In Europa una colonnina di ricarica ogni quattro installate (il 25%), è inutilizzabile perché temporaneamente fuori servizio, in manutenzione o guasta. Il report, pubblicato un mese fa, spiega perché BorgWarner, colosso mondiale della componentistica auto con sede a Detroit, ha assegnato a una sua piccola controllata di Lugo (Ravenna) la missione globale di produrre un caricatore ultrarapido per veicoli elettrici a prova di guasto, che battesse tutti per affidabilità e costi.
E’ nato così Iperion 120, il primo caricatore hyperfast progettato e realizzato nello stabilimento romagnolo di BorgWarner. Iperion 120 è un caricatore DC modulare. Può alimentare una batteria auto a 120 kW, oppure due in contemporanea a 60 kW. Alcuni esemplari sono appena stati consegnati ai primi clienti. Entro l’anno ne entreranno in funzione a decine e a centinaia l’anno prossimo, quando andranno a regime le linee produttive oggi in fase di allestimento.
Da Lugo 5.000 caricatori all’anno per l’Europa
Ma la casa madre americana BorgWarner ha progetti ambiziosi per la controllata italiana: farne il polo dei fast charger per tutta Europa con una capacità produttiva di migliaia di caricatori Iperion all’anno entro il 2028. Iperion 120, infatti, è solo il primo di una gamma di modelli che presto vedrà debuttare un nuovo design e la salire la potenza massima di ricarica. Dovranno essere i più affidabili sul mercato: a prova di vandalismi, maldestri utilizzi, urti accidentali, stress elettrici o ambientali. Dovranno abbattere insomma quel desolante track record della concorrenza europea. Vedremo come.
La responsabilità di realizzare un cronoprogramma così impegnativo è stata affidata a un ingegnere meccanico cinquantenne, in BorgWarner dal ’99 con vari incarichi nella componentistica per motori endotermici, sia nella sede principale italiana, ad Arcore, sia all’estero (8 anni in Brasile). Si chiama Fabio Lupano, viene da Casale Monferrato, è a Lugo dal 2019 come Plant Manager e Amministratore Delegato.
Dai caricatori industriali agli hyperfast “indistruttibili”
Lo stabilimento romagnolo, ci racconta, entrò nell’orbita di BorgWarner nel 2017 come “effetto collaterale” dell’acquisizione del gruppo di elettronica ed elettromeccanica britannico Sevcon. Un anno prima Sevcon aveva acquisito la Bassi srl, piccola azienda di Lugo specializzata nei caricatori e negli inverter per usi industriali, principalmente muletti e veicoli elettrici di internal handling.
Per la multinazionale americana, storico fornitore dei colossi automotive a stelle e strisce con 50 mila dipendenti e 14 miliardi di dollari di fatturato, l’operazione Sevcon fu l’inizio della transizione dal termico all’elettrico.
La svolta elettrica di BorgWarner
Seguirono decine di acqusizioni, compresa quella da 3,3 miliardi di dollari dell’ex controllata GM Delphi Techonologies. E solo una settimana fa ha investito altri 185 milioni nella Rhombus Energy Solutions, società di San Diego che fornisce tecnologia di ricarica e conversione di potenza per veicoli elettrici, comprese le applicazioni V2G. BorgWarner punta così a consolidarsi tra i primi fornitori mondiali di componentistica automotive anche per i veicoli elettrici.
Rhombus sarà l’alter ego di Lugo sul mercato americano. «Completa la nostra attività di ricarica europea esistente» ha commentato Frédéric Lissalde, Presidente e CEO di BorgWarner.

«Ci scambieremo know how, esperienza e soluzioni _ dice ora Lupano _ pur con prodotti che resteranno distinti, ciascuno per rispondere alle richieste dei due mercati di riferimento».
Elettronica e software: missione affidabilità
Per l’Europa, come detto, il focus è l’affidabilità. «Qui a Lugo _ spiega Lupano _ attingiamo alla vasta esperienza maturata sul campo dalla Bassi con caricatori industriali da 60 e fino a 90 kW. Sappiamo che i componenti elettronici ad alta frequenza sono molto delicati. Sono sensibili alle intemperie, alle vibrazioni, agli choc termici ed elettromagnetici. Consentono di ridurre pesi e dimensioni, ma a costo di una fragilità che mal si concilia con installazioni ad uso pubblico come le colonnine di ricarica».
Per Iperion 120 il team guidato da Lupano ha optato invece per solidi e indistruttibili trasformatori e un’elettronica ridotta all’essenziale. Anche perchè, aggiunge il manager «siamo convinti che la crisi dei chip durerà per tutto il prossimo anno, come minimo».
Protocolli standard? Sì, ma ci sono i “dialetti”

Un secondo fattore di rischio è il protocollo di dialogo fra caricatore e veicolo. I protocolli sono standardizzati e pubblici. Ma, dice Lupano, «i nostri tecnici hanno scoperto che ogni brand auto ha il proprio “dialetto”. Magari riguarda soltanto lo 0,1% di scostamento dallo standard, sufficiente tuttavia a generare bug nel funzionamento del programma. Il nostro Iperion è testato con la gran parte dei veicoli elettrici attualmente sul mercato proprio per imparare a parlare nei loro “dialetti”».
Se BorgWarner manterrà le promesse, grazie al software e al hardware made in Lugo di Iperion 120, potremo archiviare la più classica delle ansie da ricarica: è se la colonnina non funziona?
@degliesposti
Si potrebbe sapere qualcosa di più di questo report del 25% di colonnine EU non funzionanti?
Anzi secondo me sarebbe da farci proprio un bell’articolo, è un dato molto interessante ed andrebbe analizzato!
up
E chiedere a Tesla? I suoi SPC funzionano sempre non sarà mica fortuna
fino ad un mese fa era facile far andare le colonnine fatte per funzionare con solo 3 prodotti, creato dallo stesso team.
vediamo ora come vanno i SUC aperti a tutti…
Non è solo questione di compatibilitá software con i vari modelli di auto.. Stando anche alle testimonianze degli utenti, uno dei problemi principali delle colonnine “non Tesla” è il trovarle guaste o mal funzionanti (e magari secondo l’app risultano regolarmente attive..)
ovvero problemi software!
Bene. Più concorrenza non può che fare bene 🙂
Si parla di uno studio fatto sull’affidabilità delle colonnine . Sarebbe utile sapere quali sono le cause di malfunzionamento , in ordine di importanza, prima di fare qualunque tipo di commento .
Per esperienza so che se si tratta di cattivo uso/vandalismo non c’è soluzione che tenga , prima o poi il particolare viene rotto .
Se il problema invece è legato alla continuità di alimentazione le soluzioni sono diverse perchè non è la colinnina che non funziona ma ciò che c’è a monte .
Qualche informazione in più non guasterebbe.
-Per Iperion 120 il team guidato da Lupano ha optato invece per solidi e indistruttibili trasformatori e un’elettronica ridotta all’essenziale. –
E pian pianino inizia a passare la sbornia per la “sovra-Tecnologia”.
Menomale.
Poi ci mancherebbe: le soluzioni più recenti sono letteralmente spettacolari. Ma questi sono tempi dove si deve badare al sodo. Meglio una cosa semplice che fupre piuttosto di una strabella e stramoderna che ogni 2×3 è in manutenzione.
Intanto NIU ha annunciato che produrrà scooter con batterie al sodio. Notizia passata relativamente sotto silenzio, secondo me a torto.
Grande è la confusione sotto al cielo. Ma le prospettive sono interessantissime, la situazione è eccellente.
/// NIU ha annunciato che produrrà scooter con batterie al sodio \\\ Notizia interessante ma, da quello che ho letto, è una mossa intrapresa non tanto per migliorare l’affidabilitá del prodotto (come nel caso delle colonnine) quanto per ridurre i prezzi (e aumentare il rendimento con temperature rigide) Peccato solo che in genere i Paesi con clima freddo hanno meno problemi di soldi 😉
La cosa ovviamente va vista in prospettiva. Dell’affidabilità degli scooter Niu, con rispetto parlando, non me ne potrebbe fregare di meno. Il discorso, leggevo su internet, è che una batteria al sodio oggi può costare €40 al kilowatt mentre una batteria al litio oggi come oggi se non ho letto male dovrebbe costare qualcosa di più di €100 al kilowatt. Resta inteso che le batterie al sodio sono più pesanti a parità di potenza disponibile, ma se davvero trovano il modo di fare delle batterie al sodio che con dimensioni accettabili sono in grado di offrire una potenza dignitosa, a quel punto abbiamo capito come si fa a fare delle vetture elettriche relativamente economiche. O magari proprio economiche tout court. Senza poi voler dimenticare che la disponibilità del sodio in natura è n volte maggiore rispetto a quella del litio e tutta un’altra serie di vantaggi, anche di tipo ecologico, che probabilmente conosce già benissimo. Poi è chiaro che, se fosse il caso, le due tecnologie possono benissimo coesistere. Estremizzando batterie al litio per le auto più costose e batterie al sodio per quelle meno costose. E possono tranquillamente coesistere perché leggevo che i macchinari per produrre i due tipi di batteria sono esattamente gli stessi. Insomma: secondo me è una pista da tenere d’occhio con moltissima attenzione. Con buona pace degli scooter Niu, che credo proprio che non comprerò mai😂
Se ho capito bene, escludendo il caso di Niu, le batterie al sodio sono state concepite piú per l’accumulo statico che per le auto (vedi articoli come https://www.vaielettrico.it/catl-e-pronta-con-le-batterie-al-sale-sul-mercato-nel-2023/ e https://www.vaielettrico.it/addio-litio-e-cobalto-lina-presenta-le-sue-celle-al-sodio-a-stato-solido/), credo piú che altro per il problema della densitá energetica.
Si, fino ad ora le batterie agli ioni di sodio sono state pensate principalmente per l’accumulo, ma leggendo qua e là ormai da più parti si dice chiaramente che presto potrebbero anche essere pronte per fare il “salto” nelle automobili. Ho letto da più parti che ormai per le batterie di questo tipo più di uno si spinge a parlare di potenze nell’ordine dei 180-200 watt kg. Cosa che sicuramente non è lo stato dell’arte, però se organizzato con furbizia potrebbe permettere di fare dei pacchi batterie nell’ordine dei 35-40 kW che, sulla carta, costano anche il 60% in meno rispetto al litio. Il quale, senza dubbio, a parità di volume di kilowatt magari potrebbe anche metterne sul piatto 50 o anche 60… ma siamo sempre lì: se si ragiona nei termini di tenere tenere i prezzi bassi, con una soluzione che può costare meno della metà mi sembra abbastanza ovvio che qualcuno comincia a farci un pensierino. Ribadisco che è ancora tutta una storia da scrivere, però secondo me è un filone veramente interessante.
Ho già trovato questa colonnina installata qualche mese fa a Fidenza all’outlet..
Probabilmente abbiamo fatto da beta tester. 🙂
Comunque la competizione (tutta italiana) con le Alpitronic sarà dura. Non mi sembrano per niente inaffidabili, quelle!
PS Il pagamento con cc. non ha funzionato, quando ho provato con una ricaricabile.