Fossili, l’inizio della crisi? Crollano i prezzi del carbone e la produzione di shale oil rallenta

Nuovi segnali per la crisi dei combustibili fossili.  Il prezzo del carbone termico trasportato via mare è crollato ai minimi degli ultimi quattro anni. Mentre i produttori di petrolio “shale” americani denunciano un rallentamento della produzione. Secondo gli analisti, il mercato del petrolio da scisto ha bisogno di un prezzo del greggio sopra i 65 dollari per essere profittevole

I segnali arrivano da molto lontano, uno dall’altro, ma hanno un comune denominatore. E non a caso riguardano i due Paesi che si stanno confrontando per il dominio economico a livello globale. Il crollo del prezzo del carbone si sta verificando in Cina, a causa della produzione record, combinata con scorte elevate e una domanda in rallentamento.

Carbone, sovrapproduzione cinese e stoccaggi pieni

ll crollo del prezzo del carbone in Cina è figlio del suo stesso successo. E arriva un biennio di rialzi storici, innescati dalla crisi energetica post-invasione dell’Ucraina e dall’impennata della domanda elettrica globale. Tuttavia, l’eccesso di produzione – spinto da miniere aperte in Cina, India e Indonesia – sta ora saturando il mercato.

La Cina, primo produttore e consumatore mondiale di carbone termico, ha registrato quest’anno un picco nella produzione interna. Questo ha ridotto le importazioni e aggravato la pressione sui prezzi. Anche l’India, secondo consumatore mondiale, sta affrontando un eccesso di offerta, con stoccaggi già colmi.

La centrale a carbone dell’Enel a Civitavecchia

L’eccessiva produzione della Cina ha causato un eccesso di domanda di carbone, in particolare nelle partite spedite via nave

Solo un decimo del carbone termico estratto viene commercializzato via mare. Ma proprio questa fetta del mercato sta subendo gli effetti più pesanti. Paesi esportatori come Indonesia, Australia, Sudafrica e Colombia sono particolarmente esposti, con società come Glencore e Drummond che hanno già annunciato tagli produttivi.

L’Europa, impegnata a ridurre la propria dipendenza dal carbone, osserva con interesse questo calo dei prezzi, là dove viene ancora utilizzato. Per lo più nei paesi nordici e orientali. Quasi nulle l’effetto sul mercato italiano, dove i consumi rimangono rimane marginali e limitati solo alle centrali in Sardegna. Anche se è in atto un tentativo per non chiudere del tutto le centrali, come previsto per la fine dell’anno.

In questo senso si sono espressi di recente, gli amministratori delegati di Eni ed Enel: Claudio Descalzi e Flavio Cattaneo hanno dichiarato che andrebbero tenute per coprire eventuali emergenze. Come accaduto con l’inizio dell’invasione in Ucraina da parte della Russia, con la riduzione delle importazioni di gas fornito da Mosca alla Ue.

Shale oil, in perdita con il petrolio sotto i 65 dollari

I dirigenti delle principali compagnie petrolifere statunitensi lanciano l’allarme: la crescita dello shale oil negli USA sta rallentando, con implicazioni significative per il mercato energetico globale. Secondo un recente sondaggio della Federal Reserve Bank di Dallas, i produttori di shale necessitano di un prezzo del petrolio di almeno 65 dollari al barile per raggiungere il pareggio, evidenziando le sfide economiche del settore.

Negli ultimi anni, l’industria dello shale oil ha affrontato un calo della produttività dei pozzi e un aumento dei costi operativi. Questo ha portato a una riduzione degli investimenti e a una maggiore cautela da parte delle compagnie, che ora si trovano a dover bilanciare la produzione con la sostenibilità economica.

Il rallentamento dello shale oil negli Stati Uniti potrebbe avere ripercussioni sul mercato energetico globale, influenzando i prezzi del petrolio e la sicurezza energetica di diversi paesi. In particolare, l’Europa potrebbe dover rivedere le proprie strategie di approvvigionamento energetico, considerando alternative più sostenibili e diversificate.

  • LEGGI anche “Petrolio al lumicino: rinnovabili subito o sarà guerra per l’energia” e guarda la VIDEO intervista

Visualizza commenti (12)
  1. Finche l’assurda e fuorviante ideologia della “decarbonizzazione” non sarà finalmente accantonata e superata, la situazione è questa e ne piangeremo amaramente le conseguenze.
    Demonizzare la CO2 è la più assurda e spudorata delle speculazioni, ma troppi interessi la continuano a cavalcare sulle spalle degli ignari e disinforati consumatori.
    Meraviglioso, vero?
    Andate a leggervi il rapporto di William Happer e Richard Lindzen sui “gas serra” per rendersene conto.

    1. Chi si rivede, il nostro Rinaldo Sorgenti. Saremmo ipocriti a darle il bentornato: già l’avvertimmo nel lontano 2019 che i negazionisti climatici non hanno diritto di parola sul nostro blog. E non abbiamo cambiato linea. Che fa? Trump le ha dato alla testa e ci riprova?

      1. dopo 5 anno ancora lo ricorda?
        se l’è segnato sul libricino nero?😁
        chissà se sono anch’io nella black list 😅

    2. cioè ti vanti compiaciuto (masochista) di sembrare matto e/o non molto sveglio (terrapiattista)..bho.. contento tu..

    3. Ti posso suggerire GEOPOP con un cicchetto leggi quello, tutti scrivono. Poi se ti piacciono i veleni è affar tuo, o spiega il perché della cattura della CO2 che la vorrebbero nascondere. Non ti sembra una malfatta che voglion nascondere come fanno quelli che compiono atti sporchi?

      1. Ma figurati, per quell’essere, GEOPOP, è un canale da non consigliare in quanto, sempre secondo quell’essere, che definire umano è un insulto per gli umani, da notizie false ed è pagato dai poteri forti e 5G.

  2. Secondo me NON è l’inizio della crisi, bensì una mossa tattica per far concorrenza e rendere le rinnovabili meno competitive. Le rinnovabili sono allo stesso tempo semplici ma complesse, soprattutto nella testa della gente che ne vede i molteplici difetti compreso il rumorino del piccolo motore elettrico del fotovoltaico evoluto.

  3. Il titolo è forse un po’ “strillato” 😉 ma riflette la situazione mondiale:

    da un lato ci sono crollo dei normali livelli di commercio, sfiducia tra potenze mondiali (se non aperti conflitti) e grande incertezza sulle prospettive e politiche industriali future (anche la Commissione Europea ondivaga su livelli emissioni, politiche energetiche e produzioni automotive .. in balia delle minacce dei dazi di Trump)

    dall’altro lato l’avanzare delle tecnologie rinnovabili e progressi sul nucleare che stanno facendo diminuire la richiesta di idrocarburi perché più costosi (oltre che penalizzabili perché inquinanti). Investire oggi su F.E.R. + B.E.S.S. è un obiettivo primario facile e veloce da raggiungere, molto meno sul nucleare anche se in prospettiva la fusione sembra il sacro Graal (ma mancano ancora decenni di ricerca).

    Saudi ARAMCO lo scorso anno annunciò il blocco nuovi investimenti in pozzi (e difatti investono su F.E.R. al pari di concorrenti minori come Total Energies etc ) e pure azioni politiche volte a frenare la Russia (per il conflitto in Ucraina) cercano di tener basse le quotazioni del petrolio e gas con cui alimenta prevalentemente il PIL e l’industria bellica (non a caso è conflittuale e teso il rapporto in OPEC+ visto che opera molto meno per sostenere alti livelli di prezzo al barile, anche perché l’Arabia Saudita ha problemi di bilancio statale e cerca comunque introiti anche con basse quotazioni, mentre a Putin farebbero comodo prezzi alti perché vende meno e con flotte-ombra).

    In tutto questo vedo anche speranze per l’Italia, che nonostante i grandi investimenti di SNAM / ENI / ENEL negli idrocarburi (in crescita il consumo in Italia.. ) però ci sono anche grandi investimenti su reti (TERNA) e installazioni di BESS (che andrebbero incentivate al massimo sia a livello sistema che individuale – aziende ed abitazioni ).
    Anche l’arrivo quest’anno di tanti modelli BEV con V2G/V2H potrebbe contribuire (come stan facendo in Francia) se GSE troverà compatibilità coi protocolli e si diffonderanno HPC e WB bidirezionali (al momento si stanno diffondendo un uso mono-direzionale con le ricariche ottimizzate sui momenti di maggior produzione e minor richiesta, come nell’articolo di Vaielettrico su Octopus :

    https://www.vaielettrico.it/debutta-intelligent-octopus-prove-tecniche-di-v1g/

    E’ un buon passo iniziale.. seguiranno altri, sempre più veloci ed efficaci.

    1. Oltre a due fattori ricorrenti : riscaldamento globale , arrivo della bella stagione ( dicasi estate ) che CASUALMENTe coincide con aumento di rinnovabili e calo di fossili. Ogni primavera sento sta cazzata e ogni inverno l’esatto contrario.

        1. Già! Ma proprio guardando al MIX UE e comparandolo con quello mondiale, NON sorge il quesito?
          Vogliamo proprio toccare il fondo, evidentemente, sperperando un’enormità di risorse che meriterebbero ben altro impiego.
          Suggerisco di leggere il saggio: “Il combustibile democratico, pubblicato a Febbraio scorso e disponibile nelle maggiori librerie.

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