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Caricare con la schuko? Spendendo poco si può fare di meglio…

schuko

Chi si avvicina all’auto elettrica e dispone di un garage spesso inizia la sua “esperienza di ricarica” tramite la classica presa tedesca schuko. La wallbox è un passo successivo e sicuramente il migliore, sebbene più costoso. Per chi vuole limitare le spese e comunque caricare a 16 ampere in sicurezza, una soluzione economica può essere quella di installare una presa industriale. Lo suggerisce un nostro assiduo lettore, basandosi sull’esperienza maturata nel suo condominio. Ricordiamo che tutti possono inviarci contributi e racconti di rsperienze personali, scrivendo a info@vaialettrico.it

di Alessandro D’Aiuto

Premessa: quanto sotto è frutto di esperienza personale e (spero) di buon senso. Non può essere però preso per qualcosa di certo o, peggio ancora, di “certificato”. Mi appello dunque alla responsabilità e all’intelligenza di ognuno: chi volessero seguire i miei consigli consulti sempre un tecnico professionista. E non prenda quanto sotto come oro colato.

Leggo spesso sulle pagine di questo sito di gente che, in maniera del tutto legittima, basa la propria ricarica domestica su apparecchiature (i famosi “carichini”, spesso proprio quelli in dotazione al veicolo) che si collegano alla rete elettrica tramite comune presa schuko.

La tentazione fatale di superare i 10 ampere

La presa schuko classica

La cosa ovviamente di per sé non ha nulla di sbagliato. Si tratta di avere ben presente quali sono i limiti di tali prese e adattare di conseguenza l’amperaggio del caricatore.
Assodato quindi che la cosa (a ben determinate condizioni che ora vedremo) è sostenibile nel tempo, resta il fatto che all’atto pratico risulta essere una soluzione tutto sommato “riduttiva”. A parità di elettricità erogata impone infatti tempi di ricarica spesso non compatibili con le più comuni esigenze.

Ipotizzando una presa schuko “domestica”, debitamente alimentata da cavi di adeguata sezione (quindi 2,5 mmq) e posizionata in ambiente chiuso (box auto, garage, magazzino…) stando alla pura scheda tecnica potremmo pensare di ricaricare la nostra automobile con un’intensità di corrente fino a 16 ampere.

All’atto pratico le cose non stanno esattamente così. La presa schuko è sì in grado di sopportare tale amperaggio, ma può farlo per un periodo di tempo relativamente limitato.
Per pratica e buon senso possiamo ipotizzare un uso continuativo a 16 ampere tra le 4 e le 6 ore consecutive. Al di sopra di questo tempo potrebbe non accadere nulla… Come potrebbe accadere di tutto.

Il rischio aumenta nel tempo, e senza preavviso…

Ma quel che è peggio, è che le 4/6 ore di cui sopra potrebbero anche essere un parametro valido per un utilizzo episodico e non qualcosa su cui basarsi in caso di una richiesta ricorrente (o magari addirittura quotidiana) quale è la necessità di ricaricare un autoveicolo.

Per esempio: supponamo che vi piaccia fare dei lavori con la saldatrice (esempio un po’ estremo, lo ammetto). Passate un pomeriggio a saldare e finito il lavoro magari passa un mese prima che abbiate di nuovo necessità di “spremere” la vostra schuko. Discorso diverso è chiederle, una notte sì e una no, di ricaricare una batteria per ore a 16 ampere. Spero di aver reso l’idea.

Detto ciò, più per buon senso che per “scheda tecnica”, si può concludere che in questo caso è cosa buona e giusta limitare a massimo 10 ampere la ricarica. E in fondo, se ci pensiamo bene, non vi sto dicendo nulla di strano. Non è un caso se i “carichini” che ci vengono forniti assieme all’automobile non vanno quasi mai oltre i 10 ampere.

Siamo però onesti: si tratta di un valore tutto sommato limitativo. Se infatti ragioniamo molto all’ingrosso, ci possiamo servire della classica “pseudoformula” che tutti conosciamo, e cioè kW = Volt x Ampere.

Data l’usuale tensione di 230 volt, se carichiamo a 10 ampere ogni ora “imbarcheremo” più o meno 2,3 kw. Per l’amor del cielo, benvenuti pure quelli… Ma in 8/10 ore di ricarica notturna non andremo mai oltre i 22 kW circa, calcolando le dispersioni. A qualcuno andranno anche larghi, ma legittimamente potrebbero non essere sufficienti a tutti.

Con i “carichini” che si possono facilmente acquistare ovunque (Amazon per esempio) si può effettivamente arrivare ai 16 ampere. La tentazione di usarli tutti e 16 è quindi dietro l’angolo. Tantopiù se (come ipotizzato sopra) disponiamo di una presa che riteniamo in tutta onestà adatta alla bisogna.

E qui, sempre alla luce di quanto detto sopra, possono iniziare i guai. Specie tenendo conto che i fenomeni di un eventuale surriscaldamento potrebbero rimanere “nascosti” per un certo periodo di tempo prima di manifestarsi all’occhio (e sempre troppo tardi) e certificare l’avvenuta “frittata”.

Il salvavita non funziona: la “frittata” è fatta

La “frittata” è fatta

Se infatti partiamo dal presupposto empirico che (a grandissime linee) l’elettricità si concentra sulle punte, le prime parti a surriscaldarsi saranno quelle “più all’interno” della presa, in particlare quelle in prossimità dei “poli” della spina. Via via che passa il tempo, il calore in eccesso si propaga verso l’esterno. Col risultato che quanto possiamo vedere nella figura qui a fianco avverrà praticamente “di sorpresa”. E quasi senza nessuna avvisaglia.

E quel che è peggio,è che a volte avviene senza che si verifichi un qualche intervento del salvavita: se infatti su quella linea abbiamo installato un “C16” e tramite il nostro caricatore abbiamo effettivamente prelevato per esempio un massimo di 12 ampere (2,8 kW circa) pensando di rimanere in un margine di buon senso… Beh, con i miei occhi ho visto delle schuko “fuse” per un uso continuativo a quelle potenze senza che fosse scattato in tempo il salvavita.

Il lato debole della schuko specifica

La schuko specifica, sicura ma…

Per ovviare a tutto ciò, in commercio esistono delle prese schuko specifiche per la ricarica dei veicoli. Si tratta di prodotti assolutamente adeguati alla bisogna, su cui all’atto pratico non posso sollevare alcuna critica da un punto di vista tecnico. 
Funzionano, vanno bene, sono fatte apposta.

Se però si entra in quest’ordine di idee, vuole quasi sempre dire che si procederà a dei lavori per adeguare l’impianto esistente. In pratica vuol dire metter mano al portafoglio. A questo punto, spendere per spendere, tanto vale tentare di “massimizzare” la resa e cercare (possibilmente a parità di prezzo) delle soluzioni perchè migliori come resa nel tempo.

Una wallbox è la soluzione principe, ma è cara

Presa industriale interbloccata

L’installazione di una wallbox ovviamente è la “soluzione principe”, su questo non ci sono dubbi. Ma è altrettanto vero che stiamo parlando di cifre che tra materiale e posa superano di slancio i “tre zeri”. Se vogliamo spendere un po’ meno e dormire ragionevolmente tranquilli, la soluzione c’è e si chiama presa industriale interbloccata 

Nel momento in cui vi scrivo, una interbloccata monofase 16 ampere “basica” si può trovare a circa 20 euro nei più comuni magazzini di “fai da te” (Bricoman/Leroy Merlin su tutti). A questa potremo ovviamente collegare un caricatore economico ma di buona fattura e già in origine dotato di presa industriale quali quelli che si trovano agevolmente anche nei siti di commercio online (anche qui: Amazon su tutti).

E voilat, presa industriale e carichino a 16 ampere

Mi prendo il beneficio del dubbio. Ma se la scheda tecnica corrisponde alla realtà, si tratta di prodotti che in linea di massima sono già dotati di validi dispositivi di sicurezza (surriscaldamento, sovratensione, etc) e pensati per lavorare a tempo indeterminato ai famosi 16 ampere. Posto che l’appetito vien mangiando, si potrà inizialmente utilizzarli ad amperaggio più basso (in genere la scelta è fra 10 e 16 ampere) e un domani, se si decidesse di “alzare” il contatore, potremo in tutta sicurezza e senza rischi caricare a “3,7 kW”. A quel punto, dalla sera alla mattina, nella nostra batteria ci troveremmo un minimo di 30 kW circa ipotizzando 8 ore di caricatore. La musica è già diversa rispetto a prima.   

Poiché il diavolo sta nei dettagli, il motivo per cui preferisco questa seconda opzione rispeto alla schuko specifica è il seguente: la schuko di cui sopra è progettata per lavorare in sicurezza fino a 3 kw, la presa interbloccata industriale invece deve poter lavorare a 16 ampere a tempo indeterminato. Differenza sottile ma fondamentale.

Ne discende che spesso, a parità di prezzo finale e a volte meno, e partendo dal presupposto che si stia installando un impianto ex novo, l’installazione della seconda vi offrirà un dispositivo intrinsecamente più sicuro e più duraturo nel tempo.

Con 200 euro carichi a 3,7 kW e ti metti al sicuro

Date queste condizioni, se pensate di adeguare il vostro garage alle necessità di un’auto elettrica consiglio caldamente a tutti di prendere in considerazione la presa industriale come migliore soluzione per “costi-benefici”. Fermo restando, ribadisco, che la wallbox è la soluzione per eccellenza.

Superfluo aggiungere che l’impianto a servizo di tale presa deve essere realizzato con tutti i sacri crismi, (cavi di sezione adeguata o anche superiore, magnetotermico differenziale di buona qualità, linea collegata direttamente al contatore, etc etc) ma una volta soddisfatti tutti i requisiti si entra in un ordine di “sicurezza” teoricamente quasi ridondante, con una spesa che a volte non supera i 200 euro tra materiale e messa in opera.

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