Col retrofit Duck lo scooter diventa un tre ruote elettrico omologato

Molto di più di un retrofit, molto meno di un nuovo veicolo elettrico. E’ il retrofit Duck: un sistema modulare che trasforma qualsiasi scooter termico in un triciclo a trazione elettrica. Anzi, in un veicolo a tre ruote certificato e omologato per trasporti fino a 200 kg. Lo produce una piccola azienda di Atessa, in Abruzzo, che si chiama TauMat. Da trent’anni si occupa di componentistica per automotive; soprattutto di piccoli componenti meccanici di precisione. Lavora per Honda (che ha lo stabilimento lì a due passi) e per tante altre case auto e moto internazionali. Tanto che oltre il 50% della produzione è destinata all’estero.

TauMat pensa al dopo motore termico

Ma la famiglia Lorenzi, che la guida, si è già posta il problema di come affronterà il salto tecnologico dal motore termico basato sulla “sua” meccanica a quello elettrico basato sul sistema powertrain, cioè azionamenti elettronici e batterie che ne costituiscono il cuore (LEGGI). Il progetto del retrofit Duck è nato da lì. Altri seguiranno, ma per il momento restano nel cassetto.

 

 

Il titolare dell’azienda Mario Lorenzi intervistato dal periodico di Confndustria. Il tema della conversione dell’industria italiana dell’automotive è caldissimo.

Retrofit Duck, soluzione universale

L’idea era realizzare un retrofit universale, sostanzialmente identico quale che fosse lo scooter termico di partenza. E che, una volta omologato come tale, non richiedesse altre snervanti e costose pratiche di omologazione su ogni singolo esemplare messo su strada. Insomma, la soluzione finale per il problema che affligge tutti i produttori di retrofit. «Non ci saremmo mai riusciti _ ammette il responsabile marketing Alessio Lorenzi _ se non avessimo trovato l’entusiastica collaborazione degli uffici della motorizzazione. E’ solo grazie a loro che il nostro progetto ha potuto adottare soluzioni  compatibili con normativa vigente».

L’attacco basculante e il differenziale

Il retrofit Duck, infatti, viene istallato senza manomettere nulla del telaio e della parte anteriore del mezzo originario, sella compresa. E quest’ultimo non interagisce con la funzionalità dell’asse posteriore a due ruote che comprende motore elettrico, batterie e azionamenti elettrici. Più un differenziale per affrontare le curve.  L’avantreno, “ripulito” di motore, trasmissione e ruota posteriore,  si collega al kit del retrotreno con un attacco basculante brevettato. Permette al guidatore di affrontare le curve “in piega” come su un normale due ruote. Le prestazioni velocistiche sono quelle di un ciclomotore (45 km/h), l’autonomia è fra 80 e 100 km su percorsi urbani, la batteria da 48 V e 80 Ah si ricarica da una normale presa domestica in circa 8 ore. Può trasportare un carico utile di 200 kg, in un vano carico posteriore che grava totalmente sulle due ruote del retrotreno, senza pregiudicare visibilità e stabilità del mezzo.

Un mezzo da lavoro per convertire le flotte

«E’stato pensato e realizzato come mezzo da lavoro _ spiega Lorenzi _. Nel quadro di un’ economia circolare, infatti, consente ad intere flotte aziendali di convertirsi all’elettrico, senza la necessità di rottamare i vecchi scooter». Si pensi alle Poste, ai corrieri dell’ultimo miglio, al delivery, ai veicoli di servizio in residence e grandi strutture alberghiere e a società di servizi industriali. O alle flotte della Pubblica Amministrazione, ora incentivate a passare all’elettrico. Ma anche agli stessi costruttori, qualora dovessero evadere grandi commesse di mezzi speciali. In questo caso potrebbero consegnare a TauMat scooter nuovi, assemblati senza i componenti inutili, tipo ruota posteriore e motore a scoppio.

Il prezzo del retrofit Duck, dice Lorenzi, non è ancora stato fissato. Molto dipenderà dalla scala della produzione. Per flotte aziendali di diverse unità potrebbe aggirarsi attorno agli 8 mila euro, contro 13 mila circa di un tre ruote nuovo dalle caratteristiche analoghe. Per un privato che richiedesse un lavoro “sartoriale” su un singolo esemplare, probabilmente le cifre si gonfierebbero. «Se qualcuno vuol farlo, anche solo per sentirsi più sicuro sul suo scooter, ci contatti ugualmente. Gli faremo un preventivo» conclude Lorenzi.

Visualizza commenti (3)
  1. Considerando il vano di carico (portata 200Kg) a prima vista sembrerebbe far parte delle masse non sospese. Al carico si va a sommare il peso del kit che tra batteria, motore, differenziale, ruote e freni più le minuterie varie peserà almeno 100kg.Con la trazione posteriore, sarei curioso di vedere a pieno carico il comportamento in curva, sia nello sconnesso che in condizione di scarsa aderenza, sia in accelerazione sia in frenata. Secondo la ripartizione dei pesi e la differenza di aderenza fra avantreno e retrotreno, il rischio è che in accelerazione potrebbe andar dritto, e in frenata potrebbe non fermarsi se si frena con il freno anteriore, o girarsi (testa coda) se si usa il freno post. soprattutto in discesa es: tornantino in montagna a scendere, con strada bagnata o in presenza di ghiaccio. La massa complessiva a pieno carico più la persona che lo guida è notevole, ed è per la maggior parte dietro. L’ape 50 della piaggio (mitico mezzo di trasporto a tre ruote), ha il vano di carico fra le masse sospese, distribuendo meglio il peso sulle tre ruote. Inoltre le ruote non rimbalzano nello sconnesso, perché le masse sospese vengono ammortizzate dalle sospensioni. La configurazione del mezzo, la cabina il posto di guida e la parte anteriore del vano di carico, rimangono all’interno del perimetro triangolare formato dalle tre ruote, la migliore ripartizione dei pesi per un mezzo a tre ruote. Ora retrofittandolo con il mio kit vespa, con motore da 3kw avendo anche il cambio di velocità aggiungendo che, lo si può avere con cassone aperto o chiuso, sarebbe il mezzo perfetto per piccoli trasporti urbani. Se poi aggiungiamo che se fatti in quantità di almeno 200 esemplari anno, costerebbe meno di 8000€ sarebbe quantomeno divino! Proverò a chiedere alla Piaggio se vogliono farne qualche prototipo, potrebbe essere interessante come progetto.

  2. Scusate, ma la legge in vigore vieta il retrofit ai ciclomotori si o no? Questo kit stravolge completamente il mezzo, non solo nel tipo di alimentazione ma è stato trasformato da ciclomotore a due ruote, a triciclo con un peso ed ingombri maggiori rispetto all’origine. Per correttezza nel campo motociclistico, per avantreno s’intende manubrio, forcella con relative piastre, ruota e freno. Inoltre negli scooter il motore funge anche da forcellone collegando il telaio a ruota, sospensione e impianto frenante. Secondo la logica i retrofit devono rispettare almeno al 95% il mezzo originale, sia nell’estetica che nella trasmissione ” cambio o presa diretta”. Da non sottovalutare il peso max. 10/15% in più e in posizione più bassa possibile, per questioni di baricentro. La distribuzione del peso ha un’incidenza notevole nella dinamica di guida, nella frenata. L’entusiasmo del ministero lascia basiti e la domanda è: perché tutto questo entusiasmo? Come si può omologare un kit così invasivo? Come può interfacciarsi con tutti i telai e relative sospensioni? In commissione trasporti hanno competenze in materia? Al tempo della legge il ministro dei trasporti era Delrio laureato in medicina, e non mi pare che sia un’ appassionato di meccanica, con quale preparazione può affrontare un discorso così tecnico? Chi ha scritto davvero la legge retrofit? Di chi era l’esigenza che ha spinto nella direzione delle quattro ruote, come dichiarato nel vs. articolo da Ivan Catalano? Perché scaduta la legislatura il Catalano è a capo dell’associazione mobility revolution, e non è tornato a fare il suo lavoro? Si può pensare ad un conflitto d’interessi premeditato o postumo? Perché i ragazzi del retrokit non riescono ad omologare il loro progetto? I miei retrofit secondo Catalano dovrebbero andare nel rottame, solo perché ho la terza media nonostante siano uguali al mezzo originale in tutto, perché?

  3. Alberto Spriano

    L’idea è più che valida.

    Probabilmente lavorando per Honda ad Atessa, avrà visto il cargo business elettrico Honda Gyro-e e si sarà ispirato a questo.

    Il Gyro-e ha due alimentatori portatili Honda, gli stessi del BENLY-e e un pianale ribassato che consente carico e scarico delle merci, mantenendolo in piano rispetto alla strada. Il vanto del Gyro, molto diffuso anche in Svizzera con motore endotermico è il sistema snodato indipendente, si può caricare una cassa da birra e inanellare curve senza farla cadere dal piano di carico posteriore.

    Honda ha capitalizzato questo progetto vincente rendendolo elettrico per utilizzarlo nei mercati coperti e centri commerciali di grandi dimensioni.

    Oltre allo snodo ha i differenziali per regolare la differenza di rotazione tra le ruote posteriori sinistra e destra durante la svolta e un meccanismo di rotazione che mitiga il sollevamento delle ruote posteriori in caso di brusca frenata. Stabilità in curva, ABS, parcheggio one-touch che non richiede un cavalletto e un passo che bilancia il raggio di sterzata minimo.

    Praticamente l’evoluzione dell’Ape, snodata ed elettrica per piccoli carichi con una grande maneggevolezza e reattività.

    Il problema per il retrofit universale Made in Atessa potrà insorgere, se Honda venderà in Europa il Gyro-e. Producendone a milioni potrebbe costare meno del retrofit universale di Atessa.

    https://www.youtube.com/watch?v=ydkvfqfKY2Y&feature=emb_logo
    https://www.honda.co.jp/motorshow/2019/product/gyroe.html
    https://global.honda/products/motorshow/Tokyo2019/GYRO_e.html

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