Chi si avvicina all’auto elettrica e dispone di un garage spesso inizia la sua “esperienza di ricarica” tramite la classica presa tedesca schuko. La wallbox è un passo successivo e sicuramente il migliore, sebbene più costoso. Per chi vuole limitare le spese e comunque caricare a 16 ampere in sicurezza, una soluzione economica può essere quella di installare una presa industriale. Lo suggerisce un nostro assiduo lettore, basandosi sull’esperienza maturata nel suo condominio. Ricordiamo che tutti possono inviarci contributi e racconti di rsperienze personali, scrivendo a info@vaialettrico.it
di Alessandro D’Aiuto
Premessa: quanto sotto è frutto di esperienza personale e (spero) di buon senso. Non può essere però preso per qualcosa di certo o, peggio ancora, di “certificato”. Mi appello dunque alla responsabilità e all’intelligenza di ognuno: chi volessero seguire i miei consigli consulti sempre un tecnico professionista. E non prenda quanto sotto come oro colato.
Leggo spesso sulle pagine di questo sito di gente che, in maniera del tutto legittima, basa la propria ricarica domestica su apparecchiature (i famosi “carichini”, spesso proprio quelli in dotazione al veicolo) che si collegano alla rete elettrica tramite comune presa schuko.
La tentazione fatale di superare i 10 ampere
La cosa ovviamente di per sé non ha nulla di sbagliato. Si tratta di avere ben presente quali sono i limiti di tali prese e adattare di conseguenza l’amperaggio del caricatore.
Assodato quindi che la cosa (a ben determinate condizioni che ora vedremo) è sostenibile nel tempo, resta il fatto che all’atto pratico risulta essere una soluzione tutto sommato “riduttiva”. A parità di elettricità erogata impone infatti tempi di ricarica spesso non compatibili con le più comuni esigenze.
Ipotizzando una presa schuko “domestica”, debitamente alimentata da cavi di adeguata sezione (quindi 2,5 mmq) e posizionata in ambiente chiuso (box auto, garage, magazzino…) stando alla pura scheda tecnica potremmo pensare di ricaricare la nostra automobile con un’intensità di corrente fino a 16 ampere.
All’atto pratico le cose non stanno esattamente così. La presa schuko è sì in grado di sopportare tale amperaggio, ma può farlo per un periodo di tempo relativamente limitato.
Per pratica e buon senso possiamo ipotizzare un uso continuativo a 16 ampere tra le 4 e le 6 ore consecutive. Al di sopra di questo tempo potrebbe non accadere nulla… Come potrebbe accadere di tutto.
Il rischio aumenta nel tempo, e senza preavviso…
Ma quel che è peggio, è che le 4/6 ore di cui sopra potrebbero anche essere un parametro valido per un utilizzo episodico e non qualcosa su cui basarsi in caso di una richiesta ricorrente (o magari addirittura quotidiana) quale è la necessità di ricaricare un autoveicolo.
Per esempio: supponamo che vi piaccia fare dei lavori con la saldatrice (esempio un po’ estremo, lo ammetto). Passate un pomeriggio a saldare e finito il lavoro magari passa un mese prima che abbiate di nuovo necessità di “spremere” la vostra schuko. Discorso diverso è chiederle, una notte sì e una no, di ricaricare una batteria per ore a 16 ampere. Spero di aver reso l’idea.
Detto ciò, più per buon senso che per “scheda tecnica”, si può concludere che in questo caso è cosa buona e giusta limitare a massimo 10 ampere la ricarica. E in fondo, se ci pensiamo bene, non vi sto dicendo nulla di strano. Non è un caso se i “carichini” che ci vengono forniti assieme all’automobile non vanno quasi mai oltre i 10 ampere.
Siamo però onesti: si tratta di un valore tutto sommato limitativo. Se infatti ragioniamo molto all’ingrosso, ci possiamo servire della classica “pseudoformula” che tutti conosciamo, e cioè kW = Volt x Ampere.
Data l’usuale tensione di 230 volt, se carichiamo a 10 ampere ogni ora “imbarcheremo” più o meno 2,3 kw. Per l’amor del cielo, benvenuti pure quelli… Ma in 8/10 ore di ricarica notturna non andremo mai oltre i 22 kW circa, calcolando le dispersioni. A qualcuno andranno anche larghi, ma legittimamente potrebbero non essere sufficienti a tutti.
Con i “carichini” che si possono facilmente acquistare ovunque (Amazon per esempio) si può effettivamente arrivare ai 16 ampere. La tentazione di usarli tutti e 16 è quindi dietro l’angolo. Tantopiù se (come ipotizzato sopra) disponiamo di una presa che riteniamo in tutta onestà adatta alla bisogna.
E qui, sempre alla luce di quanto detto sopra, possono iniziare i guai. Specie tenendo conto che i fenomeni di un eventuale surriscaldamento potrebbero rimanere “nascosti” per un certo periodo di tempo prima di manifestarsi all’occhio (e sempre troppo tardi) e certificare l’avvenuta “frittata”.
Il salvavita non funziona: la “frittata” è fatta
Se infatti partiamo dal presupposto empirico che (a grandissime linee) l’elettricità si concentra sulle punte, le prime parti a surriscaldarsi saranno quelle “più all’interno” della presa, in particlare quelle in prossimità dei “poli” della spina. Via via che passa il tempo, il calore in eccesso si propaga verso l’esterno. Col risultato che quanto possiamo vedere nella figura qui a fianco avverrà praticamente “di sorpresa”. E quasi senza nessuna avvisaglia.
E quel che è peggio,è che a volte avviene senza che si verifichi un qualche intervento del salvavita: se infatti su quella linea abbiamo installato un “C16” e tramite il nostro caricatore abbiamo effettivamente prelevato per esempio un massimo di 12 ampere (2,8 kW circa) pensando di rimanere in un margine di buon senso… Beh, con i miei occhi ho visto delle schuko “fuse” per un uso continuativo a quelle potenze senza che fosse scattato in tempo il salvavita.
Il lato debole della schuko specifica
Per ovviare a tutto ciò, in commercio esistono delle prese schuko specifiche per la ricarica dei veicoli. Si tratta di prodotti assolutamente adeguati alla bisogna, su cui all’atto pratico non posso sollevare alcuna critica da un punto di vista tecnico.
Funzionano, vanno bene, sono fatte apposta.
Se però si entra in quest’ordine di idee, vuole quasi sempre dire che si procederà a dei lavori per adeguare l’impianto esistente. In pratica vuol dire metter mano al portafoglio. A questo punto, spendere per spendere, tanto vale tentare di “massimizzare” la resa e cercare (possibilmente a parità di prezzo) delle soluzioni perchè migliori come resa nel tempo.
Una wallbox è la soluzione principe, ma è cara
L’installazione di una wallbox ovviamente è la “soluzione principe”, su questo non ci sono dubbi. Ma è altrettanto vero che stiamo parlando di cifre che tra materiale e posa superano di slancio i “tre zeri”. Se vogliamo spendere un po’ meno e dormire ragionevolmente tranquilli, la soluzione c’è e si chiama presa industriale interbloccata
Nel momento in cui vi scrivo, una interbloccata monofase 16 ampere “basica” si può trovare a circa 20 euro nei più comuni magazzini di “fai da te” (Bricoman/Leroy Merlin su tutti). A questa potremo ovviamente collegare un caricatore economico ma di buona fattura e già in origine dotato di presa industriale quali quelli che si trovano agevolmente anche nei siti di commercio online (anche qui: Amazon su tutti).
E voilat, presa industriale e carichino a 16 ampere
Mi prendo il beneficio del dubbio. Ma se la scheda tecnica corrisponde alla realtà, si tratta di prodotti che in linea di massima sono già dotati di validi dispositivi di sicurezza (surriscaldamento, sovratensione, etc) e pensati per lavorare a tempo indeterminato ai famosi 16 ampere. Posto che l’appetito vien mangiando, si potrà inizialmente utilizzarli ad amperaggio più basso (in genere la scelta è fra 10 e 16 ampere) e un domani, se si decidesse di “alzare” il contatore, potremo in tutta sicurezza e senza rischi caricare a “3,7 kW”. A quel punto, dalla sera alla mattina, nella nostra batteria ci troveremmo un minimo di 30 kW circa ipotizzando 8 ore di caricatore. La musica è già diversa rispetto a prima.
Poiché il diavolo sta nei dettagli, il motivo per cui preferisco questa seconda opzione rispeto alla schuko specifica è il seguente: la schuko di cui sopra è progettata per lavorare in sicurezza fino a 3 kw, la presa interbloccata industriale invece deve poter lavorare a 16 ampere a tempo indeterminato. Differenza sottile ma fondamentale.
Ne discende che spesso, a parità di prezzo finale e a volte meno, e partendo dal presupposto che si stia installando un impianto ex novo, l’installazione della seconda vi offrirà un dispositivo intrinsecamente più sicuro e più duraturo nel tempo.
Con 200 euro carichi a 3,7 kW e ti metti al sicuro
Date queste condizioni, se pensate di adeguare il vostro garage alle necessità di un’auto elettrica consiglio caldamente a tutti di prendere in considerazione la presa industriale come migliore soluzione per “costi-benefici”. Fermo restando, ribadisco, che la wallbox è la soluzione per eccellenza.
Superfluo aggiungere che l’impianto a servizo di tale presa deve essere realizzato con tutti i sacri crismi, (cavi di sezione adeguata o anche superiore, magnetotermico differenziale di buona qualità, linea collegata direttamente al contatore, etc etc) ma una volta soddisfatti tutti i requisiti si entra in un ordine di “sicurezza” teoricamente quasi ridondante, con una spesa che a volte non supera i 200 euro tra materiale e messa in opera.
Buongiorno,
in azienda (officina con contatore 50 Kw) avremmo la possibilità di caricare l’auto da prese industriali monofase o trifase. Un collega sta per acquistare un auto elettrica ed anche io ne ho una. Mi chiede se ha senso spendere 750 € per il “carichino” con la schucko.
IPosto che non saremmo neanche disposti a spendere per una wallbox ma che abbiamo eventualmente un elettricista esperto a disposizione, ho visto che esistono in commercio adattatori da presa industriale, sia mono che trifase, a tipo 2, sia a 16 che a 32 A…
Vorrei chiedere se sarebbe una cattiva idea usare uno di quelli con il cavo tipo 2 in dotazione all’auto (per ricarica abituale).
L’idea sarebbe di riuscire magari a caricare a 11 kw con la trifase a 16 A. (ma cosa impedirebbe ad es. alla mia Twingo di assorbire di più, visto che ha un caricatore a bordo che può arrivare a 22 kw? la spina a 16 A ha un cablaggio diverso dalla 32 A?)
Grazie.
Io ho di recente fatto un quadretto da cantiere con magnetotermico differenziale C10, ed ho messo una schuko ed una industriale.
Al momento sto utilizzando la schuko e limito la carica a 6A. Ci mette circa 7 ore (ho una plug in da 7,4kwh) a carica e la caricherò circa 1 volta a settimana. Dite che rischio? il garage è fresco essendo due piani sotto terra.
Ps. Questo sistema durerà fino a settembre quando installerò wall box, quindi userò il tutto per un massimo di 10/15 ricariche.
Grazie!
Caricando a 6 Ampere L’unica cosa che rischia è di avere parecchie dispersioni. 😉
A livello di sicurezza, se tutto è fatto come si deve, non dovrebbero esserci problemi.
Si di dispersioni ne ho tantissime, per caricare 7,5 kWh ne uso 9 ahaha
A occhio è circa il 18%, non mi pare poco… 😉
Complimenti e grazie ad Alessandro per l’articolo molto utile. 🙂
E anche i commenti sono altrettanto utili.
Fortunatamente è un argomento che non permette agli “endotermici” di sfogare le proprie frustrazioni. Non possono commentare cose tipo “io il mio diesel lo ricarico con una presa IEC a 2A in 5 minuti!”
Senza dubbio, se non c’è necessità di caricare più velocemente una BEV, la minima spesa di una “sicura” presa industriale permette di sfruttare appieno il EVSE portatile in dotazione (ricordiamo che il vero caricatore è installato dentro la vettura, questo serve solo per il dialogo con il fornitore di energia, esattamente come la wallbox).
Ad esempio per me non farebbe alcuna differenza, la mia può caricare al massimo a 3,6kW, quindi il “carichino” collegato con sicurezza all’industriale è tutto quello a cui posso aspirare, perché spendere di più?
Ma non tutti hanno le stesse necessità, quindi ciascuno deve esaminare le proprie e valutare se investire in wallbox e aumento di potenza disponibile oppure migliorare la connessione e sicurezza del dispositivo portatile…
-Ma non tutti hanno le stesse necessità, quindi ciascuno deve esaminare le proprie e valutare se investire in wallbox e aumento di potenza disponibile oppure migliorare la connessione e sicurezza del dispositivo portatile…-
Il problema non sono tanto quelli che si pongono delle domande, quanto quelli che (senza voler emettere sentenze) NON se le pongono e attaccano al muro una spina schuko convinti che tutto andrà sempre bene.
“Perchè se era regolarmente in vendita allora vuol dire che è ok”.
L’articolo è dedicato a loro.
Io onestamente da mesi non capisco questa idea di risparmiare assolutamente su un sistema che deve durare anni e che probabilmente userete anche sulla successiva auto elettrica.
Ma veramente vale la pena di rischiare un incendio del garage e magari dell’auto per 500 o 700 euro di differenza rispetto ad una wallbox dedicata (con comodissimo cavo integrato…) che magari fa anche la regolazione automatica della potenza disponibile?
Io ho scelto di far installare la seconda, con cavi da 6 mmq che mi permettono di andare in sicurezza continuativamente a 25/27A in carica (grazie sperimentazione arera), caricare con la shukko a 1,8 o 2,3 kW è oltretutto un dispendio importante di efficienza. E quella la pagate in bolletta.
Chiaro che se prenderò anche la seconda auto elettrica allora penserò direttamente al trifase probabilmente per quella “grande”
Carissimo Diego, l’articolo non è dedicato alle persone come lei che hanno già fatto la scelta migliore bensì a quelli, e temo che non siano pochi, che in buona fede pensano che la scelta “peggiore” tutto sommato sia più che sufficiente. E che in ogni caso forse non avrebbero in animo di farsi installare una wallbox.
Anch’io Ho fatto la stessa cosa….cambiato i cavi con quelli da 6mm/2 e una wallbox intelligente che tiene in considerazione i consumi di casa senza farti rimanere al buio x lo stacco del contatore.
Risparmiare su queste cose non si può
Condivido assolutamente l’articolo.
Se non si ha l’esigenza e/o il contratto superiore ai 6kWh, non è affatto obbligatorio avere una wallbox, se si rispettano le norme di sicurezza.
La presa industriale da 16A (e si può direttamente installare anche quella da 32A in previsione futura, la differenza di prezzo è ridicola) è decisamente una garanzia e non mi affiderei MAI ad una qualsiasi presa anonima.
Personalmente uso una Shuko di ottima marca (direttamente sul quadro DIN) con cavi da 6mmq perchè 3kW per le mie esigenze sono più che sufficienti (nelle 12 ore in cui non uso la macchina, al netto della dispersione, carico almeno 33kWh – 240 km, non mi capita mai di averne bisogno di così tanti per due giorni consecutivi). Con appena 40€ potrei comprare l’adattatore per il cavo in dotazione alla Tesla (che è shuko ma è sufficiente sostituire un pezzo essendo modulare) e passare alla industriale, cosa che farò alla prima occasione in cui metterò mano all’impianto.
Ottimo articolo.
Sulla 32 ampere monofase potremmo anche tornarci, se mi verrà richiesto. Perchè sulla carta sarebbe una figata, ma all’atto pratico ha luci e ombre.
Il “salvavita” (denominazione sbagliata, visto che lo fa entro limiti ben precisi e non in tutti i casi)
, non può assolutamente intervenire quando c’è un surriscaldamento dei cavi, non é progettato per quello. E nemneno l’interruttore di protezione può farlo fino a che non c’è un cortocircuito. Se l’impianto è carente con connessioni non fatte a regola d’arte, la temperatura sale fino a che i cavi non si fondono e in quel caso se c’è un cortocircuito tra i conduttori che non hanno più l’isolamento la protezione interviene, però magari l’incendio è già cominciato, quindi attenzione alle soluzioni fai da te
La ringrazio per lo spunto. Mi fa capire che forse non mi sono espresso in maniera completa. E che probabilmente ho dato per scontato che parlando di un C16 tutti quanti capissero che mi stavo riferendo a un magnetotermico differenziale. Il quale, Sempre se mi ricordo bene, scatta anche in caso di surriscaldamento. Concordo con lei pienamente sul fatto che le soluzioni fai da te si possono praticare solo ed esclusivamente Si si sa molto bene quello che si sta facendo. E che in ogni caso è sempre molto ma molto intelligente rivolgersi a tecnici specializzati.
Il magneto termico scatta solo se di supera la corrente massima nominale in un tempo che è inversamente proporzionale a di quanto lo si supera. Quindi più lo si supera prima interviene , ma se si resta nei limiti di corrente nominali ed a causa del cablaggio imperfetto si ha un surriscaldamento non può intervenire. Non è termico nel senso che sente un tratto di impianto connesso ad esso, che surriscalda.Invito anche a valutare con cura i caricatori economici spesso non riportano certificazioni riconosciute, non conta quanto affermano nella paginetta ma conta solo avere ricevere il certificato di conformità specifico del modello che si acquista, a me ne avevano mandato uno della stessa marca ma di altro mofello ed ho rinunciato all’acquisto questo e impianti fai da te non possono essere certificati. Succede che in caso di incendio anche se assicurati si ha la certezza che non si viene rimborsati perché non si è a norma. Questo deve essere ben chiaro.
-se si resta nei limiti di corrente nominali ed a causa del cablaggio imperfetto si ha un surriscaldamento non può intervenire.-
Che è esattamente quanto detto nell’articolo.
Grazie per averlo sottolineato.
-impianti fai da te non possono essere certificati.-
Ottima puntualizzazione. Infatti l’articolo invita a rivolgersi tassativamente a un professionista.
Interbloccata significa solo che non posso estrarre la spina se prima non posiziono su “0” il sezionatore a monte; nel nostro caso è una sicurezza aggiuntiva ma non obbligatoria.
La differenza reale tra Shuko ed industriale 16A (blu) è che la Shuko è certificata per 16 ampere, ma non specificato per quanto tempo e soprattutto dipendente dalla struttura costruttiva del lato presa, mentre l’industriale è certificata come gruppo spina-presa (indipendentemente dalla marca di una o dell’altra) per un passaggio continuato di 16 ampere per 6 ore con un deltaT (aumento di temperatura rispetto l’ambiente) massimo di 5 gradi.
Il problema della presa bruciata che viene mostrato nella fotografia dell’articolo, oggigiorno è risolvibile ed evitabile!
Sono stati inventati dispositivi di protezione da aggiungere a quelli esistenti, chiamati AFDD, che sono in grado di percepire la formazione di micro archi elettrici ( responsabili del surriscaldamento e successiva fusione).
La ringrazio per il suo intervento, perché in maniera più tecnica e sicuramente più preparata conferma sostanzialmente ciò che viene riportato nell’articolo con parole più semplici. Non mi sono dilungato volutamente circa le proprietà del meccanismo di interblocco, per evitare di allungare inutilmente un pezzo di per sé già non molto breve. La ringrazio quindi per avercelo fatto presente. Ugualmente ho evitato di citare il fatto che le prese interbloccate sono molto spesso di Grado IP 54 o addirittura superiore. Anzi per dirla tutta viaggiano sul ip67 in genere. Questo, ovviamente con criterio, permette di installarle con tranquillità anche all’aperto. Per esempio, se uno dispone di un posto auto scoperto tipo cortile. Per quanto riguarda gli afdd, di cui serenamente ignoravo l’esistenza, non posso che ringraziarla per aver colmato questa mia lacuna. Sono però abbastanza convinto che converrà con me che, fatta tara merce, una presa interbloccata risolve come minimo il 90% di tutti i problemi con una spesa sostanzialmente irrisoria.
Le schuko per normativa e costruzione possono erogare al massimo 10 A.
No, sono 16A.
Verissimo. ma oggi è fin troppo facile andare su Amazon e comprarsi un carichino 10/16 corredato da preso schuko nel giro di tre click. E quindi usarlo alla massima potenza pensando che la cosa sia sicura. Partendo dal presupposto che un esposto alla magistratura finirebbe quasi certamente archiviato in un qualche sottoscala, ho pensato in coscienza che la cosa migliore fosse quella di scrivere due righe per segnalare il potenziale problema e proporre una soluzione.
Poi in realtà, sbaglierò, ma per quello che ne so esistono anche le schuko in grado di reggere 16 A. Però è talmente facile sbagliarsi… insomma, la prudenza non è mai troppa. Specie se non è cara. 😉
La mia è 16A, marca Gewiss, la fanno tutti i produttori di componenti elettrici. Lo standard prevede espressamente i 16A. Posso dire che la mia in estate (27° ambiente) dopo 12 ore a 3kW non superava i 35° misurati con termocoppia, la prima volta che l’ho usata, di giorno, ho monitorato la temperatura costantemente, proprio perché dare fuoco al garage con dentro 50.000€ di macchina appena ritirata, esattamente sotto la mia camera da letto, non mi pareva carino .
-La mia è 16A, marca Gewiss-
Gewiss da barra DIN, ne ho montate almeno una decina in diversi quadri elettrici.
A volte mi capita di dare una mano ai miei ragazzi dell’ “A-Team”. Se avanza spazio faccio sempre mettere una presa di servizio in ogni quadro, ammetto che è un mio vezzo più che una vera utilità.
8 euro al Bricoman se non ricordo male, va benissimo. Però dovendo scegliere, a casa mia e nel mio magazzino ho comunque montato delle “industriali”
Classico articolo bello, utile ed interessante scritto da qualcuno che sa quel che dice. Bravo!
Ottimo articolo, grazie! Per la ricarica domestica è una soluzione di cui si parla poco quando invece sarebbe forse la più interessante in termini di compromesso tra velocità di ricarica e prezzo. Il difficile di più che altro è trovare un buon carichino da 16A con spina “blu industriale” senza spendere troppo.
Adeguamento impianto elettrico 50% ristrutturazione
la portata del cavo è dipendente dalla condizione di posa e non dalla distanza, la distanza influisce sulle cadute di tensione, quindi a parità di condizioni di posa se un cavo da 2.5mmq è idoneo a portare 16A, lo sarà anche per distanze chilometriche, la differenza è che a un metro avrà una caduta di tensione piccola a 1km avrà una caduta considerevole, in soldoni vuol dire che per portare 16A a distanze considerevoli sfruttando un cavo sottile butteremo i nostri soldi in calore.
Allora perchè la schuko potrebbe prendere fuoco? perchè i contatti che abbracciano la spina sono labili e quindi non è detto che la portata reale per lunghi periodi sia di 16A, un po’ come attaccare una wallbox con i morsetti non serrati, ad un cenrto punto sfiamma!
Bisogna anche essere onesti è ammettere che tra tutte le varie marche di prese e i vari modelli, ci sono quelle scadenti a livello costruttivo e di materiale (che poi sono quelle che costano meno ma si surriscaldano e bruciano) ma ci sono anche prese di buona e buonissima qualità (costano molto subito ma poi non creano mai problemi).
Visto che ogni intervento sugli impianti elettrici comporta una nuova conformità (QUELLA PRE MODIFICA DECADE) già che interviene elettricista a conti fatti non è più conveniente procedere con wallbox che ormai non ha costi a 3 zeri ed usufruire delle detrazioni al 50%.In pratica l’adeguamento della linea di alimentazione lo devo già fare ho solo il costo wallbox ma viene incentivato tutto il lavoro eseguito. Wallbox anche a 500 euro non di bassa qualità.
E toccando ferro qualsiasi cosa possa succedere sono in regola
La detrazione al 50% per le wallbox non c’è più dal 31/12/2021. Ad oggi, salvo altre detrazioni in cui forse la puoi inserire (110? ristrutturazioe?) paghi tutto…
Io la sto installando (Viessman) con il 110%
Che dire? Articolo STRA-UTILE ! grazie
Dipende.
Supponiamo che lei abbia la presa entro 2 o 3 metri dal C16 da cui dipende. una sezione di 2,5 mmq potrebbe anche bastare. SEMPRE FARSELO CONFERMARE DA UN ELETTRICISTA!!!! Chiaro che mettendo un 4 mmq non può che essere meglio. 6 mmq a stretto giro potrebbero anche essere “troppi”, i 6 mmq possono essere un’idea nel caso che lei voglia partire con questa soluzione (presa intebloccata 16 ampere) e tenersi aperta la porta per montare in futuro una wallbox in grado di erogare più potenza.
-il fattore distanza dal contatore/garage, quanto influisce sul diametro dei cavi-
Non so darle una risposta precisa e giustificata da calcoli tecnici, per esperienza però superati grossomodo i 10 metri di distanza tra “sorgente” e presa è bene salire di sezione a prescindere. Tenga sempre presente che il “bigino” per gli impianti domestici dice che per 16A con uso “episodico-ma-non-troppo” (esempio su tutti: il forno in cucina) sono adatti fili da 2,5 mmq di sezione. Il problema della ricarica auto, come detto nell’articolo non è tanto nella potenza in sè ma nel numero di ore consecutive (tante) e nel “numero di volte” che queste ore si rendono necessarie (a volte ogni notte).
Diciamo che una buona via di mezzo potrebbe propro essere quella di adottare di default fili da 4mmq.
MI RACCOMANDO LA MESSA A TERRA!!!
Per la posa di una presa di corrente (tale formalme te è) spesso basta una dichiarazione integrativa. Fermo restando che il suo ragionamento può avere senso.
In merito a questo fantastico articolo, che diametro dei cavi consigliate per l istallazione di una presa industriale? Da 4 o 6mm? E il fattore distanza dal contatore/garage, quanto influisce sul diametro dei cavi?
Mettiamo 6 mmq che il costo maggiore ci farà dormire tranquilli. Non c’è problema nei morsetti delle industriali a infilare cavi da 6 mmq…..casomai nelle prese civili shuko o italiane farci entrare un cavo da 6 è un’impresa. La comodità delle wallbox è sicuramente abbinare il sensore per non sforare la potenza del contatore e quindi con la wallbox ci si leva anche l’ansia che possa scattare la corrente del contatore e dover uscire di notte a riaccendere la luce…..che dire la wallbox costa ma offre tre benefici….la tranquillità di evitare surriscaldamenti e quindi sicurezza di trovare l’auto carica ogni giorno, secondo se è abbinato il sensore la valvola del contatore non scatta più e ultimo avendo potenza più alta il processo di carica dura meno e di conseguenza si limita l’energia richiesta per il condizionamento termico della batteria in fase di ricarica e le dispersioni nei cavi…..in parole povere a potenza più alta si spende meno euro……scusate ma alla fine conta anche quello.