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Case auto, vendere un milione di Ev nell’Ue è “d’obbligo”

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Le Case auto non hanno scelta. In Europa dovranno vendere un milione di auto elettrificate nel 2020 (il 5% circa del mercato totale) e il doppio (circa il 10%) l’anno successivo. Di queste la metà saranno elettriche pure e l’altra metà ibride e ibride plug in. L’Europa, così, consoliderà il ruolo di secondo mercato mondiale. Se infatti le case auto non si daranno daffare per rispettare questi target, incorreranno in sanzioni pecuniarie pesantissime, come prevede la legge europea sulle emissioni di CO2. E il costo sarà circa il doppio rispetto all’investimento necessario a produrre e piazzare sul mercato i nuovi modelli a zero emissioni.

Vendere Ev, un obbligo che una passione

Sono i risultati di uno studio diffuso ieri da Transport & Environment, l’associazione delle ONG europee che promuove il trasporto sostenibile. Lo studio parte dall’analisi delle emissioni clima alteranti complessive prodotte dai modelli esistenti di tutte le Case auto. Calcolando poi la quota aggiuntiva di Ev necessaria a ognuna di esse per rientrare nei parametri previsti per i prossimi anni. Si spiega così, nota il rapporto, il boom di investimenti complessivi (145 miliardi di euro) già pianificati su nuovi progetti elettrici.  

Le Case auto a metà del guado

Nella maggior parte dei casi i produttori europei sono appena a metà del cammino che dovrebbe portarli a rispettare gli obiettivi 2021. Obiettivi peraltro fissati nel 2009 (scendere da 95g di CO2 a km a 25 grammi per le auto di nuova immatricolazione), ma a lungo “dimenticati”. All’avvicinarsi della scadenza, però, qualcosa è finalmente scattato, innescando la corsa all’elettrico.  Non tutte le Case auto, però, adotteranno la stessa strategia.

Qualcuna ha un percorso meno accidentato grazie a modelli termici di cilindrata ridotta o già alimentati da carburanti alternativi come gas naturale e Gpl. Oppure, caso Toyota, per la forte posizione nell’ibrido (56% del venduto). Altre, soprattutto le tedesche, la Volvo e alcune giapponesi molto sbilanciate verso le grosse cilindrate e la benzina, dovranno giocoforza compensare buttandosi a pesce sull’elettrico puro. FCA è troppo lontana dai target per rientrare da sola, e per questo ha siglato il patto di scambio con Tesla.

Ma anche chi è già prossimo a raggiungere gli obiettivi, come Toyota o Renault-Nissan, sceglierà comunque di puntare sull’elettrica pura in previsione dell’ulteriore stretta prevista per il 2025-2030.     «Nei prossimi due anni _ commenta perciò Julia Poliscanova, responsabile del rapporto T&E _ assisteremo a un forte impulso degli investimenti che porterà sul mercato auto EV di migliore qualità, più affidabili e meno costose».

Dai Suv termici il maggior danno

Lo studio di T&E smonta anche una delle più gettonate spiegazioni per l’aumento delle emissioni di CO2 registrato negli ultimi anni. Non sarebbe il declino del diesel a favore della benzina a provocarlo, bensì  il dilagare della Suv-mania. Questi veicoli pesanti, poco aerodinamici e iper-potenti sono passati dal 7% al 36% negli ultimi dieci anni. Questo ha provocato un aumento delle emissioni medie di 2,6 grammi a chilometro percorso. Il declino del diesel, invece, ha contribuito all’incremento per appena 0,6 grammi a chilometro.

Più elettriche se calano le tasse

Infine il rapporto T&E identifica nel sistema di tassazione il fattore decisivo nel determinare le scelte d’acquisto degli automobilisti. Nell’Ue i Paesi con tassazione più favorevole sono l’Olanda e la Svezia. Nei Paesi Bassi, infatti, si registra il più basso livello di emissioni medie del parco auto (106g/Km) per merito dell’ampia diffusione di EV. Il Portogallo è sulla stessa linea, ma a causa della contenuta cilindrata delle auto. Estonia e Lussemburgo sono ai vertici, con 140 grammi di CO2 a chilometro.


La Svezia vanta la quota più alta di elettrificate sul totale venduto (8,4%, 6,4 ibride e 2% elettriche), seguita dall’Olanda (6,8%, con però una quota di EV del 5,9%). Fuori dall’Unione svetta la Norvegia, con il 49% di auto elettrificate (31% le elettriche pure).

L’ultima auto termica? nel 2030

Nell’intera Europa il trasporto rappresenta oltre un quarto (27%) del totale delle emissioni clima alteranti. Le auto contribuiscono per il 44%. Se l’Ue vorrà rispettare l’accordo di Parigi per contenere il surriscaldamento globale a 1,5 gradi, dovrà costringere le Case auto vendere l’ultima vettura a motore termico nel 2030 ed entro il 2050 dovranno circolare in Europa solo auto elettriche.

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7 COMMENTI

  1. E per finire, se seguite questo link

    https://www.corriere.it/salute/19_settembre_18/smog-nascosto-casa-ufficio-anche-scuola-6bb370ce-d6f3-11e9-ab72-4c8b2c66efe5.shtml?refresh_ce-cp

    vedete che il problema è molto, molto, molto ma molto più grande e pervasivo che dire “compriamo auto elettriche”. E’ una delle soluzioni da mettere in campo questo è certo, ma insistere che sia il grosso del problema è sviare l’attenzione da tutte le altre possibili cause anche di patologie, come correttamente avete fatto rilevare in precedenza.

  2. Ecco che comincia la polemica… rileggete cosa ho detto e sfido a trovare una parola a proposito di fare stare zitto qualcuno. Parlo per cognizione di causa perchè lavoro nel settore dei controlli ambientali e so cosa dico. Posto che il problema ovviamente esiste voglio instillare il dubbio che se l’interesse fosse veramente quello dichiarato le azioni sarebbero state diverse. Parlare di “inquinamento ambientale” è un discorso complesso che non regge ad una rozza semplificazione come quella che fa credere che la panacea dei mali dell’aria nelle nostre città passi dall’eliminazione dei motori diesel sostituendoli con motori elettrici. Anche dire pubblicamente che “emissioni zero” é un’espressione di marketing, non esistono (e non possono esistere) veicoli ad emissioni zero e ve lo dico perché ci sono laboratori che misurano queste cose e aziende che lavorano per risolvere il problema.

  3. No certo certo che si è spiegato, quello che voglio far osservare è lo sforzo enorme per la cosiddetta transizione all’elettrico di un settore importantissimo come quello dell’automotive che a detta degli stessi attivisti di Greenpeace è responsabile del 9% delle emissioni inquinanti. Il silenzio sul resto, vale a dire allevamenti e riscaldamento è assordante e indica chiaramente che non è la volontà di migliorare il mondo la guida di queste manifestazioni. Se chiudessero tutti gli allevamenti bovini e suini camperemmo lo stesso e avremmo il 40% di emissioni serra in meno, ma la cosa è molto meno pubblicizzata. Se tutti i riscaldamenti di casa fossero elettrici avremmo un altro 40% in meno. Dove sono gli attivisti della transizione energetica? l’auto è solo fumo negli occhi, il problema non è il diesel in città.

    • Quando lei torna a dire che il diesel in città non è un problema, io penso proprio di non essermi spiegato. E’ un problema. Ed è il problema di cui ci occupiamo noi di Vaielettrico. Certo che non è il solo. Sono un problema l’eccessivo consumo di carne, la produzione di energia elettrica da fonti non rinnovabili, le caldaie a metano. E’ giusto che altri se ne occupino: E’ sbagliato che tanti, come lei, cerchino di mettere a tacere noi.

  4. Se posso osservare… 27% delle emissioni dovuto ai trasporti, di cui 27*0,44=11,8% dovuto al trasporto privato… Ma se invece agissimo sul restante 88,2%?
    Invece di strozzare un settore economicamente rilevante?

    • Non si tratta di “agire invece….”. Bisogna agire “sia sia”. Per arrestare il surriscaldamento globale bisogna arrivare infatti a zero emissioni globali di CO2 entro il 2050. E da allora in poi, trovare il sistema di catturare l’anidride carbonica per ridurne la concentrazione in atmosfera. Altrimenti ci troveremo, anzi, si troveranno i nostri nipoti, con un aumento delle temperature medie di 3-4 gradi a fine secolo. E sarà l’apocalisse. Non so se mi spiego

    • Le percentuali sono una misura sintetica che, in quanto tale, nasconde due aspetti rilevanti del problema.

      La distribuzione della popolazione sul territorio e la distribuzione dei veicoli a motore a combustione interna sul territorio.

      Basta leggersi le statistiche sull’incidenza delle malattie respiratorie nelle fasce 25m e 50m da una strada trafficata per spiegarsi le 130 morti premature al giorno (EEA 2018) da attribuirsi alla cattiva qualità dell’aria.

      Questo ovviamente non toglie che occorra perseguire la (forte) riduzione anche delle altre forme di inquinamento citate con normative, tecnologie alternative, cambiamenti culturali/alimentari/industriali/logistici.

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