Il prezzo del gas naturale sui mercati europei è sceso ulteriormente nelle ultime settimane. Con un calo del 40% dai massimi dell’anno a marzoMa il prezzo della elettricità in Borsa non è calato. Anzi, a novembre è pure risalito. In sostanza, l’eccessiva dipendenza del gas continua a pesare sulla formazione del prezzo dell’energia per le imprese e le famiglie. Mettendo ancora più in evidenza, i ritardi dell’Italia nello sviluppo delle fonti rinnovabili.
Quanto sta accadendo sul mercato dei prezzi dell’energia spiega molto bene la situazione in cui si trova l’Italia. Il meccanismo con cui si forma il prezzo è sbilanciato a favore di chi produce elettricità con le centrali a gas. Ma a pagarne le conseguenze (in termine di tariffe), sono i consumatori finali. E nemmeno i ribassi del prezzo della materia prima negli ultimi mesi è servita a far calare più di tanto le bollette.
Lo si vede dall’andamento del prezzo dell’energia elettrica (che si misura nel PUN, Prezzo Unico Nazionale). A novembre sulla Borsa elettrica c’è stata una certa volatilità, con un aumento significativo nella seconda metà del mese dopo un iniziale periodo di stabilità, con il prezzo della luce che è anche “schizzato” di circa il 20% in pochi giorni.
Solo negli ultimi giorni i prezzi hanno cominciato a inglobare l’andamento dei prezzi sul mercato. L’indice Ttf (riferimento per l’Europa) era arrivato a toccare i massimi dell’anno a marzo attorno ai 53 euro al megawattora, mentre ora si trova appena sopra i 29 euro, con un calo di oltre il 40%. Nonostante questo, i prezzi dell’elettricità all’ingrosso so no calati di poco. Cosicché l’Italia continua a essere in testa alla classifica per il costo dell’energia.
Secondo i dati GME (nel periodo gennaio–ottobre 2025), “il prezzo medio dell’energia elettrica all’ingrosso in Italia è stato di 116 €/MWh, contro gli 87 della Germania, i 65 della Spagna e i 61 della Francia”. Un divario che dipende dalla diversa composizione del mix energetico: in Italia, il gas naturale copre il 70% delle ore di produzione, in Francia domina il nucleare, in Germania prevalgono carbone ed eolico, in Spagna, il mix è più bilanciato tra gas, nucleare e rinnovabili”.
In pratica, gli impianti a gas vengono chiamati a garantire la domanda di energia per molto più ore rispetto alle rinnovabili. E siccome il prezzo si forma su l’ultimo impianto che garantisce la copertura, il prezzo diventa quello offerta dalle centrali a gas. Tra l’altro ad ottobre, secondo l’ultimo rapporto di Terna, a causa di un più ridotto apporto dagli impianti idroelettrici, le rinnovabili hanno coperto “solo” il 39% della domanda elettrica, mentre solitamente sono a una quota tra i 43-49% del totale.
Come si legge sul sito del Centro studi di Confindustria, “il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica viene definito, ogni ora, dall’impianto più costoso ancora necessario per soddisfare la domanda: è la cosiddetta “tecnologia marginale”. In Italia, per la maggior parte delle ore, questo ruolo è svolto da centrali a gas naturale. “In Paesi come Francia e Spagna, invece, il mix include una quota rilevante di nucleare, che non emette CO₂ in fase di generazione e spesso determina il prezzo“.
La soluzione, ovviamente è quella di crescere il più velocemente possibile nelle rinnovabili, collegato a sistemi di accumulo e batterie. In modo da ridurre il più possibile le ore di utilizzo delle centrali a gas. Ma le politiche del governo sono ancora contradditorie su questo punto. L’Italia è ben lontana sia da raggiungere gli obiettivi fissati dalla Ue sulla copertura della domanda energetica da parte delle rinnovabili. Sia da quelli fissati dallo stesso governo Meloni all’interno del Piano nazionale per l’economia e il clima, serviti anche per ottenere i fondi del Pnrr.
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ad avere il mix sbagliato di fonti energetiche non siamo solo noi italiani, attaccati alla canna del gas(olio)…
pure il francesi con il loro “nuculare” (> R.S.™️) non stanno affatto bene visto che a Poissy è a rischio chiusura uno storico impianto (ora per Opel Mokka e Citroen DS3… forse cederà spazio per il nuovo stadio del P.S.G.) mentre Stellantis in Spagna (toh ! quelli col miglior mix F.E.R. ! ) aumenta le produzioni di modelli e addirittura realizza la famigerata gigafactoy con CATL ( seppellendo le residue speranze dell’impianto batterie a Termoli con ABB).
Agli operai francesi ed italiani di Stellantis consiglio di imparar bene lo spagnolo… visto che là son molto più accoglienti (ne so qualcosa in famiglia 😉)
tra le varie:
comunicato confindustria cita il carbone al primo posto nel mix tedesco, come 20 anni fa?
cosa siamo, all’asilo o ubriachi bar? un minimo di serietà sul lavoro no?
@ R.S: Stai facendo e fai sempre i conti per un governo che ha bisogno di soldi, quindi perché abbassare il prezzo dell’ energia? Meno costa meno entrate ,sarebbe controproducente e la produzione sarebbe popolare. Quindi produzione controllata pochi attori meglio nucleare prezzi alti iva maggiore divisione €$ per pochi eletti
Il passaggio chiave del commento di R.S. è “più cemento e più acciaio”. È in quel passaggio che nei nostri salotti buoni vanno letteralmente in brodo di giuggiole, e chi se ne frega se il resto dell’economia va bene o male…
cemento, acciao (quello certificato per le centrali a parità di identiche specifiche leggevo costa 3 volte di più che se fosse destinato ad altri usi), movimento terra.. “grandi opere”
di sicuro rallentando oggi le rinnovabili con i vari decreti governativi, con la scusa di proporre fanta-alternative con slogan irrealistici su tempi e costi, ottengono di tenere ancora a lungo il nostro mix energia centrato su metano e petrolio, che sono cari non solo come accise e tasse, ma anche come materia prima e come margini per chi li distribuisce
il “Centro studi di Confindustria” anche oggi sparge bufale, è parte del problema dell’inquinamento dell’informazione in Italia
se Confindustria facesse realmente gli interessi delle imprese, dovrebbe chiedere a gran voce al Governo che vengano modificati i decreti (l’ultimo è dell’altro ieri) che ostacolano una rapida crescita delle rinnovabili in Italia e tengono alto il prezzo dell’energia, al contrario della Spagna dove i governi Sanchez hanno favorito la rapida crescita delle rinnovabili e dell’economia in generale
invece Confindustria si alline aal Governo attuale e invia sulla stampa e nei convegni messaggi ingannevoli, cioè che dovremmo dotarci di centrali nuculari; che invece sarebbe proprio il modo di aggravare ulteriormente il bilancio economico del nostro settore energia già così caro, e di distrarsi dall’ opportunità di fare in fretta con le rinnovabili
oggi nuculare di nuova costruzione in europa produce energia a prezzi persino più cari del metano, perché le centrali sono due o tre volte più costose di quelle del passato perchè viene richiesta più sicurezza, più cemento e più acciaio, e inoltre i costi del lavoro e dei materiali sono aumentati, e per i primi 30 anni di funzionamento hanno energia carissima (tra circa tra 180 e 230 euro a MWh) per ripagare i costi di finanziamento e installazione
sono impianti non più competitivi e fortemente sovvenzionati dallo Stato facendo debito pubblico, non ha più senso costruirne per paesi occidentali senza la filiera atomica bellica, sarebbe masochismo
== Spagna
nel 2019 aveva 20% di nuculare e il prezzo pun era allineato all’italia;
nel 2025, ha la stessa quota residua di nuculare, ma dopo un rapido sviluppo delle rinnovabili, paga il prezzo Pun la metà dell’italia
qui si trova qualche grafico e una discussione di questo:
https://ember-energy.org/latest-insights/decoupled-how-spain-cut-the-link-between-gas-and-power-prices-using-renewables/
e quel residuo di centrali nuculari i gestori hanno programmato di spegnerlo, perché sanno che quando il Pun della Spagna scenderà ulteriormente, le centrali saranno in perdita anche se sono impianti già costruiti e ultratrentennali
cioè anche i soli costi di gestione ordinaria porranno le centali “usate” fuori mercato.. figuriamo allora quanto sarebbero un debito ipotetici impianti “nuovi” con anche le spese di costruzione
=== furbetti del cherry-picking e delle finte correlazioni
il prezzo Pun andrebbe analizzato meglio, considerando anche le sovvenzioni statali e/o se si tratta di impianti già in uso o da costruire
ma se vogliamo fare i furbetti, il Pun più basso di europa lo hanno spesso i paesi nordici senza nuculare
mentre i vari paesi dell’est-europa con quote dal 20% al 65% di nuculare, hanno in maggiranza PUN cari dell’ordine dei 110 euro al MWh, pari all’Italia, e parliamo di paesi con centrali vecchie.. figuriamoci che Pun (o che debito pubblico) avrebbero se dovessero anche spendere per costruirle nuove
Non torna, mi perdoni. Qualunque sia la percentuale di rinnovabili le centrali a gas devono rimanere pronte ad intervenire, alcune in 90 min altre con preavviso maggiore. Questi costi non si eliminano, non so se in Spagna le centrali sono nazionalizzate ed il loro costo è spalmato diversamente. In UK con 50£ da rinnovabili il costo è sui 90£ MWh e come ammesso dal gestore di rete non è destinato a scendere. Gli accumuli non hanno lontanamente la capacità per sostituire le centrali al momento.
Per essere a disposizione, le centrali ricevono già una sorta di indennizzo. La differenza la fa il numero di ore in cui vengono chiamate a produrre
Salve AntonioR, consideri che ho citato numeri effettivi, li può verificare, e il caso della Spagna è famoso, in 5 anni hanno raddoppiato la quota di rinnovabili e così hanno ridotto drasticamente la percentuale di ore annue in cui è il metano a stabilire i prezzi orari in borsa energia
la disponibilità di potenza garantita, in gergo come immagino sa la chiamano il “mercato della capacità”, “capacity-market”.. questa e tante altre spese fisse impediscono di arrivare a prezzi dell’elettricità soto una certa soglia, questo è corretto, ma i prezzi possono comunque scendere parecchio.. vediamo qualche numero:
in Italia i prezzi del capacity-market sono circa 45.000 euro al MW di potenza all’anno, cioè il prezzo affitta le disponibilità di potenza per la durata di 1 anno.. per questa cifra l’impianto deve garantire la potenza su richiesta in ogni momento; il pagamento è un “fisso” per garantire che l’impianto sia “pronto” anche a partenze veloci come dicevi; il pagamento non dipende dal numero di ore effettive che funzionerà, quelle sono fatturate a parte con i prezzi orari di borsa
in passato alle aste del capacity market partecipavano solo le centrali a metano (non ricordo se anche le idroelettriche), ma da qualche anno partecipano anche le batterie BESS e questo sta facendo abbassare i prezzi di aggiudicazione delle aste del capacity-market
in futuro, in un mix 100% rinnovabile, le centrali a gas funzionerebbero decisamente poco (bruciando idrogeno verde o elettro-metano o bio-metano), e allora si penserà a un sostegno economico ancora più specifico
al momento in italia vengono “prenotati” come disponibilità circa 43 GW di potenza, moltiplicando per la tariffa del capacity-market sopra citata si arriva a un costo di 1,9 miliardi all’anno, non è poco, ma diventa poco in confronto al costo della materia prima elettricità, dove con le rinnovabili e gli accumuli si possono fare grandi risparmi
se il PUN, costo medio di acquisto dell’elettricità all’ingrosso, per l’Italia ammonta a 110 euri/Mwh, considerando 300 TWh di energia utilizzata all’anno, sono 33 miliardi di euro
33 miliardi + 1,9 mercato capacità + 2 mercato bilanciamento + commissioni di vendita in borsa energia + 10% perdite di trasmissione sulla rete -> questa somma parziale in Italia in bolletta è chiamata mi pare “componente energia” (circa 15 centesimi a Kwh)
-> siamo sui 45 miliardi all’anno
poi ci sono le accise, i costi di rete, distribuzione, contatore e impegno potenza, e l’iva –> si arriva a circa 85 miliardi l’anno nelle bollette finali
alcune delle voci aggiuntive in bolletta sono proporzionali al prezzo PUN; anche volendo mantenere la parte fiscale costante, se potessimo avere un PUN a 60 euro al MWh come in Spagna, al posto che 110 euro, sarebbero decine di miliardi in meno all’anno
e sappiamo che un prezzo più basso dell’elettricità, oltre a favorire le imprese con un notevole effetto leva positivo, spingerebbe anche a elettrificare più velocemente trasporti e riscaldamenti accorciando i tempi di rientro dell’investimento, e nel lungo perido a circa raddoppiare i consumi attuali di elettricità..
il taglio dei consumi di metano e petrolio negli altri settori vale altre decine di miliardi all’anno, in questo caso risparmiate alla voce import estero
cioè su questa scelta infausta del governo italiano di remare contro ci stiamo giocando somme enormi, quelle somme che farebbero comodo per sistemare altre cose (sanità, istruzione, alloggi, bonifiche di aree inquinate) e sono somme che non si riesce così facilmente a ricavare da altri settori (efficenza, burocrazia, interessi del debito pubblico, evasione fiscale, pensioni)
anche Inghilterra partiva da un costo PUN alto quanto quello italiano, ma stanno correndo con le installazioni di rinnovabili e di accumuli e già da quest’ anno il loro PUN settimanale vedo ha iniziato a scendere spesso sotto a quello Italiano e penso migliorerà ancora