alla costa, in pratica hanno sentito solo i disinformnatori senza verifiche o contraddittorio (Report, che ha il solito problema, in una puntata in cui aveva bisogno di fare audiens perchè conteva anche servizi più ostici sulla politica, ci ha messo appunti un servizio “acchiappaclick” sull’eolico)

        In Sicilia e Puglia, dove non sono stati montati contro ad arte giornalli e media come in Sardegna, l’eolico off-shore è ben voluto, hanno capito che porta lavoro, persino alle barche dei pescatori che quando non sono a pesca sono integrate nella manutenzione dell’impianto, tanta energia elettrica a minimo impatto, e alcuni benefit economici concessi ai territori

        == eolico su terra,
        i siti su terra ventosi e non vicino ad abitazioni sono relativamente pochi, e a volte contestati a prescindere (anche qui poi c’è un certo “pompaggio mediatico” fatto ad arte); è un peccato perché l’eolico su terra ha già raggiunto prezzi stracciati, come il fotovoltaico, in italia siamo sui 4 cents al kwh (in Spagna anche 3 censt), mentre l’off-shore sta ancora calando di prezzo

        per l’eolico su terra, ci sarebbero un paio di strategie per non creare conflitti:

        – priorità agli up-grade degli impianti vecchi già esistenti, tipcamente vengono tolte le vecchie intallazioni con decine di piccole turbine inefficenti e disordinate alla vista (le calssiche fotografe dei detrattori) e sostituite con poche nuove pale più alte che risultano più ordinate alla vista e generano molta più energia (spesso un raddoppio)

        – basterebbe che 0,3 centesimi per kwh prodotto dall’eolico su terra fosse destinato al Comune che lo ospita (oltre ad altri ritorni economici già presenti ora ma meno conosciuti a livello di media), a questo punto sarebbe una parte dei Comuni stessi con siti adatti a farsi avanti e anzi facilitare i progetti

        della proposta dei 0,3 cents iniziano a parlare in Germania, perché in alcune aree del loro Sud sono più “tradizionalisti” e con alcune resistenze, al conreariod i altre aree dove invece le turbine sono ben volute e fanno parte del paesaggio agricolo

      • PS: si Massimo, si può fare un sistema 100% rinnovabili che sia fatto anche a 80% di fotovoltaico ( più un 20% di altre rinnovabili, tra cui idroelettrico, eolico, biomasse, geotermico), specie considerando che la resa deio pannelli aumentera ancora negli anni;
        hanno pubblicato da poco uno studio di esempio per il Lazio;

        ma più eolico aggiungi (che va anche di notte e produce di più in inverno), e meno andranno sovradimensionati i pannelli solari,
        e anche serviranno molti meno accumuli, insomma un po’ più semplice;

        nel caso estremo con 2/3 di energia eolica, quasi non servono accumuli,
        mentre con 2/3 di solare, qualche centinaio di GW-h di accumuli (diciamo 10 kw-h a persona) è necessario, e anche un po’ di back-up a idrogeno verde

        facendo up-grade dell’eolico su terra attuale già esistente, e aggiungendo l’eolico off-shore, di pannelli solari a terra ( es agrivoltaico) secondo un calcolo approssimato ne basterebbero 900 km2 , oltre a una quota di pannelli sui tetti di abitazioni, capannoni e parcheggi (altri 200-400 km2)

        si potrebbe anche i pannelli metterli tutti sui tetti e sulle facciate, ma nella pratica questo risulta molto più lento da fare, devi avere tetti accessibi e già rifatti, e anche un più costoso (spesso sui tetti è fatto con incentivi) sia coemisntallazione che come manutenzione, mentre gli impainti a terra hanno costi stracciati, e possono essere la benezione per una tenere in piedi una azienda agricola, una fonte facle di reddito

  3. Che i ricchi e i potenti volessero morti i poveri si era capito da qualche secolo.

    La strategia è sempre stata: più poveri muoiono – per fortuna, ce ne sono tanti tanti! – più aria rimane per noi! (Sicuri!? Parola di Elon!)

    I teatranti cambiano gli abiti di scena, ma la commedia è sempre la stessa e gli allocchi applaudono.

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