Come fa Tesla a far pagare così poco i Supercharger rispetto alle altre reti di ricarica? Paolo fa un confronto con i principali gestori italiani e… Vaielettrico risponde. Ricordiamo che le vostre mail vanno inviate a info@vaielettrico.it
Come fa Tesla…? Non è un ente benefico, eppure guardate i prezzi, da 0,49 a 0,54
“Oggi con mia moglie uscita con sci da fondo a S.Moritz a circa 70 km da casa. Ricordando di averlo già utilizzato in passato, guardo le tariffe di ricarica (Supercharger Tesla) per curiosità. Con mia grande sorpresa, vedo che la tariffa varia da 0,42 a 0,47 franchi svizzeri/kwh. Con un cambio cf/euro quasi pari. Ancora più incuriosito, controllo la stessa tariffa al Supercharger a me più vicino in Italia pochi km prima di Sondrio: attualmente è 0,49/ 0,54 euro. Ora, Tesla non è un ente benefico e i Supercharger erogano potenze rilevanti (minimo 150 kW) ben oltre le potenze da 22 kW della gran parte delle colonnine dei gestori nazionali. E la cosa mi fa riflettere. Forse i nostri gestori nazionali sono troppo cari nascondendosi dietro la solita storia dei costi di installazione delle colonnine? Ma anche a Tesla costa una stazione di Supercharger. Voi che ne dite? Saluti vi seguo sempre con interesse“. Paolo Cornaggia
C’è una sola spiegazione…
Risposta. Il fatto è che i gestori nazionali non danno alcuna spiegazione sui criteri che portano alla definizione delle tariffe. Neppure in occasione degli aumenti di quest’anno, che in un modo o nell’altro, hanno riguardato tutti, a partire dai due più importanti, Enel X Way e Eni Be Charge. Entrambe, peraltro, aziende controllate dallo Stato. In effetti Tesla nei suoi Supercharger italiani ha tariffe al kWh ben più convenienti delle principali reti nostrane. Su colonnine di questa potenza, l’Enel, che è di gran lunga leader di mercato, applica una tariffa di 0,99/kWh.. E solo la sottoscrizione di un abbonamento mensile consente di abbassare i prezzi. L’unica spiegazione plausibile è legata al fatto che stiamo parlando di aziende con strategie diverse. I Supercharger fanno parte dell’offerta Tesla, che non comprende solo la vendita di auto, ma la fornitura di tutta una serie di servizi che devono far sentire il cliente un privilegiato. Le aziende dell’energia, invece, fanno business vendendo kWh. E su quello vogliono fare margine.
Non c’è che una unica risposta, seguire Tesla, se arriva la model 2 e continua ad abbassare i listini anche di poco, in Italia l’elettrico non potrà che essere Tesla e sarà sempre più lontano il punto di rientro di chi ha fatto investimenti nelle colonnine. Purtroppo questo governo …
pero’ mi chiedo : chi fornisce a tesla la corrente per i suoi charger ?
Ma come fanno i Tesla Charger
a costare così poco,
sempre uguali sempre quelli
all’Equatore e al Polo Nord
ma come fanno i Tesla Charger
a parlarsi fra di loro
senza esser veri uomini però.
Intorno al mondo le Tesla vanno dove gli par
senza nessuno che gli chiede “Come fai?”
Invece l’Enel e Becharge
come due donne senza cuore
Ti chiedono un sacco di soldi!
chissà…
AHAHAHAHA grande!
🙂
Salve, chiedo a chi informato: fino a quanto ha senso paragonare il costo attuale Pun 0.109 €cent/kWh con il prezzo di 250 kW in cc? Il prezzo Tesla di 0,48 centesimi/ kWh (in più senza nessun costo di attivazione) che margini potrebbe avere rispetto anche ai soli costi di trasformazione da ca a cc? Grazie
provo a fare dei conti della serva, anche se bisognerebbe chiedere a chi le progetta
a) una colonnina Fast è allacciata a una cabina in media tensione, dove preleva corrente AC a 10.000-20.000 Volt e che ha subito poche perdite di trasporto, circa 5%-6%, rispetto al 10% di dispersioni dei 220 Volt portati al contatore di casa
b) la colonnina ha un trasformatore che abbassa la tensione e un convertitore AC-DC, idealmente si può fare con dispersioni 2+2= 4%, ma realisticamente in totale penso:
– 6% (Tesla)
– 8% (Competitor)
– 10% se di scarsa qualità o malfunzionante, che scalda molto
c) il cavo esterno (raffreddato a liquido) disperde un altro 1%
d) cavi auto e la batteria dell’auto disperdono un altro 3% ( o 5% se ricarica ultrafast)
Allora molto a spanne, una colonnina FAST:
a) riceve corrente dalla rete con dispersioni 5-6%
b) aggiunge dispersioni locali 6-8-10%
c) cavo esterno 1%
d) un altro 3% (Fast) – 5% (Ultra-Fast) della batteria
Totale dispersioni 15% / 22%
però le dispersioni b, c, d (circa 10%-17%) potrebbero essere incluse dal gestore nella fattura, conteggiando i kwh lordi, in entrata nella colonnina (a valle delle colonnina), non i kwh netti che arrivano al cavo o quelli ancora qualcosa meno che poi ti trovi a bordo dell’auto
se invece conteggia i kwh in uscita della colonnina (appena prima del cavo), fa più bella figura (figurano meno dispersioni) ma ci perde qualcosa; da vedere se la normativa impone uno standard unico (probabilmente kwh in entrata nella colonnina)
in ogni caso, la differenza dovuta alle dispersioni di elettricità non è tanta, puoi calcolare 1-2 cents in aggiunta al Pun di 10-13 cents
diverso il discorso su costi di dispacciamento riconosciuti a Terna (qualche altro cents in aggiunta al Pun), e poi soprattutto i costi per installare e riparare le colonnine, specie se non fossero all’altezza e si guastano più del dovuto, come spese il gestore può essere molto o poco efficente; e poi la tassazione dello Stato, sui kwh e sui ricavi
mia ipotesi:
guardando le offerte extra-large degli abbonamenti e togliendo ancora qualcosa, penso sarebbero sostenibili 30-35 centesimi a kwh, compresi 5-10 cents di margine, per ricariche veloci (250-300 kw)
ricariche a 100-150 kw usano hardware meno costoso ( o due auto collegabili insieme ), però anche tengono la colonnina occupata più tempo, alla fine forse siamo lì
aggiungendo in futuro più tasse (in analogia ai carburanti) penso si arriva a 50 centesimi (un poco meno del costo equivalente a diesel)
tutte ipotesi, e ci vorrà un tempo, prima che la situazione si calmi, per ora restano gonfiati i margini dei gestori
invece il valore medio del Pun, dovrebbe scendere lentamente, qualcosa già nel 2024, per le istallazioni di rinnovabili (il calo di 2 cents del Pun di questo mese è correlato all’eolico nel sud italia)
PS: visto un’altra discussione, dicevano (?) che nei Megacharger ai clienti Tesla vengono fatturati i Kwn netti,
mentre chi va li con auto non Tesla paga i KWh lordi (circa +10%), come avrebbero pagato i kwh lordi anche presso colonnine di altri gestori
se confermato, sarebbe in pratica uno sconto del 10% ai proprietari delle Tesla rispetto agli altri
No, la fattura è relativa ai kWh erogati dalla colonnina (e non a quelli caricati in batteria, eventuali perdite di trasformazione precedenti non vengono conteggiate). La differenza tra i due valori è data da una minima perdita di conversione (ma veramente minima, normalmente ben inferiore all’1%, ho avuto ricariche da 30kWh con una differenza di 0,1 kWh tra fatturato e caricato) e soprattutto dalla climatizzazione batteria se arrivo alla colonnina senza che abbia pre-climatizzato (perchè non l’ho detto alla macchina impostando la destinazione sul navigatore) o climatizzazione abitacolo se rimango a bordo (30 minuti al caldo estivo o al freddo invernale ovviamente pesano anche 1kWh o più che viene erogato e immediatamente consumato).
Il consumo della macchina che rimane accesa durante la carica è trascurabile a quelle potenze (invece pesa nelle ricariche AC in casa proporzionalmente alla potenza, se io caricassi a 5A in AC, cioè 1150 Wh, avrei una perdita secca pari a circa 200Wh, cioè il 17%, dovuto al consumo dell’elettronica e pompa di circolazione)
Ciao Guido,
faccio un esempio per vedere se ho capito:
a) la colonnina riceve dalla rete circa 53 kwh
b) la colonnina li converte in 50 kwh (DC a 400 Volt) e li eroga in uscita
c) sulla macchina ne trovi quasi 50 kwh, diciamo 49 kwh (49,5 su una tesla)
– se sei un utente Tesla, Tesla ti fattura (b) cioè 50 kwh
– se sei un utente non Tesla, ti fattura (a) ? cioè 53 (kwh) ?
– colonnine DC non di Tesla, pare che fatturini sempre (a) cioè 53 kwh
Tardissima risposta (non avevo ricevuto notifiche)
Non ho idea se differenzino tra Tesla e non Tesla.
Presumo che fatturino b e non a, perchè la differenza tra b e c è sensibile alla temperatura (quindi condizionamento batteria), mentre le perdite tra a e b non lo sono. Quindi viene fatto pagare b.
I prezzi dei supercharger li definisce Tesla..
I prezzi di Enel X, Be Charge, Free to X li definisce Giorgetti, la Lega e l’attuale governo.
povero caprone…
lasciando da parte eni che nasce con il petrolio (e POI si affaccia sul business elettrico), è interessante sapere che enel, che vive da sempre di elettricità, spenda un capitale (così mi dite) in colonnine/punti di rifornimento per poi lasciarli “inutilizzati” (alzando il costo all’utente) su richiesta del governo……………… perché no elettrico: siamo seri..
sarà, ma io ci vedo lo stesso intento delle varie case auto: mera speculazione.. con cartello o no poco importa. evidentemente coi conti fatti incassa uguale
poi, è si partecipata al 31% dal ministero del tesoro, ma al restante 69% non deve rendere conto?
ri-evidentemente i dividendi hanno messo d’accordo tutti sulla strategia adottata
Dai, ma la sanno tutti che Tesla usa corrente Ammericana!
E costa meno sì!
C’ha delle prolunghe lunghissime!
Credo che ci sia un errore di fondo e ci siamo fatti trascinare dal titolo dell’articolo, non è vero che nei SuC si praticano prezzi più bassi, perché chi non ha un auto Tesla e va ricaricare ai SuC paga di più di un proprietario Tesla e così’ il prezzo non è dissimile di quello che si pagherebbe con un abbonamento Enel X, circa 63c/kWh.
Quindi Tesla quando apre le proprie stazioni di ricarica a tutti pratica prezzi in linea con il mercato, però ai suoi clienti fa pagare di meno, il minor guadagno è compensato da maggior guadagno sulle vendite delle auto
Comunque oramai le auto Tesla costano come le altre ICE di pari segmento, quindi non c’è un aggravio di costo per questo costo “Nascosto” per il servizio di ricarica ai SuC.
Brava Tesla a riuscire a far quadrare tutti i conti e guadagnarci, dove gli altri costruttori devono fermare le linee di produzione e le stazioni di ricarica sono sovvenzionate.
Precisazione utile Bernardo, ma ciò non toglie che anche i 63 centesimi/kWh siano decisamente più convenienti dei 99 cent che ti fa pagare Enel X Way per ricariche della stessa potenza, no? Siamo a oltre il 50% in più.
Mauro complimenti finalmente una critica da parte vostra agli amati fornitori di ricarica nostrani praticamente statali , quindi nostri, i peggiori in assoluto,era ora.
Non è neanche vero che un non Tesla paga per forza 0,63 €/KWH perché per i non Tesla anche con Tesla c’è la possibilità di abbonamento attraverso cui con una spesa di 13€ al mese hai accesso allo stesso costo dei possessori Tesla…. ovviamente alla fine non paghi realmente come Tesla avendo il canone di abbonamento da spalmare sulle ricariche ma se in un mese prelevi più di 86 kWh inizzi a pagare meno di 0,63 €/Kwh…
Con 200 kWh prelevati per esempio scendiamo ad un costo “tutto compreso” di 0,545 €/kWh.
Chiaro che c’è dell’altro oltre all’ovvio favore che fa Tesla ai propri clienti, forse Tesla riesce a fare economie di scala realizzando in proprio le stazioni di ricarica che poi sono uguali in tutto il mondo.
Mentre gli altri fornitori sono piccolini e si avvalgono di una miriade di costruttori di colonnine.
Elon Musk potrebbe aver indovinato anche questa scelta oltre ad altre
tipo superamento della rete di vendita con i concessionari, di farsi in proprio le stazioni di ricarica, anche le altre case automobilistiche dovrebbero seguire, ma vedo che sono in alto mare anche su numerosi altri aspetti tipo software gestione dell’autonomia, gestione mantenimento efficienza batteria nel tempo o affidabilità dei consorzi tipo Ionity che insomma la sciano a desiderare, qualche volta non funzionanti o che caricano a bassa potenza. Qui una casa costruttrice che vuole vendere veicoli elettrici deve seguire in prima persona anche le reti di rifornimento
Bernardo io non Tesla ricarico dalle 00 alle 16 a 0,63 su un SuC da 250 kW mi dica quale SuC nostrani da 250 kW senza abbonamenti o menate varie mi fa’ gli stessi prezzi grazie.
Buongiorno a tutti, con la mia ultima bolletta ho speso 76,00 € per 150 kwh con un contratto da 10 kw. Quindi 50 centesimi a kwh. Contratto nuovo appena fatto.
A questi prezzi per il domestico, ovvio che le colonnine applichino prezzi più alti.
Se a me costa 50 centesimi e non hanno dovuto investire niente immaginarsi se devono spendere una barca di soldi per una stazione nuova, oltre il fatto che non pago solo i kwh che compro ma anche lo spazio che utilizzo.
costo Pun oggi 0.105 Eur/kWh…meglio non aggiungere altro.
forse il suo esempio risente di una boletta co relativamente pochi kwh, e di una potenza disponibile alta, con più costi fissi, (oltre a una maggiorazione di qualce cents sui kwh)
per casi più comuni, vedo sul portale offerte,
con potenza massima del contatore entro 6 kwh:
– 35 cent. kwh per consumi di 2000 kwh annui
– 30 cent. kwh per consumi di 4000 kwh annui (ricaricando molto una Bev)
di questi, circa 11-13 cents sono il costo energia all’ingrosso (Pun)
la spiegazione sui costi dei prezzi colonnine personalmente penso sia un’altra,
propendo per quanto già scritto negli altri commenti
Confermo. Con potenza di 6kW e consumi annui di circa 5000 kWh, prezzo fisso componente energia a 13 centesimi, arrivo a spendere tra i 28 ed i 29 centesimi tutto compreso al kWh, eccetto canone Rai.
Giusto per chiarire, non è una questione solo Italiana quindi non credo che la spiegazione sia regionale. In UK la situazione dei prezzi Tesla supercharger vs altri operatori è la stessa che in Italia.
// Le aziende dell’energia, invece, fanno business vendendo kWh. E su quello vogliono fare margine. //
Torniamo sempre a quel punto.
Quando le principali aziende nazionali (e a controllo statale) dell’energia si buttarono nel business della ricarica investendo non so quanti milioni di euro per installare decine di migliaia di colonnine, è logico supporre che fecero dei piani per ammortizzare l’investimento in X anni, dove X dovrebbe essere stato calcolato prudenzialmente partendo dal fatto che erano ancora poche le auto elettriche circolanti in Italia (sono ancora meno di 220.000 al 30/11/2023, fonte http://www.motus-e.org) ma che il trend era in crescita (pur se più lenta rispetto al resto d’Europa) e considerando anche che il “turismo elettrico” dal resto d’Europa era ed è tuttora in forte espansione.
Può benissimo darsi che i due giganti abbiano sbagliato i conti su quel X e che il rientro dall’investimento sia più lento del previsto, ma è un fatto che per entrambi il business della ricarica è del tutto marginale rispetto alle storiche e ben più lucrative attività “core”, e quindi eventuali discostamenti dalle previsioni di rientro potrebbero essere tranquillamente assorbiti nei mostruosi bilanci delle due società senza praticamente accorgersene.
Oltretutto, passata la tempesta sul prezzo dell’energia grazie alla notevole risposta corale europea per svincolarsi dai combustibili fossili (in particolare russi) accelerando fortemente sulle energie rinnovabili, logica industriale e finanziaria avrebbero voluto che i prezzi delle ricariche, dopo un comprensibile innalzamento quando il prezzo al MWh era triplicato o quadruplicato come risposta alla turbativa rappresentata dalla invasione russa dell’Ucraina, tornassero gradualmente ai valori del 2021, visto che il PUN è stabilmente sotto 0,200 €/kWh sin da maggio 2023 e per questo mese di dicembre è stato fissato in 0,128 €/kWh, per incentivare l’utilizzo della ricarica presso le colonnine riprendendo così il cammino, pur se allungato di un po’, verso il rientro degli investimenti. Una situazione “win-win”, come si usa dire.
Contrariamente ad ogni logica, invece, a partire dall’estate scorsa uno dopo l’altro i due giganti hanno innalzato i prezzi sia della ricarica “a consumo” che degli abbonamenti, e addirittura BeCharge ha eliminato gli abbonamenti per sostituirli con tariffe mensili a sconto crescente.
A quel punto, la peraltro utilissima funzionalità del roaming – che fu un caposaldo nel campo della telefonia mobile per assicurarne lo sviluppo, permettendo la necessaria interoperabilità delle reti mobili – si trasforma in un arma di distruzione di massa. Dato infatti che i fornitori di servizi di ricarica più piccoli (a partire da A2A, terzo operatore del settore, in giù), magari anche dotati di una rete di colonnine proprie ma solo in aree limitate, hanno logicamente stretto accordi di roaming per consentire ai propri clienti di ricaricare sull’intero territorio nazionale, ecco che la manovra di innalzamento delle tariffe da parte dei due giganti, che hanno in mano la stragrande maggioranza delle colonnine in Italia e quindi dettano le regole dei costi di roaming, finisce inevitabilmente per travolgere i “piccoli”, costretti ad innalzare tariffe e abbonamenti e a rinunciare ad una parte del margine per rimanere comunque competitivi rispetto ai due giganti.
La domanda di fondo è quindi sempre la stessa: comportandosi come stanno facendo, vendono più kWh nel settore della ricarica? Faranno sicuramente più margini, visto il ricarico applicato rispetto al PUN… ma se disincentivano la ricarica pubblica, e se addirittura arrivassero così a disincentivare la diffusione dell’auto elettrica, il tempo per rientrare dai loro investimenti si accorcia?
Se il roaming è un problema le compagnie potrebbero predisporre una politica dei prezzi diversificata.
Mi spiego, potrebbero definire un tariffario per i propri clienti che si riforniscono sulle proprie colonnine ed una per il roaming.
Così facendo ci sarebbe più concorrenza anche se locale. Questo specialmente per le tariffe a consumo senza abbonamenti.
Non credo che sia così semplice Bob…
Il rooming non è un “diritto” che sei certo di avere nel senso che lo hai se raggiungi un accordo con l’altro provider… e se tu non ti allinei al provider di cui hai assolutamente bisogno per uscire dalla tua “nicchia territoriale” riachi che questo non sia disposto a giungere ad un accordo con te…
Il punto è che, solo per fare un esempio, Enel X non ha bisogno delle colonnine A2A per essere presente bene o male ovunque mentre invece all’inverso A2A senza le colonnine Enel X non esiste proprio in almeno il 75% del territorio italiano. Quindi è fisiologico che in sede di contrattazione del Roaming fra i 2 chi detta legge è Enel X…
E sj ti presenti al tavolo praticando, anche se solo sulle tue colonnine, un prezzo molto più conveniente di quello Enel X ecco che trovi la porta chiusa…
Ed A2A senza interoperabilità con i 2 principali provider nazionali sarebbe mokto meno “interessante” sul mercato e raccoglierebbe un numero di abbonamenti molto più basso.
Corretto Moreno. Ad A2A va ancora bene perché in Lombardia può fare la voce grossa. Per tutti gli altri medi o piccoli operatori non c’è proprio storia: mettendo assieme le reti di Enel X e Be Charge superi il 50% delle colonnine…
Segnalo che in Svizzera gli operatori offrono tutti il roaming ma per gli abbonamenti offrono un prezzo X valido solo per le proprie colonnine. Alcune offrono anche un prezzo Y ridotto (ma che è superiore a X) per le colonnine di terze parti (ad esempio 20% in meno rispetto al prezzo senza abbonamento del roaming).
forse una differenza sta nel fatto che gli abbonamenti in Svizzera sono del tipo: paghi tot al mese per aver un determinato prezzo al kWh. Invece gli abbonamenti italiani sono dei pacchetti prepagati di kWh e viene più difficile “spiegare al cliente” qualcosa del tipo: compri 200 kWh ma se ricarichi in roaming ogni kWh caricato ti costa (ad esempio) 1,5 kWh dal tuo abbonamento.
Secondo me in A2A sono intervenuti in emergenza , ma a medio termine dovrebbero pensarci bene di offrire qualcosa solo per le loro colonnine.
Hanno però collegato il costo dell’abbonamento al contratto domestico: se sei loro cliente luce e gas c’è un sconto molto consistente.
Moreno però nulla vieta che si applichi un prezzo “a colonnina”. Come già avviene, di fatto, perché già esistono (vado a memoria, se ne parlò anche su VaiElettrico) colonnine con prezzi più alti. Quindi A2A cosa potrebbe fare: offrire un costo in base alla colonnina. Chiaramente su quelle di EnelX va ad applicare la tariffa di EnelX + una piccola marginalità (e così EnelX non si arrabbia), sulle sue può applicare una tariffa minore. Non escludo che si possa ragionare anche per tariffe “incentivanti”, ad esempio su colonnine poco usate si potrebbe prevedere un costo inferiore, in modo da dirottare il traffico lì…
Evidentemente Enzo non hai compreso il mio ragionamento altrimenti non avresti risposto così…
Ciò che penso io, magari sbagliando (non ero di certo seduto al tavolo della contrattazione fra A2A e Enel x), è che Enel X potrebbe benissimo dire ad A2A: “se tu alle tue colonnine fai pagare molto meno di me io non ti faccio usare le mie in roaming”… Enel x non ha poi tutto questo bisogno del roaming con A2A (mentre gli interessa che non ci sia chi offra un costo sensibilmente più basso di lei) avendo già una sua copertura nella zona dove ci sono colonnine A2A, il roaming offre ai clienti Enel x semolicemente dei punti di ricarica “aggiuntivi” non un servizio altrimenti inesistente…
mentre all’inverso A2A ha bisogno del roaming con Enel X (come anche con Be charge) per dare proprio il servizio ai propri clienti al di fuori della sua ristretta aerea di lavoro (che si riduce all’ambito ristretto lombardo e poco più…)
Questa differenza fondamentale crea la “ricattabilità” di A2A (ed allo stesso modo, anzi ancor di più, di tutti gli altri provider “minori) da parte dei 2 big.
Ricordo i guru fenomeni so-tutto-io che non mancavano di ripetere ad ogni occasioni che i prezzi dei supercharger erano bassi perchè praticamente i teslari li pagavano già profumatamente quando compravano l’auto.
Ora le Tesla sono anche le elettriche più concorrenziali e i prezzi al supercharger continuano a essere i più bassi.
Resto dell’idea che nel mix dei fattori, c’è anche il fatto che Tesla non deve marginare più tanto, perché il suo intento è anche quello di fornire un servizio ai suoi cliente, mentre gli altri invece devono guadagnarci secondo lo standard previsto
Poi credo che il fatto di costruirsi le colonnine in casa con una produzione molto elevata perché sono uguali in tutto il mondo gli consente economie di scala che solo un costruttore di automobili ha e che altri non hanno. Per mè è questo il modello giusto i costruttori di auto elettriche devono avere anche una rete di ricarica in proprio e non delegare il servizio ad una miriade di compagni locali con basse economie dis cala
Senza entrare nel merito delle politiche occulte, concordo pienamente con l’analisi di Moreno Cerquiglini: il roaming impone un allineamento verso la tariffa del principale operatore o le compensazioni sarebbero a sfavore. C’è un singolo operatore che NON fa nessun tipo di roaming ed è Tesla. Non vende in perdita, la sua divisione Supercharger è in utile nonostante gli investimenti che sono pari a quelli degli altri (diciamo che le colonnine se le autoproduce e non le compra, ma sono solo una parte dell’investimento), la mossa di aprire anche ai veicoli non Tesla le ha permesso di guadagnarci ampiamente, perchè comunque l’energia è venduta ad un prezzo che è ben oltre il quadruplo del PUN attuale. Cosa che a maggior ragione varrebbe per chi dichiara di avere esclusivamente o parzialmente energia da rinnovabili.
Quindi il mercato lo fa chi determina la tariffa di interscambio tra operatori e quindi il “colpevole” del disastro, tutto italiano, è abbastanza facile da trovare.
Se Tesla può praticare prezzi sensiblmente più bassi di tutti gli altri, vuol dire che è possibile farlo e non certamente che vende in PERDITA.
Come già qualcun altro ha detto, i prezzi alti potrebbero dipendere dal tentativo di recuperare gli investimenti in tempi brevissimi. Ma siamo di fronte ad una grande stupidità perchè puntare a recuperare gli investimenti alzando i prezzi non fa altro che rallentare il mercato e dunque indirettamente a rallentare anche il recupero delle spese fatte.
Una saggia posizione, che poi è quella di Tesla, sarebbe invece di puntare alla quantità di prodotto venduto e dunque l’unico modo per farlo crescere sarebbe prorio la DIMINUZIONE dei prezzi.
Anche l’altro motivo dei prezzi alti potrebbe essere effettivamente quello dello Stato che in maniera nascosta tenterebbe di frenare la transizione verso l’elettrico.
E ancora una volta Tesla ne approfitta, tanto è vero che ha aperto la distribuzione anche ai possessori altre marche.
Come sempre è sempre lo Stato l responsabile sia se ne approfitta direttamente per frenare la transizione, sia se invece la vorrebbe e non fa niente per promuoverla.
Franco come solito considerazioni sempre lineari e logiche cosa che nel nostro bel paese sembrano al di fuori della realtà o volutamente non percepite , io come te carico da casa e raramente dai ScC ma nella necessità solo da Tesla, io non Tesla ,a quei vampiri dei nostrani non darò mai un centesimo neanche a pari prezzo .
Il problema riguarda il concetto di investimento. Una volta c’erano i piani decennali, costruivi e dopo dieci anni cominciavi a rientrare e guadagnare. Poi sono venuti i quinquennali. Poi gli annuali, dopo un anno devi guadagnare, altrimenti non vale la pena investire. Ora purtroppo siamo arrivati ai piani mestruali, di qui la ragione di dover guadagnare prima di investire. Forse per via dell’aumento dell’iva sui tampax.
È molto più semplice. Siamo in mano alla speculazione internazionale. Tesla non guadagna con il piano industriale e non so neanche se faccia utili. Tesla guadagna con i valori azionari alle stelle che fa contenti i suoi proprietari.
Tesla fa utili spaventosi, è una cosa risaputa perchè è quotata a Wall Street e i bilanci sono pubblici e ha margini notevoli con l’attività industriale, altro che speculazione internazionali
Solo come nota: il primo bilancio in utile di Tesla è quello 2020. Fino ad allora il risultato cumulativo era di circa 5.4 miliardi di dillari di perdite.
I valori azionari sono strettamente legati ai dividendi. I dividendi sono alti se e soltanto se ci sono utili alti da distribuire ed ho detto utili no fatturato!
Perché per chi non ha studiato economia fatturato – costi = utili
Poi mi si può dire che il valore delle azioni può essere falsato da una richiesta eccessiva delle azioni ma in ogni caso se non danno utili le azioni dopo un po’ calano.
se ciao…tesla non ha mai pagato dividendi, sto aspettando la mia fettina…
La risposta dal mio punto di vista, magari sbagliando, è abbastanza semplice….
Come dettonanche nell’articolo i 2 gestori nostrani di colonnine sono controllati dallo stato, ergo dal governo…
E per chi ha occhi per vedere e cervello per ragionare mi sembra pacifico che il governo attuale è molto contrario alla mobilità elettrica… basta guardare la tempistica dei rincari non tanto nelle tariffe a consumo (che prima nessuno utilizzava quindi erano ininfluenti) ma nei costo e, soprattutto, modo di funzionamento degli abbonamenti..
Nuovo governo = nuovi dirigenti = cambio di rotta con inizio “disincentivazione occulta” (perchè troppo palese non si può fare altrimenti qualcuno in Europa ti tira le orecchie…) alla mobilità elettrica.
Uno potrebbe pensare: ok questo potrebbe valere per Enel X e Be Charge ma perché anche gli altri (tipo A2A) si sono adeguati anziché prendersi il mercato?
La risposta anche in questo caso è piuttosto semplice: tutti gli altri operatori hanno poche colonnine e generalmente in una porzione di territorio ristretta (compresa A2A) quindi operano principalmente in roaming… cioè erogano ai propri clienti in modo predominante non attraverso le proprie colonnine propretarie (dove quanto fanno pagare gli altri poco li vincola) ma attraverso quelle dei 2 provaider principali attraverso accordi di rooming…
E se Enel ad A2A per operare in roaming chiede 0,4 €/kWh (faccio un esempio non conosco le cifre esatte) ecco che quest’ultima è impossibilitata ad offrire ai propri clienti gli abbonamenti come erano prima…
Quindi alla fine lo stato (= il governo) ha il controllo (diretto o indiretto grazie agli accordi di roaming) su tutte le tariffe…
Unica che sfugge a questa logica guardacaso è Tesla siccome con account Tesla ricarichi solo alle colonnine propretarie (e se lo può permettere perché la sua rete è diffusa in tutto il territorio) e quindi non può essere “ricattata” attraverso il roaming come le altre…
Domanda estremamente sensata, a cui si associa l’investimento per l’installazione ed i costi di manutenzione dei supercharger. La rete Tesla cresce e viene mantenuta ben funzionante, come molte analisi hanno segnalato.
Sembra che i supercharger siano molto meno costosi grazie ad un vantaggio Tesla sull’elettronica di potenza. Il dato proviene da supporto che Tesla chiede in US per l’installazione, che copre fino al 70%.
Ma può questo spiegare tutte le differenze e di come mantengono il loro modello di business profittevole?
Ritengo sia un cartello delle lobby per mantenere i prezzi alti infatti anche A2A si e’ subito adeguata ai rialzi , questo ovviamente non giova allo sviluppo delle auto elettriche e credo che non sia un caso, proprio ENI ed ENEL essendo società parastatali creano le condizioni per il NON sviluppo dell’auto elettrica anche creando disinformazione ad arte per convincere il popolino così da continuare a vendere petrolio ed energia elettrica da gas metano con utili mostruosi
Come ho scritto nel mio commento sopra io non credo che A2A abbia intenzione di fare cartello con gli altri 2 ma è costretta a seguire le loro tariffe semplicemente perchè al di fuori di una ristretta zona del nord (dove io abito essendo di Bergamo) non ha colonnine propretarie e deve “rifornire” i propri clienti attraverso quelle degli altri 2… quindi le tariffe delle altre 2 rappresentano un vincolo per A2A (se questa vuole operare in tutta Italia) perchè altrimenti addio accordo di interoperabilità oppure sei costretto a “vendere in perdita” anche solo come costo del kWh.
Il vero cartello è relativo ai soli altri 2 provider che sono in grado di obbligare tutti gli altri alle proprie decisioni. E visto che il punto in contatto fra i 2 sappiamo bene qual’è è facile anche capire il perché…
Per quel che riguarda le tariffe A2A, la spiegazione ci sembra decisamente convincente
A parere mio c’è una buona possibilità che A2A abbia maggiori entrate lavorando solo nella zona in cui è presente applicando prezzi corretti.
Poi possono allargarsi un po’ alla volta… di certo senza prezzi esorbitanti sarebbero maggiormente ricercati da tutti.
Se invece le logiche sono diverse ed è necessario non rompere troppo le scatole ai potenti colossi, allora si rientra pienamente nel ragionamento di @Cerquilini.