Il cambiamento climatico vive e lotta contro di noi. Ogni giorno. A iniziare dal carrello della spesa dove frutta e verdura pesano sempre di più sullo scontrino. C’è poca uva e oggi si compra anche a cinque euro il chilo, quella senza semi fino a otto. Le cipolle, il cibo dei poveri di un tempo, si vendono all’ingrosso anche a 1,20 euro mentre fino a due anni fa si acquistavano circa alla metà del prezzo. Stesso discorso per le carote.

Meno produzione, in alcune regioni quasi dimezzata
I prezzi rilevano i costi più alti alla produzione, anche dal lato della resa. La causa? L’Istat nel consueto report “L’andamento dell’economia agricola” non ha dubbi come si legge nel titolo: “Il clima continua a penalizzare l’agricoltura“. I numeri ci raccontano un forte calo per la produzione in volume di vino (-17,4%) e frutta (-11,2%).
In particolare la frutta nel 2023 ha subìto l’impatto dei fenomeni climatici estremi ovvero gelate tardive e grandinate nei primi mesi dell’anno seguiti dalla mazzata dell’alluvione a maggio. Quando gli alberi carichi di frutta sono finiti nel fango, soprattutto in Romagna, il distretto della frutta italiano.
Nel 2023 la caduta rovinosa, in tutti i sensi, ha colpito in particolare pere, ciliegie, nettarine, susine e albicocche. Coinvolte quasi tutte le regioni.
Le percentuali dei crolli sono state a doppia cifra: Veneto (-45,2%), Emilia Romagna (-42,1%), Toscana (-23,2%) e Lombardia (-20,5%).

Più contenuta la riduzione per gli agrumi (-0,7%), con il dato più negativo registrato in Calabria (-6,6%). Quest’ultima patria delle clementine.
Ma non c’è solo la riduzione delle quantità, ma pure della qualità. Per esempio nella campagna 2023 la pezzatura delle arance e delle clementine era ridotta. In questo caso un doppio effetto: prezzi bassi per i calibri piccoli e sostenuti per la poca merce con il calibro più grande.

Con il cambiamento climatico sono in calo anche la produzione del vino e dell’olio
Un arretramento certificato dall’Istat. «La produzione del vino nel 2023 è tornata ai livelli del 2017, con una diminuzione in volume del 17,4% rispetto all’anno precedente».
Ci sono anche gli effetti positivi del cambiamento climatico, «il caldo e l’assenza di precipitazioni hanno influito positivamente sulla qualità delle uve», ma sono gravi quelle negative: «il prolungamento di queste condizioni nel periodo autunnale ha causato una consistente riduzione del raccolto».
Come si legge nella tabella sotto il calo produttivo in certe regioni è stato particolarmente pesante.

Poco soddisfacenti anche i risultati nella produzione di olio d’oliva. Siamo a -3,0% in volume «nonostante le positive aspettative per un’annata che era prevista di carica».
I risultati sono piuttosto differenziati sul territorio. I risultati positivi registrati nelle regioni del Sud (+3,4% in Calabria, +3,2% in Campania, +1,6% in Puglia) non sono stati sufficienti però a compensare la consistente riduzione dei volumi riscontrata al Centro: -32,8% in Umbria, -22,9% nelle Marche, -18,3% in Toscana, -11,2% nel Lazio.

Aumentano i prezzi per i cittadini, una delle conseguenze del cambiamento climatico
Seppure con un rallentamento rispetto al 2022 – anno terribile per l’impennata dei prezzi energetici e dei fertilizzanti – l’Istat ha comunque registrato un incremento medio dei prezzi del 3,9%.
Ma pensiamo ai singoli prodotti. L’anno scorso le pere emiliano-romagnole hanno subito una perdita superiore al 60% e i cittadini le pagavano dai 5 ai 7 euro il chilo. Le ciliegie per le qualità più pregiate si potevano spendere fino a 20 euro il chilo.
Alcune varietà sono sempre più difficili da produrre, anche a causa dell’aumento dei patogeni, e se al sud si punta alla produzione di frutti esotici come avocado e mango, al nord si sta investendo sulle mandorle. Una coltura tipica del sud.

Ridurre le emissioni climalteranti per contenere i danni
I cambiamenti climatici preoccupano sempre più gli italiani. La conferma che si legge nell’ultimo Rapporto Coop 2024. Ed emerge come l’ortofrutta sia una filiera messa in pericolo dai cambiamenti climatici.
Maura Latini, presidente di Coop Italia ha sottolineato durante la presentazione come l’impatto più forte si registra nell’ortofrutta. «Non ha più senso continuare a proporre l’immagine di un frutto perfetto, perché non corrisponde più alla realtà. Al giorno d’oggi, e ancor più nel prossimo futuro, i prodotti che raccoglieremo nei campi saranno vittime del cambiamento climatico, degli eventi atmosferici avversi, degli agenti patogeni. Dovremo convincere il consumatore che i frutti imperfetti non devono più rappresentare uno scarto, ma possono essere ugualmente buoni e saporiti».

Questa è una strategia di adattamento, ma per fermare il fenomeno servono politiche energiche ovvero ridurre le emissioni climalteranti. Dai campi – ma la transizione è integrale e coinvolge tutti i settori – alle fabbriche.
Azioni necessarie anche per ridurre le conseguenze economiche negative e legate alla sicurezza alimentare.
Oggi per produrre frutta si deve investire nella protezione – in Emilia Romagna sono protetti il 15% dei frutteti e c’è un bando da 70 milioni sul tema – attraverso teli, ventole e altri dispositivi. Un nuovo impianto per la produzione di un ettaro dedicato alle ciliegie può arrivare a 100mila euro. Investimenti obbligatori quando il tempo è sempre più imprevedibile e potente nelle sue conseguenze negative.
La scusa del cambiamento climatico è ottima per far alzare i prezzi di frutta e ortaggi, il problema è che i rincari vanno a finire nelle tasche di chi acquista, distribuisce e vende il prodotto!
A chi lo produce vanno le briciole…
Le pere a cinque euro al kg al contadino se va bene vanno 50 centesimi e le ciliegie due tre euro! Sperando che siano prodotti italiani e non provenienti da chissà quale stato.
Non è proprio così, perché se i prezzi sono alti ti rimane merce invenduta che svendi a pochi centesimi per l’industria. I costi sono aumentati, le rese minori
Tranquilli… siamo solo all’inizio … della fine…
Ho una proposta rivoluzionaria: buttiamoci sui biocarburanti!
Cosa potrebbe andare storto?
È sempre piovuto. È colpa dell’ incuria dei fiumi.
Basta non guardare le precipitazioni in mm per periodo e continuare a dire che va tutto bene. Ripetilo all’infinito e ALMENO un 28% della popolazione ci crederà. Un altro 50% non ha neanche tempo di andare a votare, quindi va bene tutto. E il restante quarto della popolazione si farà carico del resto come sempre. Forse.
-Cosa potrebbe andare storto?-
https://youtu.be/dRm1_WK6vfU?si=og72J9PGUBoiDMWr
(Però una pulita ai fiumi non è un’idea malvagia…)
Non c’è più il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà
Certo che siete forti però. Quando non piove per mesi è per via del cambiamento climatico. Piogge autunnali? Ovviamente colpa del cambiamento climatico. Fa caldo ad agosto? Mi faccia indovinare. Sarà mica colpa del… cambiamento climatico. Per la serie “Idee poche ma confuse”…
Non io, non Guido ma climatologici e altri scienziati – dai geologi ai botanici – in tutte le università e centri di ricerca del mondo registrano e confermano le anomalie provocate da un fenomeno che individuano come cambiamento climatico. Io personalmente mi fido della scienza che analizza dati in modo minuzioso, confronta serie storiche e conosce le leggi che regolano il clima.
Il cambiamento climatico come riassume l’agenzia dell’Onu si manifesta in tanti modi e soprattutto attraverso una esponenziale intensità: “Attualmente fra le conseguenze dei cambiamenti climatici figurano siccità intense, scarsità d’acqua, incendi gravi, innalzamento dei livelli del mare, inondazioni, scioglimento dei ghiacci polari, tempeste catastrofiche e riduzione della biodiversità”.
Le poche idee e confuse sono le sue, al solito. https://www.unep.org/resources/emissions-gap-report-2024?gad_source=1&gclid=Cj0KCQjw4Oe4BhCcARIsADQ0csm5n-6e_MhfRfH_gYG97UR69R6wD_GKwD4LjSZ6eqqgnjn_8nZoqfoaAiSbEALw_wcB
L’avverto: noi diamo spazio a tutti, ma non ai negazionisti climatici.
Però bisogna essere onesti, le temperature estive e le quantità di pioggia non sono più quelle delle stagioni normali, ha sempre fatto caldo e ha sempre piovuto ma i livelli attuali anche gli anziani a memoria non li ricordano
Ma parlando sinceramente: io ho 46 anni, classe 1978.
Onestamente da piccolo a fine ottobre il freddo era diverso. E durava fino a Marzo, ricordo bene nevicate in pianura e tutto il repertorio…
E son passati 25 anni al massimo… facciamo 30?
Oh, oggi a un certo punto ho letto 21 gradi…
E’ la stessa cosa che sento dire da mio padre (anni 62). Ai morti, da bambino, si andava col cappotto pesante e c’ erano già i ghiaccioli appesi alle bancarelle. io ne ho 40 (quindi 20 anni dopo) e mica le ho mai viste. Forse 1 volta. Ora ai morti ci andiamo con la felpina di cotone.
Beh però risparmi un sacco sul riscaldamento ed emetti meno co2
Io sono piu’ vicino ai 60 che ai 50 e riflettendo sono riuscito a fare giocare le mie figlie (quasi 26 anni la piu’ grande) con la neve, a Modena, due sole volte, quando erano molto piccole. Non e’ piu’ nevicato. Non c’e’ piu’ stato un solo giorno che per 24 ore vedesse la temperatura costantemente sottozero, ormai i pneumatici invernali stanno diventando utili come in Sicilia.
Non e’ soltanto una percezione memoriale, basta consultare gli annali meteorologici che offre qualsiasi sito di previsioni del tempo….
Guardare le precipitazioni medie, anche nevose, e poi dirsi che e’ normale.
Le fluttuazioni sono normali, e’ la frequenza e la pendenza della curva del cambiamento che non lo sono.
Quando finisci in “Sigma 5” non puoi piu’ parlare di casualita’.
Guardi che la situazione è più variegata e complessa. Ad esempio, per quel che riguarda l’olio d’oliva riporto di seguito parte di un articolo comparso oggi sul principale quotidiano economico-finanziario italiano: “La Spagna è tornata ad avere una campagna olivicola “normale” con una produzione stimata di 1,3 milioni di tonnellate (il doppio della media delle ultime due campagne). Ma in crescita sono anche diversi altri produttori dell’area Mediterranea: 250mila tonnellate sono attese in Turchia, 320mila in Tunisia, 230mila in Grecia, 170mila in Portogallo. Solo l’Italia, complice l’annata di scarica, dovrebbe produrre sotto media con un raccolto atteso poco sopra le 200mila tonnellate. Numeri che farebbero dell’Italia “solo” il quinto produttore mondiale”. Anche per altre commodities alimentari le situazioni sono estramamente variegate da paese ea paese
Le stime dell’olio d’oliva per tutto il territorio spagnolo non sono così normali, la siccità ha creato problemi in tutte le filiere https://www.huffingtonpost.es/economia/la-ruina-aceite-oliva-llega-zona-espana-suspenden-produccion-inmediato.html
Allora vedremo come sono andate le cose a campagna olivicola terminata
Altro articolo interessante che analizza gli effetti di quanto, più in generale, rileva il rapporto ONU.
Nello stesso periodo ci sono stati molti casi, in Italia e nel resto d’Europa, di overtourism, il prezzo dei voli aerei è leggermente aumentato a causa dell’eccesso di domanda ed i consumi energetici hanno avuto un balzo.
Le cose sono slegate? A mio giudizio no, ma a chi interessa metterle in connessione?
Nessuno, sia la politica che i cittadini, vogliono rinunciare ai propri stili di vita e allora chissene se le ciliege costano 20 euro al chilo, semplicemente non le mangio. Però posso andare a Londra con un volo low cost, ho l’AI che fa tutto per me e faccio la coda un weekend si e quell’altro pure per andare a spasso.
Così va il mondo