Caldaie, per la Ue l’Italia è “fuorilegge” sulle caldaie a gas

Case green, Bruxelles avvia procedura d’infrazione contro l’Italia: insufficienti le misure sul phase-out delle caldaie alimentate da combustibili fossili. In particolare le caldaie a gas, le più diffuse negli edifici per abitazione

La Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. La causa?  Il mancato recepimento delle disposizioni più urgenti previste dalla direttiva “case green”. Si tratta del pacchetto legislativo che rientra nella revisione della direttiva sulle prestazioni energetiche degli edifici (EPBD).

Bruxelles ritiene che il Governo non abbia pienamente attuato – né spiegato in modo sufficiente – la direttiva. In particolare, la graduale eliminazione degli incentivi economici destinati all’installazione di nuove caldaie autonome alimentate a combustibili fossili. Direttiva che doveva essere applicata, come richiesto, entro il 1° gennaio 2025.

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La decisione arriva dopo l’analisi delle misure presentate da Roma, ritenute non in linea con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del settore edilizio. Settore considerato uno dei comparti più energivori dell’Unione. L’Italia non è però la sola ad essere finita nel mirino della Commissione. La procedura è stata aperta anche nei confronti di Estonia e Ungheria, Stati che – secondo Bruxelles – condividono le stesse carenze nel recepimento della direttiva.

In base alla normativa comunitaria, gli Stati membri devono eliminare gradualmente gli incentivi pubblici che finanziano l’installazione di caldaie a gas, gasolio o altre fonti fossili. Favorendo tecnologie a basse o zero emissioni come pompe di calore, sistemi ibridi ad alta efficienza e soluzioni alimentate da rinnovabili. L’obiettivo è accelerare la riduzione delle emissioni del settore edilizio, responsabile di circa il 36% delle emissioni di CO₂ legate all’energia nell’UE e di oltre il 30% dei consumi energetici finali.

La scadenza finale per il recepimento completo della direttiva è fissata per il 29 maggio 2026. Ma la parte relativa agli incentivi doveva essere applicata con urgenza. Già dal 1° gennaio 2025, per evitare che risorse pubbliche continuassero a sostenere tecnologie non coerenti con gli obiettivi climatici europei. “La decarbonizzazione del settore edilizio dipende in larga misura dall’eliminazione graduale dell’uso dei combustibili fossili per il riscaldamento”, sottolinea la Commissione in una nota.

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Ora l’Italia ha due mesi per rispondere alle osservazioni e fornire chiarimenti o misure correttive. Se Bruxelles non riterrà adeguata la risposta, potrà procedere con un parere motivato, secondo step formale della procedura d’infrazione, che potrebbe poi sfociare in un ricorso alla Corte di Giustizia UE.

La vicenda si inserisce in un momento politico complesso, in cui molti Paesi – Italia in testa – stanno rivedendo bonus e meccanismi di sostegno alla riqualificazione energetica. Anche alla luce della pressione sui conti pubblici. Tuttavia, per Bruxelles l’orientamento resta chiaro: la transizione nel settore edilizio non può prescindere da un’uscita ordinata, ma rapida, dalle tecnologie ancora basate sui combustibili fossili.

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