Di nuovo un click day che polverizza il fondo incentivi in poche ore: cosa ne pensa l’industria automobilistica? «E’ presto per giudicare, ma non esulto. Non è così che decolla l’auto elettrica in Italia». Stiamo parlando con un polemico Andrea Cardinali, Direttore generale Unrae, l’Associazione che rappresenta i costruttori auto esteri in Italia.
Lo incontriamo a Bologna a margine della presentazione del libro “UNRAE 2025: I nostri primi 75 anni. Dialogo, progresso e passione nella storia dell’automotive italiano” ospitata dallo stand ACI nell’ambito del Salone Auto e Moto d’Epoca in svolgimento nel quartiere fieristico del capoluogo emiliano.

Allora, Direttore, si aspettava un altro sold-out, questa volta del valore di quasi 600 milioni di euro?
«In tutta onestà, all’inizio no. Quando è partito l’impianto generale degli incentivi sembravano talmente infarciti di paletti, che ci chiedevamo se avessero già nomi e cognomi di quelli che potevano aspirare ad ottenerli. Strada facendo, però, ci siamo resi conto che la platea degli aventi diritto era molto più ampia di quanto pensassimo. Perchè comunque le aree funzionali, peraltro allargate tre giorni fa dall’Istat includendo 368 nuovi comuni, cubano il 55% della popolazione italiana e…»
E in più hanno “salvato” anche i residenti di Comuni cancellati dalla precedente lista delle FUA: cosa ne pensa?
«La non retroattività è l’unica cosa che non mi sento di criticare in questa ultima tornata di incentivi».
Cosa critica invece? Tutto il resto?
«Per esempio, l’Isee: allargata fino a 40.000 euro annui, non è stata un ostacolo. Avevamo già visto che nella precedente tornata del MIT metà degli incentivi con rottamazione erano andati a famiglie con l’Isee sotto i 30.00 euro. Poi abbiamo cominciato a tastare il polso alle concessionarie e alla fine abbiamo capito che sarebbero andati molto meglio di quanto pensassimo. Di qui a dire che sia normale che nel click day evaporino 600 milioni in un giorno… onestamente non so dire. Dovrei basarmi sul gossip e di gossip ne sta girando a non finire. E’ veramente prematuro commentare o fare ipotesi o commenti basati su quello».
Si dimostra almeno che l’interesse per l’auto elettrica c’è, è d’accordo?
«E’ ovvio, altrimenti non sarebbero andati esauriti. Ma è anche ovvio, visto che veniamo da mesi di stasi generata dall’ annuncio prematuro».
Stasi che ha visto comunque aumentare la quota di mercato oltre il 5%…
«Sì, certo: ma siamo sempre a un quarto della penetrazione europea. Io guardo sempre l’insieme. Se stiamo lì a giubilare perché dal 4,9 siamo passati al 5,2% siamo dei poveretti. Quando gli altri fanno il 15, il 18, il 20 o il 30% di cosa stiamo parlando? Anche perché quelli che stanno meglio di noi non sono solo gli scandinavi: sono i bulgari, i greci, i portoghesi. Allora la preoccupazione rimane. Se questa è una fiammata dopo la quale si riferma tutto fino a non so quando, non so dire se è un successo»
Anzi, per le case auto potrebbe essere un problema in più….
«E’ sempre lo stesso problema: noi abbiamo delle fasi di accumulo dal momento dell’annuncio al momento in cui si accende la luce verde. Poi c’è il click day e di nuovo la stagnazione. E’ inutile giubilare perché per tre mesi avremo il 10% di quota dell’elettrico. Alla fine i numeri vanno visti nella media. E’ quella che conta. Aggiungo una considerazione più ampia: la penetrazione percentuale su un mercato che sta al 20% sotto il 2019, che a sua volta non era nemmeno un anno di picco, è un successo in discesa. Le percentuali contano ma sono i numeri assoluti che fanno la differenza per l’industria automobilistica».
Nessuna schiarita per l’automotive in Italia?
«Le case auto si riorganizzano per campare su un milione e mezzo di nuove immatricolazioni. Ma guardiamo al parco circolante: in quanto tempo riusciremo a rimpiazzare quaranta milioni di vecchie autovetture con veicoli più evoluti, efficienti e meno inquinanti? In 27 anni? Ma fra 27 anni quello che immetti sul mercato oggi sarà già archeologia».
Quindi, cosa prevede?
«Guardi, il bilancio lo faremo fra qualche mese. Tuttavia aggiungo un’ altra cosa. Quelli spesi oggi negli incentivi erano soldi destinati alle nuove colonnine. Questo è il vero peccato originale di tutta l’operazione. E quei soldi sono avanzati perchè chi ha vinto le gare ha rinunciato. Non sono riusciti a far installare le colonnine a chi doveva farlo».
Ok, ma gli operatori della ricarica non le hanno fatte perchè, senza un parco circolante adeguato, la ricarica è un business in eterna perdita…
«Che l’infrastruttura sia l’uovo e le macchine la gallina è fuori di dubbio. Ma anche pensare che uno si compri l’auto elettrica scommettendo che un giorno ci sarà la colonnina è onirico. I treni? Prima fai i binari, poi partono i treni… Per far decollare la motorizzazione in Italia hanno fatto l’Autostrade del Sole. L’hanno fatta prima, senza chiedersi se c’erano le macchine. Ma di che parliamo?».
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Premettendo che sono tra quelli che avrebbero voluto tanto poter cambiare la vecchia auto per un’elettrica, ma essendo residente in una zona non considerata idonea sono stato tagliato fuori e mi terrò quindi il vecchio Fidel, mi pongo questa domanda: quanti tra coloro che hanno avuto accesso al bonus, in virtù dello sconto enorme, tra due anni decideranno di vendere la loro auto elettrica soltanto per un discorso di convenienza economica? A questo non è stato minimamente pensato! Questo incentivo sproporzionato potrà essere causa di manovre di questo tipo dal mio punto di vista e anziché spingere questo tipo di mercato si rischia di causarne un’ulteriore indebolimento!
Se una buona fetta di questi beneficiari del bonus dovessero rivendere le loro auto, devono sapere che con ogni probabilità il prezzo che riusciranno ad avere terrà conto molto dello incentivi. Ovvero una forte svalutazione. In poche parole potrebbero ottenere 2.000-3.000 € in più di quello che hanno pagato o andarci in pari.
Con questi fondi finiti velocemente, a mio avviso, la morale è che molte persone sarebbero interessate a passare a una BEV ma non lo fanno semplicemente perché reputano i listini troppo alti e questo indipendentemente dalle critiche sui punti di ricarica e delle autonomie per i lunghi viaggi..
Concordo in pieno, che è principalmente una questione di prezzo. Significa che oramai le preoccupazioni per autonomia e colonnine, o i tempi di ricarica, stanno scemando come ostacoli.
C’è da sperare che le case auto prendano nota e decidano di far scendere i listini.
Speriamo anche di vedere le case europee portare tecnologia moderna sugli prossimi modelli (Stellantis per primi)
La critica sulla rete di ricarica mi sembra un po’ troppo amara: secondo Motus-E a fine giugno c’erano 67.561 colonnine per 319.489 BEV. Se pensiamo che sono quasi tutte colonnine a 2 “spine” siamo vicini a 2 spine ogni 5 auto. Considerato poi che molti usano le colonnine solo di rado per i viaggi più lunghi, direi che non siamo poi messi così male. Per fare un confronto, iIn Germania sempre a fine primo semestre 2025 c’erano 185.563 colonnine, 2,75 volte le nostre, a fronte di 1.650.000 BEV che sono più di 5 volte le nostre: in Italia abbiamo quasi il doppio di colonnine per auto (0,21) che in Germania (0,11). Se le BEV qui non si diffondono non credo che sia un problema di mancanza di colonnine, eccezion fatta per certe zone dimenticate da chi le installa, ma un problema in primis culturale (abbiamo uno stuolo di contrari per partito preso) e poi anche economico (infatti abbiamo un parco auto molto vecchio)
In Italia ci sono 67.561 punti di ricarica, non colonnine.
Salve sig.r Villi, anche secondo me la critica sul numero delle colonnine e’ troppo amara nonostante non sia del tutto capillare oltre che ad essere posizionate a volte in posti scomodi.
Ad oggi ancora si puo’ dire che l’ elettrico non e’ per tutti ma per molti poiche’ quanti italiani hanno il garage dove possono tranquillamente ricaricare tramite linea domestica se non wallbox ?
Sembra come se si debba ricaricare solo esclusivamente alla collonnina pubblica.
Ho una cliente che ricarica tramite presa domestica la sua Twingo, autonomia non eccezionale anzi, come il proprio cellulare, usa l’ auto regolarmente tutti i giorni con percorrenze attorno agli 80/100 km quotidianamente e non ha nessun tipo di problema.
Quando ha avuto bisogno nei viaggi lunghi ha ricaricato tranquillamente tramite colonnina pubblica.
Che ci sia molto da fare ancora e’ verissimo ma la situazione in generale non e’ cosi’ tragica nonostante ci siano ancora comuni sprovvisti di colonnine.
Salve, la semplice domanda di questo articolo ha una semplice risposta : erogare quasi 600 milioni di euro per circa 50.000 nuove auto elettriche a fronte di un immatricolazione totale annua di circa 1 milione e mezzo di nuove auto, senza considerare gli oltre 2 milioni degli anni buoni, puo’ essere un successo ?
Non parlo del modo in cui sono stati erogati perche’ lo sappiamo gia’ tutti.
Si lasci ai costruttori fare la guerra dei prezzi. Le scontistiche messe in atto in periodi fuori dagli incentivi sono la prova che I listini sono ancora troppo elevati
Peccato che I costruttori la pensino ancora come De Meo, fino a meno di un anno fa CEO di Renault e presidente di ACEA (l’associazione dei costruttori europei di automobili), che nel settembre 2023, sulla “guerra dei prezzi” aperta da Tesla con una serie notevole di ribassi, dava la linea ai costruttori in un’intervista su Quattroruote:
“[QR] E la cosiddetta guerra dei prezzi?
[LDM] È un tema complesso, perché alla fine hai come la sensazione che tutto il sistema, compresi i media, ti stia spingendo ad abbassare i prezzi. Ma se i costi non si riducono di pari passo, o non hai la prospettiva di abbassarli in fretta, si rischia di creare le stesse condizioni che a un certo punto hanno portato tutti i costruttori europei a essere in difficoltà dal punto di vista economico. Volete un’industria così o volete un’industria che magari vende qualche macchina in meno, ma è sana? Quando sono arrivato alla Renault, la mia scelta l’ho fatta: la dimostrazione è che oggi guadagno come la Renault non ha mai guadagnato in 125 anni di storia, molto di più rispetto a quando facevo un milione di auto in più. Concorrenti tipo Tesla possono permettersi di aggredire i prezzi, ma io penso che dobbiamo essere coerenti con quello che abbiamo fatto negli ultimi tre anni. E non cadere nella trappola dei ribassi.”
(fonte: https://www.quattroruote.it/news/industria-finanza/2023/09/04/luca_de_meo_intervista_monaco_.html)
Bell’articolo con obiezioni più che condivisibili, chiaramente i bonus aiutano ma prima di esultare andrebbero però capite alcune cose
– come si diceva questi soldi non sono regalati, sono soldi persi per adeguare l’infrastruttura di ricarica elettrica
– gli importi dati sono ovviamente un unatantum non ripetibile, si tratta di 55000 auto che % sull’anno faranno crescere non di poco la % delle BEV ma comunque rappresentano circa un trentesi delle immatricolazioni che presumibilmente verranno fatte nel 2025 sarebbe impensabile anche di finanziare il 17% (per arrivare alla media UE) ogni anno, questo ci costerebbe miliardi, che vista la finanziaria appena approvata sono miliardi che, come per questi 600 milioni, non abbiamo il PNRR l’anno prossimo non esisterà più.
Insomma alla fine occorrerà prevedere degli sgravi si ma con importi compatibili coi soldi che abbiamo (2 – 3 – 4000 euro) e investire sulle infrastrutture.
Purtroppo per ora l’Europa si limita agli annunci e pensa al riarmo, sinceramente senza i finanziamenti necessari che da li devono arrivare, la vedo molto dura per l’italietta riprendere le %europee e implementare nej prossimi anni.
Vedila così, l’industria bellica è lavoro in gran parte locale, altamente tecnologico e le voci di aumento di spesa erano già in programma da almeno cinque anni previste nel patto NATO che non si possono non fare ma neanche dirottare verso altre attività . I fondi del PNRR sono erogati in modo specifico in parte come fondo a perder in parte come prestito da restituire fra due anni