COP30 di Belém/ Accordo al ribasso (manca la roadmap per l’addio al petrolio)

cop30 belém

La COP30 di Belém si conclude con un testo di compromesso, ma capace di confermare che la cooperazione multilaterale sul clima tiene nonostante tensioni geopolitiche e resistenze dei Paesi ancora legati all’economia fossile. Più di 194 Paesi hanno partecipato ai lavori e oltre 118 hanno presentato nuovi piani climatici nazionali, mentre ampie coalizioni – più di 80 Stati – chiedono una roadmap chiara per l’uscita dalle fonti fossili e per il contrasto alla deforestazione. Un risultato in linea con la traiettoria avviata a Dubai e che rafforza gli strumenti per passare dalla stagione delle promesse a quella dell’implementazione.

Una COP che non nomina il fossile, ma mantiene la rotta

La Mutirão Decision non cita apertamente i combustibili fossili, né accoglie la proposta del Presidente Lula per una roadmap vincolante, ma introduce processi operativi come il Global Implementation Accelerator, un percorso di due anni guidato dalle presidenze COP30 e COP31 per colmare il divario tra gli attuali Piani nazionali e il sentiero dell’1.5°C. Parallelamente, i Paesi hanno concordato la creazione di un meccanismo per una transizione giusta, con cooperazione tecnica e rafforzamento delle capacità nazionali.

Come fare le cose, non solo se farle o meno, è stato al centro dei lavori delle COP30 di Belém. E qualche risultato, come vedremo, è stato raggiunto. Un netto cambiamento rispetto alla propensione dell’evento annuale a fare ampie promesse, per affrontare invece alcune delle realtà più dure del controllo del riscaldamento globale.

Per l’Europa – e per l’Italia, impegnata nella decarbonizzazione di industria e mobilità – questo orientamento rappresenta un passo ulteriore verso un contesto multilaterale più coerente con la transizione energetica già in corso nell’economia reale. Lo ricorda anche Luca Bergamaschi, direttore del think tank italiano i ECCO, evidenziando come gli investimenti globali nelle energie pulite abbiano ormai superato di oltre il doppio quelli fossili nel 2024.

cop30 belém

Finanza climatica: adattamento triplicato verso il 2035

Sul fronte finanziario emergono alcuni degli impegni più significativi dell’intera conferenza. I Paesi sviluppati hanno concordato di triplicare i finanziamenti per l’adattamento entro il 2035, raggiungendo circa 120 miliardi di dollari nell’ambito del nuovo obiettivo globale da 300 miliardi. È stato inoltre definito un programma di lavoro biennale sulla finanza climatica, con una ministeriale ad hoc dedicata alla qualità dei finanziamenti annunciati alla COP29.

Pannello ricco anche sul lato dei contributi:
135 milioni di dollari destinati all’Adaptation Fund,
300 milioni per il Belém Health Action Plan,
– tredici nuove piattaforme nazionali e una regionale per sostenere il finanziamento domestico,
– una roadmap “Baku-to-Belém” per arrivare ad almeno 1,3 trilioni di dollari l’anno entro il 2035.

Secondo Eleonora Cogo (ECCO), questi passi mostrano che «il mondo si muove anche senza gli Stati Uniti», e che la discussione include ormai dimensioni economiche e commerciali centrali per l’Europa, che deve difendere la propria industria green restando agganciata alla corsa globale sulle tecnologie pulite.

Rafforzata la lotta alla deforestazione

Il tema forestale torna centrale. Oltre 90 Paesi sostengono la richiesta di una roadmap internazionale su finanziamenti, monitoraggio e diritti delle popolazioni indigene. Una novità rilevante è l’annuncio di 6,5 miliardi di dollari per il Tropical Forests Forever Facility, destinato a rafforzare la protezione delle foreste tropicali e la conservazione comunitaria.

cop30 belémTransizione energetica: segnali concreti ma in ordine sparso

L’area energia conferma dinamiche rilevanti in numerose aree del mondo. Tra gli annunci più significativi:
– la Corea del Sud accetta un phase-out anticipato dal carbone entrando nella Powering Past Coal Alliance;
– oltre 80 Paesi si impegnano per la roadmap sull’uscita dal fossile;
– più di 1 trilione di dollari entro il 2030 per reti elettriche, accumulo e infrastrutture della transizione;
590 milioni destinati alla riduzione del metano;
140 miliardi di progetti industriali puliti in sviluppo, di cui un terzo nei Paesi emergenti, potenziale terreno di cooperazione anche per l’export tecnologico europeo.

Disinformazione climatica: nasce la COP della verità

Belém viene definita anche la “COP of Truth”:
– tutte le Parti riconoscono il ruolo cruciale della integrità dell’informazione;
– 18 governi aderiscono alla Dichiarazione dedicata;
– la nuova Global Initiative for Information Integrity cresce fino a 14 Paesi;
– l’Unione Europea diventa la prima potenza a includere esplicitamente nei propri impegni climatici politiche contro la disinformazione sul clima.

Per l’Italia, dove il dibattito pubblico sulla transizione è spesso polarizzato, questo passaggio è particolarmente rilevante.

Commerci e carbon market: uno standard condiviso

Il Brasile lancia il Forum integrato su clima e commercio, mentre al pre-summit leader Brasile, UE, Cina, Regno Unito e altri Paesi (insieme circa il 20% delle emissioni globali) avviano una Global Carbon Market Coalition per allineare metodologie e regole dei crediti ad alta integrità. Un passo che, in prospettiva, potrebbe influire anche sui mercati europei del carbonio e sulle imprese italiane esportatrici.

Partecipazione indigena: numeri senza precedenti

Record assoluto di partecipazione indigena:
900 rappresentanti nella Blue Zone, oltre 3.000 complessivi agli eventi COP;
1,8 miliardi di dollari impegnati a favore delle comunità indigene;
– il Brasile riconosce formalmente 10 nuove terre indigene;
– lanciato un Land Tenure Commitment da 15 governi per la tutela dei diritti su 160 milioni di ettari.

Belém non chiude il divario, ma la transizione accelera

Il gap di ambizione resta evidente, soprattutto nei Piani nazionali insufficienti a centrare l’1.5°C. Ma la COP30 di Belém conferma che la volontà politica di procedere lungo percorsi multilaterali e regionali è viva, e che la transizione energetica corre ormai più veloce delle diplomazie. «Sebbene ben lontano da quanto sarebbe necessario, il risultato di Belém rappresenta un progresso significativo» ha commentato  Jennifer Morgan,  a lungo leader di Greenpeace International ed ex inviato speciale clima del governo tedesco. La leadership brasiliana e altri veterani della COP l’hanno definita una “COP di attuazione”.

L’abbandono delle  fonti fossili non viene citato esplicitamente nel documento firmato sabato notte a Belém, ma si parla di continuità rispetto agli impegni siglati alla COP28 di  Dubai  dove fu coniata la famosa espressione di “transition away . Tuttavia, dice la Morgan, «il multilateralismo continua a sostenere gli interessi del mondo intero nell’affrontare la crisi climatica, nonostante gli sforzi dei Paesi produttori di petrolio per rallentare la transizione».

cop30Appuntamento in Turchia nel 2026, con un occhio al Pacifico

Il prossimo appuntamento per la COP31 del 2026 sarà in Turchia. La decisione è maturata dopo che  l’altro candidato, l’Australia, si è tirato indietro in seguito a un lungo stallo diplomatico.  Il ministro australiano per il Clima e l’Energia Chris Bowen sarà però nominato Presidente della COP31. Ciò significa che l’Australia stabilirà l’agenda dei negoziati, nominerà i presidenti e i responsabili e preparerà la bozza del testo decisionale. Una pre-COP si terrà nel Pacifico e sarà l’occasione per impegnarsi a favore del Fondo per la resilienza del Pacifico da parte dei leader mondiali e di altri soggetti.

  • LEGGI anche: La COP 28 secondo Armaroli: “Il mio bicchiere è mezzo pieno” e guarda il VIDEO

 

Visualizza commenti (6)
  1. roberto guidetti

    Vorrei avere il suo ottimismo. Afferma che “I Paesi sviluppati hanno concordato di triplicare i finanziamenti per l’adattamento entro il 2035, raggiungendo circa 120 miliardi di dollari nell’ambito del nuovo obiettivo globale da 300 miliardi” ma andando a leggere sul sito del più importante quotidiano economico-finanziario italiano leggo che “Sul fronte della finanza climatica, il compromesso è stato altrettanto delicato. Il testo finale chiede di triplicare entro il 2030, rispetto ai livelli del 2025, i finanziamenti globali per l’adattamento. Si tratta di un obiettivo politico importante, che però non contiene cifre vincolanti né definisce una ripartizione degli oneri. Le stime circolate durante la COP, che quantificavano questo triplicamento attorno ai 120 miliardi di dollari annui, non sono state incluse nella decisione”. Temo che questa COP sia l’ennesima occasione perduta. Del resto, molti partecipanti hanno interessi troppo forti nei combustibili fossili per essere credibili, lo stesso Brasile ha in Petrobras uno dei principali attori economici; anche i luoghi scelti per le due precedenti COP sono tutto un programma

  2. Secondo me va bene anche il comportamento pragmatico della Cina, che installa tante rinnovabili quanto il resto del mondo. Ed, inoltre, con le nuove elettriche e ibride, autobus e camion elettrici, sta diminuendo le emissioni, malgrado gli enormi consumi di carbone, che sembrano essere vicini al picco. Intendo, meglio fatti concreti di tante parole vuote condizionate dalle aziende del fossile.
    Tuttavia sono utili i colloqui su tutti i temi elencati, in particolare la finanza e le azioni di mitigazione e adattamento, se sono concrete.
    Da rilevare il fatto che, per la prima volta, l’aumento delle rinnovabili è stato superiore all’aumento della domanda elettrica, determinando, per la prima volta il calo dei fossili nella produzione elettrica globale.

  3. Grazie per questo report articolato. Come per le altre COP degli ultimi anni, il risultato è stato inferiore a quello che sarebbe stato necessario, ma molto superiore a quello che sarebbe possibile in sua assenza, cioè senza un coordinamento sovranazionale degli sforzi contro il riscaldamento globale. La maggior parte dei problemi più gravi che ci troviamo di fronte si risolve rafforzando il coordinamento e gli organismi sovranazionali, oppure non si risolve.

    1. Cercasi volontari per Marte.
      I più entusiasti sembrano essere coloro che qualche anno fa manco sopportavano le mascherine.

    2. Infatti le COP decidono regolarmente come lasciare che muoiano i molti (noi) a favore dei pochi che governano il mondo (e ci guadagnano). Come è sempre stato negli ultimi 10mila anni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

 

Articolo Precedente

Biodiesel: la “via italiana” alla decarbonizzazione scarica i costi climatici

Articolo Successivo

Quando paga gli incentivi la Regione Veneto?

Iscriviti alla nostra Newsletter

Abbonati alla nostra newsletter e resta aggiornato.
Seleziona i tuoi interessi:
No spam e zero emissioni garantiti!

Iscriviti alla nostra Newsletter

Abbonati alla nostra newsletter e resta aggiornato.
Seleziona i tuoi interessi:
No spam e zero emissioni garantiti!