“Carbon tax” alle frontiere e tagli alla CO2: intesa all’Ue

zero carbon

Via libera alla grande riforma del mercato del carbonio e alla “carbon tax2 alle frontiere che completano il piano climatico europeo “Fit for 55”. L’accordo tra Parlamento europeo e governi europei raggiunto ieri dopo un negoziato durato 30 ore, alza  le ambizioni dell’Unione sulla riduzione delle emissioni di CO2. Si articola su tre pilastri: aumento dei tagli alle emissioni; revisione della carbon tax; dazi alle frontiere basati sulle emissioni.

Il tasso di riduzione delle quote proposte accelererà, con un calo del 62% rispetto al 2005 entro il 2030 (contro il precedente 43%). Questo significa che le industrie inquinanti dovranno ridurre le loro emissioni del 62%.

"carbon tax"

Per coprire le proprie emissioni di CO2 i produttori di elettricità e le industrie ad alta intensità energetica (acciaio, cemento, ecc.) nell’Ue dovranno acquistare “permessi inquinanti” sul mercato europeo delle quote di emissione (Emissions Trading System ETS). Creato nel 2005,  si applica al 40% delle emissioni del continente. Le quote totali create dagli Stati diminuiscono nel tempo per incoraggiarli a emettere meno.

L’Ets coprirà anche i trasporti via mare, oltre a quelli su gomma, il riscaldamento e, in futuro, gli inceneritori.

Il ricavato andrà a costituire un Fondo sociale per il clima con una dotazione di 86 miliardi di euro. Servirà a tutelare i cittadini erogando veri e propri aiuti diretti alle famiglie, ma anche a finanziare interventi strutturali di risparmio energetico e sostituzione di energie fossili con energia da fonti rinnovabili.

La ‘carbon tax’ alle frontiere (Carbon Border Adjustment Mechanism, CBAM), infine, applicherà il prezzo della CO2 dell’Ue ai prodotti importati di alcuni settori, per consentire alle imprese europee di competere il più possibile ad armi pari con quelle di Paesi dove le politiche del clima sono meno stringenti, evitando delocalizzazione e perdita di posti di lavoro.

Sarà anche uno strumento per costringere i Paesi terzi esportatori ad adottare a loro volta misure climatiche in linea con l’Accordo di Parigi. In concreto, le aziende importatrici dovranno acquistare dei certificati per pagare le emissioni dei prodotti inquinanti in ingresso in Eiropa, pagandole allo stesso prezzo previsto nell’Unione

L’accordo raggiunto ieri fra Commissione europea, Consiglio Ue ed Europarlamento riguarda anche i tempi di introduzione della carbon tax. Il nuovo sistema sarà adottato in modo graduale dal 2026 al 2034.

Le compagnie di navigazione pagheranno per tutte le loro emissioni di CO2, metano e protossido di azoto dal 2026. Dal 2027 un Ets separato riguarderà trasporti su strada e edifici, La carbon tax sarà a carico dell’industria energetica, ma sarà inevitabile che gli aumenti siano scaricati anche sui consumatori finali. Il Fondo sociale da 86,7 miliardi (fino al 2032), come abbiamo visto, servirà anche ad attutirne l’impatto.

Visualizza commenti (26)
  1. E si , l’idea è giusta, ma a questo punto, ci potrebbe esser una fuga di aziende inquinanti, tanto c’è tutto il resto del monto per vendere i propri prodotti, la storia si ripete, e gli attori non cambiano ma si adattano alle nuove regole.

    Ovviamente sono d’accordo, come dovrebbe esser calcolata anche quella eliminata dai propri boschi

  2. No, non ci siamo. Una manovra che colpisce solo alcune industrie, inizia la dismissione delle quote gratuite solo nel 2026 e comunque mantiene una grande gratuità delle stesse quote in caso di piano di decarbonizzazione inesistente o non funzionante. E poi, perché si parla solo di produzione di energia, trasporti, riscaldamento e grandi industrie inquinanti? Agricoltura ed allevamento non sono neanche menzionati. Infrastrutture digitali (server e co) neanche… mah. Le lobby sono sempre più forti e si vede…

      1. A quelle che gravitano intorno alle istituzioni europee, cioè chi fa gli interessi delle grandi multinazionali. È tutto alla luce del sole… a Bruxelles sono a decine e tutte registrate.

    1. Abelardo Provolini

      Uh… Agricoltura e sistemi telematici non producono direttamente emissione di anidride carbonica. Per l’agricoltura, si potrebbe anche dire le piante assorbono CO₂ (anche se non dura… e magari ci sono emissioni di metano).

      Pero’ in sostanza, che cosa si dovrebbe tassare? Le emissioni dell’energia elettrica sono gia’ tassate, cosi’ come i carburanti. Vogliamo tassarle due volte?

      La produzione di energia elettrica, invece, deve tenere conto delle emissioni, cosi’ come la produzione industriale (dove non venga usata energia elettrica), ad esempio la produzione di acciaio e cemento, produce emissioni dirette.

      1. Attento che uno potrebbe ribattere che tagliare foreste per coltivare comunque crea problemi di riciclo aria, in genere le piante da coltivazione non han un grande apporto al filtraggio, vuoi per il tipo di pianta ma soprattutto per le dimensioni, essendo arate annualmente anche quelle specie che potrebbero crescere a dismisura non lo fanno.

        Per la luce e benzina … È già tassata due volte, Iva su accise 😂

        Cmq si, quello che va fatto è abbattere le emissioni dove vengono prodotte, giga filtri sulle centrali elettriche, agli alti forni etc, il maggior costo verrà distribuito a cascata sui prodotti esattamente come ora i prezzi pazzi son distribuiti sul prodotto finito che compriamo. Non è una tassa ma l’effetto è lo stesso… Anche se poi export ciaone

      1. ernesto grottaferrata

        per tenere l’aria buona solo per noi..😂😇
        poi ovviamente porte apribili solo verso l’esterno con vedetta armata 🏹

  3. L’idea di fondo la trovo veramente ottima, siamo pur sempre il continente più consumista del pianeta e nessuno stato vuole perdere il mercato europeo. D’altro canto non capisco se han previsto un meccanismo per mantenere la competitività delle le industrie europee fuori dal continente europeo, ok dicono che il fatto di avere i dazi in ingresso rende inutile la delocalizzazione, ma solo quella per le merci destinate al mercato europeo, Brembo mi fa un freno per gli USA? Lo farà in Messico anziché a Bergamo, lacciaieria aprirà in India la produzione destinata a tutto il mondo fuorché l’Europa, e dato che i volumi prodotti in Europa caleranno per tutte le aziende che fanno export, calerà occupazione, attireremo meno capitali dall’estero in tutti quei settori (quelli di cui siamo leader mondiali per qualità tra le altre cose) alzeremo i costi alle aziende e…. Gli stipendi? Cioè avremo tutti i prodotti apprezzati in base alla quantità di metalli, plastiche, gomme, tessuti che contengono, ma quegli 86 miliardi non coprono il maggior costo delle famiglie (che sono alla fine della catena degli utilizzatori di tutto) nemmeno col binocolo.

    La logica del tutto poi mi fa morire, sei un settore ad alta emissione? Ottimo, te paga e va tutto bene, ti aumentiamo i costi tutti gli anni diminuendo i certificati disponibili, ma tranquillo quando inizieranno a essere pochi li metteremo all’asta, poi ti basta scaricare quel costo sul prodotto che vendi, tanto saranno tutti nella stessa barca con gli aumenti e non perdi i clienti, poi oh se proprio costano troppo vedi te se ti conviene la multa piuttosto. Non ho letto da nessuna parte il più minimo riferimento a tecnologie di drenaggio co2 o anche solo banalmente piani di rinverdimento con specie ad alta resa.

    In pratica, per centrare gli obiettivi al 2030 (tra 8 anni), questo piano inizia tra 3, e in modo graduale finisce tra 12, quattro anni dopo l’obiettivo? Avessero reso l’obiettivo di riduzione proporzionale all’aumento degli anni l’avrei anche capito, ma han alzato l’obiettivo in % mantenendolo al 2030…ma con un piano che avrà il suo pieno sviluppo ben cinque anni dopo, a 4 di 9 anni… Nemmeno a metà percorso… Certo che dovrebbero spiegarsi meglio perché vista come la han dichiarata sembra una presa in giro, chi sarà bravo commercialmente ad avere un buon margine di guadagno potrebbe virtualmente non diminuire mai, si parla di riduzione di emissioni ma non di come ridurre quello che c’è (forse non capiscono che se oggi abbiamo effetti estremamente visibili, l’obiettivo dovrebbe essere quello di tornare a quantità di co2 nell’aria più basse delle attuali e di molto, non di lasciarle li e aggiungerne possibilmente un po meno ogni anno), belle riserve di co2, magari ci serviranno in futuro per limitare gli effetti di una possibile glaciazione ciclica, meglio far scorta che non si sa mai

    1. Alessandro D.

      In inea di massima tutto il ragionamento può avere un senso, ovviamente siamo quasi a livello di “teoria del tutto”, quindi i particolari potrebbero cambiare sensibilmente lo scenario.
      Però quel che dici non è campato per aria o da trascurare.

      A corollario, all’orizzonte temo che si stia profilando un megatrend… anzi, un gigatrend, ma che dico… Un teratrend che però è come il gatto di schroedinger.
      Può essere come può non essere per niente

      Il resto mondo si sta pian pianino accorgendo che, con le dovute cautele, può fare a meno dell’Europa.
      Lo vediamo anche negli scenari sociopolitici dei nostri giorni, con la guerra in Ucraina.
      L’esempio del momento è il vero o presunto “isolamento” della Russia.
      Si, certo, alla Russia le sanzioni (che io approvo senza riserve, accettandone gli effetti collaterali nel mio portafoglio) fanno parecchio male, non si discute. E politicamente Putin è ormai un paria anche per quelli che gli hanno giurato eterna amicizia, anche questo non si discute.
      Ma mettendosi assieme a Cina e India (che stanno tenendo palesemente il piede in due scarpe) tutto sommato in qualche modo per adesso galleggia.

      Ora, l’argomento non è la Russia o Putin, è “l’andamento generale”.
      La possibilità esiste, non è una certezza, ma la possibilità esiste: noi europei non siamo più così tanto “necessari” al resto del mondo. Che magari non “brillantemente” quanto noi, ma ormai tecnologicamente tutto sommato vive dignitosamente sulle sue gambe e può contare su colossi come Cina e India.
      Che magari non brilleranno per eleganza e fantasia, ma i problemi li risolvono tutto sommato… o almeno ci provano e promettono di farlo (vedi Cina in Africa).

      Cioè, siamo ancora potenzialmente in ballo, ma non siamo più così tanto “fighi” per una lunga serie di motivi su cui è giusto sorvolare in questa sede.

      L’impressione, niente di più di questo, è che sul lungo periodo non sarebbe da escludere uno scenario del tipo: vi piace così? benissimo, fate pure a casa vostra. Se ci siete e comprate… bene. Ma se non ci siete ormai non moriremo di fame. Noi siamo “troppi” in più di voi, non avete risorse energetiche (emblematici i rapporti sempre più fitti tra monarchie del golfo e cinesi: se non vendiamo più agli europei no problem, tanto comprano i cinesi), non avete chissà quali materie prime, investite relativamente poco in tecnologia, investite niente in difesa, non avete nemmeno più tutta sta voglia di lavorare… A un bel momento se vi va bene così…”

      Ripeto: sensazioni. nulla più.

      Nel merito della notizia: nulla da dire. Principio cndivisibile. Bisognerà solo vedere se si riesce a evitare di scegliere tra “morire di fame” ma puliti o morire sporchi ma a stomaco pieno. Sarà una delle sfide del XXI secolo, assieme alla “battaglia per l’energia” di ducesca memoria 😀 e allo “Svegliati Europa!!!” che secondo me dovremmo cominciare a gridarci tutte le mattine quando ci guardiamo allo specchio. 😉

      1. mario milanesio

        sebbene l’analisi abbia una logica che ritengo condivisibile
        secondo me tuttavia manca di un elemento:
        il cambiamento climatico.
        se questo avrà l’impatto che si preannuncia nel prossimo lustro
        allora l’analisi salta per aria
        non ci sarà tanto da discutere se “carbon tax sì” o “carbon tax no”
        ma, SE VA BENE, sarà “carbon tax in fretta”,
        se va male
        sarà guerra per le risorse.
        la guerra in Ucraina farà ridere, come paragone.

        non la vedo bene, per capirci.
        e non la vedo bene perchè quanto previsto nei vari scenari dalla scienza e dall’IPCC
        si sta puntalmente verificando
        e “don’t look up” temo sia ruvidamente profetico.

      2. Capisco cosa intendi con “sensazioni”, quello che dici lo capisco anche se molte cose le vedo in una chiave diversa. Son d’accordo con te che il mondo può fare a meno di noi, lo ha fatto con la scoperta delle Americhe e indipendenza successiva è in tanti altri momenti storici più moderni, il fatto è che Europa resta un centro di acquisto non indifferente, come gli usa che al contrario son molto protezionisti (sarà che son nati buttando fuori di casa gli inquilini e han paura succeda di nuovo?) al contrario l’Europa, nonostante le resistenze evidenti razziste della storia recente e non, ha sempre avuto una apertura al ricambio di idee tale da farla avanzare sempre e comunque più alla svelta di altri in tanti campi, quando tutto ciò si è fermato? Nel medioevo dove le idee erano non vietate, di più, pena rogo e affini.
        Ora, sicuramente la zona climatica ha favorito una apertura rispetto alla chiusura (basta vedere le differenze tra italiani del nord e sud per avere un esempio), sicuramente non è la genetica, o meglio probabilmente lo è stato il suo continuo mescolarsi tra conquista di qua poi di là poi di su e di giù per secoli e secoli. Questo tipo di apertura è difficile da contrastare, qualunque minaccia al nostro stile di vita finirebbe con lannientamento (probabilmente nostro), ma al contempo tutti i combattenti arriverebbero a chiedersi perché lottiamo così tanto per qualcosa che loro di fondo non capiscono? Un po quello che è successo con le guerre americane del secolo scorso, nonostante la politica vada spesso in quella direzione i cittadini han imparato a capire la cultura altrui e a tollerarla nelle sue stranezze tanto da essere i primi contro la guerra (salvo dover trovare scuse per unire tutti contro il nemico). Ora, una Europa vuota e atomizzata non serve a nessuno, nonostante tutto sfamiamo cmq ancora India Africa etc, siamo necessari come motore di innovazione, clienti esigenti spingono a migliorare di continuo, abbiamo know how e competenze che cercano di replicare studiando da noi da sempre… Ma poi finiscono per aprire certe produzioni da noi perché in casa non riescono ad ottenere gli stessi risultati. Se manca il mercato europeo da cui drenare continuamente vendendo merci in quantità abnormi, il mercato cinese crolla, ripiega su India? Che già ora prende la domanda europea che la Cina non riesce a gestire?
        Per il mondo non siamo assolutamente centrali, ma siamo la mucca d’oro, da cui attingere denaro, nuove tecnologie etc (non siamo gli unici ci mancherebbe).
        L’alternativa sarebbe alimentare tutta la Cina col mercato interno, quindi stipendi molto più alti per poter comprare di più, ma di conseguenza popolazione più ricca ha più pretese, più informazione, istruzione di qualità sempre più capillare, sindacati, informazione libera etc… Si trasformerebbero in noi cosa che di là non piace ai più.
        Poi parliamoci chiaro, l’essere umano ha sempre avuto bisogno di un nemico per evolvere, se anche usa ed Europa sparissero oggi, tempo massimo 15 anni ci sarebbero nuovi nemici, è la propaganda più facile che si può usare per tenere unito uno stato contro un altro, e salvo avere le fette di salame sugli occhi lo vediamo facilmente negli scambi di dichiarazioni nella guerra ukraina.

        La verità, per me, è che ora che appena appena abbiamo iniziato a far sul serio su indipendenza 1 energetica (la Russia avrebbe perso qualunque appeal su di noi nel giro di 5/10 anni) 2 tecnologica, tante aziende come tsmc stan cercando di aprire altrove, Europa e USA, 3 ci facciamo i cavolacci nostri (e qui l’amicizia con usa fa male alla nostra immagine lo ammetto), rompiamo le palle agli altri stati solo a parole e moralismo, accettiamo richieste di adesione (a certe condizioni ovviamente) , ma non chiediamo a nessuno di entrare, questo modo di fare è attraente per i piccoli stati lasciati in balia di sé stessi per far da cuscinetto e fa paura, ma se fossimo per i cavoli nostri senza usa in casa a spingere probabilmente nessuno cel avrebbe con noi anzi, amici a distanza ma our sempre in buoni rapporti.
        Le mire di riciclaggio totale in Europa anche fan paura, la Cina ha fatto investimenti atomici per accaparrarsi quanto più possibile non fosse già in territorio cinese e rischia che vendendoci troppe batterie oggi, domani ne faremo abbastanza da soli senza dover acquistare altro da loro, le batterie son un esempio ma non è l’unico ovviamente.
        Un altro pericolo ora, è che con l’evidente debolezza è lentezza decisionale emersa in questi anni di crisi pandemica e ora guerra a cui partecipiamo col portafogli, l’Europa esca ancora più unita sotto il profilo energetico e logistico, abbassando fortemente i costi energetici un domani saremo ancora più competitivi rispetto alla Cina potendo fare prezzi analoghi ma a qualità europea e quindi senza trasporto intercontinentale.
        Dal mio punto di vista han molto più da perdere da una nostra uscita di scena (o militarizzazione totale causa guerra dichiarata ovviamente)

    2. Se non te lo ricordi dovevamo esser partiti nel lontano 1997, ma come al solito in Italia ci vuole il doppio del tempo , e il triplo perché entri in testa a molti, ma che ancora tempo 🤦

  4. Direi molto, molto bene.

    Sarà una leva importante anche per costringere i paesi a investire in rinnovabili e questo aumenterà l’indipendenza energetica della UE, vera emergenza di questo momento.

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