Gli eventi meteorologici estremi potrebbero ridurre fino al 5% la produzione economica dell’area euro nei prossimi cinque anni, un impatto paragonabile alla crisi finanziaria globale del 2008. L’allarme arriva dalla Banca Centrale Europea, che invita le istituzioni finanziarie a non abbassare la guardia nella gestione dei rischi climatici e naturali.
«Fare un passo indietro non è un’opzione», ha dichiarato pochi giorni fa Frank Elderson, membro del Comitato esecutivo della BCE e vicepresidente del Consiglio di vigilanza. Un avvertimento arrivato durante un incontro di settore sui rischi climatici organizzato dall’istituto di Francoforte.
Ma come si è arrivati a queste conclusioni? Negli ultimi anni, le banche europee hanno integrato in modo più sistematico la valutazione dei rischi climatici nelle proprie strategie. Tutti gli istituti sotto la supervisione diretta della BCE dispongono oggi di indicatori specifici di rischio climatico e li includono nei propri stress test. Questo processo, ha spiegato Elderson, consente non solo di gestire le minacce legate agli eventi estremi, ma anche di individuare opportunità di investimento nei settori chiave della transizione energetica, come acciaio, cemento ed energia.
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I danni economici del clima estremo sono già in aumento
La BCE sottolinea che i rischi non più soltanto una ipotesi, ma una certezza. Secondo i dati citati da Elderson, i danni economici globali da calamità naturali sono saliti da una media di 131 miliardi di dollari all’anno a 320 miliardi nel 2024. Con un incremento costante delle perdite assicurate del 5-7% annuo. La comunità scientifica, ha ricordato, stima un possibile aumento medio della temperatura di 3,1 gradi, con l’Europa che si riscalda a una velocità doppia rispetto alla media globale.
Ignorare questi dati equivarrebbe a trascurare un fattore materiale che incide sulla stabilità finanziaria. Da qui la decisione di rendere la gestione dei rischi climatici parte integrante delle pratiche ordinarie di vigilanza. All’interno delle attività regolari dei Team di Vigilanza Congiunti, comprese le ispezioni e le analisi degli accantonamenti.
Il “clima” va considerato tra i rischi di ogni investimento
La BCE ritiene che il livello di preparazione raggiunto dalle banche permetta ora di considerare la supervisione dei rischi climatici come una componente stabile del sistema finanziario. Gli istituti sono chiamati ad applicare queste pratiche in modo esteso a tutti i portafogli, includendo i rischi fisici e di transizione, in particolare nel comparto immobiliare.
Parallelamente, l’enorme fabbisogno di finanziamenti per la transizione verde rappresenta anche un’opportunità di crescita. Secondo le stime, saranno necessari 1,2 trilioni di euro l’anno per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Unione europea entro il 2030. La domanda di credito sostenibile è in aumento e le banche europee stanno consolidando il proprio ruolo di riferimento nel campo della finanza verde.
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“Mantenere la rotta” nella transizione finanziaria
Elderson ha ribadito che la sfida climatica richiede coordinamento costante tra banche, autorità di vigilanza e settore produttivo. Di fronte a cambiamenti economici e ambientali di grande portata, la BCE invita a non rallentare gli sforzi né a rinviare l’integrazione dei rischi ambientali nelle strategie finanziarie.
«La rotta è tracciata, ora occorre mantenerla», ha concluso Elderson, sottolineando come la solidità del sistema bancario europeo dipenda sempre più dalla capacità di anticipare gli impatti del cambiamento climatico e di sostenere la transizione energetica attraverso strumenti finanziari adeguati.
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la famosa buca europea.. a est e ovest niente, ma qui si alzerà di ben 3.1 °
europa, specie Italia, si sta riscaldando di circa due volte rispetto al riscaldamento medio globale
ho visto dei video con spiegazioni ben comprensibili di Antonello Pasini (climatologo – CNR), lo ho trovato preparato e anche bravo divulgatore, spiegava la tropicalizzazione delle precipitazioni (più concentrate in pochi giorni), il cambiamento delle stagioni, e esempi di altri cambiamenti che probabilmente avremo
non solo la sicità al sud, citava anche l’agricoltura a rischio in pianura padana, quando i ghiacciai alpini avranno finito di sciogliersi, non ci sarà più acqua tutto l’anno come adesso e bisognerà coltivare altro rispetto ad ora; oppure se per siccità il “cuneo (di acqua sotterranea marina) salino” risale dal delta del Po’ nei terreni della pianura, come abbiamo rischiato nell’ultima siccità, anche se poi il cuneo salino tornasse indietro i terreni rimarrebbero incoltivabili, oppure che il mare potrebbe salire di 60 cm anche in modo improvviso (in 2 anni) invece che lentamente, se dei grossi ghiacciai in antartide rompono il tappo di ghiaccio che ora li frena adavanti il bordo mare e possono scivolano in fretta in mare, e molta della nostra costa e dell’entroterra più prossimo trovandosi 60 cm più in basso rispetto al mare avrebbe problemi con le mareggiate e le alluvioni
cioè magari non cose spaventose, però tanti danni per riadattare il territorio